Sulla fusione Mondadori-Rizzoli, qualunque sia il nome che prenderà la nuova entità, credo di aver poco da aggiungere a quanto detto nei mesi scorsi.
Credo che la prima preoccupazione di tutti coloro che lavorano nel mondo dei libri e di tutti coloro che li amano o dicono di amarli deve essere quella di tutelare chi lavora nel gruppo.
Gli uffici stampa, i redattori, gli editor, i direttori editoriali (già), gli impiegati.
Tutelare il lavoro non significa soltanto difendere un diritto che da ultimo sembra secondario. Significa difendere la qualità dei libri che tanto si sostiene di amare. Meno lavoratori significa scelte editoriali più deboli, e minor progettualità. Significa meno cura nel seguire la lavorazione di un libro. Meno giri di bozze. Meno promozione.
Dunque, maggior disaffezione da parte dei lettori non casuali: che sono indubbiamente pochi, ma sono quelli che garantiscono una continuità, al di là dei (sempre meno) best-seller.
Non c’è altro a preoccuparmi, al momento. Altro di nuovo, almeno: perché sui motivi di crisi della lettura discutiamo da anni, e non mi sembra che le cose si muovano. Non ancora.