MORTI DI FAMA? SIAMO NOI

Succede spesso. Se critichi la rete (e non solo), ti dicono che sei contro la rete. Ecco, non è vero. Anzi, l’idea è che si possa ragionare sulla rete (e non solo) proprio perché ci sei dentro, e perché tu, proprio tu, sei insieme oggetto della critica e soggetto che la formula.
E poi, senza la rete, anzi senza Facebook, non avrei reincontrato Giovanni Arduino, che avevo incrociato nei tempi gloriosi di Joe Arden e Jonathan Snow e che avevo perso di vista. Fatto sta, caro commentarium, che ai libri a quattro mani ho preso gusto: anche perché si possono fare solo con le persone con cui si è in risonanza e sintonia. E’ avvenuto con Michela Murgia, avviene oggi con Giovanni.
Dunque, l’annuncio è presto fatto: il 26 settembre esce per Corbaccio un pamphlet che si chiama Morti di fama. Il sottotitolo è Iperconnessi e sradicati tra le maglie del web. C’è anche un tumblr con questo nome, visitabile da subito qui. E poi c’è una scheda, o sinossi, o assaggio.  E altre e altri ne verranno,  da qui a fine mese: insomma, noi ci siamo divertiti (non solo) e speriamo che lo stesso capiti a voi.
Giovanni Arduino
Loredana Lipperini
Morti di fama
Iperconnessi e sradicati tra le maglie del web
Corbaccio Editore
in libreria dal 26 settembre 2013

Benvenuti nella Nuova Rete, il tendone sotto il quale folle oceaniche si creano un’identità e fanno di se stesse un prodotto da promuovere, un marchio.
Benvenuti dove miliardi di utenti documentano, condividono, amplificano e pubblicizzano ogni istante della loro vita e delle loro attività. Dove si alleano con altri marchi simili e alimentano la loro micronotorietà attraverso blog, Facebook, Twitter e decine di piattaforme e applicazioni, sfruttando l’approvazione d’impulso tipica dei social network. E dove rischiano di trasformarsi in ridicoli fenomeni da baraccone, condannati a venire presto dimenticati.
Il nostro non è esattamente un saggio sulla rete, anche se forse ne ha l’aspetto. Una volta, chiacchierando con un’agente letteraria americana, la parte maschile del dinamico duo che sta scrivendo queste righe si sentì porre una domanda: «Sai perché i saggi sul porno e Internet in genere vendono poco?» Scrollata di capo. Subito dopo la risposta: «La gente guarda il porno e usa Internet. Perché dovrebbe anche leggerne?»
Memori di questa obiezione, e porno a parte (anche se qui entrerà di straforo), il nostro è un libro che parla del web anche se in realtà tocca bisogni da sempre fondamentali: la necessità di appartenenza, accettazione, riconoscimento e approvazione. E di Internet ricalca soprattutto la struttura: un flusso denso, ricchissimo di dati e informazioni, proteiforme, talvolta caotico e in continuo divenire, in continuo essere, disseminarsi, propagarsi, confermarsi e negarsi.
Ecco perché non è un saggio: il saggio dà l’idea di immobilità, di muffa che macchia le pagine. Ed ecco perché talvolta avrete l’idea di una sorta di sdoppiamento: a parte che gli autori sono due, la schizofrenia della rete non è una novità, per chiunque ci bazzichi da un po’.
Ma allora, se le cose stanno così (non è un saggio, non è esattamente su Internet), a cosa diavolo mi serve? Per quale motivo dovrei leggerlo o addirittura comprarlo?
Be’, Fedele Lettore, perché scommettiamo che ti meraviglierà. Perché è cibo per la mente non adulterato e non OGM. Perché rischierà di scioglierti piacevolmente le sinapsi, come scriveva il blog Gawker a proposito della bacheca 4chan. Perché è un carrozzone di freak, gli «scherzi di natura» dei vecchi luna park, dove però i freak o i microfamosi (termine che imparerai a conoscere) non sono trattati con cinismo «e nessuno ride quando i fenomeni da circo abbandonano il tendone».
E poi c’è un segreto. Questo libro si accende senza bisogno di pile ricaricabili. Forza, Fedele Lettore, gira le prime pagine. Un avvertimento, però: non abbiamo idea di come si spenga.

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