PROCESSI: IN TUTTI I SENSI

Il mio primo articolo regolarmente retribuito è uscito su Abc, che era una rivista soft-porno. Avevo 18 anni, e l’articolo riguardava la protesta dei Disoccupati Organizzati, che avevo intervistato nella tenda innalzata a piazza Venezia. Conoscevo perfettamente la natura del giornale con cui ho collaborato per quell’unico pezzo, e per mettere a tacere quella che potremmo chiamare coscienza mi sono detta e ripetuta che la mia presenza poteva essere “virale”, e che era importante intervenire soprattutto nei media abissalmente lontani dal mio pensiero e dalla mia etica. Anzi, soprattutto in quelli.
Avevo 18 anni, appunto, e sapevo benissimo che mi stavo consolando con una bugia: i lettori di Abc avrebbero continuato a comprare il giornale per le tette esposte e non per gli articoli miei o di coloro che pure portavano un contributo importante, nella politica e nella cultura, in quel giornale.
La storia di ABC mi è tornata in mente in questi giorni, nel riacutizzarsi della querelle sui collaboratori di Libero, e in particolare su Paolo Nori, che secondo il quotidiano viene “messo al rogo” e che martedì prossimo discuterà del “processo” che lo vede protagonista insieme ad Andrea Cortellessa (qui la notizia, qui il commento di Nori alle polemiche, qui le polemiche).
Quel che penso della faccenda è deducibile dall’aneddoto di gioventù. Poi, penso anche che ognuno è libero (senza doppi sensi) di fare quel che crede. Semmai, mi piacerebbe sapere come l’Ordine dei Giornalisti giustifica la propria esistenza e se qualcosa sia accaduto in seguito a copertine come questa.  Lo chiedo perchè non  ho notizie di sanzioni o provvedimenti, in tutta onestà. E perchè il problema di questo paese, paese letterario incluso,  non è cosa fa nella e della sua vita Paolo Nori: ma è  il proliferare di toni, immagini, titoli, articoli che hanno davvero avvelenato i pozzi. Anche culturali.

107 pensieri su “PROCESSI: IN TUTTI I SENSI

  1. …Abc rispetto a Libero è una pubblicazione da raffinati intellettuali cosmopoliti. Questa polemica mi era sfuggita, certo ognuno fa quello che gli pare ma spero che il manifesto, Liberazione o l’Unità non pubblichino più un articolo di Nori.
    Sarò trinariciuto, ma dopo i fatti di Rosarno credo che per gli intellettuali non ci siano più alibi di sorta.
    Desolanti i commenti di chi paragona Nori a Pasolini e il Corsera a Libero..

  2. Rimasi basito già a suo tempo per questa polemica su nori, mi incuriosì perché se davvero si volesse sollevare una questione morale, a sinistra, ci sarebbe da ridere. a partire da chi pubblica con chi, fino a chi scrive dove. siamo proprio sicuri che si voglia aprire questa discussione? io su nazione indiana quando ci ho provato mi hanno sempre elegantemente ignorato. Perché se ne vogliamo fare una questione di etica si arriva immediatamente a criticare gli scrittori che pubblicano per einaudi o mondadori. per sentirsi immediatamente rispondere “è tutto di berlusconi se non pubblico con lui cosa faccio, mi metto a lavorare?” però non credo si voglia aprire questa discussione. anzi, ne sono sicuro.

  3. Ad Hominem:
    a) la persona A afferma X;
    b) la persona B attacca la persona A;
    c) quindi, X e’ falso.
    Ad Hominem Tu Quoque]
    a) la persona A afferma X;
    b) la persona B afferma che precedenti azioni o comportamenti di A sono inconsistenti con la verita’ di X;
    c) quindi X e’ falso.
    Lezione prima di qualsiasi corso di pensiero critico o logica informale. Entrambi sono ragionamenti fallaci. Ce ne frega? No, se dobbiamo giudicare dalla pratica corrente.

  4. Discussione vecchia e interessante. Solo 2 parole: per Libero parlano le sue prime pagine, spesso da denuncia; per Einaudi parla soprattutto, e in modo molto diverso, il suo catalogo. Parere mio.

  5. Un lettore ha risolto in due battute la questione. Anche se c’è da dire che dopo il caso Saramago e l’attacco alla figura di Giulio Einaudi anche l’autonomia delo struzzo sembra un bel ricordo…

  6. l’altro ieri, come hai recensito, abbbiamo portato il progetto Nuovi Occhi per la tv in una scuola romana. Si tratta di formazione per offrire ai ragazzi un percorso di educazione all’immagine: Obbiettivo: diventare soggetti attivi e non piu passivi. La BBC è venuta a filmarci ritenendo il progetto interessante. Il progetto dovrebbe trovare un finanziamento istituzionale, poichè noi non possiamo farcene carico. Repubblica ne ha dato notizia. Noi siamo volontari in qs progetto.
    Oggi Libero spara a zero sul progetto, senza averci intervistato e senza averlo visto. Sono preoccupata per i ragazzi e le ragazze, non per me. Io sono adulta, ho vissuto anni all’estero e ho la mia vita: a volte penso che se continua così mi tornerà voglia di ritornarci all’estero. Ma giornali così sono spaventosamente pericolosi. La mia risposta alla tua domanda Loredana è che chiunque collabori oggi con giornali di questa fatta diventa connivente con una mentalità primitivamente aggressiva e ignorante. E’ a mio avviso finita l’epoca degli intellettuali “da salotto radical chic”: sporcatevi le mani, vorrei dir loro. Scrivete di Rosarno prima che parlare di Rosarno diventi “di moda”, rendetevi utili. E scrivere su Libero non è rendersi utile alla collettività, ma ingabbiarla in uno stato di perenne livore e ignoranza.

  7. Libero mi fa schifo. Non scriverei mai su Libero.
    Ma io sono io, e Nori è Nori; e ognuno è libero (sic!) di scrivere dove vuole.
    Se Nori, poniamo, scrivesse contro lo scadimento della discussione politica a gossip e poi pubblicasse su un quotidiano che di quello scadimento ha fatto bandiera, allora ci sarebbe un problema di coerenza: di Nori, non mia. Un problema di coerenza etica.
    È come lo scrittore che spara a zero sui premi letterari e poi, una volta insignito del più importante, lo accetta.
    Altra cosa, invece, se Nori scrivesse su Libero perché ben pagato. Di fronte al vil denaro ogni etica e ogni coerenza svaniscono. In fondo, si deve pur campare.
    Non ha senso tirare in ballo la libertà di scrivere quel che si vuole. Nei media, spesso, il contenitore sovrasta il contenuto; e ciò che resta alla storia è la funziona svolta, in un dato momento, dalla testata. A onor del vero, questo è valido sempre. Tant’è che io non scriverei neppure su L’Unità, giornale che ha contribuito alla svendita di ogni idea alternativa all’esistente e ha contribuito a fare diventare Gramsci un pallido ricordo. Ma io, davvero, sono solo io, ed essendo nient’altro che me stesso, e dunque quasi nulla, non mi premuro di essere coerente: nessuno oserebbe mai chiedermi di scrivere alcunché.
    Ognuno è libero (triplo salto mortale di sic!) di scrivere dove vuole. Io NON sono libero, però evito di comprare certi giornali, Nori o non Nori. Poi restano i libri, e un paio di Nori mi sono piaciuti. Si screditano alla notizia della pubblicazione su Libero? No. Il libro è un’altra cosa dall’autore. Per mia fortuna.
    Da anni sogno un libro universale: scritto dai tristi silenzi degli esuli, dal rancore insaziabile dei prigionieri, dall’inchiostro folle dei muti; un libro, cioè, scritto da quelli che pensano come ad un incubo piegare la propria immaginazione al sostegno, quand’anche indiretto, di proprietari senza scrupoli, e che per questo se ne stanno ai margini, convinti sostenitori della necessità di non partecipare. Un libro impossibile; e proprio per questo il migliore possibile.
    Berlusconi è sempre Berlusconi, anche quando pubblica libri. Ma io sono io; non scrivo: mi salvo leggendo. Anche i libri di Einaudi-Berlusconi. Una cosa sola ha senso: inquadrare contestualmente l’Uno e gli altri (qui l’alfabeto è ironico; si può decifrare). Saramago per tutto il giorno!
    Comportatevi come credete. Soltanto una preghiera: non giustificatevi. Perché allora mi sarebbe facile cogliervi in fallo.
    Saverio P.

  8. Mah, sto cercando – col tempo – di liberarmi dalla mia intransigenza. Sono arrivata pure a rivalutare la parola ‘compromesso’ nel senso di mediazione, ma scrivere su ‘libero’ – e sentirsi innocenti – è come dipingere una colomba della pace su un manganello. Magari uno compra il manganello e gli arriva, da quel disegno, una illuminazione, può darsi, io non ci giurerei.
    E comunque, sì, per fortuna i libri non coincidono con i loro autori. Ce ne siamo fatti da tempo una ragione.

  9. e invece pubblicare con mondadori e sentirsi innocenti va bene? giuro che non capisco. se si tira fuori la questione morale si tira fuori. altrimenti la si tiene sotto al tappeto come la polvere, che conviene a tutti.

  10. Per me la questione morale esiste. Non essendo parte in causa perché, per fortuna non devo pubblicare niente, posso anche permettermi il lusso di essere radicale.
    Epperò, proprio perché – paradossalmente – sono portatrice di un privilegio (parlare, o stare zitta, da una situazione totalmente periferica) cerco di smussare certa mia intransigenza. E probabilmente hai ragione tu, Alessandro: fino a che punto posso spingere la lima?
    Non lo so, ma me lo sto domandando.

  11. Questa storia è la conferma dell’incapacità di molti intellettuali di sinistra e popolo intorno di concepire appieno la vera libertà. Nori su Libero ha continuato a scrivere come sa fare. Anzi, ha dichiarato di essere molto più indipendente ed autonomo nello scrivere su Libero, rispetto a quanto è possibile fare in molte testate giornalistiche della sinistra, dove la censura è ricorrente. Poi che si faccia una specie di processo è RIDICOLO e fotografa la piccineria di un certa comunità pseudo-culturale.
    Ad un certo mondo piace sadicamente “processare”, chiaramante gli altri, considerati minorati.

  12. Mi domando cosa ne pensano i lettori di Libero.
    Probabilmente non si sono nemmeno accorti che Paolo Nori ha pubblicato una recensione di un romanzo (apparentemente identica ad un’altra recensione pubblicata altrove) sul loro giornale. Da questo punto di vista che l’abbia fatto non ha veramente importanza e i soldi son soldi. Inoltre un romanziere si giudica per i romanzi e non per una recensione en passant che può lasciare il tempo che trova.
    On the other hand, il suo nome può essere usato per dimostrare che Libero è un giornale aperto a tutti i punti di vista, culturalmente vivace ‘non come quelli di sinistra con la lavagnetta dei buoni e dei cattivi…’ – insomma, uno di quelli che Montanelli ai tempi definiva ‘utili idioti’.
    Discorso diverso se Nori diventasse presenza stabile e magari importanti all’interno di Libero: in quel caso dovrebbe, sic et simpliciter, sposare la linea del giornale. L’esempio di Pasolini al Corriere è, da questo punto di vista, un caso isolato: se fosse sopravvissuto la sua collaborazione sarebbe cessata con la direzione di Franco Di Bella. Altri casi citati hanno a che fare con giornali non strettamente di partito o con una linea ideologica ‘stretta’. Libero è un giornale di partito e collaborarvi in maniera significativa è possibile solo sposandone la linea senza se ne’ ma (è vero che su certi argomenti Libero, come il Giornale, permette una certà diversità di opinioni; su altri assolutamente no) oppure portando avanti deliberatamente la linea dell”utile idiota’ di cui si diceva: anche se a quel punto sarebbero i lettori a ribellarsi…

  13. “Anzi, ha dichiarato di essere molto più indipendente ed autonomo nello scrivere su Libero, rispetto a quanto è possibile fare in molte testate giornalistiche della sinistra, dove la censura è ricorrente.”
    Lo leggo adesso. Ok, ha deciso per la linea dell”utile idiota’, dato che la proclamazione della maggior libertà rispetto a etc etc etc è un classico del genere.

  14. Nei confronti, anche sui blog, la differenza sostanziale consiste nella conoscenza e nell’informazione che si ha sugli argomenti trattati. Quindi il sottoscritto legge le pagine culturali della Repubblica, del Manifesto, dell’Unità, del Giornale, di libero, del Foglio, della Stampa ecc. Leggo tante recensioni, perfino di Cortellessa. E’ oggettivo constatare nelle pagine culturali di Libero e perfino del Giornale gli interventi di critici, scrittori, filosofi e storici delle più diverse scuole di pensiero. Cosa che non accade assolutamente in quelle della Repubblica o dell’Unità. Il problema sono i contenuti, non dove si scrive.

  15. ‘E’ oggettivo constatare nelle pagine culturali di Libero e perfino del Giornale gli interventi di critici, scrittori, filosofi e storici delle più diverse scuole di pensiero’
    Tipo liberisti, socialdemocratici, surrealisti, marxisti, strutturalisti, spiritualisti, extropiani, antisemiti, tradizionalisti, tecnocratici, atei, libertini, anarchici, raeliani, cattolici, mussulmani, bahai etc? Ma davvero?
    Io stesso ho detto che, su alcuni argomenti specifici, su quei giornali viene concessa ai collaboratori, specie se esterni, una certa libertà, non foss’altro per fare da specchietto per le allodole. Su certi temi invece la libertà concessa è solo quella di non essere pubblicati. La libertà concessa su un giornale di partito (e che giornale!) è condizionale alla linea e cessa quando è in contrasto con tale linea. Del resto, se il buongiorno si vede dalla prima pagina…
    Per il resto, come diceva Alain, l’ipocrisia vera è rara perchè richiede una forza di carattere non comune. Se uno collabora ad un giornale ideologicamente schierato ma soprattutto che sottomette tutto allo spirito di parte finirà per aderire alla linea a meno di non ritrovarsi isolato. Magari se parla di sport (che fino a un certo punto in Italia trascende le contese partitiche) o di arti figurative (che interessano a pochi) o giardinaggio (che però in Italia, a differenza del Regno Unito o della Germania, non usa) allora può rimanere indipendente in un giornale di partito.

  16. Io ho un disturbo di personalità
    Nel senso che: se mi chiedete di scrivere su Libero – così a caldo dico, non se ne parla. Manco pagata – per me è carta da cesso.
    Tuttavia: perchè ho un moto di fastidio a sentirmi dire che non dovrei farlo? Perchè sento questa cosa come una contraddizione? Insomma la teoria del virus interno della Lipperina bimba era poi tanto sbagliata? Cosa vuol dire non sporcarsi le mani? Se uno di mestiere sa scrivere – e ce ne sono a mazzi che sanno SOLO scrivere, mentre ce ne sono a mazzi CHE E’ MEGLIO CHE NON LO FACCIANO, deve scrivere solo per la parrocchia sua?
    Capisco che parlando di Libero è tosta, insomma non riesco manco a considerarlo un quotidiano. Ma rimane il fatto che io con un giornalino solo di sinistra o un giornalino solo di destra mi sento a disagio.
    Poi uno dice i cerchiobottisti – aveccene.

  17. …Un fogliaccio dai toni razzisti, omofobi e maschilisti non è un quotidiano, suvvia. Nessuno fa il processo a nessuno, ma se si vuole mantenere un minimo di dignità intellettuale..

  18. A disagio devono sentirsi tutti coloro (e sono tanti) che prima di far girare ellitticamente qualche neurone saltano d’istinto sulla cattedra e dispensano “santini” pro veritate. Se un qualsiasi buon lettore si fermasse ai toni, alle prime pagine della Repubblica o dell’Unità, avrebbe gli elementi per esprimere un’argomentata opinione?

  19. Ho scritto pure io qualcosa per Libero, me l’ha chiesto Borgonovo, che è un amico. Se ci mettiamo a parlare di politica mi vien voglia di strozzarlo, ma è un bravo ragazzo, coscienzioso, preciso. Non c’è nessuna ragione concreta per dire di no: la cultura è sempre e sarà sempre una riserva nei quotidiani italiani (con qualche eccezione) perché è una riserva nella società. Le avete viste le statistiche Istat.
    I direttori hanno bisogno di “fedeli” per gli interni, mica per la cultura – che considerano, quando va bene, un male necessario. Quindi smettiamola di fare i Savonarola d’accatto.
    Aggiungo inoltre che trovo stupefacente leggere in tanti commenti di persone che – si intuisce – leggono molto, sono colti, conoscono i rapporti tra proprietà ed iniziative editoriali, la confusione che porta a definire Libero un giornale «di partito».
    Credevo che qui tutti sapessero che Il Giornale e Libero sono esteriormente simili, ma hanno proprietà e storie completamente diverse. Di cui bisogna tener conto.
    Il Giornale è di proprietà della famiglia Berlusconi. È solo perché, incidentalmente, il suo proprietario è sceso in politica nel 1994 che è diventato “di partito”. Ma la sua collocazione nel centrodestra ha origine dalla sua storia. La quale potrebbe anche collidere. Per assurdo, se Marina e Paolo Berlusconi un giorno, dopo la morte di Silvio, fondassero un partito di centro, Il Giornale diventerebbe di centro, se fondassero – perché impazziti – un partito di sinistra, potrebbero anche trasformare Il Giornale in un quotidiano di sinistra. Perderebbero i lettori. Ovvio. Ma la testata resterebbe loro.
    Questo perché NON è un giornale prettamente di partito. Anche se si comporta come tale.
    Per Libero il discorso si fa ancora più schiettamente semplice. Libero è di destra perché lo sono i suoi lettori. E quando un giornale si rivolge alla sua area, sta facendo bene il suo mestiere (si può sempre migliorare, magari nei toni, ma non sta tradendo nessuno). Il posizionamento di Libero rispetto al centrodestra è del tutto culturale, non parlamentare, perché forse qualcuno dimentica che l’editore è IL MEDESIMO del Riformista.
    Pensate dunque quanto gliene frega agli Angelucci di stare dalla parte di un partito e soltanto di quello… Loro gli affari li fanno con tutti, no..?…
    Libero è un giornale francamente di destra, è libero di farlo, e potenzialmente anche di creare spazi di ampia libertà ai suoi collaboratori.
    È tutto fuorché un giornale di partito. E non vedo come si possa affermare il contrario.

  20. Dopo il sequestro Mastrogiacomo, o forse della Sgrena, Libero titolava qualcosa come “noi abbiamo 300.000 ostaggi”. Poi la copertina vomitevole su Veronica Lario. Le firme di Farina (!), Moggi (!!), se non sbaglio ogni tanto pure Pansa (!!!), forse il più dotato di quella disonestà intellettuale che ci vuole per scrivere su quella specie di giornale. Soprattutto la continua campagna ossessiva e volgare ad avvelenare i pozzi, come si dice oggi, incitando al linciaggio, abbassando sempre di più il livello dello scontro, molto sotto la cintura. In breve, spostando il senso comune molto più in basso, molto più indietro. Sarò ingenuo ma a me Libero sembra pericoloso. E non so come faccia a ignorarlo chi ci scrive.

  21. @ Marco V.
    Non è un giornale di partito?
    Che faccio, credo a te o ai miei occhi?
    Direi che ti sei dato una definizione di giornale di partito molto ristretta (praticamente solo l’Unità, Secolo d’Italia e simili) per poter sostenere che il Giornale è solo ‘incidentalmente’ giornale di partito mentre Libero non lo è del tutto.
    Ma come dicono in America, if it looks like a duck, talks like a duck and walks like a duck…
    Del resto, se prendiamo per buona la tua caratterizzazione di Libero come giornale di destra ‘vera’ allora la collaborazione di Nori diventa ancor più discutibile: o lui si adegua allo spirito del giornale o i lettori ne chiederanno la cacciata – sempre che, come tu stesso sostieni, ai lettori di Libero della cultura frega talmente poco che puoi scrivere quel che vuoi che tanto non lo leggono…
    Per il resto, i soldi son soldi e il romanziere si giudica dai romanzi e non dall’attività di critico occasionale – basta che poi non cominciamo i giochetti su Saviano ipocrita perchè pubblica per Mondadori…

  22. Mi pare opportuno precisare che “avvelenare i pozzi”, qui usato in accezione negativa, è in realtà una precisa intenzione di Franco Fortini; precisamente:
    «Mi chiedo se non si debba cercare di preservare le residue capacità rivoluzionarie del linguaggio in una nuova estraniazione, diversa da quella brechtiana ma su quella orientata. Le poetiche dell’occulto e dell’ermetico potrebbero essere paradossalmente, e fra scoppi d irisa, riabilitate. Farsi candidi come volpi e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvelenare i pozzi.» (Franco Fortini, “Verifica dei poteri”)
    Mancando – in Libero, ma anche in altre testate qui citate – ogni intenzionalità rivoluzionaria, sarebbe opportuno ricorrere ad altre e più consone sintesi: dire, ad esempio, avvelenare le coscienze. Si esce dalla metafora di Fortini (che non si merita ciò) e si precisa meglio in discorso.
    Saverio

  23. “I direttori hanno bisogno di “fedeli” per gli interni, mica per la cultura – che considerano, quando va bene, un male necessario” dice Marco V.
    Grazie Marco V., avevo smesso di pensare che ‘cultura’ significasse solo una bella recensione a Montale. Tornare al culto dell’elzeviro è decisamente rassicurante di questi tempi.

  24. Modesta opinione. Il punto non è che “Libero” sia un giornale di destra. Ci mancherebbe che uno non potesse dialogare con opinioni diverse dalla sua. Il punto è che si tratta di “Libero”, un giornale che porta i toni dell’insulto, dello sbeffeggio e del linciaggio dentro la sfera pubblica. Non è l’unico quotidiano a praticare operazioni di dubbio gusto, ma forse è quello che più ha fatto della violenza verbale (e politica) il suo terreno di espressione. Chiunque abbia familiarità con l’arroganza del giornalismo fascista (in senso storico) riconosce certe costanti verbali. Personalmente ritengo che certe operazioni non debbano essere avvallate.
    Nori, scrivendo su “Libero”, accredita quella che dovrebbe rimanere un’anomalia, e conferisce autorevolezza a un quotidiano che, per i toni che adopera, non dovrebbe averne alcuna.
    E poi basta con i paragoni (a mio avviso inadeguati) con Fortini o Pasolini. Ognuno è responsabile di sé stesso di fronte alla propria coscienza, nel proprio tempo.
    Detto questo, se Nori è contento di scrivere recensioni per “Libero”, padronissimo di farlo, senza né processi né cacce alle streghe. Certo che noi lettori ce ne ricorderemo, domani e tra vent’anni. E anche in questo, non vedo alcuno scandalo. Ripeto, ognuno è responsabile delle sue posizioni e delle sue scelte.

  25. @ Sasha: a mio parere, la definizione di giornale di partito DEVE essere ristretta. Un conto è un giornale di partito, un altro conto un giornale d’area, un altro ancora un giornale indipendente che si colloghi secondo una sua relazione – con il proprio cda, ad esempio. Oppure con un imprenditore o una finanziaria di famiglia.
    Da questo punto di vista, l’Unità, Repubblica, Corriere e La Stampa ( per seguire l’ordine che ho scritto sopra) sono giornali molto differenti tra loro. Metterli tutti assieme, che so, perché non mostrano – pur con delle sfumature – simpatia per Silvio Berlusconi è davvero superficiale.
    Mi dispiace.
    Inoltre, il tono di Libero – se proprio vogliamo approfondire, ma non è questa la sede – è molto legato, direi quasi psicologicamente, alla mentalità e ai lapsus di un classico (e)lettore di destra. La destra italiana c’ha sempre avuto sto difetto: va verso il manganello. Lo disse Montanelli dopo che per 50 anni ha provato a dimostrare il contrario, e chi siamo noi per smentirlo..?
    Le cose stanno così: noi vediamo il giornale, ma lì dietro, da qualche parte, c’è una capacità di ascolto della propria area di riferimento.
    Anch’io penso che talvolta sia retriva, ma è una mentalità solida, radicata.
    Purtroppo è così.
    Credo anche che avere la responsabilità – enorme – di usare delle parole, di informare, dovrebbe convincere gli operatori di questa comunicazione a puntare sui lati migliori, più edificanti. Invece si sfrutta la pancia, si punta alle viscere per procurare quel morboso piacere – che sta anche a sinistra, parliamoci chiaro – di sapere già in partenza di avere ragione. Ancora prima di sfogliarlo quel maledetto giornale.
    Non posso difendere certi titoli di Libero, non convincono neppure me. Ma credo che se a destra, da destra, arriva a persone di sinistra un invito (tra l’altro, guarda caso, in cultura, dove anche se non lo ammetterano mai, in questo periodo, avvertono una debolezza, un gap rispetto alla sinistra…)… bè, sarò anche ingenuo, ma io preferisco chi si sporca le mani e dà il suo contributo per migliorare delle pagine, per scrivere cose buone, rivolte a delle persone – non minus habens, anche se in tanti qui lo pensano degli elettori del Pdl e della lega.
    Non è banale. Può risultare inutile… ma rifiutarlo con sdegno potrebbe essere un errore, nella prospettiva storica di cosa significa, ancora oggi, secondo me, essere una persona progressista.
    Detto questo, cerchiamo di volerci bene: che è un brutto periodo.

  26. @ Marco V.
    Anche con la miglior buona volontà non credo possa funzionare. Tu parti per ‘civilizzare’ gli indigeni, per far uscire i loro lati umani migliori, e il risultato finale è diventare come Kurtz, uno di loro.
    Se frequenti un certo ambiente ti adegui, è il risultato più frequente, se non del tutto scontato, specie se hai qualche ambizione di carriera.
    O se no non ti adegui e mantieni le tue opinioni e la tua dignità personale e diventi irrilevante per i lettori del giornale e vieni mantenuto giusto per far vedere quant’è aperto e tollerante, in una sezione che, appunto, conta poco (un po’ come Goffredo Fofi su Panorama, anche se non so se c’è ancora)
    (il Corriere e la Stampa anti-berlusconiani? Ma per favore! Sulla Stampa, per esempio, scriveva Augusto Minzolini, oggi fedelissimo direttore del Tg1, e scriveva cose a volte ancor più estreme di Emilio Fede… Se no facciamo come quei blogger ignoranti che considerano Sartori di ‘sinistra’… insomma, no)

  27. D’accordo con Valentina; perché dare autorevolezza a un giornale che usa i toni dell’insulto? In un momento politico (15anni) in cui l’invettiva berluscoide è diventata l’unica cifra della comunicazione politica? Facendo diventare appunto la politica una cosa diversa, vicina allo spettacolo. chi insulta meglio vince.
    Se fossi in Nori, io non accetterei la loro proposta. Anche in virtù del fatto che se ne sta parlando, non mi pare una scelta conveniente.
    A me il caso di Lipperini su Abc mi sembra diverso. Sia perché era il suo primo articolo, sia perché questo Abc pare essere un giornale erotico con una patina intelettuale, quindi il ragionamento virale c’è.
    Ma Libero è un giornalaccio, Nori (che amo) si sputtana, qualcuno glielo dica.

  28. Non c’entra nulla con la discussione, ma volevo solo chiedere a Loredana Lipperini se la bella copertina di Mark Ryden del suo libro ‘Ancora dalla parte delle bambine’ l’ha scelta lei, oppure se in generale la copertina di un libro la sceglie l’editore (o il curatore). Grazie.

  29. Non mi piace la “minaccia” contenuta nella chiusa del commento di Valentina. Vedi, “conoscendo” (da lettrice) Nori, penso che lui scriverebbe lo stesso testo sia se venisse pubblicato su “Libero” che su “L’Unità”; non lo cambierebbe di una virgola. Però se lo pubblica su “L’Unità” tu continui a comprare i suoi romanzi, se lo pubblica su “Libero” no. Anche per me “Libero” è un giornale la cui visione del mondo è l’opposto rispetto alla mia, però non è il mio metro di valutazione per giudicare un testo. Poi, vedi, io leggo “La Repubblica”, e (Loredana mi scuserà, forse ;-)) se penso a quest’estate e ai toni che il “mio” quotidiano usava, penso che un lettore di “Libero” li giudichi schifosi (dal suo punto di vista) come io giudico schifosi i toni di “Libero”. Mi dà fastidio l’idea che uno non sia libero di scrivere dove vuole, come se ci fosse una parte assolutamente giusta e una assolutamente sbagliata e, tra le due, una “linea della morte”.

  30. Se Nori rivendica la libertà di scrivere su Libero, credo che un lettore possa rivendicare la sua libertà di non leggerlo.
    Però vorrei capire bene di cosa stiamo parlando.
    Io sono contro ogni tipo di censura, di destra o di sinistra che sia, e quindi su di me i soliti piagnistei da destra (“già, ma voi vedete la pagliuzza nell’occhio altrui” ecc. ecc. ecc.) non hanno nessuna presa.
    Si sta discutendo di una situazione che, esprimendola al netto di tutte le specifiche, si può formulare così: esiste in Italia un giornale che fa dello squadrismo verbale la sua linea editoriale. Uno scrittore dichiara di essere stato contattato da questo giornale per scriverci sopra i suoi pezzi ‘culturali’ (nelle pagine interne, si capisce). Segue sconcerto, polemica e parapiglia. A sconcerto, polemica e parapiglia segue stupore: ma perché non può?
    Allora: può, certo che può. Ognuno può fare quello che gli pare, il candore però mi pare del tutto inappropriato.
    E’ come se, parlando sempre per metafore, un boy scout con in mano una reticella per acchiappare farfalle se ne andasse in giro insieme a una comitiva che si diletta a manganellare e a dare olio di ricino.
    Eh sì, però durante le operazioni purgative, lui acchiappa farfalle…
    Perché poi, in questione a me pare che non sia solo il ruolo dell’intellettuale (o cosa diavolo significhi ancora) ma il concetto e la funzione della cultura (o cosa diavolo significhi ancora).
    Immaginare che la cultura si faccia nelle pagine interne è pura illusione, cosa che orami dovrebbe essere arcinota a tutti. La cultura in questo paese ormai la fa Feltri & Co. , ovvero tutti quelli che hanno potere di intervenire massicciamente e sistematico sul linguaggio, sui valori, sull’immaginario di tutti noi.
    Quando la prima pagina è quella con Veronica Lario seminuda, quando il tono dell’articolo è quello che è, ma che diavolo di peso culturale pensate che abbia un articoletto di critica, positiva o negativa non ha nessuna importanza, su Niccolò Ammaniti?
    Davvero ‘lo scrittore’ ha una presunzione luciferina se pensa ancora di avere lui il ruolo dell’intellettuale, di muovere lui le coscienze o solo i pensieri delle persone. No, il vero intellettuale è Feltri & Co., che – infatti – lo manda ad acchiappare farfalle nelle pagine interne.
    E dunque oggi un intellettuale serio o assume una posizione netta nei confronti di tutto questo o rinuncia al suo ruolo di intellettuale e dove vuole scrivere scriva, tanto la cosa non può che essere ininfluente su tutto e, quindi, del tutto indifferente.

  31. valeria siamo sempre lì. a nori viene attribuito di avallare implicitamente lo stile del giornale sul quale ha deciso di scrivere, volente o nolente. gli altri no, son dispensati. pubblicare per mondadori va bene. riporto un interessante e onesta spiegazione dei wuming, risale al 2004. sono passati sei anni e davano il berlusconismo in crisi. facciamo i cavalli di troia, dicevano. non ha senso combattere il sistema da fuori, dicevano. ripeto, sono passati sei anni. annosa questione dicevano. quest’annosa questione va avanti da dieci anni ormai. i cavalli di troia funzionano per quello che possono. puo’ farlo anche nori il cavallo di troia. tanto la cultura è innocua. non sarà ora di dare un segnale diverso dal “così fan tutti”?
    tu dici di poterti permettere di essere radicale. anche io. e pago la mia scelta giorno dopo giorno. e sono qui a chiedervicome al primo commento che ho alsciato: si ha veramente voglia di tirare fuori la questione morale?
    ecco l’interessante articolo di wuming:
    http://www.carmillaonline.com/archives/2004/09/000955.html

  32. anch’io d’accordo con Valentina, e non vedo nessuna minaccia nel dire “ce ne ricorderemo domani e fra vent’anni”: nessun processo a Nori, ma il mio giudizio sulla sua scelta ce l’ho chiaro. L’ultima riga del post della lippa inquadra benissimo la questione

  33. Mi si è definitivamente ricomposto il disturbo di personalità.
    Secondo me un lettore però diceva delle cose saggie: Il catalogo di una casa editrice – e il sommario di un giornale afferiscono a due diversi modi di produrre orizzonte di senso. Scrivere per mOndadori non è la stessa cosa che scrivere per Libero ( e non c’è paragone tra Libero e i quotidiani portati da Nori in sua difesa). Detesto la Berlusconitudo con tutte le viscere, ma rientra ancora nel contesto delle idee con cui combattere in un contesto democratico. Posso essere incerta su di me magari non accetterei – ma magari si: scrivere per un qualsiasi prodotto editoriale vicino a quel contesto politico che mi lasci la libertà di scrivere ciò che voglio, non avrebbe niente di male: perchè farlo tra le altre cose, vorrebbe dire credere nella democrazia.
    Libero però fruisce della democrazia, anzi della debolezza della democrazia, ma sputa sulla democrazia. Io spero che nessuno qui sia così ingenuo da scambiare una democrazia con un posto dove tutto è lecito, comprese tutte le varie mancanze di rispetto gli oltraggi le diffamazioni e quant’altro. Scrivere su Libero vuol dire bypassare un certo tipo di attività – in fondo che si tratti di un quotidiano è indifferente – come politicamente legittima.
    Voglio fare un esempio molto poco intellettuale – anche perchè mo’ Nori intellettuale abboh, vabbeh romanzi carucci ma insomma – afferente alla mia carriera di intervistatrice telefonica – pagata a cottimo.
    Presso la mia società ho fatto spesso indagini politiche per testate di sinistra, o per trasmissioni di sinistra, o direttamente per partiti di centro sinistra. Stavo contenta. Poi cambiarono i vertici e di conseguenza, cambiarono le committenze. Ci furono diverse occasioni di lavorare per partiti di centro destra. Siccome si trattava di barometri politici in massima parte, cioè di indagini fatte per affinare la qualità della campagna elettorale, io ho chiesto di non partecipare a nessun progetto – anche perchè per me quello era un lavoro per mangiare, non perchè ci tenessi molto. Persone di sinistra che invece collaboravano a quei progetti credendo nella validità della cosa, e in una assolutamente legittima e condivisibile etica della ricerca – mi dissero che l’importante era la qualità dei questionari proposti. Udc per esempio ha sempre proposto dei questionari – va riconosciuto – di mirevole fattura, molto corretti sul piano metodologico e psicometrico.
    Non cambiai idea ma ritenni la posizione di questi colleghi più che condivisibile.
    Quando però ci chiesero di fare un indagine per il giornale di Feltri, il malcontento sepreggiò molto di più. Era scritto in maniera indegna – estremamente manipolatoria – e rinviava a un modo di fare politica che usciva dalla politica.
    Quello che voglio dire – è che un certo ordine di scelte, non concerne solo il mondo intellettuale, e che la questione in ballo, non è neanche fare o meno il cavallo di troia (il vero cavallo di troia se porta l’antrace addosso, se va su Libero, o nel piccolo di un call center falsa le interviste), non è manco la questione delle mani zozze o pulite, che a rifletterci sono come dire off topic- la questione è fare i conti con il proprio modo di essere cives – cittadino. Ecco io questo contesto a Nori – diversamente dalla Lippapiccola – ha scavalcato la parete della democrazia.

  34. Le cose che dice Ansuini non sono così peregrine. E sarebbe bello fare un’analisi storica sull’entrismo. In ambito politico l’entrismo ha fallito miseramente. Esistono le condizioni perché possa riuscire in ambito culturale? Ho dei bubbi.
    È davvero interessante l’articolo di Wu Ming 1. A distanza di sei anni è possibile affermare che il sistema ha vinto rispetto alle sue istanze? Berlusconi ha stravinto, culturalmente e politicamente e socialmente, dimostrandosi per altro il contrario di quanto dice WM 1: un genio e un bravo stratega. Solo il modo con cui, nell’ultimo periodo, ha messo alle corde Fini è degno di applauso.
    E allora mi chiedo: dov’è l’errore? Nel giustificarsi. Nel condire le proprie pratiche con meta-discorsi. Nel fare concretamente delle cose mentre se ne dicono di altre. L’ho chiamata coerenza etica. Ecco, il problema è di coerenza etica.
    Non è in ballo, secondo me, lo stare dentro o fuori il sistema. È vero, fuori non ci può stare nessuno. Il problema è scegliere cosa, all’interno del sistema, può portare al collasso del sistema stesso.
    Secondo il mio modesto parere, i Wu Ming hanno fallito culturalmente, così come fallirà Nori e come è destinato a fallire ogni entrismo. Però attenzione: PER ME hanno fallito. Io, di fondo, credo all’onestà di tutti. Se Nori o i Wu Ming si sentono in pace con se stessi, io li rispetto. Non giudico. E continuerò a leggere i loro libri. Mi pare importante riuscire a separare l’analisi contestuale, dove ne sottolineo la sconfitta, almeno rispetto alle premesse dichiarate, e le scelte operative. Qui ognuno è libero di compiere i passi che vuole. Anche di scrivere su Libero.
    Ripeto: io su Libero (e sull’Unità etc.) non ci scriverei MAI E POI MAI, proprio per quello che rappresenta OGGI. Ma voler indicare ad altri come comportarsi sarebbe un atto di presunzione esagerato. Ognuno di noi è prima di tutto ciò che fa. A me piace distinguere tra gli atti e le parole, privilegiando i primi. Dopodiché, il mio pensiero non sarà mai normativo.
    Saverio P.

  35. Siamo sempre lì, Alessandro, hai ragione. E per me è ora di schiodarsene. Perché se non si capisce che su questo tema si gioca la vera questione culturale, nel senso più ampio della parola, e morale del nostro Paese, non si capisce di quali scrittori e intellettuali stiamo parlando.
    Tu hai citato Wu Ming, io rilancio con un libro ormai fuori catalogo Einaudi, ‘Tempi di malafede’, curato da Sandro Gerbi, in cui si parla del rapporto tormentato tra due intellettuali italiani, Eugenio Colorni e Guido Piovene.
    Lettura quanto mai utile oggi.

  36. Ho postato senza leggere il post di Zaub. E sì certo, è anche un modo di essere cives, che poi è un modo di essere consapevolmente al mondo.

  37. premetto e specifico che io non so se wuming ha fallito culturalmente, se la sua tattica fosse giusta o sbagliata, so per certo che rispetto moltissimo il gruppo e cerco di dare un’interpretazione al loro operato. così come ogni tanto tento di dare prospettiva al “caso” saviano finendo sempre per sembrare uno che sta contro saviano. io sono impaurito dal caso saviano perché se questi riescono a fatturare euro anche da una denuncia clamorosa come quella di roberto qui davvero c’è da mettersi le mani nei capelli. wu ming diceva “da fuori non si cambia nulla”, bé, mi sento di affermare che neanche se vendi duemilioni di copie mi pare cambi nulla, e dunque? alla fine della fiera, guardando dall’alto, la situazione non è cambiata e gli scrittori di sinistra sono ancora lì a giustificarsi se pubblicano per mondadori o einaudi o un articolo su libero.
    In questa situazione, visto che non cambia nulla né da dentro né da fuori, sarà il caso di tornare a fare i primitivi e appellarsi quantomeno alla “coerenza etica” di cui parlava saverio? neanche io mi permetto di giudicare i compotamenti altrui ma, da tifoso, per così dire, oggi mi trovo a sperare che saviano non pubblichi più per mondadori. secondo me sarebbe un bell’esempio per la sinistra tutta, dal poeta al politico d’opposizione del cosidetto berlusconismo che, senza starmi a dilungare troppo, temo non esista, così come ce lo rappresentiamo fra di noi.

  38. ‘Una stupida coerenza è l’ossessione di piccole menti, adorata da piccoli uomini politici e filosofi e teologi. Con la coerenza una grande anima non ha, semplicemente, nulla a che fare. Tanto varrebbe che si occupasse della sua ombra sul muro. Dite quello che pensate ora con parole dure, e dite domani quello che il domani penserà con parole altrettanto dure, per quanto ciò possa essere in contraddizione con qualunque cosa abbiate detto oggi’ – Ralph Waldo Emerson
    Insomma, assolviamo senza problemi Nori perchè scrive su Libero e passiamo ai grossi calibri, criticando Saviano e Wu Ming perchè pubblicano su Mondadori o Einaudi (perchè mai se, come dice AA, il berlusconismo non esiste?)? Appunto, la coerenza è l’ossessione etc etc
    Diciamo, all’ingrosso, che quel che conta è l’opera e non la chiacchiera, malgrado quel che ne possono pensare gli interessati.
    Se leggiamo Celine o Brecht ci sentiamo corresponsabili di genocidi e massacri? Dovremmo piuttosto vergognarci se leggessimo Papini o Eherenburg…
    E ci ricorderemmo dei crimini dei guelfi neri se Dante non li avesse odiati tanto?

  39. Esiste l’italianismo, sascha. di quella malattia che accusiamo gli altri di avere siamo afflitti noi per primi. siamo italiani, ci piace raccomandare e essere raccomadati, un amico ti puo’ aiutare e tu puoi aiutare un amico, sempre, ci siamo cresciuti con questa mentalità, frega il prossimo tuo prima che lui freghi te, tu mi fai un favore io te lo rendo, trova la scappatoia giusta per ottenere quello che vuoi, questa è la mentalità dell’italiano, che però si ricorda di rinfacciarla soltanto a berlusconi. io non volevo criticare wuming o saviano, volevo innescare una riflessione a partire dai loro esempi, che sono “eclatanti”, di come il sistema riesca a fagocitare tutto senza nessun problema. nori lo assolvo perché mi sembra una goccia nel mare. e non salvo neanche me, se ti puo’ interessare, che non starnazzo per esser incluso nel pollaio, starnazzo perchè mi sento a disagio in questo immenso pollaio, e vorrei che si riuscisse a fare qualcosa, senza il solito ma sì, tanto sono belpietro e feltri che hanno avvelenato i pozzi, loro sono i cattivi e invece noi siamo i buoni, loro sono berlusconiani e noi no. intanto mi pare che nori scriva sul giornale per voi “nemico”, un passo l’ha fatto, anche se forse inconsapevole. quand’è che sull’unità potremo leggere qualche articolo di intellettuali di destra? queste barricate servono a qualcun altro mi pare, servono a mantenere i pozzi avvelenati, a farci discutere della roma e della lazio, quando la domanda è: come mai la cultura in italia non fa più paura a nessuno?

  40. Bello sparare a zero sul vil denaro e auspicare che il Manifesto, L’Unità ecc. non pubblichino più Nori. Nori è un professionista della scrittura. Del vil denaro forse possono fare a meno le anime belle che a cinquantanni vivono con mammà, ma io come Nori e parecchi altri ho un affitto o un mutuo e svariate altre spesucce da pagare. Dov’è la coerenza in questo?
    Io spero invece che tutte le testate summenzionate, ma anche altre, Famiglia Cristiana compresa, pubblichino Nori, pubblichino chi ha cose interessanti da dire e si interroghino sulla coerenza, anche etica delle proprie scelte editoriali.
    Chi non ama Nori faccia a meno di leggerlo, io trovo invece che tutto quello che ho letto di Nori finora valesse la pena di esser letto e valesse la pena di pagare per leggerlo. Comprese le cose che scrive gratis.
    E prima di dire che gli intellettuali debbano scrivere su Rosarno (uno scrive di quello che ha urgenza di scrivere, quelo che vuole di quello che lo colpisce e di quello che lo indigna e sono percorsi estremamente personali, grazie tanto), magari è il caso di leggere quello che scrive Di Gregorio sull’Unità su Rosarno? E cminicare a smettere di mangiare arance e mozzarella di bufala?
    Poi quando samo tutti dimagriti, che ci fa anche bene, cominciamo tutti insieme a scrivere di Rosarno.

  41. E’ chiaro ormai che da questa faccenda non si verrà mai fuori. in ogni caso.
    Ha fallito, culturalmente, un progetto che ha imposto il copyleft alla grande editoria nazionale, e che da dieci anni consente di scaricare gratis i testi dalla rete? Senza mai un (1) passaggio televisivo in dieci (10) anni?
    Ha fallito, culturalmente, un autore che imposto all’attenzione mondiale un fenomeno criminale (di portata semi-planetaria) fino ad allora relegato alle pagine interne di quotidiani locali?
    Va bene, diciamo di sì. E’ possibile chiedere, con umiltà, di portare qualche fulgido esempio di non-fallimento?
    Ci si rende conto che il Nostro fattura anche quando respiriamo? Si comprende, restando all’editoria, che esiste un monopolio della distribuzione, ben più decisivo degli editori stessi, che vanifica ogni distinzione ab origine? Ha senso equiparare un fogliaccio razzista al catalogo più articolato e prestigioso di questo paese dal dopoguerra ad oggi?
    Fate come vi pare.

  42. Forse perchè ‘voi’ italiani siete interessati solo all’effetto politico della cultura?
    Ho appena finito di leggere un buon libro, specie come antologia di testi medievali, su Guelfi e Ghibellini (Sergio Raveggi, ‘L’Italia dei Guelfi e dei Ghibellini’, Bruno Mondadori) e posso solo dire che siamo incredibilmente fortunati: a differenza di quel che fece Bologna nel 1288, non proibiamo i matrimoni e i ‘concubinati’ fra gli aderenti della fazione vincente e quella perdente. Insomma, viviamo in tempi tutto sommato tranquilli.
    Si potrebbe dire che il modo per trascendere questa divisione sempiterna non è lavorare, come suggerisce lei, perchè la fazione vincente assorba quella perdente. L’ideale sarebbe considerare quel che le opere ci dicono sul mondo invece che sulla collocazione politico-partitica dell’autore: ma è chiaro che nell’Italia di Battista se non parli di politica nel senso più ristretto del termine sei semplicemente ignorato…
    Fra l’altro, il XX secolo (e ancor oggi e non solo in Italia) ha visto questa strada a doppia corsia in cui un lato, quello da sinistra a destra, è perennemente ingorgato mentre sull’altro, da destra o sinistra, tranne un breve ingorgo intorno al 1945, passa una macchina alla volta, ogni tanto, con comodo…
    Quindi se Nori scrive su un giornale che lei considera ‘amico’ si limita a seguire il traffico.

  43. Domanda: si può ambire ad una coerenza non stupida?
    Perché questa cosa della coerenza degli imbecilli ormai mostra la corda.
    E sì, è vero, tutti abbiamo famiglia e la pagnotta a casa la dobbiamo portare, tutti, a meno di non essere dei bamboccioni.
    Il fatto che la mano che regge la scodella domina il mondo, come rifletteva sconsolatamente Snoopy, è cosa risaputa, ma possiamo porci il problema di fino a che punto ci consentiamo di scondinzolare per averla?
    Perchè poi una minima riflessione sul potere, su come è articolato qui e ora (non ieri o l’altro ieri) forse si dovrebbe fare.
    Se dico che questo potere ha reso del tutto ininfluente, e dunque inutile, l’intellettuale così come lo pensiamo da sempre, scandalizzo qualcuno?
    Io non sono convinta affatto che l’intellettuale sia ‘venuto per dire di no e per morire’ come Anouhil fece dire alla sua Antigone, radicalizzando una volontà che in greco veniva espressa in ben altro modo.
    Sono assolutamente consapevole che dobbiamo prendere in considerazione la contraddizione e rassegnarsi al fatto che sia inevitabile in ogni agire umano, ma: come e fino a che punto?
    Dove sta il q. b. nell’ingrediente ‘coerenza’?
    Non voglio una ricetta precisa, ma mi piacerebbe che questa variabile morale si prendesse in considerazione ogni tanto, senza ironizzare, prenderne le distanze e citare frasi magniloquenti.
    Io spero che prima o poi si scriverà un libro dal titolo ‘Critica della ragion frivola’, dove si prenderà davvero di petto quella cosa che va sotto il nome di ‘Postmoderno’, di cui alcune cose secondo me vanno assolutamente salvate, e altre buttate a mare ‘in modo critico’. Disfarcene con un’alzata di spalla o con riferimenti supponenti, come facciamo spesso (anch’io), non vale.
    E allora potremmo affrontare il tema del ‘disimpegno morale’ in modo serio.
    Da questo punto di vista io sto dalla parte di Saviano, anche se all’inizio il fatto che avesse pubblicato con Mondadori per me ha costituito problema, sì.
    Saviano, secondo me, è uno degli intellettuali che oggi ha più consapevolezza di quale potere abbiamo di fronte, attorno e pure dentro di noi. Ed di fronte a questo che si è assunto un impegno morale, con tutto il rischio che questo comporta.
    Un rischio contraddittorio e ambivalente: quello di essere ammazzato per le cose che dice e quello di essere messo sulla gogna mediatica come uno zimbello da parte delle teste più lucide e più imbecilli del nostro sistema.
    Noi siamo qui, su questo territorio sdrucciolevole, e qui dobbiamo prendere posizione, non da un’altra parte.
    E, comunque, proprio come postilla, vorrei fare il nome di Lorella Zanardo, che per me è una intellettuale di grande spessore e di grande coraggio.

  44. Confondere i piani mi sembra davvero poco serio, è solo un alibi. Cosa ha in comune scrivere per una gazzetta volgare e xenofoba con il pubblicare per Einaudi?
    Mistero. Oppure è tutto molto semplice,in questa logica la coerenza è impossibile, quindi nessuno di noi, intellettuale o meno ha nessun obbligo politico o etico.
    Un ragionamento davvero miserabile.
    Non credo proprio che collaborare con il manifesto o “la difesa della razza libera” equivalga a schierarsi per Milan o Roma. E chi fa questi discorsi mi ricorda il “qui non si fa politica” di triste memoria.
    Nel merito credo che il ruolo pubblico giocato in forme diverse da Evangelisti, Saviano o i Wu ming sia stato vitale e mai subalterno alle logiche del re di Prussia.
    Poi certo, proprio perchè una strategia si è rivelata vincente , si possono porre nuovi problemi. Ma questa è un’altra storia.

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