WOLFGANG E GIOVANNI

Dalla “blogosfera” (sic) alla carta. Giovanni Allevi risponde, in un’intervista rilasciata a Giuseppe Videtti su Repubblica. La vostra eccetera, volenterosa, ve la porge.
Con una piccola premessa che riguarda Mozart: l’azzardo, nel paragone fatto da Allevi, è notevole.
Non sto parlando nè di qualità (perchè apriremmo una diatriba assai complessa sul come e sul quando e sul perchè si giudica la medesima, e io mi astengo), nè dell’implicito parallelismo sulla “presunzione” (Mozart era molto, ma molto consapevole del proprio valore: ai limiti dell’arroganza. E ha tenuto spesso un comportamento ambiguo: insofferente nei confronti delle istituzioni e del potere, ma anche desideroso di appartenere alle istituzioni medesime. Il che significa che – facendo un passetto nel territorio del What if – con ogni probablità, ai giorni nostri, Mozart sarebbe andato a chiacchierare con Fabio Fazio e Serena Dandini. Magari, però, mettendoli in serio imbarazzo con il suo comportamento).
Sto parlando di un’altra cosa:  dal punto di vista musicale Mozart ha trattato con la stessa geniale indifferenza tradizione e sperimentazione. Ed era, ed è, se Allevi mi permette, tutt’altro che “semplice” all’ascolto, specie dei suoi contemporanei. Qui, onestamente, il paragone non regge. Taccio.

Prima della bufera Giovanni Allevi era un riccioluto pianista diplomato a pieni voti al Conservatorio e laureato in filosofia, che audacemente aveva scalato le classifiche di vendita, stabilendo primati da far invidia anche a un artista pop. Oltre cinquecentomila copie vendute di sei album incisi, più di centomila copie vendute dei due libri pubblicati, concerti sold out (e già un impegno per il prossimo luglio all´Arena di Verona). L´accademia, che l´ha formato, tace. Lui dice: «La mia è musica classica contemporanea». I detrattori attaccano: «E´ poco più di Stephen Schlaks e Richard Clayderman». I jazzofili nicchiano: «E´ un Keith Jarrett zuccheroso». Ma i fan lo adorano, lui non si risparmia, la comunicazione tra le due parti diventa fenomenale. E senza confini di età, dai cinque a novant´anni. Il 21 dicembre lo invitano ad esibirsi con I Virtuosi Italiani al tradizionale concerto di Natale al Senato. Allevi, 39 anni, suona e dirige. Il presidente Napolitano e le più alte cariche dello Stato applaudono a lungo. Sembrerebbe un Natale coi fiocchi, invece per Allevi è una Quaresima. Il violinista Uto Ughi, furioso, boccia la scelta: «Quel concerto mi ha offeso come musicista». Alla protesta si aggregano l´arpista Cecilia Chailly e Cesare Mazzonis, direttore artistico dell´Orchestra Nazionale Rai. Allevi ribatte: «Vengo dal Conservatorio, sto dalla parte di Mozart». La polemica investe anche Internet, la blogosfera si spacca tra sostenitori e detrattori. Il pianista trascorre con la famiglia, ad Ascoli Piceno, le festività più tormentate della sua carriera.
Ma lei, Allevi, si merita tanto accanimento?
«Il mio concerto ha rotto una tradizione. Le critiche che ho ricevuto sfociano nell´offesa personale, non sono misurate né contestualizzate. Sono abituato ad avere a che fare con i detrattori, ho capito che chi aggredisce criticando in questo modo mette in piazza solo i propri fantasmi e le proprie paure. C´è anche da dire che attaccarmi in modo così violento, oggi, garantisce un siparietto di visibilità, quei famosi 15 minuti profetizzati da Andy Warhol».
Insiste a definirsi “compositore di musica classica contemporanea”, pura presunzione per chi riconosce nelle sue partiture una valenza decisamente pop.
«Sono diplomato in composizione e questo fa di me un compositore. Quanto alla musica classica: è musica colta, musica d´arte che ha una caratteristica incontrovertibile, è scritta, e come tale può svilupparsi in forme complesse. Essendo la mia musica scritta secondo le tradizioni della musica classica europea, è anch´essa classica, ed essendo scritta oggi è contemporanea. Non la rappresento in toto, propongo una possibilità che chiunque è libero di prendere in considerazione o ricusare».
Ecco, questo è il punto, qui scatta l´accusa di presunzione.
«Sono solo una persona convinta e innamorata di ciò che fa. Quel che penso di me l´ho scritto nel libro In viaggio con la strega: sono un simpatico megalomane, perché pensare in grande è il dovere dell´artista. Confrontarsi con i geni del passato è forse un peccato?».
Si fa fatica a riconoscere la stessa dignità di una sinfonia alla cantabilità pop di certe sue composizioni.
«In questo mi viene in soccorso Mozart. La musica deve essere promotrice di una semplicità che è complessità risolta, da tutti riconoscibile, che non inficia la propria origine colta. Siccome il Novecento ha perseguito l´ideale della complessità fine a se stessa, oggi siamo portati a credere che ciò che è complesso e incomprensibile ha maggior valore rispetto a ciò che è semplice».
Le sarebbe sembrato riduttivo definirsi artista pop tout-court?
«C´è un problema di terminologia. Il pop è un genere che utilizza la tradizione orale e una scrittura semplificata diverse rispetto alla mia formazione. Voglio ricordare che Mozart è il musicista che ha venduto di più nella storia. Dobbiamo per questo considerarlo pop?».
Qualcuno potrebbe trovare il paragone irritante.
«Ma è da lì che io vengo, quello è stato il mio percorso di studio. Per me l´importante è scrivere, i giudizi, anche ai limiti dell´offesa, non smuovono le note. Per fortuna».
Come se non bastasse, lei si è messo anche a dirigere: Mazzonis sostiene che lei palesemente non è in grado.
«Non nasco direttore d´orchestra, è vero. Ma voglio ricordare che fino alla metà del Settecento è sempre stato il compositore a dirigere la sua musica».
Molti considerano quella proverbiale naïveté un´astuzia da intrattenitore leggero…
«Nei libri espongo solo le linee guida della poetica della mia musica, una sorta di manifesto artistico, come hanno fatto tanti compositori prima di me. Il critico Piero Rattalino ha scritto che la mia estetica è vicina a quella del compositore Ferruccio Busoni (1866-1924). Ogni artista ha pieno diritto di esprimere le proprie idee. Non pretendo che siano condivise da tutti».
Non si sarà mica montato la testa?
«So di essere un sognatore e un visionario. Sono animato da una profonda umiltà e nutro un rispetto religioso nei confronti del pubblico e della musica. Il vero problema sta nell´immobilismo, nella paura di fare, di cambiare, di esporsi».
Cosa l´ha ferita di più?
«La mistificazione della realtà, di certe mie affermazioni mai pronunciate, per farmi apparire arrogante e presuntuoso. Mi ripaga l´affetto delle persone che mi hanno scritto manifestando la loro solidarietà. Di questo non finirò mai di ringraziarle».

38 pensieri su “WOLFGANG E GIOVANNI

  1. Ho comprato un cd di Allevi quando “la Repubblica” (mi pare) accludeva un cd suo insieme a quello di Stefano Bollani, Einaudi e non ricordo l’altro. Tranne quello di Bollani, ho trovato gli altri abbastanza pallosi. Ora non so se la musica suonata da Allevi fosse sua o no. Cmnq quando ho bisogno di autentiche emozioni ricorre sempre da Mozart a Stravinskji.

  2. Tra le affermazioni di Allevi, la più terribile mi sembra “Sono diplomato in composizione e questo fa di me un compositore”, che dimostra per l’ennesima volta come, per lui, non sia importante tanto la necessità espressiva di fare musica quanto di vedere legittimata la sua appartenenza all’accademia, all’istituzione. E il nocciolo di questa faccenda è, per l’appunto, che si tratta di una diatriba tutta interna all’accademia, sia da parte di Ughi e Mazzonis sia da parte dello stesso Allevi: tutti quanti impegnati a rivendicare una sorta di bollino istituzionale di qualità.

  3. “ai giorni nostri, Mozart sarebbe andato a chiacchierare con Fabio Fazio e Serena Dandini. Magari, però, mettendoli in serio imbarazzo con il suo comportamento”
    Ho avuto una visione terribile di Mozart Travaglio…

  4. boh… penso pure che a me da (stentato, fallito, pseudo) musicista non me ne importerebbe un fico secco di come chiamano la mia musica. Pop? Rock? Classica? Minimale? Ma chiamala come te pare, basta che vieni ai concerti e te compri i dischi!

  5. Che personaggio – è curioso come nei suoi confronti io oscilli tra tenerezza e profonda irritazione. Sono contenta per lui che venda, perchè lo vedo abbastanza intelligente, al di la di quello che decide di dichiarare, per sapere che o capisce adesso o capirà dopo che sta difendendo qualcosa che non supera la graziosa landa della gradevolezza. e lo deve fare, perchè compone in buona fede – ed è doloroso arrivare a capire che il proprio talento non si scavalca.
    Dolore che per un certo tratto i quattrini obnubilano e le critiche livorose altrettanto. Ma ci arriverà.
    Solo soletto ci arriverà – e non serviranno mica le nozze di Figaro, eh. Basterà la Gymnopedie.

  6. Come diceva giustamente Woody Allen: per fortuna, gli intellettuali sono come i mafiosi, per lo più si sparano tra di loro.

  7. 1. “Sono diplomato in composizione e questo fa di me un compositore” è una frase agghiacciante. Mi fa venire in mente “Sono un bastonatore, dunque bastono” del Processo di Kafka. Quando la propria identità coincide con la funzione o la certificazione siamo nel regno dell’alienazione.
    2. Un’altra differenza tra Allevi e Mozart è che Allevi si vanta di mangiare solo pasta condita con una scatoletta di tonno per non distrarre il suo estro con piaceri diversi da quello musicale (che mi sembra un sintomo di monomania), Mozart era un gran mangiatore. Io non ho niente contro i monomaniaci, alcune delle mie passioni intellettuali lo erano: ma comporre Il flauto magico e sgranocchiare costolette mi rende Mozart più simpatico sul piano umano e intellettuale.

  8. @girolamo:
    Allevi compone musica, e questo fa di lui un compositore. Mi sembra ineccepibile. Un identità funzionale quale quella di “compositore” non mi sembra che possa prescindere dalla funzione che essa descrive. Se non avesse mai composto una riga di musica e dicesse di essere un compositore, questo sarebbe bizzarro. Visto che compone musica, la vende, la esegue in pubblico, non vedo nulla di male a che si definisca “compositore”.
    Queste polemiche mi irritano. A me non importa nulla di Allevi. Lo trovo simpatico, non mi piace la sua musica, e il mio rapporto con lui termina qui. Non mi infastidisce il suo successo, anzi, trovo che sia una delle persone di successo più simpatiche che ci siano.
    La cosiddetta “Accademia” dovrebbe, forse, cominciare a chiedersi di chi è la colpa del distacco del pubblico dalla “musica colta”, del perché i concerti di musica contemporanea italiana vanno, nella stragrande maggioranza, semideserti, e sono frequentati per lo più da personaggi spettrali incarogniti col mondo. La cosiddetta “Accademia” dovrebbe, forse, cominciare a chiedersi se Allevi non si sia semplicemente adagiato in una nicchia culturale (sub-culturale, se preferite, anche se non ho mai capito che cacchio voglia dire “sub-culturale”) che la musica colta “ufficiale” italiana ha lasciato completamente deserto.

  9. non sapevo che solo la “musica d’arte” è scritta; nemmeno che un diploma in composizione faccia di qualcuno un compositore; suppongo che tutti i laureati in filosofia siano filosofi e i laureati in lettere scrittori; che poi uno dica di sé che è un megalomane, potrebbe pure – ma ho qualche dubbio anche qui – renderlo paradossalmente simpatico; sono invece sicuro che definirsi ” SIMPATICO megalomane” qualifichi il parlante come un definitivo coglione

  10. Vittorio,
    Allevi non ha mica detto che è un compositore perché compone musica. Anzi, ha affermato tutto il contrario, ovvero che è un compositore perché è diplomato in composizione. C’è una bella differenza, mi pare, che è proprio quella fatta notare stamattina da me e più tardi, in maniera più precisa, da Girolamo, ovvero che nella sua visione del mondo è il “pezzo di carta” a conferirgli una patente di dignità artistica. Il che spinge a riflettere sulla morbosa necessità (di Allevi, ma anche di tanti altri) di avere a tutti costi la legttimazione dell’Accademia.
    Non serve il diploma del conservatorio per essere un compositore (a meno che, appunto, uno non voglia insegnare composizione al conservatorio). Il tanto citato Mozart, per dirne uno, mica ce l’aveva.

  11. lavoro da qualche mese per una fondazione che organizza, da 18 anni, un festival di musica contemporanea: è vero, come dice Vittorio, che spesso i concerti sono alquanto spopolati, ma, per il poco che ho potuto imparare (io mi occuperei di comunicazione, per quel che riguarda questo tipo di musica, beh, sto imparando), la questione dell'”accademia chiusa su se stessa” è vera fino a un certo punto: ho conosciuto musicisti e compositori entusiasti, giovani appassionati, riconosiuti come grandi dal pubblico di esperti e ciònonostante di un’umiltà che Allevi se la sogna.
    Persone, a volte di pochi anni più di me, che si sono messe lì e mi hanno *spiegato* la loro musica senza tirare in ballo ispirazioni mistiche e visionarie.
    Persone che a volte ridono bonariamente di Allevi, e a volte, come nei giorni scorsi, si indignano quando la questione cambia registro.
    L’immobilismo sembra esserci solo vedendo le cose “da fuori”, la musica contemporanea esiste ed è vitale, e credo che uno come Allevi, lungi dall’aiutarla, la confini ancora di più: se la gente poco esperta crede che la colta contemporanea sia fatta dai piccoli motivetti pop che compone lui, non si impegnerà mai a capire che che cos’è davvero.
    E scoprire, a volte, delle meraviglie
    (scusate la lunghezza…)

  12. Riporto alcune considerazioni di Uto Ughi, tratte dall’intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa” e all’origine della polemica: il violinista definisce la musica di Allevi “un collage furbescamente messo insieme”, e aggiunge: “Nulla di nuovo. Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris. Ma non bisogna stancarsi di ricordare che Beethoven non è Zucchero e Zucchero non è Beethoven. Ma Zucchero ha una personalità molto più riconoscibile di quella di Allevi».
    Difficile dargli torto, eh.

  13. “se la gente poco esperta crede che la colta contemporanea sia fatta dai piccoli motivetti pop che compone lui, non si impegnerà mai a capire che che cos’è davvero” dice Elisa… questo è il punto, non la solita questione alto vs basso, colto vs pop,
    è che il tipo se ne vada in giro dicendo che è lui la nuova musica classica (che anche come concetto è un capriccio), ossia che il suo genio starebbe nel fare musica colta ma sapendola rendere “comunicativa” : non sentite la solita puzza di truffa che è la merce più diffusa di questi anni? non sentite l’odore dei baricchi cui non basta fare banalissimo pop ma pretendono pure di spacciarlo per altro? fra l’altro baricco lo fa meglio di allevi (il che è tutto dire) il quale se può spacciare la sua merce come un lavoro di qualità lo deve agli acquirenti che passa questo paese al momento – non è un caso che da anni si è consegnato nelle mani di un venditore

  14. e leggo proprio adesso che il libro del mese di fahrenheit (ossia di una delle trasmissioni più colte del servizio pubblico) è quello della mazzantini! un’altra cui non basta vendere etc…: quanto in profondità è andato il lavoro di macello sistematico del cervello?

  15. Però farei attenzione.
    Allevi secondo me fa della musica che mi sento di definire “carina”. Ne ho un cd che acquistai sedotta dalla possibilità di pettinarmi in maniera analoga:) coi tasti nelli riccioli, e lo trovai consono a certe circostanze tipo la pubblicità del whisky o il sottofondo der dentista. Riconosco però la fatica di una certa pulizia e una garbatezza in questa musica carina e questo mi pare importante.
    C’è una classe di prodotti di fruizione intellettuale che non sono Tolstoj, che non sono Mingus, che non sono Heineke, cioè sono piacevolini e ben fatti. Nel loro essere ben fatti alle volte ci entrano delle strategia di vendita e pubblicità – ma a voja a pubblicizzare Heinèke non è che ci andranno a frotte, magari sono Pretty Woman e insomma hanno diritto di esistere. Hanno un significato un posto. Ma magari fosse Allevi a distrarre le persone dalla cultura pesante. Ma magari.
    Allevi anzi secondo me fa cominciare. E’ propedeutico.

  16. Vogliamo piantarla di disprezzare chiunque abbia successo? Come se fosse facile! Gli scrittorucoli che postano qui dalla Lippa non ci sono riusciti. Forse sbavano per questo. Ad Allevi il colpaccio è riuscito. E allora? La sua prima intuizione di linguaggio orchestrale è nata subito dopo il diploma in composizione, quando uno sconosciuto Giovanni Allevi tentò di affermare, tra l’indifferenza e l’incomprensione, un’idea nuova di musica sinfonica. Sono serviti anni di sacrifici e ostinazione, perché quell’incerto barlume diventasse il cuore pulsante di Evolution, accolto oggi con entusiasmo dal pubblico che ha affollato tutti gli appuntamenti del tour estivo. Partendo da queste due storie, lontane nel tempo ma inesorabilmente legate, Giovanni si è raccontato nel libro “In viaggio con la strega”: un diario privato e sincero che non risparmia la confessione di una profonda crisi personale. Tra aneddoti e riflessioni intime, emerge l’ansia e la gioia di vivere costantemente in balia di una Strega capricciosa come la musica… Dal fervore dell’esecuzione ai momenti di solitudine fuori dal palco, sotto l’attacco degli invidiosi.

  17. é parte del cerimoniale che la liturgia del successo dei mediocri ha fatto canonico in questi anni: la critica non esiste, chi non s’inchina all’altare dei nuovi dei è livoroso, invidioso e passatista – che sia scomunicato!

  18. Diamo il benvenuto a Giovanni Allevi su questo blog. Però potrebbe fare a meno di parlare di sé in terza persona, e farebbe miglior figura a non definire “scrittorucoli” quelli che non lo ritengono il più grande genio di tutti i tempi.

  19. Sono dell’idea che la vera confusione su questo personaggio sia creata più da quello che dice e scrive che da quello che suona e compone. La sua musica, come ogni espressione artistica, dovrebbe essere lasciata a parlare da sé. E se fosse rimasta l’unica a parlare, in qualche modo si sarebbe autocollocata serenamente al suo posto nel panorama musicale, se ne sarebbe apprezzato l’apprezzabile e criticato il criticabile relativamente al suo livello e alla sua funzione. Senza tante polemiche: probabilmente nessuno, nemmeno i suoi stessi fans, avrebbe sentito impellente il bisogno di gridare al genio o alla reincarnazione del medesimo. Non foss’altro per una certa diffidenza che il concetto stesso di genio è capace di instillare nei più 🙂 Suscitare certi paragoni terribilmente scomodi, perfino un po’ ingenui e poco sostenibili anche storicamente invece ha generato, come ho già detto, solo equivoci. Lo stesso Allevi ha stratificato sulle sue composizioni questioni che le sormontano, che tutto sommato non servono a spiegare una musica che si dovrebbe spiegare da sola (e che per i suoi fruitori si è già spiegata con buon successo, tanto gli basti), e che incoraggiano solo un dibattito che alla fine rimarrà sterile e fine a se stesso. Dubito che tutto questo parlare contribuirà a far crescere di un solo grammo una cultura e una consapevolezza musicale nel pubblico. Ché di ben altro ci sarebbe bisogno.

  20. Torno alla musica. Sono un jazzofilo. Videtti ha scritto… I jazzofili nicchiano: «E´ un Keith Jarrett zuccheroso»…. Io, al posto di zuccheroso, metterei banalizzato. E parliamo del Jarrett di Koln Concert, roba di oltre 30 anni fa. Il resto è gossip. tranne l’aspetto effettivamente problematico sottolineato dal maestro Ughi: “i consulenti musicali del Senato della Repubblica sono persone di poco spessore”.

  21. Bha, sentire che i jazzofili nicchiano mi fa ridere. Chi ascolta veramente jazz non perde tempo a sfottere Allevi che è un solo un altro prodotto commerciale. Quello che sta succedendo in Italia nel mondo della cultura a 360° va ben oltre Allevi, che è solo un sintomo. Vespa alla direzione del teatro dell’opera di Roma, Umbria jazz che è diventato un festival popparolo di quartordine, il festival dei Due mondi rilevato da Costanzo, per non parlare della Fenice di Venezia con i musicisti ridotti alla fame, e se ne potrebbero aggiungere. Mi pare che Allevi rappresenti solo il cattivo gusto predominate in Italia in questo particolare momento storico, in cui la cafoneria e la mancanza di rispetto per la cultura, non ultima la scuola, ce li abbiamo al governo.

  22. Non capisco come si possa giudicare il valore di un’opera d’arte basandosi sul suo successo commerciale. Con questo criterio il più grande violinista del mondo sarebbe André Rieu, che vende paccate di CD e DVD in tutto il globo.
    Non è questione di invidia (non sono un artista), ma mi sembra che un argomento del tipo “le masse sono dalla mia parte, quindi ho ragione io” sia indegno di un artista vero. I veri innovatori nell’arte se ne sono quasi sempre fregati di piacere o no alle masse, anche se molti di loro cercavano il successo, ovviamente (è umano, ed è ovvio che un artista voglia essere apprezzato).
    La musica “classica” contemporanea ha seguito negli ultimi decenni un percorso ben preciso che Allievi ha semplicemente deciso di ignorare per cercare la vicinanza con il grande pubblico: operazione legittima, ma dubito che della sua musica resteranno grandi tracce da qui a qualche tempo.
    Diciamo piuttosto che chi lo difende contro “l’accademia” lo fa, a volte, in nome di un anti-intellettualismo che ha sempre caratterizzato una buona fetta della società italiana. Qualcuno conosce la storiella dell’asino chiamato a giudicare chi fosse il migliore tra l’usignolo e il cuculo?

  23. Grazie a Lupo e Gianni. Avevo pure scordato di dire che se Bocelli canta l’opera Allevi può ben suonare il jazz, e io posso fare la cheer leader, tanto chi cazzo nota più nulla ormai?

  24. Personalmente, Allevi mi fa l’impressione di un dejà vu.
    “…Gli ultimi viandanti
    si ritirarono nelle catacombe
    accesero la televisione e ci guardarono cantare
    per una mezz’oretta
    poi ci mandarono a cagare
    voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
    coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
    voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
    per l’Amazzonia e per la pecunia
    nei palastilisti
    e dai padri Maristi
    voi avevate voci potenti
    lingue allenate a battere il tamburo
    voi avevate voci potenti
    adatte per il vaffanculo”
    Fabrizio De André,
    La domenica delle Salme, da Le Nuvole, 1990

  25. Solo una precisazione al più che condivisibile commento di claudia: Costanzo s’è preso il festival di todi, il festival dei due mondi, invece, è stato affidato al fratello di Giuliano Ferrara…

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