Dubbio.
Con Uto Ughi (e, oggi, con Cesare Mazzonis che scrive una lettera di fuoco a Corrado Augias) o con Giovanni Allevi?
A dire il vero, il fatto che si torni, oggi, a riproporre la disputa musica colta versus musica (come la definiamo? Contaminata, popular?) “altra”, mi fa sorridere. La vostra eccetera (che ha già detto quasi tutto qui) sceglie la classica posizione mediana: la difesa di casta del mondo cosiddetto classico è insopportabile. Ma l’esaltazione incondizionata di Allevi non mi convince: ai tempi, Walter Carlos fece conoscere Beethoven a molti giovani che di musica classica poco sapevano. Senza diventare un’icona.
E questo signore ha molti meriti in Italia misconosciuti (sì, sto parlando di videogames: so che questo provocherà qualche crampo a certi scrittori nostrani che trasvolano di blog in blog esternando la propria indignazione per il fatto che qui si equiparano i videogiochi – Cielo!- alla Letteratura). Coraggio, passa.
Wendy Veltroni?
Loredana, se tu parli con una trans sbattendole in faccia il suo passato pre-transizione le fai del male. Perché questo? perché Walter non è mai esistito, anche quando era scritto sui documenti.
C’è un’altra questione di cui tu potresti essere portavoce, essendo qualcosa che tocca il genere: l’uso dell’articolo nel caso si parli di trans. Non è possibile che praticamente tutti i tuoi colleghi italiani sbaglino il genere dell’articolo. E’ una cosa da somari e da cretini.
WM1, magari… chissà che non lo facciano sloggiare dalla poltrona a colpi d’ascia: Wendy, apri la porta Wendy… 🙂
Andrea, il discorso che fai è sensato e sensibile, però qui stiamo parlando di una carriera pubblica con dei riscontri e, nello specifico, di un’opera concreta, un reperto consegnato alla storia *in quella forma* e non in un’altra.
Solo nelle società totalitarie (es. Trotsky cancellato dalle foto di gruppo della rivoluzione) o in certe narrazioni distopiche come “1984” si vanno ad alterare le fonti storiche e le forme concrete in cui il tempo ci ha consegnato un reperto.
In parole povere: quell’album del 1971 era firmato “Walter Carlos”, in copertina c’era quel nome e non avrebbe alcun senso ritoccarla per scriverci “Wendy Carlos”, sarebbe grottesco.
E in questo caso la Lippa ha fatto benissimo a usare il nome maschile, perché è quella l’attribuzione autoriale dei dischi di quel periodo. Se uno volesse cercarli e comprarli, attribuirli a “Wendy Carlos” – un nome assunto solo molti anni più tardi – genererebbe solo equivoci, non trovi?
No, non trovo che sia grottesco. Un conto è cambiare una documento per imbrogliare la storia, un conto è rettificare un documento per finirla con una storia personale falsa.
Del resto basta andare sul sito ufficiale dell’artista, dove si trova la nuova copertina del lavoro per Clockwork Orange, appunto col nome Wendy Carlos
http://www.wendycarlos.com/cdcovers/CO+.jpg
L’attribuzione autoriale come vedi è già stata giustamente cambiata. Ora tocca a noi cambiare mentalità.
Non ci capiamo.
La riedizione in cd con l’attribuzione “Wendy Carlos” è un oggetto nuovo, un nuovo reperto. Sulla copertina c’è uno statement potente: oggi io sono un’altra persona, e anzi mi sento di esserla sempre stata. Questo va benissimo. Oggi.
Solo che poi c’è la storia, e ci sono le fonti, che non vanno modificate retroattivamente sennò si stabilisce un precedente pericoloso e non si sa come va a finire. Nel citare le fonti, bisogna mantenere un certo rigore. Non si può dire che nel 1971 in hit parade entrò Wendy Carlos.
Fa parte della storia della cultura e delle arti il fatto che nel 1971 l’artista si chiamasse Walter Carlos. Walter Carlos scalò le classifiche con quel nome e divenne famoso con quel nome. Quell’album su vinile – colonna sonora di uno dei film più importanti del XX° secolo – era attribuito a Walter Carlos, e se oggi desidero reperirne una copia e spulcio un catalogo dell’usato e del vinile da collezione mi sa proprio che troverò il nome “Walter Carlos”, e temo avrebbe ben poco senso il contrario.
Anche da un punto di vista morale più esteso, io penso che la storia di Walter non si possa né debba obliterare soltanto perché oggi c’è Wendy. Walter è esistito, è stato al mondo, è stato una parte di personalità di quella che oggi è Wendy, e raccontare la sua storia serve. Serve anche ai Walter che vogliono diventare delle Wendy.
Il fatto che il bruco alla fine diventi farfalla non autorizza a cancellare il ricordo del bruco.
Refuso: esserla stata -> esserlo stata.
La lingua italiana è sessista e qui pretende la particella pronominale maschile benché “persona” sia femminile (e il passaggio da maschio a femmina sia proprio il tema dello scambio!).
WM1 secondo me il tuo discorso ‘filologico’ si capisce benissimo. Il problema è che non tiene conto delle ottime ragioni per cui Wendy Carlos ha deciso di fare esattamente il contrario, cioè ha deciso per la riattribuzione della sua opera. Quella decisione va rispettata. Punto.
Del resto per salvare la filologia basta specificare della transizione. Però è doveroso rivolgersi a lei sempre come Wendy Carlos.
Ma non voglio farne una questione di rimproveri a Loredana o altri. Siamo tutti impreparati di fronte a queste situazioni. Bisogna capirlo.
Una cosa carina sarebbe che i possessori di vecchi dischi li portassero a Wendy Carlos per un autografo, che ovviamente andrebbe a coprire l’altro nome… Magari è già successo e chissà quante volte! 🙂
A proposito di lingua, continuo ad avere il mio cruccio per i giornalisti (la quasi totalità) che utilizza l’articolo di genere sbagliato. In genere capita in articoli su efferati delitti, e questo fa passare ovviamente in secondo piano la cosa, e però… anche in secondo piano si continua a vedere…
Io capisco tutte le attenzioni di Andrea.
Però diceva giustamente lui che siamo un attimino impreparati all’evento. Soprattutto la lingua italiana. Diamoci un po’ di tempo per il training.
Sulla fazienda del nome, concordo con WM1. Mica peraltro, se Kubrick scoprisse da lassù che gli hanno cambiato i titoli di coda di “Arancia meccanica” senza avvisarlo, ci manda a tutti una furminata tra capo e collo.
p.s. fossi stato\a nel compositore, già che mi trovavo a cambiare il nome…avrei fatto bingo. Wendy Carla mi pare più facile per non sbagliarsi.
Vabe’ poi smetto, perché è Wendy Carlos stessa ad aver riattribuito la sua opera, quindi qui si discute di aria fritta.
Allora, le mie non sono ‘attenzioni’, non sono frutto di ‘sensibilità’. Quello che ho esposto qui è l’abc del rispetto per persone che transizionano mtf o ftm. Insomma bisogna cominciare a mettersi in testa che le questioni di ‘genere’ non comprendono soltanto le donne chiamiamole così ‘genetiche’ o ‘biologiche’ (ok, questo termine fa ridere, sembra tanto la mozzarella bio), quindi tutto il bagaglio di sapere psicologico che viene mobilitato per comprendere i bisogni delle donne deve essere mobilitato anche quando si tratta di persone transessuali. Non può essere che nel caso di una persona transessuale gli si oppone un’argomentazione basata sulla filologia, suvvia…
E poi non è una realtà lontana: basta andare in normalissime discoteche per incontrare persone transessuali. Ok, voi siete intellettuali seri e non andate in disco come il debosciato sottoscritto, però… eccheccavolo!
Be’ volevo anche dire che in questa discussione mi si è incistata in testa la battuta Wendy Weltroni di WM1 e credo che difficilmente potrò ancora chiamarlo Walter 🙂
Non so se capita anche a voi, ma a me pare che in pochi mesi Weltroni, cioè insomma la sua figura di leader, sia invecchiata di cinquecento anni, come fosse caduto in un buco temporale, e sia alla luce di oggi assolutamente incredibile, impresentabile, autocaricaturale…
Io ho imparato l’ABC del rispetto per tutte le persone, maschi-femmine-generi non ancora identificati.
E quello utilizzo. Con chicchessia, e finché se lo merita.
I trans non sono i nostri indiani d’america che vivono nelle riserve. O esseri alieni con cui non possiamo parlare troppo per paura di offenderli. Prima o poi, se non si ghettizzano (e noi non li ghettiziamo), si vedrà di capire con quali generi di aggettivi vanno chiamati. Sono una persona civile, e finora nessuno s’è lamentato.
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Veltroni quando ha deciso di lasciare l’Africa per imbarcarsi nella leadership del PD ha perso di botto tutta la simpatia che poteva avermi generato come sindaco di Roma. Adesso non vedo l’ora che si pensioni…
Ekerot, la popolazione transessuale ha molti più problemi della popolazione femminile nell’integrazione e le risorse pubbliche sono quasi inesistenti, questa non è una cosa che può essere messa in discussione.
Quindi se formuliamo la domanda: noi [cioè la collettività, il pubblico] li ghettizziamo?
La risposta è sì.
Per la Dottoressa Laura Tòrgano:
la ringrazio per “l’egregio” ma essendo il termine derivante dal latino EX GREGE devo corregerla, in quanto non ho mai appartenuto a nessun gregge : mi riferisco a tutta la pletora di plaudenti di Giovanni Allevi (Giornalisti, Musicisti, Registi e chi più ne ha ne metta) che l’hanno portato in trionfo come la rivelazione della nuova musica.
Lo stesso esercito poi oggi ne prende le distanze. Premetto che non sono mai stato un fan Del M°Allevi; ho sentito due concerti e mi sono bastati. Quello che mi ha motivato a prenderne un pò le difese è stata questa”italietta” impietosa che prima ti porta alle stelle poi ci ripensa e, alla prima reazione; diciamolo: priva di stile e del M°Ughi, si infervora e poi s’accoda “egregiamente”. Vede Dott.ssa, ognuno ha quello che si merita!
Se Giovanni Allevi ha esordito immeritatamente in quel dannato concerto(…per lui!) in mezzo quei politici che ci rappresentano, i responsabili di questa…svista siamo io, lei e tutti coloro che hanno causato la tendenza culturale del momento. Ma poi se Allevi non vale davvero niente, perche s’infervora?
C’è sempre la benedetta STORIA a filtrare gli errori.
Grazie comunque anche a lei per la lezioncina di latino e per aver letto il mio intervento.