Oggi esce On writing di Stephen King, nella nuova traduzione di Giovanni Arduino. E’ un libro che ho non solo amato moltissimo, ma che credo di aver letteralmente consumato, ai tempi, a forza di sottolineature. E’ un libro che riprendo in mano ogni volta che inizio a scrivere qualcosa di nuovo. Un punto di riferimento, una bussola, un colpetto invisibile sulla spalla che ti dice “guarda che puoi farlo anche tu. Non come lui, evidentemente e nemmeno in un milione di altre vite. Ma puoi fare qualcosa di decente, se ti ci impegni. Dunque, impegnati e non lamentarti”.
Quando mi è stato chiesto di scrivere l’introduzione a On writing, e quando mi hanno riferito di quel “with pleasure” che era stato l’assenso di King per l’introduzione medesima, mi sono comportata non da signora matura come si conviene, ma da appassionata entusiasta, quella che stringe i pugni, guarda il soffitto e dice “oddio, non posso crederci”.
Attenzione, però.
Non sono la fan numero uno di King, né voglio esserlo, né pretendo di essere l’esperta che pontifica. Sono solo una lettrice che gli deve moltissimo. Lunghi giorni e piacevoli notti immersa nei suoi romanzi e nei suoi racconti, che hanno accompagnato tanta parte della mia vita. A sprazzi, ritrovo quei momenti: i figli piccoli che giocano e io che rileggo It, afferrando brandelli della mia infanzia e osservando la loro. La mia prima recensione kinghiana scritta per Repubblica, insistendo sulla grandezza dell’autore (era Il gioco di Gerald). Un ritorno in treno da Milano con la febbre alta e Desperation fra le mani. Un capodanno, con i bambini già a letto, trascorso con La sfera del buio fino all’alba. Mio marito che mi legge ad alta voce i racconti di Al crepuscolo dopo la prima operazione all’occhio. L’abitudine di rileggere Mucchio d’ossa prima di iniziare a scrivere un libro. Cose così. Cose preziose, appunto.
Molto ho avuto da King. La capacità di raccontare le vite medie, quelle che ci passano accanto senza che ce ne accorgiamo. I suoi personaggi femminili (e non solo, ovvio: ma sono pochi, pochissimi, gli scrittori che sanno narrare il femminile senza distrazione). La lingua. Il rovesciamento di ogni semplificazione del canone soprannaturale. Potrei scriverne per giorni, e come è giusto molti dissentirebbero, perché come avviene per i grandi scrittori, ognuno ha il suo King.
Ho provato a restituire il mio in quelle poche pagine: so bene che i Fedeli Lettori sono esigenti e gelosi, ed è probabile che molti saranno in completo disaccordo, e ci sta.
Sappiate solo che le ho scritte col cuore, e godetevi il libro.
A parte la tua introduzione e la nuova traduzione c’è qualcosa in più rispetto alla vecchia edizione ?
Sì, alcune pagine inedite rispetto all’edizione precedente.
insomma, mannaggia, ci toccherà ricomprarlo 🙂
non amo King ma “On Writing” è davvero uno dei libri più belli sul mestiere di scrivere, uno dei più onesti quantomeno
On writing, per me, è l’unico libro sul mestiere di scrivere che vale la pena consultare 🙂 (lo scrivevo anche prima, eh).
Ciao Loredana,
Anche io adoro S.King e anche io ho tantissimi ricordi legati ai suoi libri.
Pensa che con mio fratello avevamo soprannominato il bullo del paese Henry Bowers( era effettivamente stupido e cattivo quanto henry).
Sono curioso di sapere, visto che è già la seconda volta che te lo sento dire, le ragioni che rendono Mucchio d’ossa uno dei tuoi libri preferiti.
Spero non sia una domanda troppo personale, nel qual caso mi scuso.
Quando lessi mucchio d’ossa non rimasi molto colpito però, devo dire, avevo solo 14 anni. Magari lo rileggo cercando nuovi particolari.
Ti faccio gli auguri per il libro.
un saluto
un tuo lettore
Ciao Guido. Mucchio d’ossa, per me, è il più completo dei romanzi di King. E’ un romanzo sul lutto (di chi si ama, ma anche un lutto per la scrittura che non fluisce più, e il dolore per il blocco dello scrittore quasi si sovrappone all’altro). Sulla nostalgia per quel che si è perduto (l’incipit di Rebecca di Daphne Du Maurier parafrasato è straordinario). Sulla vendetta. Sull’ostilità dei piccoli luoghi. Ma è anche pieno di speranza, infine, anche se amara. Ed è scritto da Dio. Abbracci.
– E’ tutto in quella w che è muta. – dice il mio amico ed ex allievo Baricco mentre inaugura il primo locale di uno, speriamo, fortunato franchisee x tutti quei clienti che desiderano sorbire, con calma, un cappuccino mentre leggono Proust o Moccia, King o la Austen. -Sia chiaro -continua Alex – che ho tanti amici che pronunciano onvraiting, ma cosa vedono quando chiudono gli occhi ? gli ingranaggi che sembrano sul punto di stritolare Charlot ! – Gli astanti hanno effettivamente chiuso gli occhi e credo che + di uno abbia anche arrotato i denti. Io, che ho le capacità speculative di un burocrate kafkiano, ho visto Steve King farsi un giro di chiglia sotto lo sguardo sfingeo dei pirati. Onvraiting. Brr. – Raitin evoca l’idea del rito, – stava continuando il papà di Seta – delle cose che diciamo xchè sappiamo che è nelle parole una magìa che non è altrove – Tutti annuivano, persino un amico mio che ha scritto un manuale x maschi tornati singles all’età x esodare che ha il suo capitolo + incisivo nei giri consigliati x la centrifuga, se proprio proprio la si vuole infliggere ad una camicia. Il vecchio Steve aveva ancora una volta fatto il magheggio. Il Bar Ricco come Stonehenge, ma senza tutti quei druidi che indicavano la dea luna.
Non sono un’amante del genere . Ma tanta passione mi commuove . Ci provo
🙂
Ho sempre adorato Stephen King.
Il primo romanzo che lessi fu “Salem’s Lot” (nell’edizione Sonzogno dell’epoca era tradotto “Le notti di Salem”) e da allora – fatta eccezione per la serie de “La Torre Nera”, ho seguito tutta la sua produzione. Ho molto amato “IT”, naturalmente, ma anche “L’Ombra dello Scorpione”, “Shining”, “Mucchio d’ossa”, “Dolores Clairborne”, “Misery”, “Cujo”, “La zona morta”, “Rose Madder”, “Christine” e “L’incendiaria”. Ho letto anche quei romanzi che, dentro di me, considero di un “filone minore”: “Cose preziose”, ad esempio, o “Duma Key”. E’ solo una questione di “gusto”, probabilmente, ma sono i romanzi che non trovo convincenti, nonostante una buona idea di fondo…mentre i primi citati, credo che mi brillino ancora gli occhi quando mi capita di elencarne ad alta voce i titoli a qualcuno! E consiglio un “gioiellino”, “Il Talismano”, scritto a quattro mani con Peter Straub, secondo la copertina, ma nel quale io non ho visto altro che la mano di King ed è un romanzo fantastico e purtroppo assai poco citato…
Credo che comprerò questa nuova edizione di “On Writing”, anche se ho quella precedente tradotta da Tullio Dobner, ma consiglio a tutti di integrare questo bel manuale di scrittura con “Danse Macabre” – edizione integrale…