Non so se nei dettagli sia possibile ritrovare Dio o il diavolo (la frase originale, a quanto pare, riguardava il primo). So però che il francescano Ignacio Larrañaga sosteneva: “Questo è il terribile e contraddittorio mistero dell’uomo: avere un cuore di aquila e ali di passero”.
Le ali del passero permettono di osservare i famosi dettagli da vicino, ed è per questo che partirò da un dettaglio. Sullo sfondo, c’è il ddl Pillon, rinviato ieri a settembre, ma pur sempre sfrontatamente ripresentato in Senato: e, come scrive Daniela Preziosi sul Manifesto, “il testo medievale confluirà, secondo gli annunci dello stesso senatore Pillon, in un nuovo testo unificato che conterrà, dichiara, gli altri cinque ddl presentati in senato e le osservazioni delle associazioni e dagli esperti espresse nelle audizioni”, ma “il relatore sarà di nuovo lui, l’anima nera del Congresso della Famiglia di Verona, ultrà della cancellazione della legge 194, convinto assertore della cospirazione della «lobby gay» per sovvertire l’«ordine morale»”.
Sullo sfondo, c’è anche la battaglia contro l’aborto. Possibile?, mi chiedeva un’amica pochi giorni fa. Possibile, sì. Sulla scia di quanto avvenuto in alcuni Stati americani. Sulla scia di quanto Pillon e i partecipanti all’incontro di Verona e gli esponenti del Family Day continuano a chiedere.
Sullo sfondo c’è tutto questo, che è evidentemente lo stato generale, il clima, il borbottio continuo su qualcosa che non è mai stato digerito. Lo so che è facile citare “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, ma è difficile non pensarci, specie rileggendo questo passo: “Abbiamo lasciato che si prendessero troppo spazio con le loro carriere accademiche e i loro libri. Non ripeteremo l’errore”.
Ora, il dettaglio, e davvero è un dettaglio, e magari dovrei parlare di Pillon e di Costanza Miriano, e di tutto quel che avviene non oggi ma da anni. Invece parlo, anche io, della “sfrontatezza” di Carola Rackete che si presenta in procura “senza reggiseno”, come argomenta Libero: “Un po’ di decenza in più in un luogo pubblico non avrebbe guastato, anche se per chi venera il concetto di libertà anche in spregio alla legge o all’autorità militare, in fondo, quello del seno è l’ultimo dei pensieri”.
Confesso di non aver creduto ai miei occhi, e pazienza se il solito Bertoncelli col solito prete o col solito giornalista che ramazza i social per trovare la citazione che gli permetterà di scrivere il solito articolo, evocheranno i famosi 60s bra-burning days of women’s lib, e naturalmente qualcuno ci aggiungerà il metoo, eccetera, e blabla. Francamente, per molte di noi la questione non si è proprio posta: intendo quelle di noi che sono nate alla fine degli anni Cinquanta, e crescendo hanno prima desiderato, come è ovvio per le preadolescenti, di indossare il proprio primo reggiseno, e poi lo hanno mollato per via. Io, almeno, sono uno di queste: sì, Vostro Onore, confesso Sotto il Suo Occhio: non porto il reggiseno, non in questo momento, né mai. Mi arrendo solo in caso di magliette trasparenti (ma anche in quel caso opto per una fascia leggera, o una canottiera sottile), ma è raro, per il banalissimo motivo che il mio corpo non ama costrizioni, detesto gli indumenti stretti e persino quando, dopo l’operazione di due anni fa, il medico voleva impormi una pancera elastica per un mese, l’ho sopportata tre giorni e non di più.
Offendo qualcuno se si intravedono i capezzoli sotto la maglietta (capezzoli sessantenni, poi, uh: qualcuno fra i miei amabili commentatori social, quelli che sbavano contro “le vecchie” sarà già svenuto sotto il tavolo, avrà invocato padre Karras, gridato all’orrore)? Penso proprio di no. E penso che magari sono fessa a cadere nel trappolone del dibattito, ma che forse, a forza di ignorare i dettagli, si finisce dritti in bocca a Gilead, e a Pillon che la sogna ogni notte.
Chi può dirlo. La stanchezza data dal venire inquadrati in cornici tanto strette che contengono solo un occhio, od un ginocchio, o addirittura una virgola appena e mai il cuore intero, chi può dirlo. Si è stanchi. Pillon come lei, come me, come ogni creatura, porta in sé timori e pensamenti, speranze, lutti e fiducie, e poi fissazioni, e ancora tensioni, gioie segrete, aspirazioni. Il Pillon del decreto sarà il Pillon di fronte al garante (Bibbiano)? – garante che si para e si deresponsabilizza: ‘guai ai personalismi’; e allora deleghiamo le politiche – ogni politica – agli algoritmi. E viviamo governati da ciò che risponde a sistemi binari.
Perché quel Pillon della commissione presenta una parte di sé ed il Pillon del decreto presenta ancora un’altra parte di sé. Ed il primo parla da umano, il secondo parla d’altro. Cosa dire, si è stanchi di tante cornici. Il rimbombo, il frastuono degli impauriti capterà mai questa stanchezza?