NOI DOBBIAMO ESSERE I GENITORI

Non so se quello che sto per scrivere sembrerà snob, o peggio ancora radical chic, o peggio peggio ancora “maestrinico”. Esprimo un disagio. Il desiderio di concretizzare e riunire le esperienze nella ricerca di una lingua diversa, di un modo di raccontare, e di protestare, e di resistere, che non sia quello a cui i social, e la politica dei social, ci hanno abituato. Che non torni indietro nel tempo e non sia passivo, al tempo stesso. Che sia portatore di rinnovamento e non si appiattisca.
Speravo che le cose sarebbero cambiate, dopo e ancora durante la pandemia, ma mi pare che siano rimaste identiche. Così come Salvini ci ha abituato a “contro” o “con”, Facebook ci abitua a “fai così” o “sei contro chi fa così”. Occorre usarli (almeno Facebook) per ribaltarli. Come? Se lo sapessi, lo avrei già diffuso ai quattro venti. Però un’indicazione c’è. Viene, addirittura, da uno scrittore morto, David Foster Wallace, che nell’estate 1993 rilascia un’intervista a Larry McCaffery per la “Review of Contemporary Fiction”. Questa è l’ultima risposta. E, sì: è ora di essere i genitori, anche se abbiamo l’età per essere nonni, almeno io. Siamo i genitori di noi stessi, e non solo di noi stessi. Diventiamo adulti. Agiamo.

“sei alle superiori e i tuoi genitori partono e tu organizzi una festa. Chiami tutti i tuoi amici e metti su questo selvaggio, disgustoso, favoloso party, e per un po’ va benissimo, è sfrenato e liberatorio, l’autorità parentale se ne è andata, è spodestata, il gatto è via e i topi gozzovigliano nel dionisiaco. Ma poi il tempo passa e il party si fa sempre più chiassoso, e le droghe finiscono, e nessuno ha soldi per comprarne altre, e le cose cominciano a rompersi o rovesciarsi, e ci sono bruciature di sigaretta sul sofà, e tu sei il padrone di casa, è anche casa tua, così, pian piano, cominci a desiderare che i tuoi genitori tornino e ristabiliscano un po’ di ordine, cazzo… Non è una similitudine perfetta, ma è come mi sento, è come sento la mia generazione di scrittori e intellettuali o qualunque cosa siano, sento che sono le tre del mattino e il sofà è bruciacchiato e qualcuno ha vomitato nel portaombrelli e noi vorremmo che la baldoria finisse. L’opera di parricidio compiuta dai fondatori del postmoderno è stata importante, ma il parricidio genera orfani, e nessuna baldoria può compensare il fatto che gli scrittori della mia età sono stati orfani letterari negli anni della loro formazione. Stiamo sperando che i genitori tornino, e chiaramente questa voglia ci mette a disagio, voglio dire: c’è qualcosa che non va in noi? Cosa siamo, delle mezze seghe? Non sarà che abbiamo bisogno di autorità e paletti? E poi arriva il disagio più acuto, quando lentamente ci rendiamo conto che in realtà i genitori non torneranno più – e che noi dovremo essere i genitori.”

2 pensieri su “NOI DOBBIAMO ESSERE I GENITORI

  1. Ci stavo pensando in questi giorni perché ho appena terminato di leggere La casa futura del Dio vivente mescolandola ad alcuni racconti di Wallace. Biologicamente non credo che diventero’ mai padre (il tempo passa inesorabile e non abbiamo mai pensato di avere figli) ma mi sono accorto di quanto la mia compagna mi abbia insegnato a diventare genitore. L’ho scoperto parlando con mio padre della realtà che mi circondava, di questo tempo, delle sue difficoltà. Era come se, dopo anni di vita disastrata, le mie parole, i miei ragionamenti, i miei consigli fossero riusciti a confortarlo, a dargli una prospettiva, a guardare al futuro con occhi diversi. Non lo so se è questo che volevi dire ma il fatto che io sia riuscito a lenire le sue paure, a guardare al presente con occhi diversi mi ha fatto sentire mia madre che mi regalava libri e poi chiedeva che gliene parlassi e in quel parlare era un po’ come se esplodesse la vita. Eh, niente, ciao.

  2. Parto da tutt’altro punto di vista, quello delle persone omosessuali e delle loro associazioni. Per anni ci si è illusi di aver conquistato libertà e spazi pubblici a suon di party; poi si è scoperto che mentre i topi mangiavano e ballavano, i gatti stavano affilando gli artigli con pazienza e dedizione per poter gozzovigliare ancor di più. Oggi c’è un ritorno di razzismo (anche e persino interno!) da far paura e i topi, catapultati fuori dai party di cui sopra, finiscono mangiati a uno ad uno a meno che non siano così bravi da nascondersi meglio. Per fortuna stanno intervenendo i genitori, nel caso specifico Agedo e Famiglie Arcobaleno, i quali, investiti di quella “responsabilità assoluta e non cedibile” (per dirla con le giuste parole di Enzo Bianchi) che sono le loro figlie e figli, combattono più e meglio di loro accogliendoli incondizionatamente ma anche bacchettandoli a dovere quando serve.
    Ha ragione da vendere, Wallace, e la sua metafora è quantomai azzeccata; il vero dramma sta nella sua ultimissima frase, quella che fa più male: perché imparare a 40/50 anni è molto più difficile e costoso che farlo a 20/30. Perché esercitare autorevolezza senza cedere al demone-scorciatoia dell’autorità(rismo) è per sole persone mature.
    Eppure è l’unica strada alternativa al disastro: libertà è partecipazione ma anche RESPONSABILITA’, forse questo è il riassunto più appropriato della citazione del grande scrittore americano.

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