PENSIERI SCORRETTI E INOPPORTUNI

Improvvisamente, i discorsi sulle donne sembrano (mi sembrano? E’ una sensazione soggettiva?) moltiplicati. Sarebbe dovuto essere così da molto tempo, peraltro: i dati sulla violenza, il numero dei delitti compiuti in famiglia (in aumento) non sono frutto di una nuova attenzione statistica. C’erano anche prima: solo, mi pare che ora ottengano più spazio.
Perchè, dunque, sono perplessa? Perchè lo sono soprattutto oggi, giorno in cui la questione si evidenzia e si ritrova al centro di iniziative e manifestazioni di ogni sorta?
Perchè mi sembra che il discorso-chiave, quello relativo (mi pesa continuare a usare questa parola, ma tant’è) al benedetto immaginario, continui a non passare. Nei giornali, nelle riviste, in televisione, nei manifesti, in pubblicità, nei libri, anche, salvo rare eccezioni le donne continuano ad essere rappresentate secondo lo stesso stereotipo.
Leggendo Bartlett, in questi giorni, riflettevo sull’esclamazione sconsolata di una delle sue eroine:

“Al diavolo tutto! Nella prossima vita speravo di nascere uomo o, meglio ancora, serpente o mandrillo, o qualunque altra bestia, piuttosto che una brutta copia di Anna Karenina o Madame Bovary”.
Bene: temo che nel raccontare si continui ad oscillare fra questi due poli, nella stragrande maggioranza dei casi.
Ps. Se poi ci sono romanzi che vengono presentati mettendo in palio soggiorni in beauty farm…beh, che dire? Che la letteratura è altra cosa, lo so, lo so: ma questo non mette al riparo chi non si rifugia sotto l’ombrello delle nobili letture. Ombrello che, peraltro, lascia filtrare non poche gocce di pioggia.

6 pensieri su “PENSIERI SCORRETTI E INOPPORTUNI

  1. Io sono sempre scettico sulle date dedicate ai problemi, che sia la giornata della memoria o quella contro le violenze sulle donne. Sono scettico perché mi sembrano un modo per cristallizzare la riflessione, ghettizzarla a determinati momenti, trasformarla in rito. Ovvero il modo migliore per separare una questione dalla vita sociale concreta. In questo modo si può pensare agli stupri come qualcosa d’altro rispetto a noi, fatto da persone diverse e comunque devianti rispetto alla “normalità”, quando invece i dati raccontano il contrario. E se c’è questo distacco, a che serve intervenire sull’immaginario?
    Sinceramente, non mi dispiacerebbe lanciare iniziative del tipo “Pensiamo alla povertà tutti i giorni tranne che il 14 aprile”, o simili…

  2. Capisco la tua preoccupazione, e fai bene a sollevarla, anche se non credo che sia esclusiavamente un problema di immaginario a causare la violenza sulle donne. Mettere l’accento solo su quello non gioverebbe – però a ognuno le sue competenze. Personalmente siccome so che le persone non sono come le desidero, ma sono come sono – cioè egoiste e umanamente dedite alla propria quotidianità – per quanto mi infastidiscano, sono sempre grata alle varie giornate di riflessione, perchè si impongono. Oh fa molto di più una giornata sulla Memoria che tante poesie non scritte di Adorno. E si sono contenta di vedere che la riflessione sulle donne sia di nuovo discussa, anche se magari non nei termini da me desiderati. Tu la metti in termini di immaginario, io continuo a irritarmi per la dicotomia maschi contro femmine, quando è un problema di incultura e immaturità psichica di certi maschi e certe femmine versus altri, poracci – maschi e femmine. Che poi sono due modi diversi di dire la stessa cosa.

  3. Il mondo dei videogiochi?!!?!?! Bene. Avete mai aperto il libro di testo di, mettiamo, una prima elementare oggi, 2008, e provato a sfogliare qualche pagina? Ne vedrete delle belle; vedrete che la Fata fa la pizza per tutti mentre il Mago aggeggia con i cacciaviti; quando si tratta di pulire il castello ci pensa Lisetta; a far la spesa ci vanno la mamma e la bambina. Se pensiamo a storie o favole trovatemi una condottiera o una esploratrice, giusto qualche amazzone ogni tanto, ma davveo rare!
    Insomma, è la percezione delle cose che falla (anche in perfetta, inconscia “buonafede” come in un libro di testo della scuola primaria) e tutti noi abbiamo il problema di come “nominiamo” la realtà intorno a noi e come ci nominiamo rispetto ad essa. Una riflessione semplice parte, ad esempio, dal non nominare mai, con i bambini, un gioco come da femmina o da maschio: un gioco è un gioco è un gioco.
    Ciao

  4. Paese piccolo, apparentemente tranquillo, dove tutti si conoscono e il pettegolezzo, anche se urticante, ha comunque una funzione di controllo sociale. Eppure, anche qui, una quarantenne decide di lasciare il marito e lui compera una pistola, impara a sparare al poligono di tiro e…l’ammazza.
    Non pago, uccide pure la figlia e si suicida. Tutti, giornalisti compresi, parlano di ‘raptus’. Lui, l’omicida, era bravo, buono, lavoratore…
    Ma come ci vedono molti, troppi uomini?Oggetti, cose di loro proprietà?
    Ancora, e nonostante tante battaglie, ogni giorno una donna viene uccisa o massacrata di botte. Colpevole di voler decidere della propria vita, colpevole perchè sceglie di fare ciò che la legge le consente di fare.
    La legge di solito regolamenta ciò che l’uso già cosidera atteggiamento abituale, quindi segue , non precede il cambiamento dei costumi.
    Nel caso delle donne, no!
    Poi, purtroppo, esiste anche un immaginario femminile che arranca sula strada del cambiamento. Quante colleghe, quando ancora insegnavo, erano madri in cattedra, con le migliori intenzioni ma, comunque, figure di riferimento diseducative. Quante volte ho sentito la frase ” I ragazzi sono come figli per me “.
    E’ difficile anche per la donna acquisire una coscienza di sè completa, non viversi frammentata in moglie, madre, professionista, confondendo i ruoli e ingabbiando la femminilità in stereotipi rassicuranti ma, questi sì, sterili. E ancora più difficile è trasmettere alle figlie, in questi casi, un ‘immagine corretta di femminilità. Però è da noi stesse che dobbiamo partire, anche se ben vengano giornate che riaccendano la discussione e invitino alla riflessione. Il dibattito sulla questione femminile deve riprendere, deve assolutamente riprendere.

  5. Io non sono contrario ad una separazione dei sessi, come ruoli e in generale come modo di vivere, non credo neanche che la violenza sulle donne rispecchi l’atteggiamento generale che l’uomo ha verso la donna.
    La violenza e l’oggettivazione dell’altro sono due aberrazioni in se stesse che si applicano in generale su soggetti più deboli o considerati nemici, che si tratti di donne, bambini o popolazioni extraeuropee.
    Un giorno ho visto una pubblicità progresso, c’erano due ragazzini di circa dieci anni, un ragazzo e una ragazza, il messaggio consisteva nel fatto che erano vestiti uguali, che è il modo più superficiale e stupido di identificare la parità di dignità e diritti.
    Purtroppo la miseria della demagogia si sovrappone al problema reale, e quando vuole migliorare le cose è sempre, in larghissima misura, più debole e fiacca rispetto a quando deve vendere un prodotto.
    Quindi abbiamo una giornata dedicata alla violenza sulle donne e 365 giorni in cui decine di migliaia di spot pubblicitari spingono ad identificare la donna ad un’automobile, ad un pasto lussuoso o a una preda per veri uomini, a qualcosa da possedere.
    Che possibilità educativa c’è in 24 ore e in opuscoletti distribuiti a scuola contro una così massiccia campagna globale, (costruita da brillanti professionisti della comunicazione e psicanalisti riciclati all’advertising), che è evidentemente di segno contrario.
    Negli anni ’70 si vedevano delle strisce di carta incollate sui manifesti pubblicitari che esibivano le grazie femminili con scritto: “Questa pubblicità offende la donna”, avevano il merito di non essere istituzionali e di rivolgersi direttamente contro il principale attore (oggi) di questa cultura.

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