OTTANTASETTE PER CENTO

C’è quel numero, 87%, che non se ne va dalla mia testa. Dice l’Associazione 21 luglio, che ieri ha presentato il rapporto sulla situazione di rom e sinti in Italia, che nel 2014, su 443 episodi di discorsi d’odio contro i rom , l’87% risulta riconducibile a esponenti politici.
La stragrandissima maggioranza, dunque. E il “discorso d’odio” non riguarda solo rom e sinti: se ci si prende la briga di monitorare con regolarità un sito benemerito come Cronache di ordinario razzismo, si scoprono piccoli e quotidiani e immondi episodi come quelli della studentessa del Ghana accerchiata e insultata da un gruppo di bambini a Napoli, o delle due aggressioni sugli autobus di Reggio Emilia e Trieste. Questioni ordinarie, appunto, e tutte nostre.
Se utilizzate un po’ del vostro tempo per leggere cosa si diceva sotto il regime fascista sugli omosessuali, o se rinfrescate la vostra memoria con le parole apparse nel 1938 su La difesa della razza di Telesio Interlandi (“È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti”), forse capirete il perché di quel numero (ottantasette per cento, riscriviamolo in lettere: ottantasette). Come scrive Valentina Pisanty in questo (ottimo) articolo):
“gli italiani non hanno ancora fatto veramente i conti con l’aspetto più scomodo del proprio passato fascista, e cioè con il razzismo e l’antisemitismo. Sia che il razzismo fascista venga condannato con formule esorcistiche (“esecrabile”, “infame” ecc.), sia che venga neutralizzato con interpretazioni consolatorie (il razzismo “all’italiana”, “blando” ecc.), finora la tendenza è stata di sorvolare piuttosto sbrigativamente su questo capitolo ingombrante della storia italiana”
Il problema è che la storia è ancora qui. E che un cortocircuito tossico spinge i politici a utilizzare quello che presumono essere il linguaggio della “gente”, in una corsa al ribasso che diventa una galleria di specchi: facciamo a chi twitta la frase peggiore, tu elettore o io leader, ammesso che ci siano leader (ed elettori)  e fermiamoci qui, in questo gioco avvelenato, mentre fuori il tempo scorre.
Che si fa? Ieri, a Fahrenheit, Roberto Escobar ripeteva quel che dice ogni giorno  ai suoi studenti: arrabbiatevi. Ma poi, per favore, agite. E pensate, aggiungo io. Anche alla singola parola che scrivete in un social.

15 pensieri su “OTTANTASETTE PER CENTO

  1. “gli italiani non hanno ancora fatto veramente i conti con l’aspetto più scomodo del proprio passato fascista, e cioè con il razzismo e l’antisemitismo. Sia che il razzismo fascista venga condannato con formule esorcistiche (”esecrabile”, “infame” ecc.), sia che venga neutralizzato con interpretazioni consolatorie (il razzismo “all’italiana”, “blando” ecc.), finora la tendenza è stata di sorvolare piuttosto sbrigativamente su questo capitolo ingombrante della storia italiana”
    A mio parere questa dichiarazione rivela un’ignoranza e un approccio ideologico scientificamente inaccettabili. Il fascismo è come il babau, lo si evoca per far paura agli adulti ancora bambini che vi includono tutti i mali dell’uomo senza chiedersi cosa fosse specifico di quel regime. Per quanto concerne il razzismo (e l’antisemitismo che ne è logicamente elemento incluso), o le sue teorizzazioni, esso ha un significato preciso che non può essere banalizzato a generica discriminazione e corrisponde alla alla tesi che esista uno specifico genetico comune ed esclusivo a tutta un’etnia. Questo è il razzismo o non è. Accessoriamente la gerarchia sociale che ne seguirebbe implica che un’etnia sia biologicamente e deterministicamente malvagia, inferiore e criminale rispetto a un’altra.
    Il punto è che all’epoca del fascismo TUTTE le nazioni erano razziste e dicriminatorie poiché quello era il paradigma dominante in una scienza come la genetica che era tutta di là da venire, parte da Galton e sancisce in modo diverso in tutti i Paesi limiti di sorta a varie etnie.
    Nella nazione “liberatrice” dell’Europa, gli Stati Uniti, il suffragio universale è arrivato a fine anni ’60 e contro cosa combatteva ancora un Martin luther King a vent’anni dalla fine della Guerra?
    Non bisogna mai dimenticare che quasi tutte le idee perversi di Hitler sul tema sono esplicitamente prese a prestito dal modello statunitense, citato nel Mein Kampf più volte, sulla discriminazione dei nativi indiani, sull’uso legale negli USA della sterilizzazione forzata di gruppi etnici, omosessuali, carcerati e stupratori, segregazione razziale sulla falsariga neri-wasp del primo novecento. Etc.etc. Se si desidera si può entrare nello specifico di come altre nazioni implementassero legislativamente il razzismo nel contesto della propria società.
    Pensare perciò che il razzismo sia lo specifico del fascismo o un “capitolo ingombrante” dell’italianità, e continuare a dirlo con la periodicità delle litanie e dei mantra, è perciò francamente pateticoe diseducativo. Inoltre è interessaante notare come, dati alla mano, il fascismo non permise mai la persecuzione degli ebrei in termini deportativi, che in Italia iniziarono solo dopo il caos dell’8 settembre e per mano tedesca.
    Il bello è che chi parla è fieramente di sinistra e questa “difesa” del fascismo, che peraltro critico razionalmente per una bella quantità di aspetti, è comunque obbligatoria per chi non abbia la testa obnubilata dalla propaganda della nostra parte – o sia irrimediabilmente ottuso.
    Arriviamo ora ai ROM. La posizione di Salvini è estremista? Possiamo dire che non è la nostra priorità di oggi ma no, risulta per di più condivisibile nei fini e nei mezzi. Allora perché tutto questo can can? O meglio: cosa dice la sinistra a riguardo? Le stesse cose che dice Salvini, solo con un filo di tatto diplomatico e politically correct in più. Ci interessa il destino dei figli dei ROM? Salvini ha ragione. Ci preoccupiamo della statistica dei reati commessi dai Rom? Salvini ha ragione. Discriminiamo forse gli integrati legalmente irreprensibili con questa agenda? Salvini ha ragione, ancora.
    Allora vediamo: a me Salvini non piace. E allora perché ha ragione? Perché tutto questo clamore? Semplice: perché le posizione della destra nel tempo sono diventate meno estreme e più moderate di prima (il mondo è cambiato per tutti) tale per cui nel gioco di intercettazione dei voti che è la farsa politica le Sinistre hanno dovuto radicalizzare la propria posizione su questi temi inclusa la difesa dei Rom. Con risultati a dir poco insostenibili perché quando si entra nel merito della questione ci si rende conto che tale difesa è basata sul nulla. Così come invocare l’apertura delle frontiere e l’eliminazione del reato di clandestinità è idiota e atteggiamento foriero (questo sì) di futura e certa discriminazione tra autoctoni e migranti nelle geografie economiche più disagiate in tempi di crisi.
    Insomma: cosa c’entra il razzismo con la discriminazione? La seconda non implica il primo. Discriminare comportamenti contra legem non è razzismo, non è reato e, anzi, è ciò che tutti facciamo quotidianamente per difendere la convivenza civile basata sul rispetto della legge. Basta saper leggere le statistiche per prendere atto che il nomadismo Rom, e i suoi campi, rappresentano un problema per tutta una serie diversa di soggetti interessati a titolo di dolo e non un quadro bucolico e oleografico del Sinti che suona strazianti note di violino, balla il flamenco e porta una nota di colore, perché se la stessa Lipperini si ponesse dalla prospettiva della scolarità e dei diritti dei loro figli rabbrividirebbe immediatamente.
    Cioè: non è che siccome amiamo i film di Carlos Saura e Tony Gatlif allora la cultura Rom va tutelata a prescindere dalle conseguenze penali in gioco.

  2. Non si preoccupi, rabbrividisco solo quando leggo una serie di affermazioni deliranti come la sua, Managua 🙂 O per meglio dire Hommequirit, come lei stesso ammette nei commenti che sono e resteranno in moderazione. Sia felice.

  3. Mi complimento con Managua per il suo intervento lucido, coraggioso, obiettivo e davvero fuori dai soliti schemi triti e ritriti che pero’ fanno sempre comodo all’occorrenza, ovvero che se si parla di una questione sociale che guarda caso coincide con una determinata etnia allora siamo tutti razzisti.
    Che poi e’ il solito schema proposto da molti politici per non risolvere mai questioni annose come quella dei Rom e del loro modo di vivere nelle nostre citta’, l’impatto che questo ha su tutti noi.
    Io rispetto gli altri TUTTI da quando sono nata poiche’ sono stata educata cosi’, ma sono stata educata anche a comportarmi in un certo modo in casa d’altri. Ho vissuto all’estero per un decennio, e mai mi e’ venuto in mente di mancare di rispetto alle regole e ai costumi dei paesi che mi hanno ospitata e dato una professione, e anche ora che sono nel mio paese mi comporto da cittadina civile che conosce le regole. Quindi arrivo al dunque: conosco abbastanza la cultura Rom e so che per loro vivere in case di mattoni e’ difficile, cosi’ come e’ difficile andare a scuola, adeguarsi a delle regole eccetera, ma una volta entrati in un certo paese, anche loro devono adeguarsi come tutti e rispettarle. Altrimenti finiamo come al solito per fare del razzismo al contrario: guai a toccare lo straniero quando delinque, prendiamocela piuttosto con l’italiano. E’ quello che sta accadendo nel nostro paese da troppo tempo, e sarebbe ora di finirla.
    Il vero dramma e’ che ormai siamo schiavi di quel viscido politically correct di cui parlava la compianta Oriana Fallaci e che miete piu’ vittime dell’Ebola, ma che fa tanto comodo in vista di elezioni e garanzie di alleanze politiche strategiche.
    Aiutiamo quindi i Rom dando loro opportunita’ di integrazione e di vita dignitosa senza dover chiedere l’elemosina o infrangere la legge, ma chiedendo loro fermamente di adeguarsi alle regole del paese che li ospita, perche’ basta farsi un giro in citta’ come Roma per vedere cosa stanno diventando moltissimi quartieri con queste nuove favelas a cielo aperto di cui a nessuno, politici in primis, interessa assolutamente nulla, lasciando quindi alla rabbia e all’ignoranza del singolo cittadino frustrato mano libera nella convinzione di doversi fare “giustizia” da solo.
    Il razzismo e’ il sistema a crearlo, non dando a tutti le condizioni per vivere in modo dignitoso senza dover prevaricare gli uni sugli altri.

  4. Di fascismo non parlo, perché di certo qualcuno più titolato di me saprà rispondere a dovere. Veniamo ai rom (che poi si chiamano romanì). In cosa avrebbe ragione Salvini, che non propone un percorso di uscita dai campi ma solo la loro demolizione, perché “come tutti, provvederanno comprandosi una casa o prendendola in affitto”? Salvini avrebbe ragione addossando il problema sulle spalle degli abitanti dei campi, e solo sulle loro? Con quali mezzi, di grazia, dovrebbero comprarsi una casa? E dove sono i proprietari disposti ad affittare una casa a queste persone? E, a proposito di statistiche e criminalità: Dove prende i suoi dati, essendo che in Italia la classificazione della popolazione su base etnica non è ammessa e quindi se uno commette un reato non ci sarà scritto, nel casellario giudiziario, “soggetto di etnia romanì”? E ancora: in questo paese, per fortuna, la responsabilità penale è individuale e non etnica. Un’affermazione come “non è che siccome amiamo i film di Carlos Saura e Tony Gatlif allora la cultura Rom va tutelata a prescindere dalle conseguenze penali in gioco” non ha senso, nell’ordinamento italiano. Legga qui, Uomo che Ride: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/11/02/news/pregiudizi_sui_rom-45768499/. Le riporto uno stralcio, per sua comodità: ‘Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima l’emergenza nomadi decretata dal precedente governo perché non che non c’è effettivo “pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” quando in un territorio ci sono insediamenti nomadi. L’emergenza, scrivono i giudici, non è supportata da dati, che ad esempio dimostrino l’incremento di determinate tipologie di reati a causa della presenza dei rom’. L’unico dato che trovo, a una prima ricerca, è il seguente: “Una ricerca dell’associazione Geordie Onlus dice che nel 2006 sono stati 2384 i minori non rom passati dai Centri di giustizia minorile nelle regioni centrali italiane e 1434 i minori rom, percentuale alta rispetto al numero assoluto di questa minoranza sul resto della popolazione”. Un dato non ufficiale, di un’associazione che non si occupa di statistica.
    Qualche numero sta anche qui: http://www.gruppocrc.net/-Chi-siamo-.
    La verità è che per favorire l’inserimento sociale (che è cosa diversa dall’integrazione) di queste persone servirebbero investimenti che possibilmente raggiungano i destinatari, senza essere intercettati dai Carminati di turno: chiudere i campi si può, se si offrono case; ma provateci, a dare una casa a una famiglia romanì, e vedrete gli amici di Salvini (quello che “ha ragione”) strepitare contro le “villette ai rom, quando gli italiani muoiono di fame”. Che poi, sarebbe bene ricordarlo, più del 70% dei romanì sono italiani, sono nati qui e hanno la nostra stessa cittadinanza. In Italia sono circa 150.000 sparsi su tutto il territorio, di cui solo una minoranza (stimata in 30.000 – 50.000 persone) vive nei campi e non si capisce come mai lo 0,15% della popolazione possa rappresentare un problema così grave nella percezione popolare. O meglio, si capisce: perché c’è un’imprenditoria politica che lucra sul disagio di quei cittadini (pochi) che vivono in prossimità dei campi e gonfia un problema che in qualsiasi altro paese verrebbe risolto con uno sforzo razionale, invece che con le isterie. Ed è questo uno dei sensi che si possono estrapolare dal post di Loredana. Quanto alla difesa del reato di clandestinità, beh, cascano un po’ le braccia. In pratica, anziché accompagnare alla frontiera quelli che non hanno diritto di restare, noi li tratteniamo in strutture che non siamo in grado di gestire perché proprio a causa di quel reato, o quantomeno anche a causa di quel reato, sono sovraffollate. Può bastare, direi.

  5. Anna, l’Italia non è “il paese che li ospita”: è il loro paese, come lo è per noi. E quindi certo che devono rispettare le regole, come le dobbiamo rispettare noi. Ma hanno anche diritto, come ce l’abbiamo noi, a fruire di quel poco che resta dello stato sociale. E quindi se, poniamo, un comune costruisce case popolari da destinare ai cittadini in condizioni economiche disagiate o offre un lavoro trimestrale, non cominciamo a berciare non appena vediamo che a vincere il bando è un romanì. Sono, appunto ITALIANI IN CONDIZIONI DISAGIATE. Esattamente quelli per cui esiste lo stato sociale. E se non sono italiani sono quasi sempre comunitari, perché tali sono la maggior parte dei loro paesi di provenienza, e ci sono degli obblighi di reciprocità all’interno dell’Unione Europea. Un italiano ha diritto di lavorare in Germania o in Polonia, anche in posti pubblici, e pertanto non c’è alcun motivo di scandalizzarsi se vediamo un cittadino rumeno lavorare in una cooperativa che eroga servizi per il pubblico, o addirittura in un posto statale (anche se personalmente non ne ho mai visto uno, a essere sincero). Piantiamola di enunciare questa ovvietà (“rispetto delle regole”) come fosse l’uovo di Colombo, e poi però negare contemporaneamente i diritti che a quell’obbligo sono connessi.

  6. @ Anna
    L’unico che parla di rom “in vista di elezioni” è il razzista Salvini. Oriana Fallaci, quando dava lezioni sul politically correct (al fine di sostituirlo con un diverso politically correct di cui s’era proclamata vestale e interprete) viveva rinchiusa nel burqa di cemento del suo appartamento di New York, e vedeva il mondo attraverso la fesssura dello schermo televisivo, non diversamente da quelli che interpretano il mondo attraverso le fiction, dimenticando che in mondo non è ciò che sta dentro la scatola, ma tutto quello che ne è al di fuori. Il che, considerato ciò che è stata la Fallaci precedente, è un’aggravante: beata lei che ha del tempo da perdere a rimpiangerla.

  7. Siamo razzisti, non giriamoci tanto intorno. Solo che “la crisi” ci ha fornito un ottimo alibi. Tutto qua. Risale al fascismo? A prima? Non lo so, so solo che qualsiasi minoranza ha fatto una finaccia, in territorio italico: leggetevi il bel saggio “Elogio delle Minoranze” e ne saprete di più. E il bello è che questa profonda intolleranza la paghiamo in termini sociali ed economici, ma nonostante tutto è più forte di noi. Sarebbe ora che lo ammettiamo e basta.

  8. Oggi a Roma, alla Balduina, quartiere “bene” abitato in maggioranza da famiglie alto borghesi (anche piuttosto aged), c’era il banchetto pro Salvini e la fila per firmare. Su un target tanto permaloso, solo un argomento ha potuto dissolvere il rancore per tre decenni di slogan contro “Roma padrona”: i Rom. Questa gente si sente assediata dalla delinquenza (che è a livelli assolutamente inferiori rispetto alle altre metropoli europee) e ascrive ai Rom qualsiasi crimine, anche in assenza di prove. E così Nell’Italia della.crisi e de declino Salvini sfonda a Roma promettendo di liberarla non dalla disoccupazione, non dalla caduta dei redditi, no: lui ci libererà dai rom. L’uomo nero sono seimila.persone, in una città di tre milioni e mezzo di abitanti.

  9. Caro Maurizio, se i Rom fanno la fortuna di Salvini, le persone omosessuali fanno quella della Chiesa Cattolica e degli altri culti monoteisti istituzionalizzati. Di donne e persone diversamente abili non si parla (ancora?) solo per esteriore decenza, ma le violenze e le discriminazioni in aumento contro di esse (unite alla fervente volontà di negarle per rimuoverle) dicono più di tanti discorsi politici.
    Se non ricordo male accadde già un secolo fa, pur con sfumature differenti.

  10. Ciao Luca. Purtroppo quando dici “un secolo fa” o anche solo “prima della seconda guerra mondiale”, la gente fa la faccia di chi non ti si mette a ridere in faccia per semplice educazione. Come se settanta o cento anni di distanza abbiano marcato veramente altrettanti anni di progresso e di sviluppo e tu stessi cercando di agitare fantasmi di un mondo che oggi non potrebbe mai riproporsi. E invece le paure, il livore, le meschinità, il bisogno di capri espiatori sono esattamente gli stessi. Come sempre, qualcuno dirà amaramente “l’avevo detto”. Inutilmente lo dirà, a frittata ormai fatta.

  11. Anna, com’è che in vari paesi dell’Europa centrale ed orientale in cui sono stato, i rom vivono in case con pareti solide, hanno un lavoro ed i loro figli frequentano la scuola?
    Sarà che gli stereotipi triti e ritriti sono i suoi?

  12. Avete mai frequentato o anche solo parlato e interagito con un Rom, voi che scrivete manco foste dentro un salotto della buona società che ci tiene a fare buona impressione? Penso proprio di no. A meno che non lo facciate per volontariato, il che mi si perdoni, è tutt’altro dal frequentare e capire le persone e il loro percorso umano, sociale e culturale.
    E con questo ho detto tutto. Signori, le chiacchiere in Italia si sprecano, i cervelli emigrano e i problemi, quelli veri della popolazione Rom e non solo, restano tutti, invariati nei secoli.

  13. La risposta è sì, Anna. E, mi perdoni, questa storia della buona società è insopportabile. Se vuole glielo dico in termini rudi: questa storia della buona società ha sfracassato le palle 🙂 Anche perché quello a cui si ambisce non è appartenere alla buona società: ma a una società buona. Semmai.

  14. @ Anna
    Io ci ho anche lavorato con un rom, pensi un po’. Le chiacchiere si sprecano soprattutto quando si pre-fabbrica l’immagine dell’interlocutore, e si interloquisce con il fantasma invece che con l’originale, come fa lei. E i cervelli emigrano per la vergogna di ritrovarsi dietro la faccia, talvolta.

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