NERO SU NERO: SULL'ONESTA'

Nessun uomo per Kant ha il diritto di obbedire. “Obbedire in questo modo lo facciamo solo finché siamo bambini, come è anche necessario, perché da piccoli l’obbedienza è una cosa molto importante. Ma questa cosa dovrebbe però avere una fine  al più tardi entro il quattordicesimo o quindicesimo anno di vita”.
E’ Hannah Arendt. Viene facile citarla oggi, lo so, sull’onda dell’arresto di Mimmo Lucano. Così come è facile, e giusto, citare i grandi disobbedienti, da Antigone a Danilo Dolci. Eppure, va fatto. Anche se si continuerà a citarli e si continuerà a rispondere, con la stessa ottusità già dimostrata (vedi Gemma Gaetani versus la Casa delle donne a Roma), onestà, onestà, onestà.
Quale?
Valga allora ripescare Sciascia, “Nero su Nero”, laddove dice (ed era il 1979):
«Sarò un moralista – e dunque un qualunquista: ma mi pare che i particolari guai del nostro Paese nascano tutti da una inveterata e continua doppiezza, da un vasto e inesauribile gioco della doppia verità… Mai c’è stata un’epoca in cui come oggi quello che si dice ha più importanza di quello che si fa. Basta che uno della retroguardia dica di essere per l’avanguardia ed è un avanguardista; che un reazionario dica di essere per la rivoluzione, ed è un rivoluzionario; che un mascalzone dica di essere per l’onestà, ed è onesto. E se non si torna a chiedere alle persone il conto preciso di quello che sono, di quello che fanno, di come vivono; se non si torna a giudicare un’azione per quella che è, senza far caso se è fatta con la mano sinistra o con la mano destra, temo che nessuna riforma o rivolgimento varrà a cavare il classico ragno dal classico buco: immagine del tutto pertinente alla situazione e anzi da moltiplicare – tanti buchi, tanti ragni».

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