Mi piacerebbe tanto che nel raccontare Revival di Stephen King, da pochi giorni in libreria nella traduzione (bella assai) di Giovanni Arduino (sì, è il mio socio in libri, ma non ho alcuna voglia di autocensurarmi: non fosse stata bella, non l’avrei scritto, e punto), non si indulgesse nel solito corredo di “re dell’orrore”, “paura”, “scrittura demoniaca”.
Mi piacerebbe, per esempio, che si partisse dal parallelo con un altro libro, quello sì demoniaco, Lampi di Jean Echenoz, dove si narra la storia di Nikola Tesla e di quanto di fascinoso, proibito, magico, c’è – o per meglio dire c’era – nell’elettricità, Frankenstein a parte. E quanto di fatidico e tragico c’è nel fallimento individuale. Frankenstein su tutto.
Revival, da questo punto di vista, gli somiglia molto. Charles Jacob, il pastore metodista al centro del romanzo, ha un’ossessione per l’elettricità, la ritiene la via maestra al segreto e al mistero di Dio, e la usa nelle prediche ai giovanissimi invece di fare riferimento al mondo delle guerre e della politica in quell’America che innocente non era, ma dove a essere innocente era l’infanzia, infinite volte descritta da King: quella di Jamie Morton, nel caso, che trascorre ore a inscenare battaglie con i soldatini e che prova appena un brivido entrando nel garage dove Charles Jacob ha costruito il suo Lago della Pace (e di venture tempeste).
Questa non è una recensione, perché sono in lettura e le recensioni si scrivono a libro terminato. Però è un passo d’avvio, e se il resto del cammino si giudica dall’inizio, la sensazione è che sarà uno dei viaggi migliori fatti in compagnia di King. Ci si ritrova.
Stamattina alle 9.20 ho pensato che qualcuno avrebbe dovuto indire per oggi, in concomitanza dell’eclisse, un “King Day”, per ricordare il legame fra l’una e l’altro…
Facciamolo 🙂