PASTA, FAGIOLI E COZZE

Le cose amene. Pioviggina in terre sabaude, la vostra eccetera ha sonno, è stata in studio di registrazione fino a tardi, nella pausa ha mangiato pasta-fagioli-cozze con il cast intero.
Le cose serie: la parte finale dell’intervento di Kazuo Ishiguro su Repubblica di ieri, a proposito di Non lasciarmi:

Ironicamente, ho scoperto che aver scelto come personaggi principali i cloni rende assai facile l’accenno ad alcune delle più antiche domande presenti in letteratura, domande che negli ultimi anni sono diventate un po’ imbarazzanti da sollevare nella fiction. «Che cosa significa essere uomini?». «Che cosa è l’ anima?». «Qual è lo scopo per il quale siamo stati creati? Dovremmo cercare di conseguirlo?». Nei libri del passato, per esempio in Dostoevskij o in Tolstoj, i personaggi avrebbero discusso di questi argomenti per una ventina di pagine alla volta e nessuno se ne sarebbe lamentato. Nella nostra epoca attuale, invece, gli scrittori di romanzi stentano a trovare un vocabolario appropriato – un’ espressione adeguata, forse – per discutere di questi temi senza apparire ampollosi o superati. L’ introduzione in qualità di protagonisti dei cloni – o anche robot e super-computer, credo – consente di riesumare questi interrogativi per i lettori contemporanei in modo naturale ed economico. Non stupisce che svariati altri libri e film degli ultimi tempi – inclusi alcuni molto ambiziosi di David Mitchell e Michel Houellebecq – abbiano assegnato ai cloni il ruolo di protagonisti. Si tratta di un modo futuristico di far ritorno al passato.

Altre cose serie: Gomorra di Roberto Saviano sta andando benissimo. E di ciò siamo felici.

6 pensieri su “PASTA, FAGIOLI E COZZE

  1. Ishiguro ha ragione. Però mi domando: perché quando queste cose le scrivono autori come Ishiguro, Mitchell o Houellebecq se ne parla sulle pagine culturali dei quotidiani,e quando le stesse cose le scrivevano 10, 20 o 30 anni prima autori di fantascienza nessuno si sognava di riconoscergli di aver parlato di «Che cosa significa essere uomini?». Anzi, perché nessuno li va a ripescare e li riconosce neppure adesso?

  2. Ieri si discuteva con Filippo La Porta dell’incapacità degli scrittori italiani di porsi delle serie domande sulle questioni cruciali della vita umana e sulla capacità di rispondere a quesiti come il trgico “Che cosa significa essere uomini?”
    Che sia una questione antropologica? Attendiamo Lumi.
    Ho conosciuto Roberto Saviano per questioni di lavoro. E non potrei essere più contenta del successo del suo libro. Ogni mattina, leggendo Repubblica, guardo la pubblicità del suo libro e gioisco delle infinite possibilità rizomatiche della vita umana…

  3. @Lipperini. Anche un libro come quello di Saviano fino a poco tempo fa sarebbe sembrato improponibile, e comunque nessuno avrebbe scommesso su un tale successo di vendite. Che dici, spunterà uno Ishiguro italiano? Ne vedi le avvisaglie?

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