NUMERO NOVANTATRE

Lei si chiamava Stefania e oggi è il numero novantatre. La novantatreesima donna uccisa in Italia nel 2011, fatti salvi gli errori di calcolo. Navigando tra i siti d’informazione, ho trovato ancora la dicitura “delitto passionale” e mi sono chiesta di quale orribile passione si possa parlare per definire la storia di una studentessa di ventiquattro anni massacrata a coltellate dall’ex fidanzato “non rassegnato”.  In rete gira anche un ricordo pieno d’amore a firma di un’amica blogger, che vi linko.
Solo il 15 dicembre scorso il New York Times ricordava che la violenza contro le donne è in aumento negli Stati Uniti. Da noi, la morte di Stefania è una piccola notizia (almeno su molti quotidiani), in molti casi neanche degna della cronaca nazionale.

97 pensieri su “NUMERO NOVANTATRE

  1. Certo dopo quest’ultimo intervento di gino, mi vien difficile tornare alla mia esperienza personale, ma cosa ci posso fare se è il modo che mi riesce più congeniale per riflettere sopra le cose che succedono?
    Caro Valter, per tornare al punto: mi spiace, rispondo con un po’ di ritardo, ma stavo lavando il pavimento, cosa che il mio copagno, per quanto bravo, non fa mai. La qual cosa, oltre a provocarmi nervovismi vari, mi conferisce involontariamente un potere. Non solo: mi sono laureata, lavoro e mi mantengo da sola, ho fatto un figlio e sono una buona mamma, nonostante esca la sera con le amiche, e ho persino il diritto di dirgli che magari per un periodo non ho più voglia di vederlo.
    Dico tutto ciò perchè mi sto interrogando sulle diverse motivazioni che potrebbero stare alla base della violenza che sento persino io da parte del mio uomo, nonostante siamo una coppia di persone più colte della media, politicizzati critici nei confroni della realtà.
    Ma devo fare cento, mille passi indietro, di fronte al fatto che devo tristemente riconoscere che si nega l’evidenza, che per paura di riconoscere un problema (un problema che c’è NON perchè gli si attribuisce un nome, ma perchè ESISTE) e ancora prima di riconoscere dentro di sè l’origine di questo problema, si sostiene allo sfinimento che la verità è il velo che la copre.
    forse femminicidio non è una bella parola, non suona bene, allora proponiamone un’altra, però non possiamo fare finta che non esista il fenomeno di per sè.

  2. Chiedo scusa a Loredana per il relativo OT riferito a commentatori che sembrano cadere dal pero e chiedono il bignami delle puntate precedenti: in qualsiasi luogo virtuale – forum, blog, sito tematico – laddove si tenta di fare degli approfondimenti su alcuni argomenti sarebbe bene che i nuovi interlocutori prima di intervenire con modalità più o meno perentorie prendessero visione di quel che è stato precedentemente scritto ed elaborato; i compendi, sempre se interessano, si possono ottenere con una ricerca, per poi partecipare attivamente e proficuamente alla discussione. Altrimenti si rischia di vanificare il lavoro svolto ripartendo ogni giorno dagli albori.
    Il problema credo anche sia, a parte la scarsa consapevolezza nell’uso degli strumenti della rete, il fatto che tutti e tutte pensino di poter analizzare femminicidi e discriminazione di genere senza mai avervi dedicato il tempo, le riflessioni e la documentazione necessari.
    Ad esempio, chi oggi interviene qui a disquisire, ha mai sentito nominare la CEDAW (mi pare di no visto che si continua a parlare senza tenere minimamente conto dei richiami dell’ONU al governo italiano)? E il WEF Gender Gap Index? Tanto per dirne due, ecco.

  3. Elisabetta, conosco bene il lavoro del Cedaw e le altre questioni. Tuttavia ribadisco che, in mia modestissima opinione e soprattutto in opinione di storica, il termine femminicidio non mi trova d’accordo. Sarà mica peccato mortale? Comunque non è un problema solo di come si chiamano le cose perché i nomi indicano una cosa precisa. “Femminicidio” richiama volontariamente “genocidio”, ora tutti genocidi – dagli armeni fino al Ruanda – hanno visto coinvolti gli stati come attori principali di pratiche omicide e istiganti all’omicidio. Penso malissimo delle politiche sul gender gap così come si sono configurate negli ultimi 25 anni, tuttavia non ci vedo nessun intento di fare delle donne un gruppo ostaggio per mandarle al creatore. Questo è infatti ciò che fanno gli stati quando attuano un genocidio. Ciò non significa – in alcun modo – negare né la piega che sta prendendo il paese né la violenza subita dalle donne.

  4. Oh, ecco, Gino, abbiamo chiarito le posizioni, e capito anche cosa le sta sul gozzo: la lista degli sdoganatori di Casa Pound. Evviva, meglio essere chiari quando si discute. Intanto, quando parla con me si rivolga a me, e ai Wu Ming quando parla con i Wu Ming. Siamo compagni di strada, ma non la stessa persona.
    La letteratura. Sta al pezzo quando non è vuoto narcisismo, autocompiacimento per le proprie belle parole, frustrazione perché gli altri non le riconoscono come tali. In questo caso, sta al pezzo.
    Quando guarda la realtà. Quando sa vedere non il “pazzo isolato di Firenze o di Catania”, ma il terreno in cui quei delitti sono stati coltivati.
    Un delitto di genere. Perchè le tante donne uccise dai compagni perchè i medesimi non tolleravano di essere abbandonati rientrano in una cultura che ha permesso di considerarle “cosa propria”. Cultura su cui bisogna lavorare anni e anni, ancora.
    Infine, e definitivamente. NON TOLLERO che si usi la morte di una donna per togliersi i sassolini dalle scarpe contro i Wu Ming. Non qui. E per questo si vergogni.

  5. Barbara concordo in pieno sul peso delle parole (e sulle politiche come le quote rosa e simili). Domanda: omicidio non richiama a genocidio o sbaglio? Perché dovrebbe essere invece così per femminicidio?

  6. Mi scuso con Barbara e Valter per aver glissato sui loro commenti, ma sinceramente che si approfitti di questa tragedia per venire a dire “cattivi cattivi Wu Ming e Lipperini” mi fa letteralmente orrore.
    Aggiungo solo, per Barbara: non una parte, la quasi totalità delle donne vengono uccise dai loro conoscenti, compagni, familiari.

  7. Loredana, figurati se non si capisce -)))) Non sei certo tu a dovere delle scuse. E neanche i Wu Ming.
    @ Vale, immagino tu abbia letto la definizione di femminicidio e anche quella di omicidio così come contemplata nel nostro codice penale. Non è una questione di desinenze.

  8. ho citato un mio libro, peraltro esaurito e quindi non certo per farmi pubblicità, solo per dire che il tema all’ordine del giorno lo è da sempre. per esempio, il 2 agosto 2002 quattro uomini uccisero le loro ex compagne, in quattro città diverse d’Italia. i commenti, scarsi per la verità, furono gli stessi contro cui, giustamente, vi scagliate oggi (delitto passionale, impeto, ecc). per questo vi chiedo: perché oggi sì e dieci anni fa no? di che cosa vi occupavate di tanto importante dieci anni fa da non trovare il tempo per studiare o almeno leggere una cronaca dalla quale emergevano messaggi ancora più forti di quelli di oggi?

  9. Bernardi, di cosa si occupa lei, e cosa fa su questo argomento oltre a fare autopromozione? La prego, abbia un minimo, davvero un minimo di pudore. Possibile che ci siano persone che continuano a venire qui per decantare il proprio orticello?
    Almeno, tacete.

  10. Ps. Ho eliminato il commento di utente che si firma “rita”, appropriandosi del nick di un’altra utente che aveva postato precedentemente.
    Risultato. Un post su una ragazza morta. Uomini che pubblicizzano i propri libri, parlano di letteratura, di CasaPound, di blog censuratori, il solito troll d’epoca sotto venti nick diversi, eccetera.
    Conclusioni a voi.

  11. c’è gente che come giornalista per anni si è documentata e ha denunciato, ce n’è altra che pur non essendo “nessuno” ha lavorato sul campo quotidianamente nell’indifferenza generale e superando ostacoli continui.
    ora devono tacere?
    ok.
    torniamo a fare.

  12. Quello di Stefania è un femminicidio, o – se lo preferite- un omicidio di genere. Perchè? perchè Stefania è stata uccisa perchè non ha accettato di ricoprire il ruolo di compagna che quell’uomo aveva scelto per lei. Perchè ha fatto una scelta di libertà da uno schema di relazione tradizionale. E lui, non potendo controllarla, possederla, l’ha uccisa.
    In Europa ogni giorno i femminicidi nelle relazioni di intimità sono 6.
    E’ difficile riconoscere il fattore genere nei reati famigliare ma esiste ed è statisticamente provato, oltre che ben documentato scientificamente fuori dall’Italia (nemo propheta in patria).
    La differenza tra razzismo e sessismo?
    Che se vieni ucciso per razzismo la pena è aggravata….se sei donna e vieni uccisa in quanto donna no.

  13. @Barbara: non mi riferivo a te, ma a chi oggi è intervenuto qui a gamba tesa, senza conoscere aspetti fondamentali delle questioni di genere e cercando di spostare il focus del problema.
    Quanto al termine ‘femminicidio’ adottato ormai da istituzioni e riconosciuto a livello giuridico in alcuni Paesi, prendo atto della tua perplessità di storica.
    Tieni presente però che quando parli di intenti e di intenzioni da parte di uno stato, nel caso della violenza di genere (nella sua più estesa accezione, dalla compressione dei diritti umani alla eliminazione fisica e sociale, allo stupro, soprattutto quando usato come strumento di pulizia etnica) ci sono Paesi che omettono di attuare qualsiasi tipo di politica/provvedimento per proteggere le proprie cittadine. E’ proprio quello che l’ONU ha contestato al governo italiano: non fa abbastanza per mettere in sicurezza le donne (vedi i centri anti violenza che rischiano la chiusura) e non attua alcuna opera di prevenzione.
    Se a qualcuno questo termine non piace me ne farò una ragione, ma non si tenti di disconoscere l’esistenza di una realtà gravissima e penosa: la violenza degli uomini contro le donne. Negarle un nome, non utilizzare una terminologia appropriata, derubricare stupri e omicidi e botte a casi isolati riconducibili alla sfera privata, significa di fatto negarne l’esistenza, rimuoverla dal nostro immaginario.

  14. @ Elisabetta (mi firmo barbara 1 visto che c’è un’altra utente omonima -))
    A me non passa neanche per l’anticamera sinistra del cervello che il fenomeno non esista. E anch’io mi farò una ragione del fatto che non concordiamo sul modo di nominarlo. Tuttavia questo non ci impedisce né di vederlo né di combatterlo o di denunciarlo. Questo mi sembra molto più importante – qui e oggi.
    Rinnovo la mia solidarietà alla padrona di casa.

  15. Se mai avessi avuto un dubbio sulla pochezza morale delle patrie lettere, oggi è stato dissipato. Ho letto tutti i commenti e sono disgustata. In questo paese conta più essere accreditati come scrittori che come esseri umani. Ecco perché siamo il paese con meno lettori in tutta Europa. Se questi sono gli autori, che vengono qui a farsi pubblicità o comunque a parlare di letteratura o della letteratura che hanno fatto loro anche se non si trova più, venendo a cianciare di parole alate e di primogeniture sul cadavere di una giovane donna, meritiamo di essere la merda di paese che siamo. Solidarietà alla padrona di casa, e schifo, schifo che non se ne va.

  16. Confesso, è uno dei punti più bassi mai toccanti nei commenti quello di oggi. Da una parte penso che sia un argomento che agli uomini faccia male, e ci sta tutto. Fa male dover parlare del proprio sesso nel momento in cui compie atrocità. Dall’altra, però, che si svicoli per esibire il letterario o il pubblicato è ripugnante.

  17. Mi associo al commento di Gianna. Forse si è toccato un altro nervo scoperto perchè sessismo e fascismo evidentemente sono due bestie che prosperano insieme nella crisi che sta travolgendo questo paese. Di questo dovremmo ragionare, magari cominciando a mettere in discussione le nostre identità di genere e di classe, interrogandoci sulle ragioni della violenza e su come possiamo provare a fermarla. Sono rimasto allibito a leggere commenti di altri maschi che ridimensionano il problema della violenza sulle donne o filosofeggiano per evitare la questione, veramente disgustoso come atteggiamento, senza attenuanti.

  18. Grande Gino, che ci richiama all’ordine del nostro mestiere, alla bellezza della letteratura, a Dostoevskij. Mica cazzi. Sono d’accordo, al lavoro, colleghi, al lavoro. Dovevano proprio accoppare una ragazza perché si trovasse il modo di farci questa roboante reprimenda. Ma ne sarà pur valsa la pena di aspettare il momento giusto, l’occasione ghiotta per cantarcele forte e chiaro, per dirci queste parole pesantissime… Quasi quanto quelle di quell’altro, che dice di cosa vi occupavate nel 2002? Boh, ecchenneso? Ma soprattutto, visto che si è sul pezzo qui ed ora, che importanza ha cosa facevamo nel 2002? Così su due piedi mi viene in mente che ad aprile ero a farmi espellere dallo stato di Israele… ma avrò senz’altro tante altre cazzate sulla coscienza.
    A proposito (ma anche no), a quanto le vendono le bibbie nei regimi totalitari comunisti?

  19. Ma il post non era a proposito di una ragazza ammazzata dal suo compagno? Com’è che si è finiti con uomini che sputacchiano addosso ad altri uomini a proposito di tutt’altro? Così su due piedi mi viene da dire che c’entra il sessismo, il disprezzo per le donne, l’incapacità di considerarle proprie simili. Mi vengono anche in mente delle metafore con protagonista una merda che si crede un gran combustibile. Che strani collegamenti del pensiero.
    Ho dato una scorsa veloce ai commenti e già mi incazzo in questa maniera. Complimenti alla padrona di casa per l’autocontrollo.

  20. Va bene, allora la domanda la faccio io.
    E non come scrittore (anche se sto provando a scrivere un romanzo che vorrebbe essere dedicato alla questione femminile), ma come insegnante.
    Se uno va in classe, avendo un uditorio misto che va dai sedici ai diciannove anni, e insegnando filosofia e storia volesse dare un contributo alla crescita morale e culturale di questo paese, da cosa inizia, dalla necessità di proteggere le donne dalla violenza maschile o dalla necessità di coniugare eros e civiltà, evidenziando i modelli storici, la loro crisi, ma soprattutto l’indispensabile competenza relazionale che occorre oggi per affrontare la medesima? In altre parole, insistiamo sullo statuto vittimario del femminile o proviamo a identificare come oggetto del discorso la maturità affettiva e l’evoluzione della persona?

  21. Walter mai pensato (ma sono sicura che sì) di partire non dalla necessità di proteggere le donne dalla violenza maschile ma di evitare che i maschi esercitino violenza sulle donne?

  22. Io ho letto Dostoevskij e anche Vasilij Grossman. Non so molto riguardo ai “femminicidi”, ma mi documenterò. Novantatrè donne morte…è una cifra che mi colpisce.
    Intanto leggo alcuni commenti e rifletto.
    Ne leggo anche “altri”…e preferisco non commentarli…

  23. @Adrianaaaa – Barbara
    C’è una logica binaria, antagonistica e perdente che secondo me ci fotte tutti quanti, e da cui sto cercando di uscire, ma evidentemente non riesco a spiegarmi. Donne uccise o maschi assassini è lo stesso: il problema è la qualità della relazione. Nè assassini nè vittime si nasce: si diventa.

  24. @ Walter,
    come avrai letto, sono piuttosto in disaccordo sulla definizione di femminicidio tuttavia esiste una specifica violenza esercitata contro le donne. Riconoscere ciò non significa affatto asserire che tutte le vittime sono donne o tutti gli uomini carnefici. Tuttavia, poiché la violenza fisica è uno degli esisti possibili del sessismo, prima di discutere di qualità delle relazione sarebbe bene prendere atto dello stato delle cose. Sia chiaro – non sto dicendo che tu sei sessista.

  25. Se Stefania fosse stata un uomo sarebbe morta in quel modo? No. Punto. Potete chiamarlo come vi pare, ricamarci sopra quanto vi pare, ma è morta così perchè è nata donna.

  26. Se il problema è la parola ‘femminicidio’ cerchiamo di trovarne un’altra, ma nominare ‘la cosa’ è necessario, perché è vero che la realtà esiste pure senza la parola che la nomina, però in questo caso diventa invisibile, nebulosa, ineffabile, opaca. E certi interventi su questo thread mi pare stanno a dimostrarlo.
    Sessismo e qualità della relazione. Io non le vedo antagoniste, difficile semmai è assegnargli un ordine nel discorso. Sessismo è negazione della relazione tout court, dell’impossibilità di stabilire una relazione e dunque, per forza di cose, una qualità della relazione. Non mi pare ci sia una logica binaria o antagonistica qui.
    Da qualsiai punto si parta però, non mi pare che nessuna stia dicendo che vittime e assassini si nasce o si stia crogiolando nello statuto vittimario del femminile, non su questo blog.
    Lo statuto vittimario lo assegna l’assassino alla donna che uccide. E’ sul perché di questo statuto che bisogna discutere.

  27. “Sessismo è negazione della relazione tout court”
    Sbagliato, Valeria. Il sessismo è un tipo di relazione, in cui certi uomini e donne sono attratti e che può produrre esiti fatali. Questi delitti non maturano dopo una serata in discoteca ma dopo relazioni di medio-lungo termine, probabilmente simbiotiche, sicuramente patogene, divenute intollerabili per uno dei due, a cui entrambi i partner però si sono sentiti inizialmente attratti. Il circuito patogeno l’hanno alimentato almeno per un ceerto periodo insieme.
    La ricerca e la punizione del colpevole (di violenza o omicidio) è necessaria dal punto di vista civile e penale, ma psicologicamente non fa andare avanti di un passo. La prima cosa la dò per scontata, ma è la seconda che m’interessa, perchè su quella si può intervenire a livello formativo e terapeutico.
    Un approccio sistemico è quel che gioverebbe.

  28. @Valter rispetto a una questione posta sopra su come intervenire a livello formativo, magari con dei ragazzi. Non bisogna insegnare alle donne che la gonna corta potrebbe essere causa di stupro, bisogna insegnare agli uomini a non stuprare. Vero è, che la relazione è dialettica e le cose accadono uguale, quindi che fare? Ha voglia veramente di fare qualcosa? Voi uomini cominciate allora a riunirvi in gruppi, a fare un pò di autocoscienza, a capire cosa vi scatta quando si è gelosi, a pensare che non è mascolinità lesa fare i lavori di casa, prendersi cura della prole, a punire con la critica voi stessi i comportamenti errati e violenti. Cominciate questo lavoro voi, tra uomini. Il percorso del “privato è politico” tra donne è cominciato qualche decennio fa ed è stato proficuo. Le donne tra donne hanno prodotto riflessioni interessanti sui loro diritti negati, sulla spirale della violenza, sul saperla nominare, ed anche sull’autodifesa. Quindi, se da una parte non bisogna insegnare alle donne a non essere stuprate, è vero pure che bisogna insegnare alle donne a riconoscere la violenza e a sapersi difendere. E lo facciamo.
    @Loredana; grazie. La tua casa virtuale è un posto prezioso. La seguo da molto tempo e la uso spesso come spunto per le trasmissioni del Martedì autogestito da Femministe e Lesbiche su Onda Rossa. Nella tua casa spesso escono fuori dibattiti proficui che in altri posti sono sotto il tiro incrociato di flame. E’ un posto prezioso che va difeso e tutelato affinché riflessioni di spessore come ci sono sempre state possano continuare ad esistere.
    @a tutti e tutte: Ricordo ancora che dal sito Bollettino di Guerra già citato questa è la vittima 137. Non mi voglio soffermare sul puro dato numerico, ma sul lavoro che fanno le persone che stanno dietro a quel blog. Il blog viene aggiornato quotidianamente solo attraverso la rassegna stampa (e quindi solo i casi arrivati alla stampa), considerando tutte le violenze perpetrate nei confronti delle donne, delle bambine e dei bambini: stupri, stalking, violenza domestica, tratta, femminicidi. Il GR a cura del MFLA apre sempre con una lista della settimana di tali violenze. Tizio uccide Caia a sassate, Ciccio investe Ciccia con la macchina perché lo ha lasciato, Giuseppe perseguita Maria e manda 1000 sms, la piantona sul posto di lavoro e la chiama nella notte… Vi assicuro che è un colpo al cuore. Spesso sono più di 20 fatti che non commentiamo. Ma che fanno tanto riflettere, soprattutto se posti sul giusto piano, una guerra contro le donne e non un mero fatto di cronaca di uno squilibrato.

  29. Paolini: “Troppe 92 donne uccise”
    e fa bagno nella Fontana di Trevi
    Un tuffo “per ricordare alal vigilia di Natale la sacralità della donna”. Era vestito con un bermuda a fiori arancioni e aveva in mano una busta gialla. Ha spiegato le ragioni della protesta con un megafono
    Un tuffo nell’acqua gelida di Fontana di Trevi: è l’ultima provocazione di Gabriele Paolini, il presenzialista televisivo – noto al grande pubblico perché con le sue incursioni spesso ruba la scena ai cronisti tv – che oggi ha compiuto la sua ennesima “performance” alla vigilia di Natale per ricordare “la sacralità della donna”.
    http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/12/23/news/paolini_troppe_92_donne_uccise_e_fa_bagno_nella_fontana_di_trevi-27115989/

  30. Volevo aggiungere una piccola cosa. Un uomo uccide una donna. Questo è il fatto. E’ un fatto orribile, ma molto semplice. Poi c’è una narrazione intorno. Come una comunità si spiega questa cosa. C’è chi dice che è uscito dalla normalità degli schemi, ma che in realtà va tutto bene, solo lui è l’eccezione (infatti l’ha fatto perché folle, perché ubriaco, perché disoccupato da mesi…), l’uomo assassino è uno uscito dalla norma.
    C’è chi dice che l’ha uccisa perché ha portato alle estreme conseguenze una regola di una società, l’oppressione di un genere, quello maschile, su quello femminile, e che quindi l’eccezione è trattare equamente e con rispetto le donne.
    Il fatto rimane quello. Un uomo uccide una donna. Riappropriamoci della narrazione. Scardiniamo questo modo di vedere. Impariamo a riconocere la violenza di genere.

  31. @ Valter
    al volo, che sono in connessione volante. Da insegnante a insegnante, ti dirò una cosa che ti sorprenderà: la pluralità delle cause, che nel discorso scientifico non funziona, in altri campi invece sì. Non sarà per le ragioni che voleva Aristotele e sarà per la mente multipla, o forse è prorpio vero il contrario: ma l’esistenza di una causa prima non cancella quella delle cause materiali, finali (magari sono proiezioni paranoiche, ma c’è chi soggettivamente crede di seguirle), ecc. Così, l’esitenza di una natura umana che non conosce limiti all’uccisione intraspecifica (per dirla con gli etologi, ma anche col “tuo” Girard) non cancella il fatto che le diveerse modalità di questo imnpulso omicida si concretizzino in altrettanti diversi sub-moventi, o sub-cause, sulla cui specificità si può e si deve agire. Lasciando ai massimi sistemi il discorso sulla precedenza da dare al generale sul particolare, o viceversa: quello che noi insegnanti dovremmo fare (non solo noi storico-filosofi) è insegnare a collegare sempre un particolare a un quadro di riferimento generale (che è ciò che nelle nostre discipline si chiama “ragionare”). Che cosa di maggior interesse che [vado in OT] usare frasi di Dostoevskji come fossero bigliettini dei baci Perugina, ad esempio (e cmq: no, io che la bellezza salverà il mondo nno ci credo, anche se lo ha detto in un contesto vagamente farsesco uno delle decine di personaggi di Dostoevskji in un romanzo che si chiama “I Demoni”, il cui valore non dipende certo da questa singola frase)

  32. da qualche tempo dopo aver messo a letto mia figlia mi incollo a questo spazio di discussione perchè sento la mancanza di un confronto. Per questo ringrazio Loredana Lipperini e le dico che ammiro l’equilibrio che ha, perchè i commenti che ho letto mi hanno fatto tornare indietro di anni e anni.
    Una cosa mi colpisce molto, chiedo scusa se vado OT ma sono in buona compagnia, ovvero la diifficoltà di molti uomini di accettare la frustrazione. La frustrazione nel vedere le atrocità commesse da altri uomini, con i quali evidentemente si identificano in quanto appartenenti al genere maschile. Io non ho dubbi nell’effermare che esiste una violenza di genere commessa da uomini sulle donne, violenza che si allarga su uno spettro ampio: da quello verbale a quello fisico a quello psicologico. Ogni donna impara, volente o nolente, da piccola a definire la propria soglia di tolleranza ed a fare i conti con la frustrazione che questa genera. Nei casi più fortunati questa frustrazione diventa azione politica. Non è una cosa che abbiamo scelto, ce la ritroviamo.
    Allo stesso modo l’universo maschile deve fare i conti con il ruolo che la cultura ha riservato al proprio genere. Diventare uomini che non esercitano violenza è difficile, è brutto, è frustrante e scomodo. Mettere in piedi meccanismi psicologici di difesa per spaccare il capello in 4 e differenziare i moventi, i singoli casi non aiuta per niente nel percorso. @Mohole ha spiegato questo molto bene.
    Personalmente da anni la capacità di mettersi in discussione è per me la condizione minima per sedermi al tavolo da gioco.
    Tornando in topic, devo dire che la morte di Stefania Noce mi ha fatto rabbrividire più di altre perchè ha fatto cadere anche l’ultima sicurezza che avevo: ovvero il pensare che la nostra consapevolezza come donne si traducesse nella capacità di scegliere da quali uomini stare alla larga.

  33. Non è solo terribile, ma dimostra il livello di degrado della società in cui viviamo il che è disgustoso, come disgustoso è lo spettacolo cui abbiamo dovuto assistere offerto da chi ci ha rappresentato in questi ultimi 20 anni Ma cosa ci si può aspettare quando il più diffuso modo di comunicare è l’nsulto? Come sempre i più deboli pagano. Le donne devono imparare a muoversi e la cultura è l’arma migliore per neutralizzare la barbarie che avanza. Io sono vecchia (66 anni) ma non mi rammarico perchè stufa e schifata da queste nefandezze.

  34. L’intervento molto chiaro di Girolamo rende il mio inutile.
    Una cosa sola. Quando ho detto che sessismo è la negazione della relazione tout court è perchè, nel mio lessico personale, intendo la relazione fondata sul rispetto dell’altra persona come soggetto autonomo, tutto il resto è certo rapporto, avvitamente, attrazione, convivenza abitudinaria e tutto quello che si vuole ma non è ‘relazione’.
    E, visto che ci sono, preciso anche un’altra mia affermazione. Con ‘sessismo’ si intende una costellazione di ideologie, pregiudizi, pratiche, comportamenti, atteggiamenti mentali ecc. e, dunque, incidere su questi, a vari livelli, non mi pare antagonistico rispetto all’intervento di tipo formativo e terapeutico.
    Sul sessismo si possono dire mille e una cosa, e ho molto apprezzato gli interventi che hanno dato esempi, anche minimi (il sessismo è fatto soprattutto di minutaglie), di comportamenti e affermazioni sessiste.
    A me ha colpito molto, di recente, il famoso insulto di Crosetto alla giornalista Antonella Rampino, la quale ha riferito che :«A telecamere spente Crosetto mi ha detto: “L’argomento che devo usare con te lo sai qual è… E’ che a te non ti spoglierebbe nessuno”».
    Ora, tutti i commenti indignati si sono appuntati sull’offesa becera: a te non ti spoglierebbe nessuno, lasciando in ombra quel: “l’argomento che devo usare con te lo sai qual è…”
    Ecco, a me pare che la premessa sia ancora più violente dell’offesa palese. Ogni donna deve sapere a cosa va incontro se osa infrangere un sistema, più o meno implicito, di riferimento.
    Non si tratta per una donna dire, o fare, ed essere contraddetta sul suo dire o sul suo fare, cosa legittimissima, si tratta di stare attenta a dire e a fare a seconda di come si è. La donna deve sapere che qualsiasi cosa dica o faccia è il suo corpo che verrà giudicato e punito.
    Altro esempio. Situazione di lavoro. Stavamo commentando, io e due colleghi maschi, amabili e colti, una scorettezza gravissima, oggettiva, messa in atto da parte di una dirigente donna nei confronti di altri colleghi. Uno dei due uomini fa: “E poi dice che uno le stupra”. “Alt, ho detto, tu davanti a me queste cose non le dici”, imbarazzo scuse impappinamenti era solo un’uscitaccia goliardica ecc.
    Ora, la cosa che vorrei capire è perché scatti sempre questo corto circuito tra comportamento o parole di una donna e il suo corpo. Giusto o sbagliato che sia quello che fa o quello che dice una donna, è il suo corpo che deve essere punito.
    Questo circuito scatta e rimane confinato il più delle volte nell’immaginario e nei commenti ‘goliardici’, spesso però viene messo in atto anche con azioni violente e sanguinarie. Bisogna sempre farlo notare.
    .
    Data l’ora in cui scrivo, credo di non essere stata più lucida e chiara della volta precedente. Però ci ho provato.

  35. @valeria,
    sei stata chiarissima, ed è proprio così: la sanzione che le donne ricevono quando il loro comportamento non è accettato è una sanzione che riguarda il loro corpo. Ci sono i casi clamorosi, è vero, che però non sono eccezioni, ma la manifestazione estrema di un comportamento più diffuso di quanto si pensi, e che non fa differenze di età, esperienze, cultura…
    E’ una reazione.
    E ci si aspetta che, alla battuta goliardica, noi donne si risponda con un sorriso modesto, accogliente, comprensivo. No. Decisamente no.
    Quel cortocircuito di cui parli, @valeria, deve proprio essere scardinato…

  36. @ Valeria e Danae : perché una donna da “punire” deve essere punita attraverso una violazione del corpo? Forse perché il suo corpo è più debole e facilmente violentabile, forse perché il suo corpo è la via d’accesso per umiliarne la mente?Perché è più umiliante e fa immediatamente notare chi è il più forte,perché chi la pensa così pensa che essere potenti fisicamente sia il simbolo di un potere mentale e quindi se il potere è fisico e mentale è un potere assoluto che nullifica l’altra interamente e la elimina dall’orizzonte della relazione, questi uomini che odiano le donne le vogliono eliminare totalmente dalla loro vita, riescono ad ucciderle anche da vive attraverso lo stalking, la violenza psicologica, la distruzione della loro autostima, ecc. ecc. La causa o le cause di queste crudeltà? So che se continuiamo a cercarle continueranno ad ucciderci, è giusto lavorare per modificare la mentalità maschile e femminile, ma nel frattempo è necessario fare tutto il possibile per difendere donne e bambine/i in modo pratico e con strategie concrete.Ed è necessario rendersi conto del fatto che sul web e non solamente lì, esiste un vero e proprio movimento maschile di istigatori alla violenza contro le donne e forse sarebbe il caso di parlarne anche se è un discorso che se fatto in modo serio rischia di essere molto pericoloso per chi osa andare fino in fondo…@ un consiglio all’autrice del blog, so che è difficile, ma alcuni interventi andrebbero deliberatamente ignorati specialmente quando bloccano la libera discussione, eliminando direttamente i post appena appaiono. Non ti biasimeremo mai per questo, noi lettrici affezionate.Non è atteggiamento antidemocratico ma semplice eliminazione dell’Inutile.

  37. @Loredana Lipperini, scusa se mi sono permessa di consigliarti misure drastiche sull’eliminazione dei post, rimani sempre tu l’unica a poter decidere se dialogare o no, ma navigando con frequenza ho trovato pagine intere e forum di maschi preoccupatissimi per l’esistenza delle femministe, si scambiano messaggi tra di loro segnalando giornaliste o singole persone per avvisare altri come loro, temo che si mettano anche d’accordo per bombardare di commenti insulsi o provocatori blog di organizzazioni femminili o femministi che dir si voglia. La loro capacità d’organizzazione mi fa pensare che ci sia ben altro dietro.Ed è anche questa una gravissima forma di violenza peraltro premeditata e non passionale , spero di non essere uscita dal topic…)

  38. Tramite Facebook mi è arrivato questo video di “Fuitine in Kirghizistan”
    http://www.vice.com/it/vice-news/bride-kidnapping-in-kyrgyzstan-part-1
    http://www.vice.com/it/vice-news/bride-kidnapping-in-kyrgyzstan-part-2
    Un pugno nello stomaco che pone anche qualche interrogativo etico, secondo me, sull’autore del filmato. Ma il primo pensiero è che noi proveniamo da una cultura in cui questo era permesso, e scrollarsi di dosso completamente questo passato è un processo molto lungo, forse non ne siamo usciti del tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto