Tredici donne di Controparola hanno scritto un libro: si chiama Amorosi assassini, esce presso Laterza, racconta quello che numeri, articoli, convegni si ostinano a ripetere, e con maggiore frequenza negli ultimi tempi. A dispetto di quel che viene percepito, in Italia i delitti diminuiscono: gli uomini uccidono meno uomini. Ma uccidono più donne: questo è il tipo di crimine che continua ad aumentare, giorno dopo giorno, e che si deve non alla mano di-colui-che-viene-da-fuori. Ma alla mano di un amico, un familiare, un marito, un amante.
Le autrici hanno compiuto lo stesso gesto cui molti scrittori si affidano negli ultimi tempi: guardare alla nostra storia (recentissima, in questo caso) e raccontarla di nuovo. Sperando che resti, stavolta, nella memoria.
Compratelo, il libro.
Frammento dall’articolo di Laura Lilli su Repubblica:
“Il 22 novembre 2005, all´alba, prima di entrare in fabbrica, la giovane Deborah, un´operaia del biellese viene uccisa con sette pugnalate e lasciata sull´asfalto. Si scoprirà che l´assassino, Emiliano Santangelo – che finirà per soffocarsi in carcere con un sacchetto di plastica – la perseguitava con molestie e violenze sessuali già da dieci anni, quando ancora era ragazzina. Lei ogni volta era andata al commissariato: ma le denunce erano restate lì. Tanto che l´allora ministro della giustizia Castelli, il 27 febbraio chiese ufficialmente scusa alla famiglia, e inviò ispettori del Ministero al tribunale di Biella per appurare se tutto il possibile fosse stato fatto per salvarla. Ora la famiglia vuol chiede un congruo risarcimento allo Stato.
La casistica è infinita, ed è anche uno specchio dell´Italia di oggi, sospesa fra tecnologia in continuo rinnovamento, leggi recenti e un inconscio collettivo arcaico. Ci sono figli che ammazzano la madre, educati come sono alla scuola della violenza paterna. C´è un impiegato di banca sposato con prole che, conosciuta e corteggiata chattando (!) un´adolescente di un´altra città, prende un giorno di ferie e, come dice il titolo di un famoso film, Va, (la stupra) l´ammazza e ritorna. C´è un prete stupratore “seriale”: padre Fedele, al secolo Francesco Bisceglie, 69 anni, fondatore di una “Oasi di accoglienza francescana” in provincia di Cosenza, impegnato anche in missioni in Africa. Una suora lo accusa di averla violentata da sola e in gruppo, e una serie di intercettazioni le dà ragione (ecco a cosa servono!). Il frate violenta anche le collaboratrici volontarie e si fa spesso riprendere con belle giovani poco vestite, che afferma di aver “convertito”. A lungo riempie le cronache dei giornali. Infine, il 23 gennaio 2006, finisce in galera.
Tante storie di donne-vittime ma anche di uomini-carnefici – molti dei quali esaltati, malati o disperati, poi finiscono per suicidarsi – ci parlano di una inquietante psiche maschile collettivamente malata. Forse dal femminismo molti uomini italiani, ricchi o poveri, colti e meno colti, hanno avuto uno choc paralizzante. Così, invece di ascoltarne le ragioni e provare ad adeguarvisi, si sono limitati a sentirsi vittime assetate di vendetta. Spossessati di un potere assoluto – quello sulla donna – che sentivano appartenergli per diritto di nascita, non hanno avuto la forza o la capacità di accettare la nuova realtà dei rapporti umani. Non caso, dice l´Istat, mentre gli omicidi in generale diminuiscono, quelli di donne aumentano. Perché questo sinistro primato dell´Italia in Europa? Un tentativo di risposta potrebbe trovarsi nella constatazione che l´Italia è il Paese in cui più diretta e intensa è l´eredità classica, con tutta la sua misoginia. Eredità viva ed ininterrotta fino ad oggi grazie alla Chiesa – anzi intensificata dopo la Controriforma. In ogni caso, c´è un enorme lavoro di rieducazione da fare, cominciando dai bambini piccoli, già alla scuola materna (nessuno è di nessuno, le persone non sono cose, la violenza è brutta, etc).”
Interessante. Alcune osservazioni.
– nel corso dell’indagine istat sulla violenza osservai questo fatto curioso, che si può dedurre anche guardando i dati: la violenza sulle donne è maggiore nei centri urbani, e nel nord italia. E posso dire, perchè io raccoglievo le testimonianze, che non è che nel sud mentissero, ugualmente nelle campagne. Volendo in questi contesti spesso la percossa e le altre forme di violenza erano considerate normali e condivisibili.
L’impresisone che mi sono fatta è che ci sia una reazione psichica complessa da parte del modno maschile nei contesti cui le donne si emancipano: il lavoro, la libera scelta. Dove la gerarchia di potere è mantenuta stabile la violenza si esprime di meno.
Tuttavia, non credo che sia giusto parlare di vittime e carnefici, di sane e maschi patologici. La patologia è globale e culturale, e le coppie dove regna la violenza sono sistemi autodistruttivi dove anche lei, ha le sue tremende responsabilità.
D’accordo con Zauberei sulla società patologica tout court o quasi, ma ovviamente d’accordo sul fatto che i modelli di maschio siano “minati”.
Sulla questione educativa: secondo me non bisogna insegnare che la violenza è brutta. Bisogna mostrare *da subito e in concreto che la violenza è controproducente*. Certo che poi, a vedere il mondo dei grandi, ‘sta certezza non sembra poi granché condivisa…
Io mi permetto di fare alcune domande sulla questione.
Leggendo questi dati, mi viene da chiedere: allora, che cosa bisogna fare?
E’ una questione atavica, cioè alcuni maschi dai secoli antichi hanno avuto il bisogno o il desiderio di uccidere le proprie compagne?
E’ un fenomeno che è andato calando negli ultimi cento anni?
E’ un fenomeno che è aumentato negli ultim anni? Dipende dall’educazione in famiglia? Dalle scuole? Dai media?
Un dato che mi piacerebbe conoscere: quanti sono i maschi uccisi da altri maschi?
Quali sono le controffensive rispetto a queste barbarie?
A me francamente sembra una sorta di problema insolubile. A meno di individuare le condizioni psico-sociologiche che determinano l’istinto killer in una persona di sesso maschile, come poter reagire?
Ci sono ragazzi violenti che mai comunque si permetterebbero di eliminare fisicamente il partner.
Ci sono ragazzi insospettabili che poi si macchiano di crimini simili.
E’ una questione di modelli? Ma siamo davvero sicuri di questa cosa?
Se fosse così dovrebbe essere “una moda” molto più seguita.
E soprattutto dove sono questi modelli?
Mi piacerebbe conoscere il parere di menti molto più aggiornate\informate\illuminate sulla questione. Perché altrimenti il semplice ripetersi di articoli su queste violenze finiscono per fare l’effetto “anestetico”…