PICCOLI LIBRI E PICCOLI EDITORI

Ho detto più volte che è impossibile, per me, leggere tutti i libri che mi arrivano e che mi vengono segnalati via mail: ci vorrebbero almeno altre due vite per riuscirci. Non è un modo per scusarmi, è un fatto.
Dunque, qual è il mio criterio di scelta? Non ce n’è uno solo: a volte è una quarta di copertina, a volte un passaparola, a volte ancora l’incipit o i pezzi e bocconi che riesco a cogliere sfogliando, oppure il nome dell’autore o dell’autrice, oppure ancora una scheda che riassume la trama. Insomma, tutti i modi sono parziali, come si vede, perchè l’unico modo di capire il valore di un libro è, ovviamente, leggerlo tutto, e leggerlo bene. Potendo.
Non so esattamente cosa mi abbia spinto a leggere Eudeamon, pubblicato da una piccolissima casa editrice che si chiama Zero91: non la scheda, non la copertina, non il nome dell’autrice, a me sconosciuta.
So che ho fatto bene.  E’ un romanzo fantastico di Erika Moak (qui la scheda aNobii): il punto di partenza è la possibilità, per i criminali, di diventare la propria prigione. Di diventare Bane, creature imprigionate in un tuta di lattice a cui nessun cittadino deve rivolgere la parola. Picchiarli è tollerato. Il resto, va letto.
E devo dire che in tempi di gigantismo editoriale, piccole scoperte di questo tipo mettono di ottimo umore.

11 pensieri su “PICCOLI LIBRI E PICCOLI EDITORI

  1. C’è poi il caso di Ali Agca che, entrato in prigione con la convinzione di essere Gesù Cristo, finalmente, scontata la pena e completata la riabilitazione, ha capito di essere Gesù Cristo.

  2. Cara Lipperini dei nostri cuori,
    leggo sempre con molto affetto e molta attenzione i tuoi post, specie quelli in cui consigli buoni libri e buone letture. Specie dopo aver letto e poi consigliato il tuo Ancora dalla parte delle bambine ad un po’ di carissime amiche, che l’hanno poi consigliato a loro volta, creando così un circuito che sa un po’ di abbraccio e di cerchio che coccola, stringe e rafforza. Cose necessarie, in tempi di solitudini e colpi bassi come questi.
    Volevo solo ringraziarti per questo post. Eudeamon, non lo conosco, ma sa di cose buone. Un buon dàimon greco. E .. Zero91, devo segnarmela. Perché.. “in tempi di TRISTEZZE editoriali, piccole COCCOLE di questo tipo mettono di ottimo umore”.
    Grazie per il buon umore che OGGI ci hai regalato
    CORRO IN LIBRERIA!
    Grazie *antonella

  3. Una curiosita’.
    Ne parli come di un libro di genere fantastico.
    La trama, da quello che accenni e da quel che leggo sulla scheda, me lo farebbe definire di fantascienza.
    Ora: premesso che per me, personalmente, la distinzione in sottogeneri all’interno del fantastico ha sempre avuto importanza relativa, anche se ci sono persone che diventan matti nel far pulci e contropulci e nello stabilire ringhiere e steccati piu’ o meno arrugginiti…il che ha pochissimo senso, considerato che, in Italia almeno, si tratta di frazionare campicelli assai piccoli…
    Premesso questo, dicevo, mi rimane la semplice curiosita’: si potrebbe definire di fantascienza o no?
    Perche’ sembra che la parola fantascienza, in cio’ che viene pubblicato in Italia attualmente, (italiano o straniero), sia sfuggita come la peste, fatta eccezione per i soliti sparuti Asimov, Dick e compagnia, e che gli stessi scriventi, a tutti gli effetti, fantascienza, rifiutino sdegnosamente l’etichetta.
    Questo si potrebbe ritenere uno di quei casi, obiettivamente, a tuo giudizio, oppure gli elementi puramente fantastici prevalgono?
    Perche’ la mia impressione e’ che la fantascienza qui da noi, ora come ora, possa riscuotere interesse a patto che non la si etichetti come tale.

  4. Io preferisco parlare di fantastico, lo faccio anche a proposito di Avoledo che a rigor di logica andrebbe definito autore di fantascienza. Secondo me, cominciare a eliminare la fissazione del sottogenere sarebbe cosa buona: ho fatto un’intervista a Joe Lansdale su questo. Quando uscirà, vedrete…:)

  5. Dal mio punto di vista, sfondi il Colosseo 🙂
    Ma sui forum le pignolerie si sprecano, invece.
    Soprattutto gli appassionati di fantascienza, forse perche’ si sentono accerchiati, tendono a ribadire una qualche patente di superiorita’, puntualizzando sui particolari, classificando “fantasy” (e quindi, inferiore) tutto cio’ che non abbia purezza scientifica cristallina. Un tempo si chiamava fantascienza anche cio’ che era basato sulle cosiddette scienze “soft” o scienze umani e sociali: adesso, si tende a escluderlo, solo cibernetica, bioingegneria, nanomacchine ecc.
    (Generalizzando, ovviamente, le tendenze piu’ forti)
    Il risultato, IMHO e ancora IMHO, e’ una letteratura fs sempre piu’ specialistica e quasi illeggibile, dove l’aspetto narrativo e’ sacrificato. E sempre piu’ elitaria.
    E irrigidimenti su diverse posizioni.
    Io, invece, sono sempre stata appassionata di vie di mezzo e contaminazioni.
    Sara’ che ho fatto il classico e ho preso la laurea in chimica, 🙂 ma ho sempre preferito unire e arricchire, anziche’ dividere.

  6. Ciao Loredana, sono Francesca… e ho trovato il tuo blog navigando e navigando… 😉 e mi piace molto… Volevo segnalarti se può interessarti il nuovo romanzo di Luca Tarenzi “Le due Lune” un urban fantasy ambientato a Milano. Se vuoi ti invio il libro. Comunque c’è anche un book trailer su youtube “http://www.youtube.com/watch?v=MbBQbv2tieA”
    Fammi sapere se potrebbe interessarti
    Francesca

  7. “Eudeamon” per molti versi è una storia strepitosa.
    L’ho letto in meno di una giornata (come tutte le storie che consiglia Loredana).
    Nelle prime 150 pagine, metà romanzo, la vicenda si sviluppa per dei binari più tipici della sci-fi di impostazione sociale\psicologica.
    Il modello narrativo è quello de “Il corridoio della paura” di Sam Fuller.
    Una giornalista si finge una criminale per scoprire cosa si nasconda dietro la nuova “cura” per carcerati. Il cosiddetto banishment. Una tuta in lattice che isola dal mondo esterno, e un chip dentro cui un miniprocessore si infila nel cervello, prendendovi spazio e neuroni, ed obbligando il prigioniero all’obbedienza.
    La giornalista si cala dentro questo inferno. Il computer che la controlla diventa un aguzzino di una crudeltà infinita.
    E la discesa negli abissi diventa sempre più disperante.
    Pensando all’autrice, mi è venuto in mente che questo sia il racconto più bello che abbia letto sulla “transessualità”. Ossia il ritrovarsi nel medesimo corpo di due distinte volontà. Come Prinçesa. La lotta è terribile. Disumana.
    Non avevo mai sentito così forte l’esperienza del transgender. Anche se Erika Moak è bravissima ad evocare soltanto. Nella storia non si fa mai accenno al maschile\femminile.
    Poi, il colpo di scena.
    Come ne “Il profumo”, la storia entra in un’isola. Un’isola vera e propria. Nella quale la protagonista è costretta a sovvertire tutti i propri pregiudizi.
    L’autrice a lungo non dirime la questione fondamentale: sta diventando pazza?
    Finché questa domanda regge, il romanzo galoppa. E inventa con una facilità che in un esordio è rara. Idee su idee. Inserisce con la sua impennata erotica – nel senso greco del termine, c’è amore e sesso – un vero e proprio mélo dentro la storia principale.
    E ti conduce per sentieri davvero sorprendenti. E toccanti.
    E si arriva quindi al terzo atto.
    Dove Erika Moak riconcilia la sci-fi più classica (per modo di dire, siamo più dalle parti di Dick che Asimov) con l’elaborazione del lutto.
    Ma qui, secondo me, forse per inesperienza o perché evidentemente non le interessava, ma l’autrice fa sedere la storia. E si fa da parte.
    Lasciando la questione non tanto aperta quanto completamente irrisolta.
    Ci lascia con la protagonista che decide di vivere nell’isola di lattice che è il banesuit. Col trionfo dell’amore. E’ vero.
    Però, per motivi squisitamente ideologici, questo isolamento lasciato lì senza un dubbio serio, senza aver toccato sino in fondo le dirompenti contraddizioni che il suo romanzo ha sollevato nella prima parte, mi perplime.
    E mi è mancata la “catarsi”, diciamo così, del lettore.
    Resta comunque un giudizio assolutamente positivo. Tanto più che si tratta di un esordio davvero giovane (appena trent’anni).
    Grazie mille per il consiglio.
    Ho acquistato l’ultima copia romana del romanzo. Spero venga ristampato presto.

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