PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Primo giorno di scuola (a Roma, alle superiori).  Fermate dell’autobus piene di ragazzi e bambini e mamme (avrei voluto vedere anche un papà, ma almeno nel mio tragitto non ne ho incontrato neanche uno: ritento e sarò più fortunata). Articoli sulle supermamme.
Articoli sulla P2, di cui non casualmente si parlava sabato. La tessera di Silvio Berlusconi era la numero 1816. Rapida occhiata a Wikipedia. Il Piano di Rinascita Democratica della P2  prevedeva “un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un automatismo legale che avrebbe avuto al suo centro l’informazione”. Interessante anche la voce sul settore scuola: “chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio – posto di lavoro”.
Primo giorno di scuola, appunto.
Intanto, leggo l’articolo che Alessandra Di Pietro ha scritto per Gioia. Si parla anche delle bambine. Ha smesso di piovere, almeno.

“Noi che abbiamo giocato con la Barbie imparavamo ad accostare gli abiti provando sulla bambola bionda le sue mise sexy o sportive, i tailleur da manager o i lunghi boa di piume. Erano però vestiti “da grande”, non disponibili in taglia baby. Adesso invece gli audaci modelli indossate da Winx, Bratz e la stessa Barbie, le minigonne molto mini, bolerini con pelliccia, pantaloni che cominciano a filo delle mutandine, sono disponibili anche per le pupe di cinque nei grandi magazzini, sulle bancarelle e in versione lusso tra i costosi brand.
Di fronte alle pressanti richieste per acquistare vestiti da lolita, “le madri possono ben compiere la scelta di proibire”, dice la psicologa Anna Oliveiro Ferraris, autrice di Sindrome Lolita (Rizzoli): “Non serve drammatizzare poiché i bambini crescono e maturano rapidamente, sono in grado di ragionarci sopra e avendo un buon rapporto con i genitori accettano le limitazioni. Se non si vuole creare un continuo conflitto, si può anche spostare un po’ più in là il momento dell’acquisto oppure mediare dicendo ad un capo e no ad un altro. Ed è di grande aiuto avere amici e persone care che si comportano allo stesso modo con i propri figli”. Discutere, spiegare, imporre, mediare con le proprie figlie comporta fatica, tempo e impegno, ma è necessario poiché è il contesto dentro cui vengono esercitate le decisioni a dare loro un senso e a creare consapevolezza: “Lo smalto sulle unghie non è un’imitazione della mamme ma, giocando per esempio al teatro, un modo di travestirsi” chiosa Oliveiro Ferraris. Spesso le manie monomarca, l’esagerata tendenza a voler essere uguale a una fatina o ad un’eroina dei cartoon nasce dalla mancanza di alternative: “Se la piccola è lasciata davanti alla tv, troverà dentro di sé lo spazio fertile per avere desideri di consumo che non sono reali bisogni. Le bambine sane vogliono correre, andare in bici, stare con gli altri, imparare a fare squadra e non a competere su un vestito costoso”.

Loredana Lipperini fu ispirata a scrivere il libro inchiesta Ancora dalla parte della bambine (Feltrinelli) dopo aver visto un minuscolo tanga su un carrettino in un paese delle Marche. Accadeva quattro anni fa, oggi esiste anche il push up mignon e Lipperini sta scrivendo Non è un paese per vecchie (in prossima uscita per Feltrinelli): “le più giovani e le più vecchie in Italia condividono il record dell’uso di cosmetici in Europa ciascuna per la propria fascia di età”. Lipperini è un’ esperta di rete dove ha il suo blog Lipperatura e considera internet un luogo privilegiato di osservazione delle tendenze: “A me per esempio spaventa che ci sia il gruppo TwilightMOMS, mamme che con le loro figlie adolescenti spartiscono la passione per l’eroe vampiro di Twilight (Fazi Editore) e vanno insieme ad urlare davanti agli  alberghi dove dorme la star dell’omonimo film. Questa confusione di ruoli è ben diversa dalla condivisione di letture, giochi e consigli. Oppure dal gioco consapevole di comprare  una canottiera simile e scambiarsi un consiglio su come metterla”. L’immagine della bambina adultizzata va di pari passo con l’infantilizzazione degli adulti spiega Oliveiro Ferraris: “le vere età vengono cancellate per convergere verso l’adolescenza, vista come l’eldorado, terra di libertà e di sperimentazione cui non corrisponde nessuna responsabilità”.

Se digitate su Google “mamma proibire vestiti lolita”,  il motore di ricerca più famoso che c’è vi chiede se state cercando: “mamma provare vestiti lolita” . E’ racchiuso nello spazio che corre tra gli opposti di “proibire” e “provare” quanto accade sempre più spesso tra madre e figlie in fatto di look. Dall’estremo di una condivisione di gusti e modelli tra tanga, jeans a vita bassa o magliette sopra l’ombelico al conflitto tra madri che detestano il colore rosa e gli strass contro figlie che li pretendono. “Spesso è solo la disponibilità di denaro a fare la differenza nel gusto estetico” osserva Loredana Lipperini. Così se davanti alle scuole mamme e figlie indossano pantaloni pinocchietto e camice a quadri acquistate in un grande magazzino sulle pagine delle riviste patinate Angelina Jolie è fotografata con Shiloh Nouvel in braccio ed entrambe portano la stessa borsetta bianca griffata e molto costosa. Oppure Katie Holmes e la piccola Suri indossano lo stesso modello di ballerine create in esclusiva da Roger Vivier mentre Kate Moss agghinda la figlia accordandola con i suoi look: “sembra proprio una mini-me”. La figlia di Madonna indossa costosi cappottini neri, ma pure leggings e all star che erano poi gli stessi che noi mettevamo imitando sua madre: l’adolescente però aggiunge occhialoni di foggia attualissima, un paio diversi per ogni occasione. Le bambine hanno un gusto ben preciso e imparano a manifestarlo sempre più presto, ma non succede (soltanto) perché le nuove generazioni hanno una più spiccata personalità. Le preferenze di giochi, cibo e pure abiti, spiega Anna Oliveiro Ferraris “è il risultato ottenuto a tavolino da esperti di marketing, pubblicità e purtroppo anche da colleghi psicologici”. Secondo l’esperta, che tra qualche mese manderà in libreria “Chi manipola la tua mente” (Giunti): “la bambina agghindata, truccata o imbronciata è solo l’ultimo tassello di una catena di persuasione che parte dalle televisione dove in qualsiasi trasmissione c’è una velina luccicante e il modello femminile vincente proposto fa sempre parte del mondo dello spettacolo. Ecco perché un vestito ammiccante su una bambina non è mai neutrale, una madre che lo acquista non è mai innocente” .

Iginio Straffi, creatore delle Winx è indispettito quando gli viene fatto notare che le sue fate sembrano veline: “Hanno un’anima un carattere ognuna di loro diverso.  Amano, sbagliano, dagli errori imparano e crescono, capiscono e fanno esperienza: tutto l’opposto di chi passa come velina e mostra soltanto l’immagine esteriore. Da Pippi Calzelunghe in poi, le donne con una forza fanno centro, quelle che stanno lì solo con la presenza non contano niente”. E’ vero che le Winx offrono uno spettro di personalità in cui riconoscersi ma non sono Musa (fata della Musica che porta pantaloni e codini) o Tecna (fata della tecnologia, definita pignola e razionale)  le più amate e imitate bensì Bloom, Flora e Stella: quest’ultima è bionda, spendacciona e svogliata a scuola, segue la moda, ha un fidanzato ed è considerata, la più sexy tra le Winx. Dunque se le bambine a otto anni vestono jeans a zampa, canotte sotto il seno, usano il glitter sulle palpebre, portano scarpe piene di strass e pretendono le zeppe non vi è altra ragione: lo fanno ispirandosi alle loro fate del cuore. Forse però come sempre esistono anche tendenze contrarie. La figlia di Kate Winslet, racconta la stessa attrice Oscar di The reader, ha sconsigliato alla madre di vestirsi sempre e solo di nero, suggerendole colori più chiari, ma raccomandando pure  di non indossare mai il rosa che, a parere della piccola Winsletnon, non dovrebbe essere portata da nessuna che non sia sopra i dieci anni”.

10 pensieri su “PRIMO GIORNO DI SCUOLA

  1. La solita storia. Ancora c’è bisogno di ricordare che Pippi Calzelunghe, a differenza delle Winx, non perdeva tempo a fare shopping o apparire attraente. Giocava in libertà, rielaborava la realtà che la circondava e viveva avventure pseudo-quotidiane. Purtroppo, oltre alle madri fashionomani, tutti gli stimoli attorno alle bambine le spingono a una precoce vanità.
    A me stringe il cuore a vedere bimbette nemmeno undicenni, sulle riviste e non solo, sfoggiare sguardi e atteggiamenti da top model consumate. Le madri vorrebbero veramente le loro figlie così?

  2. Commento che spesso sento fare quando arriva la notizia di una nascitura: “Ah che bello,sai,con le bambine ti puoi divertire di più a vestirle”.
    Ci si riferisce alla varietà di abbigliamento che viene offerta alle (madri delle) piccole: collant,minigonne,camicette con volant,strass,scarpe laccate provviste di tacchetto,nastri e fiocchetti vari. Rimango sempre sconcertata.
    A parte la crudele,sottintesa equazione bambina=bambola, a parte che il divertissment del cambio abiti delle Barbie dovrebbe, per le mamme in questione, avere perso attrattiva parecchio tempo fa, c’è da chiedersi, molto banalmente, se sia bene che le bambine indossino abiti in tessuti naturali e comodi,libere di muoversi agilmente, o se sia preferibile tormentarle sin da piccolissime con le sgradevoli sensazioni da collant aderente, scarpetta con tacco, nastro che stringe la vita, scritta ammiccante sulla maglietta (rigorosamente glitterata),inutile borsetta a seguito, e così via.

  3. Ragazze qui in Italia il sessismo sta diventando un problema serio quanto il razzismo in America.
    Ieri stavo conducendo uno studio sulle nuove generazioni e guardate un pò che ho trovato sul sito di un giornaletto per le cosìddette be-tween ( 11/13 anni).
    In questi giorni ricomincia la scuola, riprenderai ad andare in palestra, rivedrai tutte le tue amiche. E proprio con le amiche ricomincerai a uscire e… ad andare a scovare ragazzi! Inutile negarlo, il vostro passatempo preferito è proprio questo: conoscere nuovi boy.
    commenti a sta robaccia?

  4. Mai come ai cambi di stagione le antenne vanno tenute alte. La pubblicità delle collezioni autunno inverno per bambine in queste settimane trova ampio spazio su tutti i femminili. Non riesco ad abituarmici. Non riesco ad abituarmi al trucco parrucco rossetto scarpa borsa abbinata su mini-donne di quattro o cinque anni. E a un certo sguardo che guarda in macchina, quando la macchina dovrebbe guardare semplicemente loro che giocano, vestite da bambine, a giochi da bambini. Questa pubblicità parla alle mamme, ovviamente. E ai loro modelli di donna, e ai loro modelli di bambina come una donna in miniatura.

  5. Riguardo alle Winx, in realtà l’ispirazione per queste eroine ciascuna con proprio colore, potere magico, personalità differente e modellata su differenti tratti netti e riconoscibili, l’influenza, più che da parte delle veline, c’è stata da parte dei videogiochi e delle produzioni per adolescenti (qui forse hanno abbassato un po’ il target) made in Japan. Il padre delle Winx potrebbe essere Final Fantasy (soprattutto l’ 8) e la madre Sailor Moon (e tutto il genere Super Sentai, da Voltron ai Power Ranger, sia esso al maschile o al femminile). L’idea dei personaggi caratterizzati in modo forte e studiati per spaziare lungo tutto lo spettro delle personalità (il timido, lo scavezzacollo, il riflessivo, il romantico, il bonaccione un po’ rozzo, il birichino, l’eroe leale, il tenebroso, ecc. e così per i personaggi femminili) è vecchia e sempre valida, dai tempi di Combattler V e suoi colleghi robottoni. Sarei curioso di sapere qual’è la fonte che fa affermare con sicurezza che il personaggio più popolare (altro tema assai jappo, in Giappone vanno matti per queste classifiche un po’ futili) sarebbe Stella, la modaiola svampita. Se di questi tempi non si può certo pensare che si straveda per la fata della matematica vorrei avere statistiche più certe e non a naso. Le veline semmai, è innegabile, agiscono prepotentemente sui costumi: d’altronde però c’è da dire che i costumi di supereroi e supereroine non sono mai stati modelli di buon gusto e sobrietà, sono sempre stati irrealistici ed eccessivi (tanto più se giapponesi, nel paese del Sol Levante hanno fatto di questo stile pacchiano un marchio di fabbrica: insomma, piace, ma si sa che è finto). Il problema è: come mai non si riesce a pensare che tali costumi non sono fatti per essere riprodotti nel mondo reale se non a carnevale (e nei cosplay) e semmai da adolescenti e non certo da bambine decenni? Qui, come ho già detto, il confine tra realtà e finzione, a forza di pose ed ironie, sta cadendo come il Muro di Berlino e i pietroni ci stanno cadendo in testa

  6. La faccina in realtà sarebbe “otto”. Rincaro la dose: Se pensate che uno che va in giro con la tuta blu e rossa di Superman sia uno svitato, perchè permettete ad una ragazzina di sembrare una Winx?

  7. non vi preoccupate… so per esperienza che tutto l’armamentario e perfettamente mischiato tra Winx, Barbie, Super quello, Sbatti quell’altro e quant’altro finisce inesorabilmente nella mondezza, fatti salvi alcuni allucinanti piccolissimi reggiseni o minigonne, ruote dentate e dadi (?) – le scarpone gommate no che si vedono bene – che insistono a tornar fuori da sotto ai letti per qualche anno… duran più i Lego… e poi quando tua figlia comincia a frequentare l’oratorio e diventa il terzino mastino o il portiere su cui veramente contare, il mondo delle piccole bambole si vaporizza, mi pare, con tutto il corollario. Certo, lo sforzo è trovare l’oratorio o un posto comunque dove possano sbattersi e sporcarsi ben bene, litigare e/o dividersi la merenda… poi, quando cominceranno con le canne è un’altro paio di maniche. Mah… resto in fiducia…

  8. Salve.
    Vorrei scrivere una mail alla Rainbow, a Staffi o a chi per esso, insomma a chiunque sia deputato a interessarsi delle opinioni dei consumatori…
    Lo faccio con ingenuità, a titolo personale, senza pretese di sorta, con il solo obiettivo di esprimere le mie – trascurabilissime irrilevanti minuscole e magari banali o peggio – opinioni.
    Non seguo nessuna corrente, non cavalco nessuna onda, sono solo una 30enne che ha sempre avuto coscienza del condizionamento alla disparità di genere, a partire dai giocattoli, ma che solo adesso ha trovato gli stumenti, le parole e il coraggio di far sentire la sua voce.
    Nel mio piccolo.
    Il testo sarebbe il seguente:
    “Mi permetto di esternare qui alcune personalissime considerazioni:
    le “winx” deformano l’immaginario infantile, imponendo ai bambini un modello stereotipato mirato sull’identificazione del femminile con il corpo, nella fattispecie un corpo inteso ad inspirare nelle più giovani l’idea, per lo meno prematura, di seduzione come caratteristica principale della donna.
    Le tre fate di La Bella addormentata – Flora, Fauna e Serenella – sono il perfetto controesempio di questa tendenza: pur rimanendo uno stereotipo, non solo hanno un animo e un carattere diversi, ma sono esse stesse diverse fisicamente – e non solo nel look alla moda e negli accessori trendy.
    Da un punto di vista puramente “di marketing”, consiglio vivamente di modificare o perlomeno di aggiornare questo modello ormai in declino, fallimentare: è l’era dell’antivelinismo, le winx sono destinate a vendere sempre di meno.”
    Fermo restando che non dico nulla di nuovo, nè penso che la mia voce abbia un peso, vorrei mettere in rilievo, non solo la questione.. come dire.. etica? ma quella commerciale, visto che alla fine importa solo quella. come dire, lo so che non ve ne frega nulla se quello che vendete “fa bene” o no, basta venderlo, ma visto che la tendenza sta cambiando, fatevi furbi. Magari qualcuno pensa “toh ecco un’altra che rompe le balle, il vento è cambiato davvero”.
    A me basta che spariscano dagli scaffali.
    Chiedo quindi un parere (sperando di essere nel blog adatto): non padroneggio ancora questo linguaggio, per me nuovo, che esprime così bene quello che ho sempre pensato, e forse uso termini sbagliati o a sproposito.. sicuramente sono in ritardo di anni per dire la mia, ma voglio farlo lo stesso.

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