NEI TEMPI DELLE URLA E DEI VELENI: STORIA DI ANNA

Avevo tutt’altra intenzione, stamattina. Volevo scrivere un post esasperato, quanto inutile, su certe derive tossiche del mondo letterario. Lieta di non averlo fatto, perché è di altro che c’è bisogno. Storie così, come quella raccontata da Nando Della Chiesa sul Fatto quotidiano, pochi giorni fa. Scrivere, e leggere, sono faccende che fanno bene (e sono gratis, direbbe un certo signore).
Il nome promette bene: Leonida. Ma il protagonista di questa piccola e bella storia iniziata circa un anno fa non è un guerriero. È una gentile e tenace signora di nome Anna, che si è messa in testa di difendere la biblioteca della Besurica, quartiere di periferia piacentino nato negli anni Settanta. Ogni tanto succede. La voce di una ristrutturazione dei servizi, l’idea che al posto di una biblioteca molto frequentata stia meglio, in tempi di sicurezza, un presidio dei vigili urbani, e subito cittadini che approvano. Succede però anche, sempre ogni tanto, che si metta di traverso educatamente, ma cocciutamente un cittadino amante della partecipazione. Anna, impiegata, mamma di un giovane tirocinante, figlia di una ragazza della Resistenza, proprio non ha capito, spiega, perché quando si progetta una città, socialità e cultura debbano finire per prime sul tagliere.
Così, ha stretto alleanza con altri cittadini, coinvolto un’associazione (“Nuovi viaggiatori”) e ha iniziato a obiettare. Con garbo. Ha pure costituito di recente un gruppo di lettura per presidiare meglio il luogo amato. Si sono trovati a commentare il primo libro l’altro pomeriggio, continuando a discutere per un’ora fuori dalla biblioteca fino all’imbrunire. E se il concetto di “gruppo di lettura” richiama donne colte con tempo da occupare, qui le 25 persone che si sono incontrate sono popolo allo stato puro. Che difende con umile fierezza una risorsa a cui non capisce perché rinunciare. “Non ci siamo costituiti in comitato”, spiega Anna. “Valuteremo se farlo. Anche l’idea che sta venendo fuori delle social street mi affascina. Per ora, vesto i panni del ‘facilitatore’, dell’animatore: tengo i contatti, faccio proposte, cerco di costruire ponti tra le persone. La rete, in fondo, è come il lavoro a uncinetto: devi avere molta pazienza. Il nostro sogno è quello che la biblioteca metta radici, grazie al nostro aiuto. Perciò abbiamo presentato al Comune un progetto dal nome “Besurica insieme”, proponendo che la biblioteca si rafforzi e si integri con altre realtà del quartiere e dintorni: parrocchia, centro diurno anziani, associazioni, scuole ecc., insomma, tutto quel mondo che si affaccia sul grande giardino della Besurica da poco dedicato alle vittime di mafia. Vogliamo progettare e realizzare iniziative culturali e sociali gratuite, il più inclusive possibile”. È nata così un’idea dal nome stuzzicante: la “banca dei talenti”. Per dire che il quartiere custodisce cose preziose su cui investire, grazie alla generosità dei singoli. Cose da offrire agli altri per stare meglio tutti insieme.
Come già fa Marco, pensionato appassionato di scacchi, che tiene un corso gratuito da maggio. O Tommaso, ex prof di matematica, reduce da un mini corso di preparazione alla prima superiore a cui hanno partecipato 18 ragazzi entusiasti reclutati in una settimana. O come si accinge a fare Ottavio, tecnico chimico in pensione che prossimamente istruirà i suoi concittadini su inquinamento e qualità delle acque. O Gianni, che sta preparando proprio con Anna un piccolo laboratorio di storia e memoria locale del quartiere. È nato insomma un piccolo movimento creativo, fatto di gesti e di presenze. Il dono di Attilio, per esempio, ottantanovenne vedovo e solo, che ha citofonato ad Anna portandole borsoni di libri a lui cari da devolvere alla causa. O il lavorio di Maria Rosa “che da un anno ci presenta l’un l’altro, con entusiasmo e discrezione, dando le basi a questo piccolo movimento. L’ho conosciuta a un’assemblea in biblioteca. ‘Un anno fa moriva mio marito’ mi ha sussurrato, ‘Non potevo stare in casa. Qui mi sento meglio’”. Anna snocciola tanti nomi: Nella, Luigi, Luciana, Mariuccia, Nanni, anche don Franco il parroco. E non manca il farmacista. Precisa pure che non vogliono contrapporsi a chi rivuole i vigili o ad altre associazioni che desiderino uno dei locali della biblioteca. Ripete come un mantra quella formula, “soluzione inclusiva”, accendendo un’idea che di questi tempi appare rivoluzionaria: c’è posto per tutti. Come andrà a finire la pacifica lotta dei nostri beniamini? “Il Comune ha mostrato negli ultimi mesi segni di apertura e questo ci fa sperare: già collaboriamo con le bibliotecarie e organizziamo attività in proprio”. Nei tempi delle urla e degli annunci a vuoto questi gruppi di persone che fanno in silenzio, e in silenzio ottengono, e costruiscono gratis, suonano come meraviglioso controcanto. In Italia ce ne sono migliaia. Che diventino finalmente il nostro modello.

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