PEDIATRI, BARISTE, GOMMONI E SCONCERTO

“Medici pediatri, medici pedanti e infermieri pedanti”. E poi “bariste avellinesi, bariste avvenenti, bariste avvedute”. Ma anche “Cittadini pugliesi – Gommoni – Persone”. Mi rendo conto che non si fa, che non si estrapolano quiz dai 3500 previsti per il concorsone. Però un paio di considerazioni si possono fare.
La prima, a dire il vero, l’ha già fatta Valeria Merola sul blog del Fatto quotidiano:
“Ho sempre pensato che per insegnare Lettere bisognasse studiare Dante, Leopardi e la sintassi italiana. Credevo che un buon professore, di qualunque disciplina, dovesse dimostrare (oltre alla preparazione specifica) competenze e abilità linguistiche, elasticità mentale, cultura generale e capacità di comprendere la complessità delle situazioni che gli si presentano nella vita di tutti i giorni.
Lo credevo fino a martedì sera, quando mi sono trovata di fronte le 70 batterie predisposte dal Ministero per “simulare” le prove preselettive per il prossimo concorso a cattedra. Mi aspettavo domande di logica, lingua italiana, competenze informatiche e lingua straniera, come recitava il bando. Non di algebra, insiemistica, calcolo delle probabilità e serie numeriche. Nessuno dei trecentomila candidati penso immaginasse poi che, a fronte di questa richiesta di preparazione matematica non banale (sicuramente scolastica, ma non ovvia per chi da vent’anni o più studia materie Umanistiche), le corrispondenti diciotto domande sulla lingua italiana fossero ai limiti dell’insulto. Capita quindi che da una parte ci sia da calcolare probabilità e dall’altra si domandi quale termine, tra «estraneità, attinenza, diversità, dissomiglianza» completi la serie «somiglianza, similitudine, affinità, analogia». Nell’ambito logico si chiede di stabilire la relazione insiemistica tra «medici pediatri, medici pedanti e infermieri pedanti» (sic) e nell’ambito linguistico si pongono domande che sarebbero adatte in un test d’ingresso per studenti stranieri. Tutto questo a fronte della quasi totale assenza di quiz su ortografia, sintassi, punteggiatura, analisi del periodo e, perché no, latino: cose con cui tutti gli insegnanti si dovrebbero misurare ogni giorno in classe. Del resto, anche le domande inerenti alle lingue straniere vertono principalmente sul lessico, che spesso è specialistico, sminuendo la grammatica.”
La seconda considerazione è di tipo editoriale, e sta nell’invasione di libri e manuali e CD rom per i partecipanti al concorso: piatto ricco mi ci ficco (ricco?) e via a raschiare il fondo del barile. Come segnala Il Manifesto, al mercato nero di risposte piratate si affianca quello “bianco”:
“Quello della pirateria informatica non è l’unico business creato dal «concorsone». C’è anche quello legale delle case editrici specializzate, come Alphatest e Maggioli, due giganti del settore che hanno riempito le librerie con pile di volumi con annessi libri di esercizi e Cd-Rom vecchia maniera.
Già il 2 ottobre scorso, Alphatest ha pubblicato sui siti di alcuni quotidiani nazionali una simulazione del test. Mentre il candidato pensa e ripensa, in un solo minuto, a quale insieme appartiene l’enigma di turno, sul suo schermo spunta un quadratino che pubblicizza il kit di preparazione ad un prezzo scontato del 15%: due manuali, con due «eserciziari» e due Cd-Rom da caricare sul pc costano 91,60 euro, 77,88 con lo sconto. Prezzi più economici per Maggioli, un volume di mille pagine può costare 42 euro. Maggioli mette a disposizione anche una App per Android e Ios collegata in tempo reale con la banca dati del ministero.”
In tutto questo, a che pro lamentarsi per la perdita delle parole quando, segnala ancora Valeria Merola, le stesse domande dei quiz presentano in più casi errori di ortografia?
Buon mercoledì, che è meglio.

20 pensieri su “PEDIATRI, BARISTE, GOMMONI E SCONCERTO

  1. Ricordo un intervento di qualche tempo fa in cui il ministro Profumo, a una domanda che chiedeva pressappoco come dovesse essere l’insegnante ideale, fornì una sconcertante risposta che tratteggiava tizi e tizie capaci, fondamentalmente, di leggere, scrivere e far di conto, con in più capacità da facilitatori da impiegare per disciplinare classi che il sapere se lo sarebbero cercato da sé, in rete, alternandosi con i docenti in cattedra. Nessuna menzione dello spessore umano che degli educatori dovrebbero avere; anzi, l’omissione di qualsiasi accenno all’educazione sembrava un fatto programmatico più che una dimenticanza. Con queste premesse, perché stupirsi di una prova di concorso che sembra un quiz della settimana enigmistica? Questi qui non sono nemmeno tecnici, come la vulgata pretenderebbe: sono praticoni, gente che ha coronato il sogno di ogni bambino di sedersi alla guida del treno e ora ci ammannisce le proprie soluzioni senza uno straccio di supporto teorico-scientifico, e perfino in cattivo italiano.
    A margine, vorrei proporre una piccola riflessione su un passaggio dello scritto di Valeria Merola. “Mi aspettavo domande di logica, lingua italiana, competenze informatiche e lingua straniera, come recitava il bando. Non di algebra, insiemistica, calcolo delle probabilità e serie numeriche”. Ha ovviamente ragione sia sul fatto che certi quesiti non fossero annunciati nel bando, sia sulla complessità di alcuni di essi (sulle serie numeriche è facile cogliere in fallo anche un laureato in matematica, se non è fresco di studi). Non vorrei però che da parte di qualcuno si voglia riproporre il solito alibi della non essenzialità della cultura matematico-scientifica per chi deve insegnare materie “umanistiche”. I citati Dante e Leopardi, che per loro fortuna sono vissuti prima dei danni arrecati alla scuola italiana da Croce e Gentile, avevano approfondite conoscenze di matematica e astronomia, discipline senza le quali la Commedia poi diventata divina non sarebbe neppure immaginabile e che ricorrono frequentemente anche nello Zibaldone. In generale, non può esistere capacità critica che prescinda dagli aspetti quantitativi della realtà e da un approccio sanamente scientifico ai problemi, in assenza del quale dilagano atteggiamenti fideistici e irrazionali (che infatti dilagano, soprattutto nello stato pontificio che stiamo ridiventando). Certo, con un ministro che tra le capacità di un insegnante non menziona né l’attitudine ad educare né la capacità critica, viene il dubbio che i quesiti di logica e matematica siano stati inseriti più che altro per sbaglio.

  2. Vorrei aggiungere un punto forse un pò ot: gli insegnanti di lingua. In Italia puoi insegnare una lingua straniera senza mai, e ripeto, mai, essere stato all’estero. In Inghilterra un anno all’estero è obbligatorio. I test di questo concorso, propongono delle domandine d’inglese che non misurano nessuna competenza della lingua. Sono domande per l’inglese all’acqua di rose.

  3. Ringrazio Maurizio che ha fatto presente in mnaiera brillante il mio pensiero e la mia paura. Se giusdtamente insegnanti di matematica devono conoscere Dante e Leopardi, non si capisce perchè un insegnante di lettere debba sentirsi in diritto di vantarsi di non saper fare le divisioni.
    Bisogna anche pensare però che Gentile non è più tra noi da diversi lustri. Il problema non è Gentile, è che non abbiamo più una classe dirigente, senza la quale ogni attività riformatrice è senza speranza.

  4. Borlotti, piselli, lenticchie e fave. Quale è l’ intruso?
    A voi scoprirlo. E questo non è nemmeno il quiz peggiore, su una settimana enigmistica ci starebbe anche bene.
    🙁

  5. Aggiungiamo una considerazione solo in apparenza marginale: scopo di questo concorso è di vincere una cattedra, non di “diventare insegnanti”. Si diventa insegnanti vincendo un concorso di abilitazione: e tutti i partecipanti a questo quizzone lo hanno fatto. Ciascuno di loro, vale ripeterlo, perché ci sentiremo dire il contrario, ha già vinto un concorso, o fatto una scuola abilitante, ha già superato l’esame finale, e dunque è precario non perché si è iscritto a una graduatoria per vedere l’effetto che fa: è in graduatoria, e insegna da precario, perché lo Stato lo ha riconosciuto capace, cioè abilitato all’insegnamento. Chiedo aciascuno dei lettori che NON insegnano di pensarsi nel proprio posto di lavoro, e immaginare che continuare a svolgerlo, oppure no, dipenderà dalle risposte – AL RITMO DI UNA AL MINUTO, SENZA POTER RIPENSARE E COL DIVIETO DI CORREGGERE UNA CROCETTA MAL MESSA – date a quizzoni di questo tipo.
    E provate a pensare che questi partecipanti, che a proprie spese (perché il concorso è informatizzato, ma le sedi sono regionali, e quindi per ragioni misteriose e imperscrutabili un precario deve recarsi nella città designata, non può svolgere la prova da un computer sito nella sua sede di servizio) è andato a fare il concorso, e magari, non avendo posti nella propria regione, si è dovuto iscrivere nella regione limitrofa, dove in caso di vittoria dovrà trasferirsi. questi partecipanti, dicevo, il giorno dopo dovranno trovare delle buone ragioni per tornare in classe e fare lezione come se nulla fosse accaduto.

  6. @Girolamo: trovo questa prova preselettiva delirante, e dico poco. Sia per la modalità del quizzone, sia per il fatto che, come osservi tu, lo Stato avrebbe in teoria già riconosciuto la capacità di insegnare di queste persone. Qui però la mia solidarietà si ferma, perché sappiamo bene tutti che in realtà le prove superate da quelli che oggi sono precari non attestano affatto la loro reale abilità ndi confrontarsi con le situazioni di rilievo umano che si manifestano nella scuola, come provano in modo tragico mille inadeguatezze e la tolleranza agli atti di bullismo, di cui abbiamo già avuto modo di parlare su questo blog. Un supplemento di indagine su queste capacità sarebbe secondo me più che necessario, e il mio rammarico è che il concorsone tutto fa tranne che andare a scavare in questa zona d’ombra. Perché l’aver occupato una cattedra per anni, magari facendo danni, non dà diritto ad occuparla per sempre. E perché prima dei diritti dei precari vengono quelli dei ragazzi di avere educatori all’altezza. Purtroppo non sarà così, nemmeno questa volta.

  7. @ Maurizio
    la prova di avere l’insegnante perfetto non potrà dartela nessun metodo, mai.
    Ma questo è il profilo dell’attuale candidato al concorsone:
    ha una laurea attinente alla materia che insegna
    ha seguito una scuola di specializzazione di due anni, con prova selettiva di accesso ed esame conclusivo
    in alternativa, ha vinto un concorso superando due, spesso tre prove (si entra in ruolo sulla cattedra, non sulla singola materia), con esami scritti per i quali la soglia di ammissione all’orare era la media del 7 e almeno 6 in ciascuna prova; i commissari d’esame erano insegnanti di ruolo o dirigenti scolastici;
    conseguita l’abilitazione, ha esercitato la professione per la quale il 17-18 p.v. concorrerà per un tot di anni
    Quale supplemento di indagine per accedere al contratto a tempo indeterminato si può aggiungere? Sono molte le professioni che richiedono una tale trafila?
    Quanto alle situazioni di rilievo di cui parli: sul bullismo, mi basta ricordare che la percentuale di devianza minorile che viene recuperata all’interno del percorso scolastico è di circa 2/3, ben più del carcere o della comunità di recupero. La scuola è, indipendentemente dalla preparazione specifica degli insegnanti, la più efficace agenzia di recupero della devianza esistente in Italia (mi tocca rimandarti al mio libro “La scuola è di tutti” per la bibliografia, compresi i rapporti internazionali, che comprovano quanto ti vado riassumendo).
    Resta, ed è reale, il problema che alcuni studiosi hanno chiamato “l’irruzione dell’adolescenza” [vedi il post che segue]: ma perché continuare a prendersela con la classe insegnante, alla quale non è stato dato alcuno strumento per affrontare questo problema, e che però lo affronta, magari con imperizia, sostituendosi allo psicologo, alla famiglia in crisi, all’operatore sociosanitario, al medico, ecc.?
    Non avrebbe più senso fare una lista delle cose che la scuola oggi fa (volente o nolente: io ho fatto un concorso per diventare insegnante, non psicologo dell’età evolutiva, che di fatto faccio comunque), e a partire da questa lista di bisogni reali fornire alla scuola risorse umane e materiali adeguate?

  8. SPOILER: nel precedente commento ho fatot riferimento alla “irruzione dell’adolescenza” nella scuola di massa.
    Copio e incollo da un lungo testo, che si occupa in prevalenza di altro [e che può essere letto, volendo, qui] la pagina che esamina questo problema, che resta (almeno per me) centrale.
    “È necessario sottolineare che in questo modo, più che di una vera e propria novità, si tratta dell’emersione di una captazione di fatto del lavoro comune che è in atto sin dall’avvento della scolarizzazione di massa: da quello che alcuni studiosi chiamano «shock della scolarizzazione di massa e dell’irruzione dell’adolescenza nella scuola».[Luciano Benadusi, Francesco Consoli, “La scuola alla prova dell’autonomia”, in Benadusi, Consoli, La governance della scuola, il Mulino, pp. 25-27] L’«irruzione» dell’adolescenza nel sistema scolastico della scuola dell’obbligo «non come condizione (ciò che è accaduto, invece, per l’infanzia nella scuola primaria), ma come “problema”, insieme con le differenze sociali e culturali tra gli studenti» ha, tra gli anni Ottanta e Novanta, «portato a ridurre, nelle competenze dell’insegnante, l’importanza della padronanza disciplinare, che si esprime nella lezione, a vantaggio di tutte quelle attività e competenze che permettono di creare le condizioni per poter fare lezione. Il professore deve, giorno dopo giorno, suscitare una motivazione e un’attenzione che non sono spontanee e che sono sempre provvisorie in una popolazione eterogenea e sottoposta a forti dinamiche di gruppo» – e, aggiungiamo noi, di genere, che la scuola non sempre riesce ad affrontare in modo critico, e che finisce piuttosto per reiterare. Come riconoscono Benadusi e Consoli, «in mancanza di una risposta istituzionale chi si è trovato a dover affrontare questo “problema” in una non invidiabile condizione di solitudine sono stati i singoli docenti», strattonati come l’Arlecchino di Goldoni tra molteplici padroni: burocratizzazione, pressione «magari passiva» degli studenti e delle famiglie, «moltiplicazione delle aspettative della società». Gli insegnanti si sono trovati presi in un doppio vincolo (con il conseguente, drammatico aumento dei casi di burn out, depressione, psicosi: in altri termini, con una evoluzione patologica delle passioni tristi in malattie professionali): privi della capacità di rivoluzionare dall’interno un sistema inadeguato all’irruzione dell’adolescenza, ma costretti a «investire nella propria esperienza di lavoro una capacità di empatia, un carisma di tipo comunicativo e “teatrale” che molti, peraltro, non possiedono», attraverso «una continua messa in gioco e mobilitazione personale, caratteriale, psicologica, che non può essere sostituita dall’impiego di tecniche e metodiche standardizzate». Quello che colpisce, nell’analisi di questi studiosi, è la definizione di «individualismo professionale» dei docenti là dove lo spazio tra scuola e società viene colmato con la messa in gioco del potenziale cooperativo – certo, in modo anarcoide, spontaneistico e talora narcisistico – dei docenti, che hanno comunque posto in essere una dimensione comune della didattica e della socializzazione: una dimensione la cui ricchezza è stata espropriata in termini di retribuzione salariale, attraverso il solo riconoscimento della contabilità del tempo di lavoro e la negazione dell’essenza comunicativa e performativa della didattica.”

  9. @Girolamo: io condivido molto di quanto scrivi e non posso arrogare alle mie posizioni alcuna autorevolezza, essendo per me l’insegnamento niente più che un’esperienza remota nel tempo e un sogno non realizzato. Ed è vero che il corpo insegnante, al pari degli studenti, è la vittima designata di un processo di dequalificazione anche sociale della scuola. Aggiungo anche che non ho la più pallida idea di come si potrebbero indagare capacità e attitudini del genere che ho invocato, e ancora meno di come – ammesso che sia possibile – tali abilità potrebbero essere suscitate tra coloro che in cattedra siedono già. La mia petizione è quindi l’espressione di un’esigenza, un bisogno molto sentito. Sono stato testimone di alcune situazioni di grave carenza da parte del corpo docente e della dirigenza scolastica, che in un caso hanno quanto meno contribuito a un esito tragico. Per questo, ritengo che sia opportuno approntare strumenti in grado di garantire, eventualmente in una selezione a valle se in quella a monte non fosse possibile, la strutturazione di un corpo docente veramente all’altezza del compito educativo – e sottolineo educativo – che gli compete. E, del pari, ritengo impriscindibile ripristinare il rispetto e il ruolo sociale che insegnanti degni di questo nome meritano. Compreso un livello retributivo adeguato, ovviamente.

  10. Grazie a Loredana, a Valeria Merola, a voi che commentate. Sono maestra laureata in Scienze dell’educazione e entrata di ruolo tramite il concorso del 2000: un altro universo. Con tanto di commissione di saggi, prove scritte con domande aperte, preparazione di unità didattica… Altri tempi, quando ancora si consideravano le insegnanti e gli insegnanti come persone pensanti e appassionate di saperi, linguaggi, relazioni, culture. La terribile operazione in corso da tempo (e i recenti concorsi ne sono un’espressione drammatica, assieme a tanti altri orrori scolastici) mi sembra quella ignora, svaluta, denigra, demolisce la pedagogia, la psicologia e le altre scienze dell’educazione, assieme alle esperienze scolastiche più significative. In un momento di sconforto temo che non si colga il rischio che la società corre nel voler trasformare le insegnanti e gli insegnanti in mere esecutrici, in un ingranaggio inconsapevole e alienante di un comodo meccanismo di riproduzione socio culturale… meno male che qualcuno lancia l’allarme. Grazie ancora,
    sara

  11. finchè il corpo docente sarà integrato “alla cieca”(non precisamente ma diciamo così)a me continuano a sembrare ridicoli e provocatori i richiami al ruolo degli insegnanti e le loro istanze remunerative.SInceramente nella mia esperienza di studente alla scuola superiore,in particolare col senno di poi,trovo che molto pochi fossero all’altezza della situazione,anche entrando in modalità”potenzialmente”,e sui criteri che li avevano condotti alle cattedre pochi avevano seguito un percorso canonico.IL problema è che finchè nessuno in questo paese affronta le cose con la giusta serietà,e dice che i concorsi,le chiamate e gli affidi di incarichi sono nella stragrande maggioranza di casi il frutto di una forzatura di mano(per usare un eufemismo),non andiamo da nessuna parte.E visto che ci siamo,non mi ha fatto molto piacere che nella campagna elettorale per le primarie appena terminata non sentire nemmeno un accenno al fatto che l’allegra gestione della rai,e non mi riferisco alla tenuta dei conti che magari non sono neanche male,è una barzelletta che non fa ridere,ed è stata la madre di tutte gli accidenti politici degli ultimi 20 anni

  12. Una proposta per la scuola.
    I docenti, al pari degli altri lavoratori, non potranno sottrarsi alla riforma pensionistica Fornero che innalza l’età lavorativa a 65 anni mentre chi fa questo mestiere sa benissimo che quell’ultimo quinquennio in cattedra sarà nella maggior parte dei casi uno strazio per docenti e discenti.
    Allora, perchè non prevedere per gli insegnanti in ingresso un tutor over 60, il che costituirebbe probabilmente l’unica possibilità utile di formazione in servizio per i giovani e insieme il modo di utilizzare al meglio la propria esperienza per gli anziani?
    Mi piacerebbe sapere che ne pensa Girolamo, in particolare.

  13. Chi sono i grandi scienziati che hanno concepito questa pomposa e ridicola insensatezza? Chi sono i committenti? Qual’è lo scopo? Quello vero. Piacerebbe saperlo.

  14. @ Valter
    Ho avuto la fortuna di sfiorare, negli anni del precariato, un liceo dove si sperimentavano proposte che poi non sono mai diventate legge. Tra queste, l’organico funzionale, che consentiva di assegnare, all’interno della cattedra, un tot di ore a un docente per il tutoraggio dei nuovi arrivati. Poi, ritornato in quel liceo, il tutoraggio l’ho visto proseguire, in forme attenuate, con quel che era possibile con i fondi d’istituto (io stesso ho tutorato un giovane neo-arruolato), poi a titolo gratuito, fino a vederlo scomparire. Oggi un precario, o un neo-assunto, arriva in un porto di mare e si deve cercare la sua cuccetta, la sua gomena, e sperare che un’anima buona gli spieghi da che parte soffia il vento.
    Per risponderti: favorevole, ma non col limite di età imperativo. Sarebbe giusto dare a tutti l apossibilità, essendo di fatto (ma non de jure) quello di insegnante un mestiere usurante (i dati sulle malattie professionali parlano, purtroppo, chiaro) dare a tutt@ la possibilità di scivolare su un altro incarico, all’interno della scuola o all’esterno, nella pubblica amministrazione.

  15. Grazie a Loredana e grazie a tutti i commentatori. Due righe: solo per dire che nessuno si oppone ai quiz di matematica e logica, parte integrante della coscienza e della cultura di ognuno di noi. Si cercava di denunciare l’assenza di una altrettanto puntuale richiesta di competenze linguistiche e argomentative. Come si può pensare di spiegare fisica o geometria se non si conosce la lingua italiana? come si può scrivere un giudizio su un compito in classe se si confonde po’ con pò, qual è con qual’è, un altro con un’altro, ecc..; se non si dispone di aggettivi, se non si sanno coniugare i verbi, se non si sa costruire un discorso? Dante e Leopardi li teniamo stretti come numi tutelari, ma non vogliamo imporli a nessuno.

  16. Quoto l’ultimo post, di Valeria Merola. Ma ripeto che, volenti o nolenti, è praticamente impossibile cercare di far ragionare i numerosi “tuttologi” che, sui forum, continuano a ripetere che loro il test l’hanno provato e che va tutto bene e che quelli che si lamentano sono solo cagasotto o svogliati. E’ impossibile. Sono troppo impegnati a far vedere che loro sanno, appunto, fare tutto. Per ora, a parole…

  17. @Valeria Merola: assolutamente d’accordo. Si tratta di saperi complementari, o forse di un unico sapere che per equivoco è stato sezionato come il Visconte dimezzato. Non si può né argomentare ignorando il metodo scientifico, né insegnare fisica senza padroneggiare la lingua italiana. Calvino considerava Galilei il massimo scrittore italiano, e forse aveva ragione. Purtroppo pare che siamo ormai entrati senza possibilità di ritorno in un’era tecnocratica e post ideologica, aggettivi che piacciono a molti; che però non si rendono conto che senza un’idea del mondo la tecnica non ci sbarcherà in nessun porto che non sia il predominio della bruttezza, del pressapochismo e del banale. Oltre che, naturalmente, del ridicolo (di cui questo concorso è una corposa anticipazione).
    P.S. riguardo al pò versus po’, segnalo (rattristato) che nientepopodimenoche l’Accademia della Crusca si è espressa in merito. Sdoganando, purtroppo, il pò. Ma io resisto e mi rifiuto di usarlo. 🙂

  18. Scusatemi, ma fatico ancora a cogliere il punto della discussione. Da una parte sembra che sia offensivo sottoporre i futuri insegnanti a quesiti così banali, o di natura nozionistica. E qui sono completamente d’accordo.
    Dall’altra parte sembra che invece ci sia una differenza notevole tra la difficoltà dei quesiti di logica e matematica e quelli di italiano.
    Grazie a “insegnante” (che ha commentato in un altro thread) ho potuto dare un’occhiata alle domande del concorso (ho controllato circa 7 batterie). Le domande di matematica sono – scusatemi – a livello di (alunni di) scuola media. Io proprio non ce la vedo questa “puntuale richiesta di competenze”: sono quesiti di logica, aritmetica, e calcolo delle probabilità. Posso essere d’accordo solo sul calcolo delle probabilità, i quesiti mi sembrano comunque semplici, ma bisogna conoscere un paio di formule.
    Ma per il resto, scusatemi, fanno cascare le braccia.
    Quanto alle “serie numeriche”, non ce ne sono. Casomai “successioni numeriche”, che non sono la stessa cosa. A proposito di proprietà di linguaggio.

  19. mi intrometto da insegnante di inglese…qualcuno ha visto che domande idiote per inglese? al di là del fatto che chiedono una conoscenza di business english (infringement, breach…), ce n’è una di grammatica assolutamente non realistica, che usa una regola fuori uso da almeno vent’anni – ma chi le prepara queste prese in giro? (per la cronaca, non fidandomi del mio livello C2, ho chiesto pareri a una mia ex collega in inghilterra, la quale ha faticato a riconoscere la risposta “giusta”, perchè suonava malissimo!)
    personalmente, avendo insegnato inglese in inghilterra per 5 anni, con master in insegnamento che tutto il mondo mi riconosce tranne l’italia, ma non essendo “in regola” per l’italia (ovvero non ho la silsis o qualunque cosa fosse), è un tale sconforto dover venir giudicata sulla mia abilità di capire gli insiemi…che poi mi saranno senz’altro utilissimi in una lezione di letteratura!
    buona fortuna a tutti…

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