Alle sei di ieri pomeriggio, quando Fabrizio Bosso, dall’astronave deserta dove si svolgeva l’ultima giornata del Salone del Libro Extra, ha intonato il Silenzio con la tromba, e quando sulle note scorrevano, lievi come spettri, le immagini degli altri saloni affollati, di gente che cammina, ascolta, si stringe, mi sono finalmente messa a piangere, a dirotto, come una bambina che ha fatto un capitombolo.
Un po’, certo, la musica: mio padre odiava il Silenzio. Quando ero bambina furoreggiava una versione a 45 giri suonata da Nini Rosso, e sulla copertina, oltre alla tromba, c’erano due fanciulle bionde in pigiama rosa, a sottolineare che quella non era che una ninna-nanna. Non è una ninna nanna, brontolava addolorato mio padre, la suonavano in guerra, quando moriva qualcuno di noi.
Ma non è per quello che piangevo, o non del tutto. Piangevo, certo, per mio padre, che fra pochi giorni avrebbe compiuto cento anni, piangevo per tutti i morti, così tanti, così incredibilmente tanti, fra cui ci aggiriamo pensandoli solo come cifre, uno zero in più, poi un altro. Piangevo non tanto di nostalgia per i tempi sventati che abbiamo attraversato senza capirli, continuando a prendere impegni ed emettere biglietti del treno e addormentarci in alberghi noti o ignoti. Sì, anche, ma non solo. Piangevo, perché mi piombava addosso la paura, il trauma, la non narrabilità di questi mesi, per esempio. L’angoscia per il futuro mio e dei miei figli, anche. Un senso di irreparabilità, certo.
Ma piangevo, alla fine, anche per un motivo diverso: per la piccola, non restituibile in parole, felicità di far parte di un gruppo bellissimo, di sodali e di amici, che ha pensato e realizzato in quindici giorni un’avventura ritenuta impossibile come il Salone del Libro in forma aliena, e questi quattro giorni sono stati emozionanti, folli, pazzeschi. Felici, ripeto.
E se è possibile pensare insieme, e realizzare insieme, e pure piangere e ridere insieme, continueremo a camminare, in qualche modo, per sghemba e ingombra che sia la strada.
Bella riflessione, grazie. Le contraddizioni fra bene e male spesso portano all’emozione. In questo caso la tensione, il piangere e l’emozione forte forse erano anche gratitudine? Perché noi non possiamo sapere cos’altro avremmo potuto avere se non quel padre, quei figli, quegli eventi, e averli, o averli avuti, è l’unica cosa che proviamo, che sappiamo con sicurezza, e con gratitudine. Inoltre c’era la profonda soddisfazione di aver fatto qualcosa di difficile e grande, un vero “Salto”!!! Viene a proposito che volevo ringraziare te e gli altri per il perfetto svolgersi di queste giornate al Salone del Libro virtuale…. Credo che molti si siano goduti lo ‘spettacolo’: con tea, pop corn e patatine o atmosfere più serie non importa. Mi mancherà anche se si può rivedere tutto registrato… complimenti! Fateci sapere qualche cifra sugli streaming, tanto per sentirci moltitudine… e allora grazie.
Cinque milioni 🙂
SI GRAZIE
GIORNATE CON MOMENTI DI GIOIA
LA CREATIVITA E L ENTUSIASMO E LA VITALITA TRASMESSACI
CI CONTAGIASSERO PER UN LUNGO TEMPO ,MANTENUTI CON BUONE O PIACEVOLI LETTURE
MI SEMBRA CHE QUESTA EPIDEMIA MI ABBIA RUBATO IL FUTURO
E NON NE HO TANTO
È STATO BELLISSIMO E POTRO RIASCOLTATE QUALCHE INTERVRNTO
W TUTTI VOI VIVA LIPPERINI CHE CI PORTA PER MANO
IN ESPERIENZE RIVITALIZZANTI
FILOGIO