HISTORIA SE REPETIT

La domanda che viene posta è:

Rimanere a lungo in Internet può portare a dipendenza?

La risposta è:

«La dipendenza è quasi sicura. E il bambino "dipendente" non è più
in grado di stare con se stesso. I bambini e i ragazzi, infatti, devono vivere
anche di fantasia, con il loro mondo dei soldatini, delle bambole o delle
automobiline, dove creano qualcosa. In Internet invece esistono meccanismi
che portano il bambino ad essere passivo
; e quindi, una volta tolto da
Internet, si spegne, muore, risulta incapace di vivere una vita spirituale
autonoma».

Così, oggi, Piero Vignetti, professore ordinario alla
Clinica Pediatrica dell´Università degli Studi «La Sapienza» di Roma a
proposito del razionamento di Internet da parte di Bill Gates.
Il grassetto è della vostra eccetera.

Vignetti, non pago, aggiunge anche:

“Recenti ricerche, infatti, dimostrano che bastano 15
minuti davanti ad un videogioco violento per portare un ragazzo in uno stato di
stress molto elevato. Se questi 15 minuti si ripetono quotidianamente il
giovane giunge al punto di non essere più in grado di rispondere in modo
naturale allo stress con danni psichici che possono essere estremamente gravi.
E´ ormai accertato che moltissimi videogiochi e l´uso indiscriminato di
Internet – che apre una finestra senza filtri sul mondo-, possono portare un
bambino a traumi psicologici anche irreversibili. Essi infatti, superano quella
che è la capacità di adattamento di un bambino alla vita reale”.

Rassegnata, ripesco dunque un vecchio articolo di questo signore qui.

 Inizialmente va tenuto presente
che la più diffusa delle critiche mosse ai videogiochi (di favorire in chi li
usa una confusione tra realtà e rappresentazione) è della stessa natura di
quella che è stata rivolta, precedentemente, ad ogni altro mezzo che
contribuisse ad alimentare i sistemi di simbolizzazione, dalla televisione al
cinema, fino ad arrivare al libro: il “non giocare” detto oggi è della stessa
natura del “non leggere” imposto ieri, per esempio alle donne, ed ugualmente
promuove un’idea di realtà come qualcosa di rigido e ineluttabile. E dunque, se
un contenuto del videogioco potrà sembrare esteriormente aggressivo o violento,
è bene non sfuggire all’esigenza di vederlo inquadrato dentro una prospettiva
ludica, dove esso stesso è messo in discussione e dove chi lo gioca, entrando
in contatto con questa rappresentazione/azione estrema, si mette in
discussione. In questo senso, si potrebbe sostenere che il videogioco, come
tutte le altre risorse di simbolizzazione non già allontana dalla realtà bensì
offre elementi perché se ne costruisca un’idea più piena e complessa.

In secondo luogo è opportuno che
il genitore sperimenti direttamente su di sé l’ebbrezza del videogioco, dando
per scontato che mai riuscirà a competere alla pari con la figlia o il figlio.
Gli servirà come misura di autopedagogia, al fine di capire quanto complesse
siano cose che dall’esterno possono apparire semplici, ma anche di simulare
un’altra prospettiva, nel rapporto adulto/giovane, in cui avvenga un proficuo, educativo capovolgimento di ruoli tra
esperto e principiante.

In terzo luogo, va sfatato il
pregiudizio che vede nel videogioco una pratica solitaria e di isolamento.
Niente di più falso. I videogiochi sono potentissimi strumenti di socializzazione,
sia nel senso che è bello, e in moltissimi casi necessario condividere con
altri l’esperienza sia nel senso che è piacevole e utile scambiarsi
impressioni, esperienze, soluzioni. In edicola pullulano le riviste dedicate ai
videogiochi e in rete sono infiniti gli ambienti di incontro dei
videogiocatori. Due bambini che si incontrano per la prima volta e che vengono
da culture diverse possono da subito condividere il medesimo ambiente di gioco.

Pazientate per l’insistenza
sull’argomento. Sono consapevole che nel vasto mondo esterno, specie oggi,
suona come assolutamente poco significativo.

32 pensieri su “HISTORIA SE REPETIT

  1. E’ il caso di dire: “Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito”. Siccome il disagio dei ragazzini (e non solo il loro) è palpabile, non si trova niente di meglio che individuare un capro espiatorio qualsiasi (in questo caso Internet, o i videogiochi, oppure i cellulari, o qualunque altra cosa odori anche lontanamente di satanica tecnologia). Facile e scontato. Ai miei tempi c’erano genitori politicamente corretti che impedivano ai figli di giocare con i fucilini di plastica perché questi giochi avrebbero necessariamente istigato il pargolo alla violenza: senza rendersi conto che il loro atteggiamento apparentemente progressista, in realtà profondamente moralista e repressivo, creava danni davvero irreversibili. Ora la storia si ripete. Si demonizza ciò che non si conosce semplicemente per sentito dire. E non parliamo poi di Bill Gates che, evidentemente, mira a rifarsi una verginità pubblica con questi mezzucci pubblicitari di bassa lega.

  2. Notizia vera, pubblicata su giornale inglese.
    “Bambino ucciso da GameBoy”
    Titolo in bold.
    Leggendo l’articolo si scopre che il piccolo è stato folgorato mentre introduceva il caricatore nella sina in un hotel di Singapore.
    Sempre detto che i videogiochi uccidono.

  3. Un conto sono i videogiochi o internet. Un conto è starci davanti ore di fila, come certi (e non solo giovani, anzi) fanno. Ecco, questo (non il mezzo in sé) non mi pare molto salutare.
    Ciao.

  4. Come al solito, le prese di posizione non mi convincono, e men che meno mi convince l’idea che l’ambiente virtuale possa in qualche modo sostituire quello reale, e in particolare quello naturale.
    Innanzitutto: che un bambino macedone e uno greco giochino entrambi a Medal of Honor (ma a The Sims sarebbe uguale) mi garantisce davvero un terreno di incontro tra i due? Mi sembra difficile dimostrarlo. Non che se entrambi conoscessero a memoria le gesta di Alessandro Magno cambierebbe qualcosa, il problema non è né il medium né il contenuto: è che il contatto con l’altro avviene in un modo e in un moNdo ben diverso da quello della rappresentazione. Se mi uccidono in un videogame mi stresso, se mi danno un morso nel mondo reale sanguino. Se mi abbracciano nel mondo reale provo emozioni che non posso esprimere premendo R1 L1, triangolo, ics. E pure: guadare un fiume virtuale non mi bagna i piedi. Non è una differenza da nulla.
    Concordo invece sul fatto che le diverse generazioni, soprattutto nel nucleo familiare, dovrebbero condividere le rispettive esperienze. Tutta salute.

  5. L’esperienza ludica è sempre virtuale.
    Giocare a guardia e ladri prevede l’immedesimazione e un notevole grado d’astrazione. Due elementi imprescindibili dal gioco e dal videogioco.
    Una delle componenti fondamentali del video-giocare è il tatto. Se guado un fiome l’acqua siguramente non mi bagnerà, ma per farlo devo toccare una periferica, es joypad. L’azione induce il movimento che introduce l’astrazione.

  6. Il signore del post ringrazia e contribuisce all’accrescimento della consapevolezza collettiva con la seguente citazione da un recentissimo e irrefutabile contributo saggistico: “Recenti ricerche, dimostrano che bastano 15 secondi davanti ad un pregiudizio violento per portare uno studioso in uno stato di stress ipnotico molto elevato. Se questi 15 secondi si ripetono quotidianamente lo studioso giunge al punto di non essere più in grado di rispondere in modo naturale allo stress con danni psichici che possono essere estremamente gravi. E´ ormai accertato che moltissime idee correnti sui videogiochi e l´uso indiscriminato di Internet, possono portare lo studioso a traumi psicologici anche irreversibili. Essi infatti, superano quella che è la capacità di adattamento di una persona normale alla vita reale”

  7. “Sesso, passione e videogame. Le nuove forme di dipendenza” edito da Bollati Boringhieri, scritto da due spichiatri clinici francesi che si occupano da anni delle nuove forme di dipendenza, soprattutto legate a fottori devianti quali la violenza.
    La parte dedicata ai videogiochi è veramente interessante.
    Secondo i signori, dal nome imporonunciabile, non è stato trovato un vero legame fra dipendenza, o comportamenti devianti, e videogiochi.

  8. Siamo sinceri. La rete un po’ di dipendenza la dà, eccome. L’ha data anche a me! Per fortuna – parallelamente – ha scacciato altre forme di dipendenza, per esempio quella dalla tivù serale.
    Vedendo mio figlio trascorrere troppo ore davanti ai monitor (playstation, videogame vari eccetera) ero effettivamente preoccupato. Adesso, per fortuna, la domenica fa l’arbitro di calcio e quando lo vedo scorrazzare su e giù per i campi da gioco come un cavallo mi sento abbastanza sollevato. Anch’io, la domenica, mi sgranchisco le gambe sulle Dolomiti, altrimenti diventerei tutt’uno con il mio pc.
    Però com’è bello, la mattina, fare il giro dei miei blog preferiti: mariastrofa.splinder.com, per esempio, carmilla, nazione indiana, il primo amore e, last but not least, la nostra dolce Lippa, che forse ieri si è un po’ incazzata per il mio teschio:- )

  9. Il problema secondo me non è la dipendenza in concreto da internet o i videogiochi…. ma proprio dal monitor e dall’assenza di “materialità”. Io ricordo un’infanzia di giochi che presupponevano sensazioni come caldo-freddo, odori piacevoli o sgradevoli, ginocchia sbucciate, sangue, macchie d’erba e terra sui jeans, stanchezza fisica, sudore ecc. ecc. Insomma fa bene Lucio ad alternare pc e Dolomiti 🙂

  10. Gentile Loredana,
    il professor Vignetti sa il fatto suo, meglio, è pagato per insegnarlo. Bastano 15 minuti davanti ad un videogioco violento per provocare in un bambino uno stress elevato, e se ripetuti quotidianamente, danni psichici che possono essere estremamente gravi e comunemente assimilabili a quelli ricompresi nella catatonia. Questo è accertato da recenti ricerche neurobiologiche, inserite dal professore in un contesto scientifico propedeutico al corso di clinica pediatrica. Ovviamente si tratta di un argomento delicato e complesso che non può essere isolato dal suo contesto, come qui si tenta di fare, ma che richiede un minimo di preparazione medicoscientifica e un’attenta lettura degli argomenti correlati, per essere compreso appieno. Ma non avendo nessuna intenzione di tenere qui una lezione ex cattedra, mi limito a segnalare uno degli argomenti a sostegno, tra quelli più noti e indiscutibilmente condivisibili.
    In uso dagli anni trenta la TEC si rivela tutt’ora la soluzione migliore nei casi meno comuni di catatonia, per capirci in tutti quei casi non trattabili con le benzodiazepine. La TEC, meglio conosciuta come terapia elettroconvulsionante (e più volgarmente elettroshock), esplica la sua azione facendo passare una corrente elettrica costante attraverso il cervello per mezzo di due elettrodi applicati sulla testa, previa applicazione di un gel (tensione consigliata tra i 250 e i 450 volt). Un ciclo terapeutico di dodici trattamenti, garantisce una parziale perdita di memoria per gli eventi accaduti nel periodo della terapia e nei sei mesi precedenti, oltre a difficoltà nel memorizzare nuove informazioni nei due mesi successivi.
    A questo punto non mi sembra molto difficile intuire come proprio questa cancellazione della memoria rappresenti oggi la soluzione ideale per questo tipo di disturbi, e non solo per questi. Ebbene la cosa più assurda di tutta questa faccenda è come sempre legata ad anacronistici ostacoli burocratici tipici del nostro paese dove la somministrazione della TEC può avvenire esclusivamente dopo aver ottenuto il consenso scritto del paziente. Non v’è chi non veda come una norma di tale assurdità finisca per impedire il progresso della scienza e la cura di tanti bambini disadattati, e favorisca ancora una volta chi, come Bill Gates, non trova questo tipo di ostacoli e all’occorrenza detiene comunque grandi mezzi per aggirarli.
    Ciononostante con la speranza di aver contribuito a portare un po’ di luce anche nelle menti più ottenebrate, la saluto cordialmente e torno in clinica.

  11. Gentile assistente, ringraziandola per la luce, le chiederei però di sapere dove si trovano queste ricerche e chi le ha effettuate. Perchè se davvero provano che tutti i videogiocatori, dalli e dalli, diventano catatonici, andrebbero divulgate anche al di fuori del contesto medico.
    Noi ottenebrati, non se ne voglia, forniamo in cambio un link di altra natura, già segnalato, ma sempre utile.
    http://www.pbs.org/kcts/
    videogamerevolution/
    impact/myths.html
    Grazie mille, comunque

  12. Ringrazio per aver parlato di un argomento che mi distogliesse dalle squallide notizie di palazzo (palazzo frequentato da persone che sicuramente non hanno mai avuto tra le mani un videogame, visto che altrimenti qualche nozione di strategia l’avrebbero…).
    Sono cresciuto con i videogiochi, quindi mi sento chiamato in causa, e quello che mi viene da dire leggendo le conclusioni degli psicologi anti-videogame e anti-internet è che mi sembrano molto carenti soprattutto nel considerare il peso dell’elemento sociale, come se la questione degli effetti sui bambini di tali mezzi sia determinata soltanto da elementi fisici. Credo proprio di no.

  13. Gentile Loredana,
    è con vero piacere che fornisco a mia volta dei link utili per un serio approccio ai disturbi dell’infanzia, che, come accennato, ainoi non si limitano alla catatonia: http://www.keycomm.it/geninternet/sicurezza/; http://www.netparents.org; http://www.ed.gov/parents/internet; http://www.pedowatch.org/leinfo; http://www.php.com; http://www.chilhavisto.rai.it/clv/links.htm; e ultimo, ma non ultimo http://www.guidagenitori.it sito dell’associazione nata nel 1999, della quale si è occupata a più riprese tutta la carta stampata, a cominciare dal suo “La Repubblica” ma anche Gioia, Famiglia Cristiana, Il Giornale, Avvenire, Panorama, Bimbi sani e belli, Intimità, Commercio elettronico e molti altri.
    In via del tutto eccezionale, poi, riporto qui un brano del professore, che considero fondamentale per tutti coloro che volessero veramente calarsi nello spirito che anima la nostra associazione. Un brano tratto dal materiale del sito che di norma è tutto copyright, e di cui è vietata la riproduzione anche parziale:
    “Il giovane, infatti, impressionato dalle improvvise e rapide trasformazioni del proprio corpo e delle proprie funzioni ed imbarazzato dai nuovi stimoli e dalle nuove pulsioni che ne derivano, finisce per andare incontro ad una vera e propria “crisi di identità”. Il che, in altri termini, significa semplicemente che il giovane non sa più esattamente né chi è né come deve comportarsi”
    [Qui ovviamente si sta parlando di problemi legati allo sviluppo ormonale, e non all’uso dei videogiochi]
    “E’ chiaro che a questo punto grande importanza riveste l’atteggiamento della famiglia che deve riuscire a comprendere ed a tranquillizzare il ragazzo/a sostenendolo nelle sue molte insicurezze così da traghettarlo con fermezza e serenità dall’infanzia al difficile mondo degli adulti. In che modo? Bisogna ammettere che in tempi passati (ma non poi remotissimi; non più di 30-40 anni fa) questo passaggio avveniva in modo relativamente semplice, e questo per una serie di motivi. In particolare:
    la famiglia era ancora relativamente stabile e di tipo patriarcale;
    il divorzio non esisteva e le separazioni tra coniugi erano rare;
    le madri stavano in casa e raramente svolgevano attività di lavoro fuori della propria abitazione per cui erano in grado di occuparsi della prole “a tempo pieno”;
    la figura paterna era di solito piuttosto autoritaria e costituiva per i figli un valido punto di riferimento, che finiva per riflettersi , in seguito anche sui rapporti con le altre figure autoritarie della Società, come. insegnanti, sacerdoti, poliziotti, ecc. “
    Potrebbe essere più chiaro?
    Per parte mia nel sito da lei consigliato, devo confessare di aver avvertito un forte profumo di pubblicità, neanche occulta, e non credo che troverò il tempo di approfondire il saggio del professore del MIT, MITICO Henry Jenkins, che peraltro si confessa già nel titolo “ 8 MITI circa i video giochi”.
    Come è facilmente intuibile da queste ultime righe, un po’ per stanchezza un po’ per sdrammatizzare, sto cercando di chiudere in armonia e leggerezza, e, la, saluto cordialmente, con la stessa domanda della Pamela Eakes “Sapete con quali videogiochi giocano i vostri bambini?” . Buonanotte.

  14. Quindi, a leggere queste argomentazioni dell’assistente, i videogiochi fanno parte della stessa degenerazione culturale che ha portato alla fine dell’autorità maschile in famiglia e a quella vergogna nota come “emancipazione femminile”… mi stupisce che non si parlasse di PlayStation nei Protocolli dei Savi di Sion

  15. Io sono cresciuto con la Nintendo Corporation. Mi verrebbe quasi da dire Assieme a (e per certi versi forse anche Grazie a).
    Non è che voglia mettermi a scrivere una qualche patetica elegia aziendale, è che, letteralmente, mentre io crescevo, loro sviluppavano e potenziavano i loro aggeggini. Dalla prima console 8bit fino al gamecube qualche anno fa, li ho seguiti passo passo.
    Ho internet a casa da, boh, da quando l’hanno iniziato ad avere tutti quanti; cinque anni o giù di lì.
    Oggi in rete navigo, leggo, scrivo frivolezze in giro, per ore intere, ogni giorno, mentre mi sono ormai quasi completamente disinteressato ai videogiochi.
    Quello che posso dire (sempre che una testimonianza diretta non disturbi troppo l’elucubrare), e il poco che posso permettermi di aggiungere, senza sembrare eccessivamente fuori luogo in un dibattito già così ben avviato, è che:
    1) Il discorso della dipendenza lascia il tempo che trova. Le nostre coscienze sarebbero tutte quante scosse per un enorme Allarme Dipendenza Partite di Calcetto in questo momento, se solo non esistessero fatica, sudore e i campi a pagamento. Se volete considerarla una banalizzazione siete i benvenuti, ma secondo me fondamentalmente il problema è proprio questo, ovvero: i ragazzini sono attratti dal divertimento. E i videogames sono il massimo, almeno finché non si scopre il sesso. Spesso pure dopo.
    Lo so che sembra stupido doverlo puntualizzare, che i ragazzi giocano alla Playstation per divertirsi, ma guardando queste strambe crociate contro i videogiochi spesso viene il dubbio che siano solamente una vaga imposizione di rigore e political correctness, quindi meglio non ritrarsi.
    Veniamo al lato oscuro del gioco, allora, ai danni che può arrecare. Gli unici due grossi problemi che potrebbero derivare da una sovraesposizione ai giochi in pixel , a quanto fin qui sbandierato negli accorati allarmi lanciati tutt’intorno a noi, sono la passività e l’emulazione (due effetti collaterali curiosamente in contraddizione, tra le altre cose). Lasciamo da parte i fantomatici danni alla salute, ché non è comunque di questo che stiamo parlando.
    Passività. Suvvia, il ruolo del giocatore è per definizione attivo. Non ho neanche voglia di proseguire oltre. Il problema dell’emulazione è più delicato, invece, ed è anche quello che ha più appeal presso la, chiamiamola così, Comunità di Adulti Preoccupati. Forse, qualora il buonsenso proprio non voglia venire a soccorrerci, credo che non ci possa essere altro modo se non l’esperienza diretta per fugare ogni dubbio a riguardo. Professoroni, passate una giornata ad uccidere, ricattare e rapinare gente dalle parti di San Andreas, e poi diteci se per la via di casa v’è venuto anche solo lo scrupolo di scappare via dal bar senza pagare il caffè.
    Ad ogni modo, anche qui, mi sembra piuttosto evidente che, più che ad una concretizzazione o creazione di desideri ed impulsi, il videogiocatore sia interessato, adempia, e vada incontro piuttosto ad una sublimazione degli stessi.
    Mi sembra evidente, e così e stato per me. Non saprei cos’altro aggiungere.
    2) Dove invece dico qualcosa di -credo- più impopolare da queste parti. Ovvero: penso sia vagamente improprio mettere sullo stesso piano internet e i videogiochi. I videogiochi sono una passione, un hobby. Quando ero piccolo compravo riviste di settore, mi interessavo, discutevo con gli amici, fantasticavo sui futuri acquisti (cose che tutt’ora faccio con questioni di gran lunga più noiose, tipo la letteratura).
    Internet invece è un punto morto sotto molti aspetti. Anche perchè internet è innanzitutto un mezzo, un recipiente, tutto un altro discorso, quindi, ed intendiamoci: io credo ancora al grande livellatore democratico, alle potenzialità infinite.
    Il problema sembra però essere rappresentato più propriamente la fruizione stessa di internet. Qui sì, la dipendenza. L’aggiornamento costante.
    Prendi me. E’ tutto il giorno che sono connesso ad internet, che ora sono talmente stanco che non riesco neanche a finire questo discorso.

  16. @assistente
    Come pericolosi strumenti del Demonio, insieme al divorzio e ai videogiochi, lei s’è scordato di citare la minigonna e il grammofono! Vada subito a ripassare “Ricomincio da tre”.

  17. Assistente, il suo intervento mi ha fatto venire i brividi.
    Le chiedo:
    1) che età hanno questi bambini (li chiamiamo bambini fino a che età? 3, 5, 8, 10, 13 anni fanno la loro differenza in termini evolutivi) sottoposti ai loro quindici minuti quotidiani di violenza?
    2) Come sono stati raccolti i dati relativi ai 15 minuti quotidiani? Telecamera nascosta nel loro ambiente; piccola stanzetta attrezzata alla bisogna in laboratorio; alla presenza di un adulto?
    3) Sono stati attaccati loro macchinari per la rilevazione dei mutamenti dello stato emotivo?
    4) Sono stati somministrati appositamente i quindici minuti quotidiani di violenza?
    Lo chiedo perché la raccolta dei dati è sempre piuttosto interessante e ci parla di scrupoli o di non scrupoli, per amore della ricerca. Capisco anche gli scrupoli successivi e l’esigenza di eliminare sei mesi di vita dalla testa delle piccole e fortunatissime cavie. Deve scusare il sarcasmo, ma finché non sono chiari questi punti si è portati a pensare di tutto.
    Ghega

  18. Assistente, ho una certa difficoltà a seguire l’argomentazione pro-cancellazione della memoria e catatonie. Sempre off ex cattedra [sic], può spiegarsi meglio?

  19. Ogni linea d’ombra che si rispecchi adotta spicchi di mondo bambino. Chi li calpesta, o affoga o ci incespica come in uno sghambetto innocente, come in un ludosgambetto. I grandi, gli adulti, quelli che sanno, quelli che sgomitano per dire fare mostrare di sapere, si sbracciano e si sfiancano e si incipriano di belletti. E le bimbe? Non sognano più di diventare grandi. Lo sono al posto nostro, sono già grandi perché “sanno” al posto nostro. Non occorre citare Picasso sull’infanzia. Navigo ergo possum

  20. Ogni linea d’ombra che si rispecchi adotta spicchi di mondo bambino. Chi li calpesta, o affoga o ci incespica come in uno sghambetto innocente, come in un ludosgambetto. I grandi, gli adulti, quelli che sanno, quelli che sgomitano per dire fare mostrare di sapere, si sbracciano e si sfiancano e si incipriano di belletti E le bimbe? Non sognano più di diventare grandi. lo sono al posto nostro, sono già grandi perché sanno al posto nostro. Non occorre citare Picasso sull’infanzia.

  21. Assistente proprina per verità dati e informazioni che verità non sono e non potranno essere verità fino a quando non saranno noti, e ora non lo sono affatto, i meccanismi di base che regolano il funzionamento del nostro meraviglioso cervello.
    Assistente e Professore tirano a indovinare basando le loro ipotesi su dati ipotetici e per lo più sintomatici. La stessa TEC a volte funziona, a volte no e NESSUNO sa perché a volte funzioni e a volte no.
    Si comportano esattamente come gli esperti di economia: indovinano quando gli va bene e, come i comuni mortali, lavorano sulla sintomatologia. Magari con qualche base conoscitiva superiore, almeno quella, ma per favore: la smettano di vendere verità.

  22. il fatto che ci si cali nella vita in maniera talmente schematica da diventare avatar di un videogioco(nonchè carne da marketing) non è un problema pedagogico.In una certa maniera siamo tutti affetti,in forma sub-acuta e globale,da Disturbi Ossessivi Compulsivi,e perciò a rischio epilessia.Meglio mitridatizzarci da presto

  23. Forse Vignetti e il suo assistente sono un po’ catastrofisti… ma insomma, come tanti catastrofisti magari fastidiosi, piuttosto che buttarlo tout court dalla finestra, si potrebbe considerare quel margine in cui possono avere un’utile ragione.
    Io non posso fornire dei link, o dei titoli – perchè non ne dispongo e non è la mia direzione di ricerca. Se vi servono li trovo però con facilità. Ma certo è che la psicologia anche cognitiva e la neuropsicologia anche abbondano di gran quantità di studi sugli effetti dell’abuso del computer in età evolutiva. Nè più nè meno come per la televisione. Avverto nella levata di scudi contro un vecchio professore, magari un po’ antiquato, ma che ha dalla sua delle conoscenze da rispettare – un desiderio un po’ irrazionale di proteggerci – noi appassionati bloggari internettisti compulsivi, piuttosto che quello di proteggere i nostri figli.

  24. Zauberei, non hai tutti i torti, può essere che ci si voglia proteggere dal vecchio professore, ma chi ci dice che il vecchio professore un po’ antiquato sia il miglior avvocato dei nostri figli? Lui? La sua lobby? Chi gli sovvenziona le ricerche? (a proposito, chi sovvenziona le sue ricerche?).
    Accipicchia.
    Nel frattempo assistente non ha risposto alle domande.
    Ghega

  25. Gentile Ghega, non ho alcuna intenzione di negarmi al dialogo, anzi. Non c’è dubbio che alla base di tutto ci sia la volontà, e il dovere, di proteggere i giovani. Un desiderio un po’ irrazionale ma anche molto razionale, se vogliamo parlare di pediatria.
    COMUNQUE, MI CREDA, NON E’ ASSOLUTAMENTE IL CASO DI FARSI VENIRE I BRIVIDI.
    Grazie alla risonanza magnetica funzionale e ad altre più recenti tecnologie è stato possibile osservare e documentare, non solo negli USA ma anche qui da noi a Parma, l’attività cerebrale dei neuroni mirror, quelli che attivano le zone che presiedono al movimento. Corteccia pre-motoria, lobo parietale e area di Broca sono le aree che si accendono quando ci muoviamo, ma anche quando guardiamo qualcun altro che si muove, sia de visu, sia sullo schermo. Contemporaneamente si attivano i neuroni motori e pre-motori, e il sistema che regola le emozioni. Senza bisogno di ragionare i neuroni mirror ci fanno “capire” il significato delle azioni ed emozioni degli altri. L’immedesimazione è tale da far aumentare pressione arteriosa e battito cardiaco.
    E’ sufficiente?
    L’“antiquato” professor Vignetti, adolescentologo presso la Clinica Pediatrica diretta dal famoso professor Schwarzenberg, fa parte del comitato scientifico dell’associazione Guidagenitori che opera in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria, ed entrambe operano esclusivamente grazie alle quote d’iscrizione dei soci, alle donazioni volontarie e ai contributi versati dallo Stato attraverso Enti pubblici e privati. Utilizzando meglio il web e i link già forniti si può facilmente scoprire un’ interessante serie di collaborazioni e iniziative che chiariscono molto bene i fini di queste associazioni. Tra le tante vorrei segnalare che il 24 marzo si terrà la 2^ Conferenza Internazionale sulla diagnosi e l’abuso d’infanzia in Vaticano, organizzata dall’ associazione onlus “la caramella buona” di Reggio Emilia. Credo che sia molto evidente la distanza tra un tale tipo di approccio e le fantasticherie scritte nel Manifesto d’Adolescentologia!!! di link come lamentekemente. Ma si sa, oggi ognuno è libero di fare le sue ricerche dove vuole.
    Cordiali saluti.

  26. Assistente, Le ricordo che la scelta del maiuscolo equivale a un tono elevato della voce, nelle comunicazioni virtuali, capirà che la frase, urlata, risulta leggermente inquietante. Lei mi ha dato una risposta tecnica, ma io non Le ho chiesto del funzionamento neuronale a determinati stimoli e dei conseguenti riscontri, Le ho fatto quattro domande su età, setting e intenzionalità nel somministrare i test. Vede, io non metto in dubbio la professionalità, cerco di capire, in un ambito così delicato, dove si situi l’etica professionale, se al di qua o se al di là di una linea sottile.
    Per quanto riguarda i finanziamenti ho capito, da quanto ha scritto, che tutti i fondi, di diversa provenienza, sono veicolati dalle due associazioni nominate.
    Sul discorso della selezione delle fonti, anziché fare del sarcasmo, potremmo tutti convenire che è una attività assai complessa, a volte non alla portata nemmeno degli addetti alla materia, senza un preparatissimo bibliotecario; in internet la questione è ancora più cavillosa, nonostante un’apparente facilità di reperibilità delle fonti.
    Ghega

  27. Concordo con chi ha evidenziato che è veramente nocivo l’abuso di Internet o dei videogiochi o non gli stessi in quanto tali.Non intervengo affatto in un discorso squisitamente di natura psichiatrica o pediatrica,o che comunque richieda più accurate competenze in merito.Ma rilevo,dal mio punto di osservazione,per me privilegiato ( sono insegnante)che l’abuso di Internet o video giochi è strettamente collegato a forme di abbandono del bambino o dell’adolescente da parte della famiglia,ma anche del contesto.E’ ovvio,mi direte tutti,ma sapete quanti ragazzi lo fanno? Tanti!Sono quegli stessi ragazzi che rifiutano di stabilire relazioni con i loro compagni o anche semplicemente di uscire,e che poi si gettano dalla finestra per un brutto voto a scuola,sono quei ragazzi che chattano oltre ogni misura e poi escono con quelli che incontrano in chat,e non sempre sono incontri privi di pericoli,ci sono anche quelli che sostituiscono lo sfascio delle loro famiglie con videogiochi sempre più raffinati o violenti,ecc ecc.Scusate se correggo il tiro,ma più che dell’effetto di un videogioco o dell’uso di Internet protratto perchè non si parla del perchè gli adolescentti,o certi adolescenti,stanno troppo davanti ad Internet?Siete sicuri che la risposta sia così scontata?Minima moralia

  28. Minima moralia: ma a tuo parere un adolescente si butta dalla finestra per un brutto voto perchè naviga o perchè ha una situazione familiare problematica? Tanto per sapere.

  29. Ho sentito tempo fa una conferenza di Galimberti, riportata discretamente su questo blog .
    Galimberti mi ha angosciato tutta la sera argomentando che la tecnologia è antidemocratica, alienante , pericolosa perché sfugge alla nostra etica. Non è più un mezzo: ci domina.
    Non so se Galimberti arriverebbe a dire che internet predispone al suicidio, forse sì.
    Mi ha fatto tenerezza quando ha ammesso che la sua valutazione potrebbe essere condizionata dall’età (quasi testuale: “lei è giovane e non può che porsi in modo positivo nei confronti della realtà che viviamo, io questa realtà non la capisco e non ho più speranze).
    Io non ho l’età di Galimberti e preferisco pensare che chi è predisposto al suicidio tende a subire passivamente i media e vivere da alienato un’esperienza che per altri invece è partecipativa.

  30. Ebbene sì,Lippa,l’adolescente si butta dalla finestra perchè spesso ha un ambiente familiare problemtico dietro e,forse, perchè ha tendenze latenti che un brutto voto può far emergere.Il brutto voto scolastico,vissuto come amplificato insuccesso,agisce da detonatore.Però,spesso, questo tipi di adoloscenti tende a sfuggire la realtà sociale intorno:compagni,amici,ragazze,ecc.,tutte cose che richiedono contatti diretti,senza filtri,magari anche mettersi in ballo,subire sconfitte,aspirare alla soddisfazione,l’apprendimento alla vita,insomma.Forse ho espresso poco chiaramente il mio pensiero,Internet,videogioco,o come si è già detto,una volta la tv,forse un tempo la radio,tutto va bene,ma è l’uso e il consumo che se ne fa,o meglio la passività che può comportare in alcuni.Internet può essere un mondo di meraviglie,come in realtà è,ma anche assenza di relazioni sociali,nei casi più seri incapacità di strutturare le medesime,meglio un mondo di pixel verosimile.Mi ricordo dei ragazzi sul muretto della mia generazione,forse solo per nostalgia,ma mi sembrava tutto più autentico,perchè reale e nel reale.Cara Lippa volevo solo spostare l’asse dalla questione videogiochi o Internet al modo di essere e perchè di alcuni nostri adolescenti.

  31. Prendo atto del fatto che le mie domande siano rimaste senza risposta.
    Prendo atto del fatto che la dichiarata volontà di confronto sui temi sia rimasta solo una dichiarazione d’intenti.
    Prendo atto del fatto che ci sia motivo di preoccuparsi.
    Aggiungo un carico da unidici: che ne è di questi bambini sottoposti a esperimenti che prevedono la somministrazione quotidiana di materiale “violento”?
    L’ho già detto, in mancanza di risposte esaustive possiamo immaginarci di tutto, il problema è che l’immaginazione ha spesso delle zone di autocensura e la realtà di laboratorio può superare ogni fantasia.
    Non è arroccandosi dietro a tecnicismi e a un’esasperata insofferenza nel comunicare con la società dei non addetti che il dialogo tra scienza e società civile può diventare utile e fruttuoso, fruttuoso non vuol dire “pro”, vuol dire dinamico, vuol dire anche critico. E adesso qualche altra domanda: la critica dà fastidio? è’ fastidioso voler mettere il naso in ciò che dei perfetti estranei fanno con i nostri figli per amore della scienza?
    Ghega.

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