NOI CHE STIAMO NEL MEZZO, E STIAMO SCOMODI

Qualche frase, un rigo appena, sulla presunta opposizione fra carta e web. Dico presunta perché, da ultimo, ogni volta che capita di affrontare l’argomento Amazon, o self publishing, o librerie fisiche, scatta la dicotomia: chi esprime dubbi su alcune pratiche del  digitale  è contro il digitale stesso e difende, per questo stesso motivo, l’editoria tradizionale. Stessa cosa avviene nel territorio cartaceo: chi sostiene che esistono opportunità meravigliose nel digitale è stravagante personaggio che vuole fare terra bruciata della nostra tradizione.
Ancora? Ancora. Apocalittici e integrati di Umberto Eco compie  mezzo secolo il prossimo anno e il concetto  è ancora ben radicato nel nostro presente.  Pensare, però, che non vi siano zone d’ombra e a volte di tenebra nei due sistemi è in alcuni casi ingenuo, in altri furbetto.
Per esempio.
Il self publishing, che è uno dei terreni del contendere e che viene spesso visto dagli autori cartacei con degnazione e dagli autopubblicati in chiave cinquestelle (vi apriremo come una scatoletta di tonno),  è una strada importantissima: non escludo affatto, come chiunque scriva in questi tempi oscuri, di farvi ricorso. Altra faccenda, però, è il sogno indotto, in primis da Amazon e da molti suoi sostenitori in buona e a volte pessima fede, secondo il quale  chiunque si autopubblichi sulla sua piattaforma può raggiungere cifre di vendita vertiginose. Chi le raggiunge è in numero ristrettissimo: questo, magari, non lo dicono.
Ma attenzione:  è lo stesso sogno cui inducono molte case editrici tradizionali, cavalcando la tigre del best seller per caso. E’ lo stesso sogno da cui traggono profitto agenzie spuntate dal nulla, che razzolano sui social network in cerca di giovani autrici che aspettano la pubblicazione, e promettendola, e magari aggiungendo anche un servizio preliminare di editing (a pagamento, ovvio).
Dunque?
Quel che qui si intende dire è che ragionare su queste pratiche non significa temere l’arrivo di nuovi autori per difendere il proprio (uhm) regno: quel regno non c’è più per nessuno, care e cari, posto che ci sia mai stato. Qualunque cosa vengano a raccontarvi, anche gli autori con nome riconosciuto e editore di rango e magari anche con mazzetta di recensioni positive  su giornali a grande tiratura, vendono poco. Vendono pochissimo. Nell’ordine, nei casi fortunati, di un paio di migliaia di copie. E vengono resi in tre settimane. Tre.
Quel che qui si intende dire è che ragionare su queste pratiche non significa nè attaccare il digitale nè attaccare il cartaceo: ma dire, attenzione, un sistema sta crollando (per mancanza di strategie e di pensiero lungimirante) e un altro rischia di essere (e in parte già è) un suk irto di trabocchetti.
Quel che qui si intende fare è una sola cosa: difendere gli scrittori. Che siano esordienti, autopubblicati, noti, notissimi, sconosciuti. E difendere pure quelli sgrammaticati, guarda un po’, perché una società che comunica attraverso la scrittura è un sogno antico che si realizza. Il sogno di una collettività, non di un singolo.
Quel che qui si intende fare è metterli in guardia. Perché sui loro desideri e le loro aspirazioni altri stanno fondando il proprio guadagno: che è legittimo, se si cresce insieme e si lavora insieme e si vende anche insieme, perché no. Meno legittimo quando li si  sfrutta e magari li si butta via come un calzino sporco.
Tanto dovevo. Per il resto, c’è Scrittori in causa. Leggete, scrivete, chiedete consigli. Senza pensarci due volte.

5 pensieri su “NOI CHE STIAMO NEL MEZZO, E STIAMO SCOMODI

  1. Il digitale avrà il pregio (e il privilegio) di spazzare via l’Eap. Pubblicare a pagamento sborsando migliaia di euro sarà considerato preistorico! Oltre che ridicolo.
    L’Aie non mi pare sia riuscita a regolamentare alcunché, manco a stilare un elenco di editori affidabili o a pretendere da ciascun (presunto) editore una sorta di “carta di identità” in cui definire pubblicamente la politica editoriale. Eppure la tutela dei diritti tanto degli autori quanto dei lettori dovrebbe essere prioritaria.
    Il digitale risolverà il problema alla radice.
    (Ma per i diritti ci sarà ancora parecchio da fare.)
    Chiara

  2. Diritti? Quali diritti? Non esistono, nel futuro. Al loro posto ci saranno mecenati e protettori, come era normale fino a un paio di secoli fa. O se no scriverà solo chi è già ricco di suo.

  3. Tanto dovevi, e del “tanto” io ti sono grata! Un po’ di chiarezza, sì. Un po’ di equilibrio. Schierarsi e attaccare “l’altra parte” (presunta) può dare conforto, ma è un conforto illusorio. E che non porta a nulla.
    Abbracci e buon fine settimana.

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