PER DANILO E ALESSANDRA DELLA PECORA ELETTRICA

Posso solo immaginare come si sentano oggi Danilo Ruggeri e Alessandra Artusi, i librai della Pecora elettrica, data alle fiamme per la seconda volta in pochi mesi, nella notte che precedeva la riapertura. Posso immaginare il dolore, la frustrazione, la rabbia. Anche dopo le migliaia di attestati di solidarietà, moltissimi sinceri e appassionati, qualcuno spinto dal dovere e dal timore di perdere la faccia. Anche dopo la meravigliosa reazione dei cittadini che ieri hanno invaso Centocelle per testimoniare la loro presenza. Anche dopo la catena di affetto, sgomento, desiderio di aiutare subito che non si arresta, e non si arresterà. Perché non si bruciano i libri, certo e certissimo. Perché non si spezza una comunità: non con le fiamme, non con la paura.
Però posso immaginare, solo immaginare, come si sentono, e capisco le loro poche parole, aspettate, fateci capire cosa fare, non abbiamo ancora fatto partire nessuna campagna di crowdfunding. Perché al di là di tutti gli inviti a resistere e non mollare capisco che ci sono momenti in cui si vuole lasciar perdere tutto, e piangere, e chiedersi perché, specie quando accade due volte.
In questo momento, posso solo offrire una storia di Centocelle. E’ una storia personale, di dolore doppio. Forse non serve, o forse sì. Ma altro, al momento, in attesa che ci sia la possibilità di attivarsi, non posso dare.
Ho abitato a Centocelle per nove anni, dal 1985 al 1994: in via dei Castani, il numero era 82, mi ricordo ancora a memoria il numero di telefono e vedo come se l’avessi qui la palma spelacchiata all’ingresso. Era la mia prima casa, due stanze piene di sole con un grande tavolo per scrivere, una cucina ricavata da un angolo della stanza grande, una camera da letto con il balcone da cui fuggiva il mio primo gatto per nascondersi nell’appartamento a fianco. Le ricordo tutte, le strade con i nomi dei fiori, l’edicola. il mercato all’aperto, allora, di piazza dei Mirti, la cartolibreria sotto casa, perché librerie non ce n’erano, dove ho scoperto i libri di Janet Frame.
E ricordo di aver sofferto in quella casa, per due volte, un dolore terribile, che è quello di aver perso, appena nati, i miei primi due bambini. Per questo immagino come ci si sente, e di come, quando avviene di nuovo, si abbia il desiderio ragionevolissimo e giustificatissimo di arrendersi, perché non si vuole soffrire ancora, e una volta si supera e due no, anche se tutti ti dicono che ce la farai.
Però, in quella stessa indimenticata casetta, ho aspettato poi i due figli che oggi vanno quasi (mamma mia!) per la trentina, e una delle due ha anche attraversato il quartiere nella sua carrozzina, e quel quartiere era pieno di affetto e di solidarietà e di tenerezza, e quando leggo certe fesserie sulle periferie di Roma mi viene da prendere a sberle chi le dice o scrive, perché a Centocelle non ci hanno vissuto e non sanno quanto possa essere capace di stringersi attorno a chi sta male.
Ecco, ci sarà una terza volta in cui non brucerà nulla, questo è quello che vorrei dire a Danilo e Alessandra, e vorrei anche che quando avranno pianto le sacrosante lacrime che si devono piangere in questi casi, sapessero che siamo in tanti ad aspettarla, questa terza volta senza incendi, fatta di libri, di chiacchiere, di vinello e allegria, e che ci sarà. Siamo in tanti a offrire soldi, libri (e anche presenza, servisse una mano a rimettere a posto, a vendere, a fare quel che volete).
E siamo in tanti ad aspettare che chi deve offrire sicurezza, attenzione, fondi e anche locali lo faccia. E lo faccia adesso.
Vi voglio bene, sul serio.

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