PERCHE' BISOGNA CREDERE ALLE FIABE (MATTEO GARRONE, CHE PECCATO)

Ieri pomeriggio, mentre guardavo Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, avevo in mente una parola. Credo. Credere è un atto  di fede e di passione verso la storia che si racconta. Soprattutto quando la storia è fantastica, credere significa essere convinti della sua plausibilità nell’essere, per definizione, non plausibile. Gli orchi non esistono, così come non esistono uomini che si mutano in lupi sotto la luna piena. Le pulci giganti non esistono, così come non esistono porte che si spalancano per far tornare i morti tra i vivi. Le streghe che cambiano una vecchia in fanciulla non esistono, così come non esistono i mondi roteanti, folli, sbagliati su cui si affacciò Lovecraft. Eppure, se chi scrive crede, riesce a convincere chi legge o chi assiste a guardare nella stessa fessura e a scrutare le stesse tenebre, per quanto spaventoso possa – e debba – essere.
Credo.
E’ lo stesso verbo usato da Stephen King nella prefazione a Incubi e deliri.
“Credo che una monetina possa far deragliare un treno merci. Credo che nelle fogne di New York ci siano alligatori, per non dire di topi grossi come pony Shetland. Credo che si possa strappar via l’ombra a una persona con un picchetto da tenda. Credo che esista davvero Babbo Natale e che tutti quei tizi vestiti di rosso che si vedono in giro per le strade a Natale siano i suoi aiutanti. Credo che intorno a noi ci sia un mondo invisibile. Credo che le palline da golf siano piene di gas velenoso e che, a tagliarne una in due respirando l’aria che ne viene fuori, si resti uccisi. Soprattutto, credo nei fantasmi, credo nei fantasmi, credo nei fantasmi”.
Ecco, alla fine di due ore di immagini meravigliose, di costumi da mozzare il fiato, di luci perfette, la sensazione che ho avuto è che Garrone non credesse a quanto ha raccontato. E questo, per chi gira un film fantastico (perché di questo si tratta, in questo senso va intesa la parola “fantastico”: non un genere o un sottogenere, ma ciò che nella realtà è implausibile) è un handicap da cui è difficile uscire.
Com’è noto, Garrone ha tratto il film da Lu cuntu de li cunti di Giambattista Basile: lo stesso da cui nacque quella gemma del teatro che è La gatta Cenerentola di Roberto De Simone, che infatti ugualmente mi tornava in mente ieri pomeriggio, perché De Simone “credeva” a quello che ha fatto. Forse non credeva al dattero magico, ma alla passione e alla rabbia che sono dietro ogni magia sì, credeva, eccome.
Le fiabe che Garrone ha scelto sono tre: La cerva fatata, La pulce, La vecchia scorticata. In modi diversi, parlano di superbia, potere, desiderio, saggezza, come tutte le fiabe. In modi diversi, ospitano draghi marini, cuori incantati, mostri, orchi, streghe, meraviglie. Ecco, nel film quella meraviglia non c’è: se non, ripeto, visiva, la stessa che si prova camminando in una straordinaria galleria d’arte.
Ma non c’è alcuna adesione a quella materia: e verso la fine del film viene anche il crudele retropensiero che si voglia ammiccare ai fan dei film di Jackson tratti da Tolkien (la trilogia del Signore degli anelli e quella dello Hobbit) e, soprattutto, al successo inarrestabile di Game of Thrones (da Martin, e dalle Cronache di Ghiaccio e del fuoco).
Se così fosse, sarebbe un obiettivo mancato: perché sia i film di Jackson sia il serial aderiscono alla materia in modo convinto, la fanno propria. In parole banali: chi ha scritto la sceneggiatura e girato film e serie, ci crede. Non crede ai draghi e agli elfi, certo: ma crede alle storie che rendono possibili e vivi i draghi e gli elfi.
E’ lo stesso pregiudizio che in Italia, e soprattutto in Italia, pesa ancora sul fantastico in narrativa, che non viene considerato sufficientemente letterario perché non realistico. E allora tocca ricitare King, e la sua intervista a  The Paris Review: dove, alla domanda “quali sono le differenze fra popular fiction e letteratura, risponde”: “la vera rottura viene quando ti chiedi se un libro ti coinvolge a livello emotivo. E una volta che quelle leve iniziano ad abbassarsi, molti critici scuotono la testa e dicono No”.
Da questo punto di vista, Il racconto dei racconti è un fallimento: perché il livello emotivo non è neppure sfiorato. Eppure qualsiasi storia, se è una buona storia, agisce su quel piano: anche se usa i mostri marini. Ma che peccato, davvero.

26 pensieri su “PERCHE' BISOGNA CREDERE ALLE FIABE (MATTEO GARRONE, CHE PECCATO)

  1. Nel film di Garrone, tutti i personaggi (nonché le storie stesse) sembra che già sappiano di essere simboli e metafore. Questo penso crei distanza dal realismo del fantasy a cui siamo abituati. Però l’ effetto straniante è affascinante, a mio avviso.

  2. Come ti scrivevo su Facebook, il fantastico (andrei piano con la definizione “fantasy”) non è necessariamente realistico. Qui si tratta di una questione emotiva, o dell’incapacità di toccare quella dimensione quando tocchi argomenti potenti come vita, morte, desiderio.

  3. Sono in sintonia con te. Se emotivamente non ti prende un libro o anche un film beh qualcosa di “falso” circolava nello scrittore nel regista nello sceneggiatore e tu con la tua percezione o istinto l’hai colto e anche il buono è andato a farsi benedire. Mirka

  4. è vero che è molto etereo, ma ho riletto La pulce di Basile e credo abbia fatto un bel lavoro. Basile ha un modo di narrare da fuori molto beffardo, e ha anche migliorato la storia mettendo in primo piano la principessa (che nell’originale era la solita figurina) e rendendo più feroce il tutto.
    Non credo ammicchi ai fantasy nordici, anzi, voleva proprio discostarsene sia negli ambienti che nei contenuti, con queste storie cattive senza eroi. Recuperare una forma di racconto orale antico, popolano, con personaggi ambigui e capricciosi, dove la magia è nera, richiede sacrifici crudeli e spesso il risultato è storto.

  5. Sono d’accordo, anche se mi sembra un problema fondamentale ma neanche da porsi, visto che il film nel complesso è pieno di errori banali, da trame che non funzionano (chiederei a chi avesse letto gli originali di parlarne) ad un montaggio orribile, ci sono momenti in cui ti chiedi se davvero non abbiano sbagliato il master da mandare ai cinema.

  6. Sono andato al film di Garrone e a tre quarti della proiezione sono andato via dal cinema (cosa che non mi è mai successa), senza sapere bene il motivo, e sono molto d’accordo con questa tua analisi sul mancato coinvolgimento emotivo, che ho trovato oltre che nella regia, anche in alcuni personaggi (ti è piaciuta Salma Hayek? sembrava un po’ monocolore).
    Non conosco il genere (sono a digiuno di Tolkien, Games of Trones, ecc.) ma amo il fantastico Gargantua e Pantagruel, Lu cuntu de li cunti …ma è possibile che l’immaginario fantastico debba sempre essere racchiuso dentro al gotico?

  7. Il film di Garrone è occasione persa perché sposa il fantasycheggiare in voga, di fiaba e barocco nemmeno l’ombra. Le fiabe… nessuno le affronta, ci sono troppi eroi in giro… e pochi sciocchi che decidano di andarsene in giro in cerca della paura… Basta anche per un po’ con King… e rileggere magari gli scritti sulla fiaba di Cristina Campo, Tolkien, C.S. Lewis, Florenkij e Ursula Le Guin. Sarebbe anche ora di liberarsi di questo pregiudizio: “lo stesso pregiudizio che in Italia, e soprattutto in Italia, pesa ancora sul fantastico in narrativa, che non viene considerato sufficientemente letterario perché non realistico”. Non siamo più negli anni ’70… il fantastico viene considerato eccome (poi ci vorrebbero molto pagine per capirci su cosa intendiamo quando diciamo fantastico, fantasy etc etc) è tutto un fantasticare… Solo che al momento non ci sono grandi scrittori all’altezza (dove sono i novelli Borges e E.T.A. Hoffmann ?) Diciamolo una buona volta invece di ricorrere sempre ai pregiudizi…

  8. Caro Angus, forse abbiamo visto due film diversi, oppure, forse, leggiamo libri diversi. Perché il film di Garrone non sposa affatto, secondo me, la voga: la raggela. E poi. Cosa le fa pensare che chi legge King non legga gli autori e le autrici da lei citati? Il pregiudizio, come vede, è suo: anche perché sul fantastico pesa un’immaginario che lo strangola, e lo fa equivalere al fantasy spiccio, e generalmente un camuffamento di romanzi rosa, che prevale sugli scaffali delle librerie. Quanto ai novelli Borges: un Murakami Haruki non è da buttare via, a mio parere. Cordiali saluti.

  9. Cara lalipperini leggiamo libri diversi soprattutto leggiamo in modo differente (Murakami novello Borges ?) Che la vogue… la si raggeli o la si surriscaldi sempre voga è… Cosa le fa pensare che io pensi che, chi legge King non legga gli autori e le autrici citati ? (Fatto è che da lei non li vedo mai citati, sarà un caso ovviamente.) Il pregiudizio, di cui spesso parla, che peserebbe sul “fantastico” in Italia, non esiste. Chi ha letto Todorov e Caillois, giusto per citarne alcuni, sa bene cosa sia il fantastico (un’idea almeno). Forse a lei piace trattenersi nei pregiudizi, a me liberarmene. Legga “Storia del fantasticare” di E. Zolla ripubblicato da qualche giorno in un nuovo volume da Marsilio, troverà spunti interessanti. cordiali saluti.

  10. Caro Angus, pregiudizio significa, anche, presupporre senza sapere: faccia una ricerca su Le Guin, per dirne una, o su Tolkien, in questo blog 🙂 Quanto a Zolla, grazie, molto gradito il suggerimento, già letto, come Todorov. Il fantastico ha infinite sfumature di senso: non sempre e non necessariamente Todorov, per esempio, si concilia con quanto sosteneva, non solo nelle sue opere letterarie, Tolkien. Saluti molto molto cari (e lo legga, King: non fa mica male alla salute, sa?)

  11. Cara lalipperini suvvia… mi riferivo ovviamente non a Tolkien o Le Guin (legga “Da Elflandia a Poughkeepsie”) ma a Cristina Campo e Florenskij… Quanta cattiva scrittura, letteratura e critica “emotiva” ama nascondersi e lagnarsi dietro il fantomatico pregiudizio della non ricezione perché “di genere” e per via dei pregiudizi perché in quel paese il genere etc etc… Se il metro di paragone per giudicare un autore o un libro è quanto ti “piglia” emotivamente, si commenta da se… (ahimè conosco bene King, non è poi un gran scrittore). Saluti a lei!

  12. Completata la visione della trilogia dei film italiani a Cannes. Dei tre, il migliore è Youth, il peggiore quello di Nonno Nanni (Moretti) mentre il film di Garrone sta nel mezzo. E’ molto interessante e spettacolare, ma il regista ha commesso un errore imperdonabile. Il suo film sarebbe fascinosissimo per i ragazzi, truculento esattamente come piace a loro, ma la grande differenza tra la letteratura per ragazzi e la letteratura (e la filmografia) per adulti sta tutta in un solo elemento: l’erotismo, mai presente nella prima. Nei libri per ragazzi ci si innamora, ci si sposa, ma… niente descrizioni di sesso esplicito. E invece nel film di Garrone il sesso è ben presente, così le magnifiche fiabe di Basile finiscono per indirizzarsi al solo pubblico adulto, che però non è quello giusto… Ora cito Bianca Pitzorno: “Nei libri per ragazzi si possono trovare praticamente tutti gli argomenti affrontati nei libri per adulti. Tutti tranne uno… c’è un unico elemento che, per negazione, la distingue in modo assoluto e inequivocabile da quella destinata ai grandi. L’unica vera differenza SEMPRE riscontrabile nei libri di narrativa come nelle storie offerte ai più giovani dal cinema, dai fumetti, dal teatro, dalla televisione e da tutti gli altri media, è l’assenza di erotismo descritto o riferito in modo esplicito. Quando ci si riferisce ai bambini e ai ragazzi l’amore viene descritto sempre con toni romantici o comunque platonici. Se anche la storia prevede un accoppiamento umano o animale, questo viene suggerito in modo allusivo, o si deduce dalle conseguenze (un figlio già nato; più raramente una gravidanza). Mai viene descritto un amplesso, o il desiderio consapevole di un amplesso. Mai vengono descritti e neppure nominati organi sessuali umani o animali (a meno che non servano unicamente per fare pipì).” (Pitzorno, Storia delle mie storie, Pratiche Editrice, Parma 1995 .)

  13. Angus, che noia 😀 Prima fa una serie di nomi, poi dice che però di quei nomi intendeva sottolinearne solo due, poi ancora minimizza l’emotività letteraria (mi sa che che prenderebbe un sacco di bacchettate da Cristina Campo, sa?). Se vuole lagnarsi su King, si accomodi, per carità, ci sono un sacco di scrittori mezze tacche che usano la lagna su King per sottintendere che loro sono meglio 🙂 Naturalmente non è il suo caso.
    Garronehacommessounerrore, ovvero Lucio: sono d’accordo.

  14. Ps. Angus: lei è molto gentile a fornirmi consigli di lettura. Ma sia più fantasioso, mi dia almeno un titolo che non rientri nella biblioteca di chi ama il fantastico. Ce la può fare.

  15. @Lipperini. davanti a me erano seduti un padre, una madre e un figlio. a un certo punto il padre ha deciso di portare via il figlio… ma non so se ha fatto bene, visto che ormai il suo DIRITTO AL PERIODO DI LATENZA era stato violato…

  16. Però su questo ho un’obiezione: non era difficilissimo informarsi sul fatto che non era una fiaba Disney, no? 🙂 Pensa soltanto a un bambino che va a vedere quella meraviglia che era La Gatta Cenerentola. Niente sesso, d’accordo, però…

  17. Cara lalipperini
    Non consigli di lettura ma… di rilettura. Vedendola in difficoltà (prima lo scivolone su Murakami novello Borges, poi sulla Campo, è cosa nota infatti che il suo metro di giudizio fosse l’emozione e non lo stile…) le ho suggerito qualche titolo importante. (Può esser salutare talvolta abbandonare le proprie certezze e tornare all’origine, sa ? 🙂 Nel caso può cominciare da “Come si legge un libro e perché” di Harold Bloom, è una guida sicura). Visto che me lo chiede per allargare i suoi orizzonti, le suggerisco “I racconti di Belzebù a suo nipote” di Georges Gurdjieff e l’ultimo capitolo de “L’ardore” di Roberto Calasso, si impegni con attenzione però!
    p.s
    Sono una persona incredibilmente noiosa 😐 Leggo e rileggo sempre gli stessi libri… li chiami se vuole, le grandi opere…

  18. Lo scivolone, se mi permette, è tale a suo giudizio. Legga Murakami, e magari ne riparliamo. Grazie per Calasso e Gurdjieff, li ho giusto appaiati nello scaffale. Lei, in effetti, ha ragione: è incredibilmente noioso, odiosamente supponente, meravigliosamente presuntuoso. E’ stato bello conoscerla, però 😀

  19. “L’insegnamento fondamentale di Gurdjieff è che la vita umana è vissuta in uno stato di veglia apparente molto simile al sonno”. Soprattutto se stai guardando il film di Peter Brook tratto da “Incontri per uomini straordinari”.

  20. @diana L’insegnamento di G. sarebbe che la vita umana è preziosa e la maggior parte dell’umanità vive in una condizione illusoria (veglia simile al sogno non al sonno) da cui sarebbe il caso di svegliarsi.

  21. GRAZIE angus, ho sostituito deliberatamente “sogno” con “sonno” pe’ fa na battutaccia, me credevo che s’era capito, come s’è capito che tu ti collochi al di fuori della maggior parte dell’umanità.
    p.s. *volevo scrivere “con uomini straordinari” (non “per”)

  22. @lalipperini facciamo amicizia ? :)) Se passa l’indirizzo mail a Lara possiamo parlare di fiabe giapponesi e immaginario yōkai .)

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