METAMORFOSI

Conosco Monica Pepe da sette anni, o quasi: perché era novembre 2007 quando la incontrai, sempre col casco del vespone sottobraccio, ed erano i giorni della manifestazione contro la violenza sulle donne, e dell’uscita di Ancora dalla parte delle bambine. Ci siamo ritrovate molte, moltissime volte: mi ha raccontato il progetto di Zeroviolenzadonne.it prima che vedesse la luce e mi ha invitata a collaborare per il ciclo di incontri nelle scuole finanziato dalla Tavola dell’8xmille valdese (qui si può vedere il video con alcune interviste).
Proprio perché la conosco, e so come lavorano Luca e le altre e gli altri, ho accolto con enorme gioia la decisione di cambiare il nome al sito, e di chiamarlo Zeroviolenza, e basta. Perché la gioia?
Perché in questi ultimi mesi, e l’ho già scritto, era diventato difficilissimo affrontare con serenità ogni discorso sui femminismi. Come per altre questioni chiave del nostro vivere insieme, si trasformava immediatamente in una vicenda di fazioni, di discorsi “contro”  le altre, a volte – anzi, spesso – farciti di personalismi (nonsaichemihafattoquellabruttacattiva), di narcisismi (non lo sapevi? Adesso si porta bene l’antifemministanonmoralista, in autunno vedremo), di agguati on line (hascrittounaltroarticolo,daidaidai che la distruggiamo).
I discorsi sul femminismo stanno cambiando: fra il 2007 e oggi ce ne sono stati moltissimi e alcuni di quei moltissimi sono divenuti mainstream, e dunque sono stati semplificati, brandizzati, usati come marketing politico o per pubblicizzare mutande. Sono stati masticati e risputati e dunque resi innocui. Ma il cuore di quei discorsi e dei loro fini resta immutato: ci sono cambiamenti da fare nella cultura, nei libri di testo, nelle scuole, nei luoghi di lavoro che non sono stati neppure iniziati. Dunque, bisogna parlare in modo diverso. Bisogna non essere “neutraliste/i”, ma mutare  narrazione, superando la dicotomia donna buona e vittima/ maschio cattivo e carnefice, perché non è così che funziona, e se in parte dovesse funzionare così significa che bisogna lavorare parecchio su quella parte culturale che è predominante in ciascuno di noi.
Ma bisogna farlo senza creare altre fazioni, a mio parere, e senza innescare il filone dell’antimoralista che vien buonissimo per libri, passaggi televisivi e “mi piace”, perché alla fin della fiera è così che sta andando, a specchio perfetto di quella parte “moralista” che ha fatto le stesse cose, libri e televisione e “mi piace”.  Abbiamo, e perdonate se mi ripeto, bisogno di complessità, e sono sicura che è in quella direzione che andrà Monica Pepe insieme ai suoi compagni di avventura.
Quando le cose cambiano abbiamo sempre paura, perché ogni cambiamento ci coinvolge in prima persona, e ogni cambiamento è una perdita. Eppure, senza mutare si muore. Scrivevo ieri sera su Facebook che quando Elena Gianini Belotti smise di pubblicare saggi sui femminismi e iniziò a scrivere narrativa molte storsero il naso e si sentirono, se non tradite, abbandonate. Ma Elena aveva dato il massimo di sè come saggista, ed era sacrosanto che passasse ad altro: sacrosanto non solo per la sua storia di scrittrice, ma per chi legge, che ha bisogno di parole nuove per tempi nuovi. Si parva licet, per me vale la stessa cosa: chi scrive ha bisogno di strade diverse, dove far tesoro dell’esperienza precedente, certo, ma dove la meta cambia, e chi legge ha bisogno di uscire dalla rassicurazione di una voce che rischia, insistendo, di dire sempre la stessa cosa. Cambiare salva sempre, fidatevi.

5 pensieri su “METAMORFOSI

  1. Loredana, a me piace come scrivi e quel che scrivi, che tu parli di Mozart, pokemon, letteratura, femminismo o ‘morti di fama’, quindi sono molto curiosa riguardo alla svolta tematica e ti auguro ogni bene 🙂
    Riguardo ai femminismi, anche io ci rimango sempre malissimo quando su Facebook o su vari blog mi capita di vedere post di femministe e persone che stimo che attaccano e ridicolizzano ad personam altre femministe che stimo, magari per una singola uscita – opinabilmente – infelice nel corso di anni di attivismo coerente e impagabile. Sono cose che fanno molto male, come se le questioni personali fossero piu’ importanti del fare squadra e degli obiettivi comuni.
    Devo pero’ chiederti un parere spassionato sul linguaggio del femminismo. E’ vero, abbiamo un disperato diverso di un linguaggio diverso e di una cultura diversa – ma questo non puo’ avvenire attraverso (anche e non solo) una svolta pop o umoristica del femminismo italiano? Secondo me questo tipo di svolta la stanno dando forse le ragazze di Softrevolution, che hanno creato una fanzine bellissima a metà fra Bitchmedia e Rookie, e che è una lettura meravigliosa per liceali e ventenni (e anche per chi ha diversi lustri in piu’, come me). Un femminismo di questo tipo proposto da autrici e autori della generazione fra i 30 e i 40, la mia, pero’ secondo me manca – in Italia non riesco ad identificare un femminismo alla Caitlin Moran per la mia generazione nè per quella precedente (ma forse è un limite mio). Ed è un peccato, perché questo potrebbe portare il linguaggio nuovo con la sua leggerezza, la sua analisi chirurgica (il maschilismo coincide per lo piu’ con le cattive maniere, diceva la Moran ed è cosi’ vero) e il suo acume ad un pubblico molto piu’ vasto – un pubblico che magari alle fanzine non accede.
    Temo che si ritorni sempre al discorso della forbice culturale fra livello altissimo e livello bassissimo che si allarga sempre piu’, senza la via di mezzo di un femminismo per il vivere quotidiano…

  2. Grazie Barbara! Ma certo, ma assolutamente. le ragazze di Softrevolution, infatti, sono straordinarie, ed è a loro e a persone (di ogni età) come loro che andrebbe lasciata la narrazione. Il che non significa farsi da parte, ma passare il testimone, magari continuando a correre insieme. Invece, quel che auspicabilmente dovrebbe cessare è la ridicolizzazione di cui parli, spesso condotta dalle stesse persone che nei momenti in cui i femminismi erano “glamour” ne issavano la bandiera. Sicofantesse, in altre parole 🙂

  3. Si’, il mio unico rammarico riguardo al team di SR è che sono ancora troppo giovani per avere un blog sul Fatto, tipo, o sul Corriere, che possa essere letto da molte piu’ persone di quante non accedano alle Fanzine o anche le Webzine.
    L’industria culturale italiana non è sempre sensibile alle novità (eufemismo) – tipo, negli stati uniti Tavi Gevinson è amatissima e viene invitata a parlare in programmi come il Late Night Show. Qui da noi, ci si arriva sempre un po’ (troppo) dopo, quindi Margherita Ferrari o Marta Corato da Fazio, come dire, credo che non verranno ospitate tanto presto.
    Ma, diciamo, che ci stiamo lavorando, dai (alla faccia di Sicofanti e Sicofantesse).

  4. Mi sembra di respirare meglio dopo aver letto il tuo post. Negli ultimi tempi i femminismi mi sembrano in gran parte chiusi in una stanza senza finestre e dove l’aria è molto satura. E la stanza piena di persone che stanno lì solo a farsi dispetti e a recriminare invece di parlare e scambiare opinioni e punti di vista.

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