NOTIZIA CON OMAGGIO

A volte accadono cose belle: per esempio, la collaborazione avviata fra la redazione bolognese di Repubblica e il corso di laurea magistrale di Semiotica dell’Alma Mater. Si chiama Studenti&Reporter, è un esperimento che vede coinvolti, appunto, studenti, una docente (Giovanna Cosenza) e giornalisti professionisti. Il primo articolo è qui.

Come omaggio, ripesco (in parte) un altro degli articoli di Beniamino Placido che mi sono stati e mi sono cari. Questo è del 13 maggio 1989, addirittura, e parla proprio dello scrivere quotidiano. Tra l’altro.
Che cos’ è allora? Delitto e castigo? Pentimento ed espiazione? Pellegrinaggio di contrizione al Santuario di San Giacomo di Compostela? Che cos’ è questa moda, questa frenesia di Fiere, Feste, Saloni, Mostre, Mercati ed Esposizioni dei libri, che dappertutto fiorisce, che dappertutto imperversa? Com’ è strano, ha detto la scrittrice Doris Lessing l’ altra sera sul palcoscenico del Teatro Regio, nella serata inaugurale di questo secondo Salone del Libro di Torino. Com’ è strano: proprio adesso che il libro ha le sue difficoltà, vengono fuori da ogni parte Fiere ed Esposizioni del Libro. Ed ha elencato le innumerevoli Fiere, le innumerevoli Esposizioni che la invitano ogni anno, in tutto il mondo: dalla Scozia all’ Australia. Allora un pensiero malinconico è venuto a più di qualcuno, nella platea e nei palchi del Teatro Regio: e se questi Saloni o Santuari del Libro fossero come i Festival cinematografici? Quando c’ era il cinema, come appassionata abitudine, come vizio quotidiano, i Festival cinematografici non c’ erano.Adesso che la passione viziosa ma benemerita del cinema non c’ è più, fioriscono da ogni parte i Festival cinematografici. Riscoprono ed onorano tutto l’ antico. Premiano film nuovi magari bellissimi che non vedranno mai l’ oscurità della sala cinematografica. Ogni anno migliaia di persone si intruppano e si avviano in devoto pellegrinaggio verso Berlino, Venezia, Cannes. Perché, se non per fare ammenda del loro crescente disamore per il cinema, per farsi perdonare i loro peccati di scarsa fede cinematografica? Non starà accadendo la stessa cosa per il libro?, si pensava, senza confessarlo nemmeno a se stessi, l’ altra sera, nella platea e nei palchi del Teatro Regio. Giratela come vi pare, giriamola come ci pare, ma la passione per il libro è in declino. Certo, si può sempre dimostrare, e qualcuno lo dimostrerà anche questa volta, a Torino Esposizioni, che oggi si legge in assoluto o in percentuale più di quanto non si leggesse nel 1889 o nel 1789 (grazie: allora erano occupati a fare la Rivoluzione). Ma certo (e purtroppo) non c’ è più la passione viziosa per la lettura, che tratteneva i bambini nelle soffitte, a divorare di nascosto un polveroso librone pieno di avventure. Le avventure ci sono ancora, ma i bambini preferiscono seguirle (bisogna dar loro torto?) in televisione. Non c’ è più la libridine, l’ addiction, ovvero la dedizione abbandonata, la librodipendenza.
Insomma, non c’ è più la lettura come vizio. E per i vizi bisogna avere un grande rispetto. Qui vitia odit, homines odit, scriveva Plinio in una lettera. Chi odia i vizi, odia gli uomini. Le cose di questo mondo specie quelle belle nascono come vizi, muoiono come virtù. Morta come vizio, la lettura viene celebrata come virtù in questo Salone-Santuario di Torino. Al quale ci siamo indirizzati il bastone in mano, il sacco in spalla, come i pellegrini di una volta. I pellegrinaggi hanno qualcosa di buono, naturalmente. Qualche volta ispirano persino bellissimi racconti. Se il pellegrino si chiama Chaucer; e se il Santuario è quello di Canterbury. Fra una devozione e l’ altra, arrivati a non so quale bicchiere di vino, a non so quale taverna, attorniato da compagni di viaggio che facevano con virtuosa compunzione l’ elogio della lettura, io mi sono permesso di tessere invece l’ elogio della scrittura (mi avevano invitato a parlare nientedimeno che dei Libri nella mia vita, e così ho ritenuto di onorare l’ invito). Della scrittura: in cui credo. Non la scrittura del romanzetto (che un italiano su due ha già scritto, e tiene nel cassetto), al quale dedicare inutilmente la propria vita. No, la scrittura quotidiana, funzionale, di note appunti riassunti; di impeccabili rapporti di ufficio, se si ha un ufficio; e in mancanza, di un diario personale. Da non inviare a nessun editore, finché è possibile. Sì, perché solo scrivendo, solo esprimendosi con quel controllo e con quella compiutezza che la scrittura impone, si esce dal groviglio di emozioni informi e di pensieri confusi che costituiscono con rispetto parlando il nostro mondo interiore. Noi non scriviamo più. Ci esprimiamo in modo smozzicato e rudimentale. Quasi ci vergogniamo di tirar fuori una frase compiuta e azzeccata, un aggettivo imprevisto. Siamo poverissimi.

4 pensieri su “NOTIZIA CON OMAGGIO

  1. Io commento di pancia e non posso far altro che citare lo stesso Placido: “Sì, perché solo scrivendo, solo esprimendosi con quel controllo e con quella compiutezza che la scrittura impone, si esce dal groviglio di emozioni informi e di pensieri confusi che costituiscono con rispetto parlando il nostro mondo interiore. Noi non scriviamo più. Ci esprimiamo in modo smozzicato e rudimentale. Quasi ci vergogniamo di tirar fuori una frase compiuta e azzeccata, un aggettivo imprevisto. Siamo poverissimi”.
    Con buona pace di chi dice che, in Italia soprattutto, si scrive troppo. Perché spesso scrivono troppo quelli che hanno poco da dire perché già hanno molto detto e ridetto. La pratica della scrittura è per me non solo pratica del proprio mondo interiore ma anche esercizio alla convivenza civile perché come diceva un altro interessante “eretico” che non sembrava di esserlo, “ma come parlaaaa?!?!? Le parole sono importanti”. Forse soprattutto scritte.

  2. Sarebbe interessante capire, alla luce dell’era Internet, come e quanto sia cambiato il rapporto delle persone con la scrittura.
    Il fiorire dei blog, dei forum, ad esempio.
    Si scrive molto di più, e non necessariamente in maniera così disastrosa.
    Forse.

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