Non so come mai, ma un collega assai valente come Andrea Tarquini sembra non digerire la questione delle pari opportunità. Ironizzò, un paio di anni fa, su una proposta di Angela Merkel a proposito dell’affissione dei calendari con fanciulle discinte nei luoghi di lavoro. E mi sembra storca il naso, nell’articolo di sabato scorso, su un’iniziativa importantissima dell’Europarlamento. Importantissima perchè (ma dovrebbe essere ovvio) è dando indicazioni nell’ambito della comunicazione (pubblicità, programmi televisivi, giornali) che si comincia a modificare una cultura. Certo, sarebbe auspicabile fare a meno dell’Europarlamento, della Merkel e dello Stato-mamma. Certo, sarebbe meraviglioso se autori, pubblicitari, capiservizio, direttori di rete, etc.etc. provvedessero da soli a svicolare dagli stereotipi.
Ma non succede, guarda un po’.
(Buona lettura, l’articolo di Tarquini è qui sotto)
Addio alle casalinghe nella pubblicità. Presto, se il rapporto-iniziativa dell´Europarlamento contro le discriminazioni sessiste verrà fatto proprio dalla Commissione europea e dai governi nazionali della Ue, non vedremo più donne tutte casa e famiglia nella réclame di detersivi e lavatrici, vestiti per bambini, frigoriferi e lavastoviglie. E d´altra parte nemmeno uomini giovani, forti e macho alla guida di potenti auto. Addio allo stile dei testimonial nati col boom postbellico, la giovane casalinga che sorride accanto al bucato con la scatola del presunto miglior detersivo in mano, addio alla ragazza che dice «grazie Candy» elogiando la nuova lavatrice. Un pezzo della memoria dei messaggi per gli acquisti, una parte dell´immaginario collettivo d´Occidente, potrebbe un giorno diventare illegale nell´Unione europea.
Per adesso non è ancora una legge votata dal Parlamento europeo, né una direttiva della Commissione cui i governi dei 27 Stati membri debbano adeguarsi. Ma è comunque un rapporto – iniziativa non vincolante, che gli europarlamentari hanno votato a maggioranza: 504 sì, solo 110 no, appena 22 astensioni. E che chiede a Commissione, Parlamento, governi nazionali e istituzioni dei paesi europei di farsi carico con urgenza del problema.
La tradizionale divisione dei ruoli tra i sessi nella società deve essere messa in discussione e combattuta, se vogliamo raggiungere una vera pari opportunità, dice il documento, la cui promotrice è l´europarlamentare svedese Eva-Britt Svensson del gruppo delle sinistre unite. La pubblicità, afferma il rapporto, ha un grande ruolo: è fatta per influenzare ogni individuo. E gli spot con le donne tutte casa, amore per gli elettrodomestici, bucato perfetto sono negativi. Ancor più se vengono trasmessi in intervalli di programmi tv per l´infanzia, perché così influenzano i bambini e tramandano loro stereotipi discriminanti.
Oggi sono solo indicazioni e consigli, ma domani chi sa, potrebbero diventare direttive europee. Il rapporto chiede di bandire la diffusione di pregiudizi – sulla casalinga, sul maschilista, sull´odio o la violenza a sfondo sessuale – non solo dalla pubblicità. Ma anche dai giocattoli, dai libri di scuola, dai videogames, da internet. Sorge quasi lo spettro di un «Grande Fratello» europeo delle pari opportunità che costringerà tutti a giocare, studiare o navigare in rete in modo politicamente corretto. Il rapporto chiede campagne di sensibilizzazione «a tolleranza zero verso insulti o immagini a sfondo sessista», e invita gli Stati membri dell´Unione «a provvedere affinché marketing e pubblicità garantiscano il rispetto della dignità umana». Addio alle sorridenti signorine della pubblicità che da mezzo secolo, ogni sera prima o dopo il tg, esultano per il bucato perfetto, il frigorifero senza difetti, i surgelati preferiti. Addio a un messaggio probabilmente sessista, ma che è stato parte costitutiva della rinascita d´Europa dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale.
Il rapporto chiede anche di non usare nella pubblicità modelle troppo magre, perché possono indurre ad anoressia e bulimia. E perché occorre «diffondere nei media un´immagine realistica del corpo». Codificare misure, apparenza, look dei cittadini d´Europa in ogni dettaglio, vietando gli estremi: l´ossessione di regolare tutto sembra costellata di buone intenzioni.
Ho appena fatto una ricerca su google per trovare altri che, in rete, parlino di questa iniziativa del parlamento europeo, ma… niente!
E’ il mio google che stamane ha più limiti del solito, o è il consueto silenzio su questi temi, che stavolta è calato ancora prima del solito?
Help.
Io ne parlo nei mio blog (che non è comunque molto frequentato), ma non sono neanche troppo ottimista al riguardo.
Mi perfetto, nella mia ignoranza sull’argomento, di non discordare troppo dall’articolo.
Non sono affatto nostalgico della figura della casalinga nelle pubblicità. Quelle pubblicità fanno veramente schifo da un punto di vista artistico. Tutte uguali, sia che parlino di detersivi sia di sughi precotti.
Però mi sdubbia che il “Potere” indirizzi i creativi pubblicitari (che per buona parte radierei dalla faccia della Terra, bieninteso) verso l’adempimento delle pari opportunità. Il fatto è che appunto dovrebbe venire “spontaneo e naturale” pensare alla donna come essere emancipato e non incastrabile in cliché tanto abusati. Non è una questione di legge. E’ sempre una questione di mercato.
La pubblicità presumo che sia bella se fa vendere il prodotto, brutta se non se la fila nessuno. Eludendo quindi il discorso artistico (poi magari le due cose possono collimare). Come si fa ad imporre dall’alto un modello di pensiero\marketing?
Semmai lo Stato dovrebbe spronare i pubblicitari a sperimentare, questo sì. Farei un monumento ad uno spot in grado di far vendere assorbenti senza provocarmi istinti rabbiosi nei 30 secondi in cui va in onda. Fatemi venire voglia di comprare un assorbente pure a me, se questo vuole il mercato, ma almeno non mi distruggete i nervi.
Poi, guardando le cose un po’ meno in filigrana, non mi pare che i personaggi delle pubblicità, siano essi maschi femmine bambini o vecchi, siano questi esempi di originalità. Maschi sempre arrapati, donne sempre ignude. Bambini che vogliono caramelle e giocattoli, anziani rincoglioniti.
Volendo proprio fare delle leggi, allora bisognerebbe ripartire proprio da zero su tutti i fronti…Ma sono andato fuori dai binari…
Basterà la pubblicità a influenzare l’immaginario collettivo? basterà per farmi avere stesse opportunità e stesso stipendio dei miei colleghi uomini? Ne dubito fortemente…ma almeno è un inizio…spero..
Senza dubbio modificare la pubblicità non basta, ma un pochino aiuta. Devo anche dire, che a me la pubblicità pare già un po’ cambiata: perchè a cambiare è stato il mercato. Le domatrici di lavatrici restano fimmine, a meno che non siano prodi marinai all’arrembaggio, ma molti maschi lavano i piatti, puliscono i pavimenti.
In ogni caso: la pubblicità va dove il mercato la porta. Il mercato è l’organizzazione economica delle nostre credenze, dunque è il mercato per primo che va sistemato: mercato inteso come opportunità di lavoro per le donne, flessibilità per le madri e via di seguito.
Perchè se ella continua a dover stare a casa, in quanto che se va a lavorare lo stipendio confluisce nel nido, a voja a cambiare pubblicità de pannolini! Li cambia comunque lei.
Però trovo curioso che il mondo pubblicitario, di solito così angariato e attaccato per via che uh! i modelli culturali negativi! uh poveri bambini spinti al consumismo! Ah la violenza! Ih l’anoressia! E poi arriva qualcuno a dargli una raddrizzata ed è, come fa notare la Giovanna Cosenza, il silenzio.
Curioso.
Gentile Lipperini, l’ironia di Tarquini era sgradevole, certo. Ma ha visto il tono ancor più irritante di Luigi Offeddu, sul corriere, a proposito del comitato etico svedese che interveniva contro i giocattoli sessisti?
Ecco il link: http://archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/22/Giocattoli_sessisti_Svezia_boccio_gli_co_9_081022047.shtml