NON E' UN PAESE PER MORTI

Arriva, infine, dopo un’ora e mezza.
Un’ora e mezza in cui hai messo alla prova ragione, sentimento, ricordi, paure. Tutto ciò che contribuisce a comporre la parola mancanza. O, se si preferisce, la parola lutto.
Che si possieda o meno una fede, la cerimonia dell’addio è quella a cui è impossibile rinunciare. Di cui si ha anzi un disperato bisogno affinché la tua mente, o se si preferisce il tuo cuore, “mettano le cose a posto”, ovvero ti aiutino a prendere consapevolezza che nulla sarà più come prima, che il tuo essere nel mondo è irrimediabilmente diverso da ora e per sempre, che non potrai più essere sventatamente e lievemente figlia, ma che sei solo madre, e da quel punto di vista, quello del tuo passato, sei altrettanto irrimediabilmente sola in quello stesso mondo che hai conosciuto fin qui.
Dunque, hai bisogno di dire addio, secondo le cerimonie che hai a disposizione. Di piangere e salutare e portare i tuoi fiori anche se hai la perfetta consapevolezza che appassiranno in poche ore, ma va fatto. Di onorare il desiderio tante volte espresso da lei, tua madre, di essere sepolta accanto a tuo padre.
Ma questo, nella nostra capitale-corrotta-nazione-infetta, non è possibile se non toccando con mano l’orrore, l’ignominia, la mancanza di dignità, l’indifferenza e il disprezzo tributati ai morti. E  ai vivi che li piangono.
Provate a far cremare una persona cara che avete perso. Certo che è possibile: previa attesa che varia da cinque a dieci giorni. A me è andata bene: ce ne sono voluti sei. In cui ti sforzi di non pensare il luogo dove chi hai amato attende il proprio turno. In cui sei ancora incerto e sospeso nella tua cerimonia dell’addio, perché non sei riuscito a dirlo. Perché te lo rateizzano.
Dunque, passano sei giorni e poi altri cinque, perchè le tumulazioni nel cimitero Flaminio sono tante e c’è la fila anche là, e naturalmente, signor sindaco Marino, signor presidente dell’AMA, sappiamo bene quanto sia grande questa città e, oh, sappiamo i problemi dell’invecchiamento della popolazione e, oh, anche dei vostri bilanci traballanti.
Ma è indegno, inumano, ingiusto, feroce, barbaro il modo in cui viene affrontata la morte in questa città.
Perché dunque arriva, dopo un’ora e mezza di attesa, nella tristissima cappella del cimitero Flaminio progettata da uno sconosciuto e inverecondo burocrate che ha immaginato di trattare i morti come prodotti da esporre negli scaffali di un supermercato, senza luce, senza un minimo di accudimento, mucchi di immondizia e fiori marci e, certo, una scopa e una paletta e un cassonetto lasciati alla pietà dei vivi affinchè provvedano a ciò cui chi dovrebbe non è in grado di provvedere.
Arriva dunque  l’addetto dell’AMA, su un camioncino AMA identico a quelli della nettezza urbana, e afferra l’urna cineraria come la borsa della spesa, e mica dice “condoglianze” o almeno tace, come si dovrebbe, ma quasi litiga col muratore in attesa dicendo “aò, mica è corpa mia, nun l’ho visto sto foglio” (il foglio porta il nome di tua madre, ma per lui è “sto foglio”), e non solo, sale sulla scala per scalzare la lastra di cemento e naturalmente il cellulare gli squilla in tasca e mentre porta alla luce la bara di mio padre lui parla al telefono, “mo’ ci ho da fa’, te richiamo”, e subito dopo il muratore borbottando lo raggiunge ricordando che lui “so’ trent’anni che fa questo lavoro”.
Questa, signor sindaco di Roma e signor presidente dell’AMA, è stata la mia cerimonia dell’addio.
Vergognatevi.

23 pensieri su “NON E' UN PAESE PER MORTI

  1. Forse anche Roma si adegua al trend e volendo razionalizzare usando gli stessi addetti che un ‘ora prima raccattano l’immondizia ci può stare una certa psicologica routine e conseguente equiparazione tra “rifiuti” organici da raccolta differenziata.
    In ogni caso se desidera altro ci sono i servizi privati delle pompe funebri, ti rispondono. Anche la morte ha la sua esclusività, la prima classe e il carro merci. E consideri che Roma non fa (ancora) pagare la cremazione. Se viene qui nelle più civili Emilia-Romagna o Toscana, rosse da sempre e formalmente meno baciapile che lì da lei, il solo atto di aprire la manetta del gas per qualche decina di minuti costa oltre 500 euro. Miracolo dei racket delle municipalizzate che nel caso emiliano dell’Hera (caso che conosco personalmente) raggiungono il sublime visto che al servizio della fornitura del metano (oltre che dell’acqua e dei rifiuti) è stato affiancato da quasi un decennio lo smaltimento aersol dei morti, ma in questo caso il prezzo del metrocubo di metano cambia e sebbene la procedura sia volgare e irrispettosa opta per costi sacri(ficali) e non profani. E il bello è che il forno crematorio (Ravenna nel mio caso) l’ha pagato il comune con le tasse dei suoi cittadini e ci lucra allegramente sopra.
    Se i nazisti avessero avuto avuto l’Hera e i suoi costi nei forni crematori non sarebbe morto un ebreo.

  2. Questa è lNUMANA realtà del nostro tempo. Altro che pensare a ana illuminazione permanente del colosseo. I morti possono attendere nel sommerso della cenere dei vivi. Conosco bene questo tuo travaglio,la rabbia,l’orrore,l’infinita solitudine. Per tutto questo e non solo ti lascio un’abbraccio lieve come un respiro di vita. Bianca 2007

  3. Grazie di aver raccontato questo orrore e questa indecenza.
    Quest’epoca che fugge dalla morte e dal suo senso permette a chi dovrebbe lavorare con pietà e rispetto, di andare avanti nella cecità.
    Di morte e di morti occorre parlare, da tutti i punti di vista, prima che sia troppo tardi. Prima che diventi normale anche per chi rimane pensare che altro non siamo che spazzatura.

  4. Le mie più sentite condogliamze, Loredana Lipperini.
    Anche io ho perso mia madre due anni fa. Quindici giorni prima della morte di mio fratello.
    Mia madre é stata cremata e posta nella tomba insieme a mio padre nel Cimitero di “Primaporta” e, debbo dire, che é stata una cerimonia civile e senza lunghi tempi d’attesa.
    Mio fratello é stato sepolto nel Cimitero al Laurentino e lì si sono verificati episodi che non sto a raccontare perché ancora ne provo un gran dolore.
    Di nuovo condoglianze. Fernanda Sacchieri
    ferdy41@yahoo.it

  5. Leggo grazie a lei che dal 2010 anche Roma è partita col business delle cremazioni. Ma il costo che riporta (600 euro) non è della sola cremazione ma include l’urna e/o la muratura nel loculo (se uno ce l’ha già, ovviamente) . Il tariffario è ampio e presenta un costo anche per togliere la croce momentanemante dal tettuccio dell’automedonte, nel caso si sia di diversa concezione religiosa (costo sui 50 euro, per svitare un antennian a forma di croce e riavvitarla subito dopo). Roma è tra le città più economiche. Altrove va peggio. Ad esempio Ravenna ti obbliga a comprare la bara dal costo minimo di 900 euro + iva anche se per cremare una persona il giorno stesso non ha senso e basterebbe un surrogato. E via dicendo. Ogni volta che mi muore un parente è occasione di sarcastico divertimento: il tariffario del macabro non ha fine. Ricordo di aver pagato poco più di 80 euro + iva per l’uso di 12 ore di cella frigorifera. Si paga meno in un 5 stelle in bassa stagione.
    Quanto alla lista d’attesa, che dire? Roma ha uno dei pochi (3 in tutto, Bari e Palermo gli altri) forni crematori di tutto il meridione.
    Considerando che il comune di Ravenna ha speso la esorbitante cifra di – tenetevi forte – 1,2 milioni di euro per un nuovo e moderno crematorio nemmeno 5 anni fa, è chiaro che da Roma in giù si voglia disincentivare la cremazione. Sono sempre convinto che qualunque aspirante sindaco, ma anche aspirante onorevole, si presentasse ad elezioni con il solo punto di razionalizzare le cremazioni e renderle gratuite otterrebbe un successo clamoroso con una rimessa in termini di costi-servizio ridicola.
    Perché dopo l’esperienza Tsipras non si candida a Roma? Se non è un Paese per donne, per giovani, per vecchi e manco per morti, riuscire a vincere con la maggioranza elettorale sarebbe la sua prima vittoria tramite paradosso.

  6. ps
    In realtà ho detto una sciocca ingenuità: non è che da Roma in già si voglia disincentivare la cremazione. Al contrario la si vuole incentivare ma poiché al costo cremazione occorre aggiungere il salatissimo costo trasporto dalla camera mortuaria in loco, al cui confronto il noleggio di una Lamborghini con autista diventa ben pià economico, oltre al conteggio giorni in cella frigorifera, avere solo tre crematori in tutto il meridione permette ricchi introiti a pubblico e privato in una pax condivisa, o cartello professionale se lo si preferisce. Morire costa più che vivere.

  7. La mia, vent’anni fa per mio padre, fu uguale. Con l’aggravante di vederne, nel locale dei forni lì a prima porta, le ceneri spalettate via come immondizia e gettate senza alcun riguardo nell’urna. La sigillarono, ce la misero in mano, ci fecero firmare un foglio. Punto. Fortuna che provvedemmo noi a trasportarla al cimitero di Frascati, luogo di pace e silenzio. I cimiteri di Roma sono orrore allo stato puro.

  8. Trovai il numero dell’AMA o quella che io credevo fosse l’AMA, su internet. Arrivarono dopo un’ora che mia madre era morta. Prendendo il foglio del medico, il becchino si accorse che la data di morte precedeva di tre giorni quella di nascita e disse: “se aspettava faceva conto paro”. Io ero certo che l’avrebbe detto. Lui sorrise della sua battuta. Poi tirò fuori un catalogo e mi disse che potevo scegliere una cassa “de legno, quelle per i poveracci” oppure una… Risposi che mia madre era povera e che mi avrebbe maledetto se avessi scelto di spendere soldi per qualcosa che di lì a poco sarebbe andato in cenere. Sconcertato, lui aprì il catalogo dei pulmini e mi chiese se volevo “er modello base, sempre quello dei poveri, oppure ‘na mercedes”. Dissi il modello base. Lui commentò che le avrei fatto una figuraccia con i vicini e disse che la differenza ce la metteva lui. Non vedevo l’ora che tutto finisse. E finalmente finì quando saldai una parte del costassimo conto. Dopo una settimana, non ricevendo comunicazioni, sul giorno della cremazione, andai all’AMA e scoprii che nessuna comunicazione era stata fatta: l’agenzia che era venuta a prendere il corpo di mia madre aveva lo stesso nome di quella comunale ma era privata. Mi dissero che era una truffa e mi chiesero se fossi stato disposto a testimoniare al processo che ci sarebbe stato. Naturalmente accettai. Lo scandalo finii su tutti i giornali. Mia madre fu cremata di lì a poco. Era passato quasi un mese dalla morte. Ancora oggi nessuno mi ha mai contattato per nessun processo…

  9. Mamma mia che orrore. Sarei morto di dolore. Perche’ nemmeno la rabbia si riesce a provare in quei momenti. Ma non si puo’ fare nulla. Si puo’ chiudere la bocca alla gente maleducata e, quindi, violenta ? No, secondo me’. Da certa violenza l’unica e’ scappare a gambe levate. E quando non si puo’ non resta che ingoiare. Ma a che prezzo!

  10. Loredana… ti abbraccio fortissimo. Mi dispiace così tanto.
    Mi ritrovo nelle tue parole, specie quando parli del nostro sentirci eterne figlie finché i nostri genitori smettono di essere lo scudo tra noi e il mistero e ci catapultano – nolentissime, ansiose, angosciate, stranite noi – nel mondo delle madri, delle donne che dovranno fare da scudo ad altri.
    Mi aggrappo alla fede. Al pensiero e al sentimento che nessun addio e nessuna lacrima vadano perduti e che non siano la parola definitiva.
    I miei genitori sono autonomi e stanno ancora bene, grazie a Dio.
    Ma non posso fare a meno di pensare al dopo.
    A quanto siamo poco preparati. A quanto questa nostra sciagurata nazione abbia perso il senso del rispetto per i vivi e per i morti.
    Posso solo offrirti la mia comprensione e un pensiero affettuoso.

  11. Decisamente non e’un paese per morti…e se lo affermo a denti stretti e intanto osservo la mole dei commenti sin qui postati devo concludere che questo e’un nervo scoperto(uno fra tanti,ma la contiguita’della morte lo rende pesante..)della nostra realta’civile.perche’ovviamente e’superfluo soffermarci su quelle fasi di elaborazione (si dice cosi’..no?)che seguono inevitabilmente un lutto.e’lavoro di antropologi o sociologi ma non e’questo il punto.il problema nasce da questo Paese.nasce dagli incontri con personaggi incongrui e ambigui che in certe regioni ti si presentano proponendo “patteggiamenti”su spese funebri e affini.nasce dalle
    fatture di quelle spese stesse che devi corridpondere ma che a
    i fini fiscali non potrai mai far rivalere(stato complice!!!).nasce dalla disperazione della tua perdita confrontata alla routine di certi impiegati alle camere mortuarie che stabiliscono tempi e modi per “esibirti”il tuo congiunto mentre tu stramazzi in terra nel tentativo di non socoimbere alla devastante assenza.so purtroppo quel che dico dato che in appena 25 anni ho accompagnato alle tombe ben 6 congiunti – i miei i piu’cari della mia famiglia,dove eravamo in sette.ecco cosa ho visto e capito:che questo non e’un paese per morti.ergo,nemmeno per i poveri vivi che si arrabattano fra dolore e rispetto.fra memoria e sopravvivenza.mentre lo stato civile non fa altro che calpestare e irridere.ignorando quella grande massima:”quel che siete fummo.
    Quel che siamo sarete”.il che in soldoni vuol dire che il rispetto dovuto si morti non e’altro che la conseguenza del rispetto che hai mostrato ai vivi.

  12. Grazie per le testimonianze, tutte. Mi avete fatto tornare in mente un episodio della mia giovinezza, quando avevo appena iniziato a collaborare all’Espresso per un servizio sul “caro estinto”. Giravo per i corridoi di via Po con una cartelletta con su scritto “funerali”. Una notissima firma mi incrociò, sbirciò e fece plateali scongiuri. Eppure, se non si riprende questo discorso si lascia campo libero agli indifferenti: o agli speculatori e agli avvoltoi. Facciamolo.

  13. Loredana, le mie più sentite condoglianze.
    So di che parli e anche a Bologna non è molto diverso, noi abbiamo Hera, e per me fu lo stesso trauma. Siamo merce questo è.
    Con il tempo sono riuscita a ristabilire quella “corrispondenza di amorosi sensi” strappata dalle ignobili vicende burocratiche.
    Un abbraccio grande

  14. Uno come Marino che sulla laicita` ci ha costruito una carriera politica dovrebbe pure praticarla, per esempio tenendo bene a mente le tue parole scritte col cuore pesante e sobria rabbia

  15. Mio nonno materno soleva dire “Si muore come si è vissuto”. Lui si riferiva a chi decede, ma vale anche per chi accompagna a vario titolo chi è già deceduto. Essendo stato toccato recentemente anch’io da un grave lutto familiare e avendo sperimentato quanta abissale differenza ci sia tra il trattamento “capitolino” e quello provinciale dell’entroterra marchigiano (che tu conosci molto bene), posso -ahimé e ahité- ben capire.
    Ricordi quella terribile sequenza ne “L’importanza di essere Joe” quando la manager del protagonista massacrato dal compagno sbaglia urna cineraria? È una sequenza che credevo possibile per cinismo solo in certo cinema “arrabbiato”. La tua vicenda è riuscita ad andare oltre, sono semplicemente agghiacciato: è proprio vero che la realtà supera sempre la fantasia. Anche quella più perversa.

  16. No comment.
    Ma ne riparleremo in sede di giudizio universale.
    Perché ci sarà questo giudizio, lo so.
    E ci divertiremo tutti un mondo.
    Ti abbraccio, Laura

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