PERCHE', IN MISURA DIVERSA, SOMIGLIAMO ALLA SIGNORA DI MONDELLO

La signora bionda del coviddi che balla per promuovere il suo primo singolo. Il pescatore australiano che pesca a mani nude il velenosissimo pesce pietra per fare un video su Tik Tok. Sono due, solo due, delle notizie in evidenza sui quotidiani on line. In una pandemia. In una crisi economica. In un momento di smarrimento e incertezza. Quando, ormai sette anni fa, Giovanni Arduino e io scrivevamo Morti di fama, ci ritenevamo pessimisti, ma nei fatti non avevamo colto che la metà di quanto sarebbe avvenuto.
Ma questo non è affatto un post contro i social. Così come Chuck Palahniuk, quando diciotto anni fa (!) scriveva Ninna nanna, non era contro la televisione ma ne analizzava gli abissi e  gli effetti (“La maggior parte delle risate preregistrate che si sentono in TV risalgono all’inizio degli anni Cinquanta. Oggi buona parte della gente che sentite ridere è morta”). Era un romanzo potentissimo, per inciso, fatto di magia molto più reale del reale, ma la memoria è quel che è e i libri si dimenticano anche quando sono potenti.
Non è un post contro i social, e neppure contro la vecchia faccenda dell’essere brand di se stessi di cui parlavamo appunto nel 2013. Anche perché, scrivevamo allora,  l’effetto dura talmente poco, e necessita di tanti e tali rilanci, da vanificare giochi e candele. Anche quando preesiste al brand  qualcosa di concreto da promuovere, continuo a stupirmi della fatica di chi sta ore ad avviare conversazioni private su messenger per farlo (più tempo che per scrivere il libro, se di libro si tratta).
Semplicemente, è un post contro chi ritiene che questa sia una faccenda che riguarda solo le persone giovani. In quel 2013 (ma abbiamo dimenticato anche questo), il giornalista Joel Stein  firma l’articolo di copertina per Time, “The Me Me Me Generation”. Foto: una ragazza sdraiata sul pancino che si fotografa con lo smartphone. Con la rapidità del lampo, titolo e contenuto (la generazione nata tra gli anni Ottanta e la fine dei Novanta è narcisista, pigra e microfamosa) diventano un meme, e in giro per la rete si trovano parodie e persino un intero Tumblr che si chiama The Millennials e che raccoglie tutte le versioni sbeffeggianti di Time: The Meow Meow Meow generation (gatti), The Pika Pika Generation (Pokémon), The Stupid Fucking Article Generation. Non l’hanno presa bene. E c’è un motivo. Stein dice di avere i numeri: l’incidenza dei disordini da personalità narcisistica nei ventenni è per questa generazione più alta del 58% in base al National Institute of Health. In poche parole, i giovani sono ossessionati dal successo e dal narcisismo, si considerano dei “brand” che misurano sul numero di “follower” o “friend” che hanno sui social network, è più probabile che convivano con i genitori che con un partner e non vogliono rovesciare il potere perché sentono, in fin dei conti, di non averne alcun bisogno.
Ma le cose non sono così semplici, non lo sono mai. Non è solo una questione di foto (i genitori dei millennials “guardavano sempre una loro foto in casa, in divisa o del matrimonio, mentre loro ne hanno 85 sul telefonino, e le guardano in continuazione”). Secondo Stein, il punto principale è l’onnipotenza, quello che viene subito dopo è che troppa autostima si scontra con una realtà che non può premiare tutti: “La conseguenza è nel fatto che il 70 per cento di loro controlla il cellulare ogni ora, molti soffrono la sindrome da vibrazioni – ovvero se nessuno gli scrive o li chiama vanno in agitazione.”
Roy Baumeister, docente di psicologia dell’Università della Florida, ritiene che i Millennials siano il frutto della combinazione fra l’imprevedibile sviluppo della tecnologia e la scelta dei baby-boomer di allevare i figli con il più alto senso di autostima: “Sono cresciuti nella convinzione di diventare tutti principesse o rock star” e gli smartphone gli consentono di continuare il sogno.”
All’epoca intervistammo Armando Favazza, psichiatra, professore emerito all’università del Missouri-Columbia: “L’errore, ci disse,  è credere che la questione riguardi solo i giovani; in realtà, in base alla mia esperienza sul campo, tocca qualsiasi fascia d’età. Ma si sa che agli adolescenti è più semplice imputare qualunque cosa.”
L’appunto che Stein indirizza ai giovani, “è difficile abbracciare una controcultura quando non c’è una cultura”, vale per tutti. Vendersi sui social network come prodotti vale per tutti.
Ultimamente vedo un bel po’ di adulti che lo fanno, e non ragazze e ragazzi. Anche ora. Anche in un pandemia. Ancora di più, anzi. Ah, nessuno escluso,  neanche io, come scrivemmo all’epoca Giovanni e io: “Siamo tutti freak che non vogliono lasciare questo tendone”.

2 pensieri su “PERCHE', IN MISURA DIVERSA, SOMIGLIAMO ALLA SIGNORA DI MONDELLO

  1. Credo che tutto ciò appunto sia un fenomeno da analizzare, come hai giustamente sottolineato, poiché si è toccato, a parere mio, proprio il fondo. Qui parlando della signora mia compesana coviddi e di tutti i suoi seguaci, si è per me toccato l’inverosimile di questo problema, perché penso che per la società lo sia, poiché si sta intaccando il bene della salute pubblica diffondendo idee errate e accendendo gli animi degli “oppressi” per ricercare consensi, con la stupidità poiché non si hanno intelligenze da offrire. È questo fenomeno sociale che mi spaventa, oltraggiando, prima i palermitani, popolo ricco di cultura e facoltoso, come tutti in Italia, i malati di covid19, i familiari delle vittime, i musicisti e i critici musicali.
    Per me si è toccato il fondo dell’ignoranza e della volgarità e abbiamo appreso che tutto questo purtroppo a tantissima gente piace, se volessimo parlare di letteratura con tanti di questi cliccatori di followers… beh neanche saprebbero come si apre un libro. Ciò mi fa piangere….

  2. quando poi i virtuosi commentatori da talk show ci fanno la predica sulla necessità di essere flessibili, su quanto sia rigida la forza lavoro in Italia, su quanto lo Statuto dei Lavoratori sia un freno allo sviluppo e alla produttività, eccetera eccetera.., ricordiamocene: stanno parlando di questo. Questo vogliono. Licenziare liberamente è esattamente questo. Magari ricordiamocene, la prossima volta che ci chiedono di votare per una sinistra ‘moderna’ e ‘riformista’. E anche quando tutti si stupiscono con grandi lai che Meloni e Salvini crescono nei sondaggi.

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