"Carla Dondi fu Ambrogio di anni/diciassette primo
impiego stenodatilo/ all’ombra del Duomo".
“In pasticerie di Lepanto sono uova di pasqua grandi con
tule rosa, azuro, tuti colori”.
Lo so, il paragone è quasi scontato: ma cominciando a
leggere Senza permesso di Cetta Petrollo mi è venuto subito in mente – per affinità di intenti, penso – un
altro testo, La ragazza Carla, di Elio Pagliarani (giuro su quel che
volete che mentre facevo il mio accostamento mentale ignoravo che i due autori
fossero marito e moglie).
Sono, comunque, incuriosita dall’esperimento (in sostanza,
la storia della rumena Silvia raccontata con il suo linguaggio: o attraverso la
rivisitazione colta del medesimo). Vi saprò dire.
Ps. A proposito
di rievocazioni: su Carmilla, Girolamo De Michele recensisce le Conversazioni
di Gilles Deleuze con l’allieva Claire Parnet; su Repubblica, Antonio Gnoli
omaggia con un lungo articolo i quarant’anni de La società dello spettacolo
di Guy Debord.
ci si potrebbe vedere anche qualcosa di Pascoli con Italy, cmq sta cosa è rabbrividente e non dice nulla di nuovo, anzi è QUASI squallida perché nel caso di Carla e degli emigranti pascoliani le distorsioni linguistiche erano il PATRIMONIO verbale e reale nel caso delle ragazze straniere questo NON HANNO ALCUN PROBLEMA a parlare la loro lingua, sono istruite e quindi non rappresentano una visione problematica della realtà che anche a Chisinau ci sono pasticcerie e robe varie, è solo patetico povere ragazze.