Desirée Piovanelli, anni 14, di Leno, in provincia di Brescia, viene sequestrata e uccisa da quattro persone. Una sola era maggiorenne.
Lorena Cultraro, anni 14, di Niscemi, provincia di Caltanissetta, viene violentata e uccisa da tre minorenni.
Graziella Mansi, anni 8, di Andria. Viene seviziata e bruciata viva da quattro uomini fra i 18 e i 20 anni.
Palmina Martinelli, anni 14, di Fasano. Viene seviziata e bruciata viva da quattro giovani tra i 18 e i 23 anni.
Ora, se non fosse ancora chiaro a chi continua a parlare di “benaltrismo”, non lo so dire meglio di così: ogni violenza sulle donne, da chiunque venga commessa, va condannata e punita.
Questo non autorizza nessuno a sostenere che a commettere violenza sulle donne siano gli appartenenti a una precisa cultura.
Punto, chiuso, leggete i Wu Ming sulla questione.
Il corpo delle donne è sempre stato un campo di battaglia, territorio di conquista, corpo merce da esibire, consumare non solo fisicamente, ma anche mediaticamente, un pasto nudo quotidiano. Solo una rivoluzione, che cambi la mentalità maschile dominante, ci potrà salvare.
“Questo non autorizza nessuno a sostenere che a commettere violenza sulle donne siano gli appartenenti a una precisa cultura.”
Nemmeno quando ciò accade effettivamente, a quanto pare.
Rosa.
Esatto, Rosa. Accade nelle une e nelle altre. Ripeto: nelle une e nelle altre. Ma leggete quello che si scrive o volete soltanto che si scriva quello che vi aspettate? 🙂
Rosa, paradossalmente è quello che stai facendo tu, no? Di fronte a quattro esempi di violenza sulle donne commessa da appartenenti alla cultura italiana e cattolica, si nega l’evidenza e si parla d’altro.Quella che denuncia Loredana è che la violenza sulle donne è l’ipocrisia di attribuire a chi viene dal Medio Oriente o da paesi musulmani l’esclusiva della violenza di genere, o una inevitabile propensione alla violenza di genere per via della loro “cultura” (che in certi discorsi è solo un mascheramento della parola “razza”).
Scusatemi è rimasto un pezzetto di frase che dovevo cancellare, si legga per favore: “Quella che denuncia Loredana è l’ipocrisia di attribuire…”
Cara Loredana, la violenza sulle donne è comune a parecchi soggetti e culture. Nei tempi andati la chiesa cattolica era in prima linea. Ma oggi non si può negare che ci sia un orrendo ritorno al passato nei paesi a regime teocratico islamico. Io stessa in Tunisia ho fatto amicizia con ragazzi atei e gentili che temevano l’integralismo come la peste ma erano, purtroppo, in minoranza. Per quanto riguarda “i fatti di Colonia”, il discorso si fa più complesso perché entrano in gioco molti altri fattori. Paola
Tiro in ballo il CPI, il Corruption Perception Index, che è un indicatore statistico per valutare quando sia diffusa la corruzione nella pubblica amministrazione nei vai paesi del mondo. Questo indice risulta più basso nei paesi del Nord Europa e in alcuni paesi anglofoni, poi ci sono altri paesi in cui la corruzione è più diffusa e altri infine in cui è endemica.
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Ovviamente posso fare un pastone giornalistico così organizzato:
– qualche articolo su casi di corruzione riscontrati in Danimarca (posizione 1 in classifica, insomma la meno corrotta)
– qualche articolo su casi di corruzione riscontrati in Ungheria (posizione 50 in classifica)
– qualche articolo su casi di corruzione riscontrati in Giamaica (posizione 87 in classifica)
e concludere che l’amministrazione pubblica in Giamaica è corrotta come in Ungheria e in Danimarca e che questo non autorizza nessuno a sostenere che la corruzione della pubblica amministrazione caratterizzi una precisa cultura.
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Ovviamente un simile schema argomentativo è del tutto incosistente, sia nel campo della corruzione e sia nel campo della violenza contro le donne.
Sono due campi diversi, purtroppo, Picobeta.
@Aldo “Rosa, paradossalmente è quello che stai facendo tu, no?” Non direi proprio, a meno di non voler ignorare il contesto. Che non è quello della commemorazione di quattro orrendi casi di violenza. O quello della deprecazione del colonialismo.
E’ quello della costruzione di una “narrazione” dei fatti di Colonia che non abbia alcuna possibile sfumatura discriminatoria. E che diventa così garbata da ignorare (e pretendere che i suoi destinatari ignorino) l’elefante accomodato in salotto e che si parli di atti di violenza sulle donne in genere ignorandone il contesto.
Io non ho letto nessun commento *intelligente* sui fatti di Colonia che attribuisse l’escluva della violenza di genere etc.etc. – Ad esempio: (http://www.theguardian.com/commentisfree/2016/jan/09/the-left-must-admit-the-truth-about-the-assaults-on-women-in-cologne).
Ne ho letti tanti, invece, dove dell’elefante non si trova proprio traccia; e l’elefante è esattamente “la cultura islamica”, che non è (non per tutti, e non dovrebbe esserlo per nessuno) Aldo, un comodo proxy per la razza: veramente si pensa che non ci sarebbe stato un problema se a Colonia si fossero dati convegno degli indonesiani, dei bosniaci, o un’ipotetica comunità musulmana di friulani?
O siamo noi ad essere talmente impregnati dal fascino dell’alterità (che non dimentichiamo, a volte si chiama esotismo) da non riuscire a criticare tratti culturali intollerabili quando chi ne è portatore non ha la provenienza giusta? (italo-giudeo-cristiana, mi pare di capire). Questo a me pare razzismo alla rovescia: dopo decenni passati a proclamare la superiorità dei tratti culturali su quelli etnici (e giù di familismo amorale e via dicendo), oggi non ci azzardiamo a toccare i primi per non tirare in ballo i secondi.
Rosa
Rosa, non farmi usare le maiuscole. E chi è che non critica le violenze che vengono dalla cultura islamica? Per cortesia, dimmi quando e dove non sono state criticate.
“Io non ho letto nessun commento *intelligente* sui fatti di Colonia che attribuisse l’escluva della violenza di genere etc.etc. ”
Rosa, quindi sono due settimane spaccata che non leggi un solo giornale italiano, non guardi un solo talk show italiano, non segui sui social nessun “illustre opinionista” italiano.
Cosa posso dirti, buon per te, anzi, ti invidio molto.
P.S. Perché Molinari, Annunziata, Maraini e altri sono quelli considerati *intelligenti*. Non sono considerati alla stregua di Cruciani, Buonanno, Salvini, Paragone e chi più ne ricorda (purtroppo per lui o lei) più ne metta.
@Aldo – perché sono quelli sono commenti intelligenti? (Ho dato un link come esempio, seguilo)
Rosa
@Aldo – e sì, non seguo nessuno dei personaggi che citi, e cerco di seguire il minimo possibile dei media italiani per qualunque cosa. Per l’estero il minimo possibile è zero, e a quello mi attengo. Mi sembra comunque che stiamo parlando di un caso per il quale si possa tranquillamente prescindere dagli esemplari alfa del nostro pollaio beta, anzi, gamma.
Dato che qui, sul blog dei WuMing e in altri posti si sta commentando la narrazione dei fatti di Colonia veicolata dai media italiani e sui social italiani, ossia una narrazione ipocrita, suprematista, razzista, e anche venata di nostalgie inconfessabili, non vedo davvero cosa c’entri il Guardian. Se posso fare esempi di interventi intelligenti apparsi in Italia, direi tutti quelli segnalati dai WM sotto il loro post su Molinari, nessuno dei quali finge di non vedere “l’elefante in salotto”, anzi.
No, Rosa, qui si sta parlando proprio di quegli esemplari, ed è importante farlo, perché la percezione della realtà della grande maggioranza dei nostri connazionali è plasmata dalle cazzate che quegli esemplari scrivono, dicono, fanno.
@Loredana: Per criticarle le violenze vengono criticate, certo – è quando si tratta di ascriverne le cause a quella cultura – o anche semplicemente ascriverne le cause a qualnque cosa che non sia un generico spirito maschile che vive la storia attraversando il corpo delle donne, che vedo molti (con sommo dispiacere) molte diventare reticenti. E come ha detto qualcuno più importante di me:
” Ma leggete quello che si scrive o volete soltanto che si scriva quello che vi aspettate?”
Rosa
Ho la risposta, Rosa Spina: “volete soltanto che si scriva quello che vi aspettate”. Purtroppo.
@Aldo: se il tema è la percezione dei fatti di Colonia in Italia a consumo della politica e della percezione dei nostri connazionali (e su lughi straordinariamente e desolatamente prevedibili come il blog ei WM, poi), non credo di poter incidere.
Non sono abbastanza brava sulle indirezioni (percezioni e percezioni di percezioni).
Sono già contenta se riesco a stare attaccata ai fatti e alle idee. Sarà questo il motivo per cui i dibattiti italiani, tanto sgombri degli e delle altre, mi appassionano così poco.
A me sembra che uno come Molinari sia stato sbugiardato proprio con il fact-checking, che in italiano si tradurrebbe con “verifica dei fatti”, e in Italia non è proprio così prevedibile. Comunque il succo è che qui si stava facendo un dibattito su una cosa e tu sei venuta pretendendo che si facesse il dibattito su un altro. Almeno, questaè la mia impressione.
@Aldo Io mi sono limitata a commentare su un paragrafo del post che sembrava chiaramente riferirsi al brouhaha che non ricapitolerò. Non sono abituata a pretendere, e non lo farei comunque in casa e su blog d’altri – se l’impressione è stata quella, non ho problemi a chiarire l’equivoco.
Sono invece abbastanza brava a fiutare l’aria, e a riconoscere gli ambienti dove si apprezza la conversazione solo tra coloro che hanno idee sintonizzate alla frazione di Hertz, a sono quelli da cui mi affretto a togliere il disturbo.
Cari saluti,
Rosa.
Rosa, quando non si hanno più argomenti, in genere si finisce a dire: brutti zozzoni non mi apprezzate/volete solo commenti favorevoli/criccacastamichetti. Non mi sembra che queste siano le argomentazioni che le si sono opposte. Ma se dopo centinaia (fra i vari post) di pareri lei continua a sostenere che le violenze di Colonia NON (maiuscole) vengono criticate, cosa altro devo dirle?
Loredana, è indubbio che è campi siano differenti, ma l’espediente retorico cui ricorre lei e in parte anche Wu Ming per appiattire allo stesso livello fenomeni che si manifestano molto diversamente in contesti diversi è purtroppo lo stesso.
Ho letto molto in questi giorni, e non volevo commentare qua, però credo di aver capito il punto che crea dissonanza. A me pare che questi esempi possano utili per smontare un certo discorso. Sebbene direi che in realtà sono superflui: se in Italia non fosse mai avvenuto un caso di violenza contro le donne, questo ci autorizzerebbe a dire che tutti gli altri sono violenti? No, dunque per smontare i razzisti basta smontare i loro argomenti. In più vorrei capire chi è che pensa che la violenza contro le donne sia compiuta solo da persone di una certa cultura. Va bene dire che mentre si affronta questo problema, non si deve abbassare la guardia sul fronte interno. Mentre mi pare che sia poco centrato l’approccio sistemico. Il nominare la violenza di genere. C’è la violenza come concetto e ci sono le tante violenze. E certe violenze arrivano da fuori, è un fatto. Continuare a tirarle tutte sotto il concetto di violenza di genere ha senso da un punto di vista teorico, e fino a un certo punto, ma non pratico. L’arrivo di altre persone di una certa cultura, uomini nell’età in cui gli uomini sono più pericolosi, aumenta questo rischio.
Cmq è umano sentirsi “traditi” da chi leggiamo quotidianamente. è anche salutare, perché rafforza lo spirito critico.
Stefano, mi dispiace per il tradimento. Ma posso assicurare che la gran parte delle cronache su Colonia, e anche dei commenti (guardare per credere) parla proprio di questo: la violenza contro le donne viene da persone di una certa cultura. Stiamo parlando di questo, non “in generale” di Daesh.
@Loredana: io credo di apprezzare la buona retorica quanto chiunque altra e proprio per questo ti dico: criticare quello che altri non hanno detto (zozzoni, /criccacastamichetti) per screditarli non lo è (e del pari non ho detto che NON si cirtica eccetera, ho detto porprio il contrario, se avrai la bontà di rileggere i miei post).
I miei argomenti li ho esposti in parte, e ho citato altri che lo hanno fatto meglio di me, quindi in buona sostanza, hai ragione, li ho finiti. Non ne inventerò altri per far piacere ai tanti e tante che pensano che le discussioni siano guerre che si vincono e si perdono. Che anche se lo facessi, non farebbe differenza, passerei semplicemente dal campo di chi se ne va perché ha finito i suoi argomenti a quello di chi non fa altro che ripetere gli stessi argomenti. Nessuno delle due appartenenzemi interessa, me ne vado educatamente e, se ci tieni, sconfitta.
Cari saluti,
Rosa
Rosa. Neanche io interpreto le discussioni in termini di vittorie e sconfitte. Ma ho ben letto: “Per criticarle le violenze vengono criticate, certo – è quando si tratta di ascriverne le cause a quella cultura – o anche semplicemente ascriverne le cause a qualnque cosa che non sia un generico spirito maschile che vive la storia attraversando il corpo delle donne, che vedo molti (con sommo dispiacere) molte diventare reticenti. ” Dove sta la reticenza? E, mi dispiace, sul corpo delle donne si gioca molta parte oscura della storia, ieri come oggi. Posso comprendere che tu dissenta su questo punto, ma per me il punto centrale resta questo. Saluti.
Ci sono luoghi del pianeta dove il conflitto di genere ha portato a determinate vittorie delle donne nella direzione del riconoscimento di diritti e anche del rispetto da parte degli uomini. Questo non è ascrivibile ad alcun dato culturale, giacché il patriarcato è assolutamente trasversale alle culture umane, bensì alle battaglie vinte sul campo dalle donne. Vinte contro il maschilismo, contro l’oscurantismo religioso, contro il puritanesimo dei costumi, contro il suprematismo maschile, ecc. La cosiddetta cultura occidentale non è mai stata scevra di questi aspetti. Basta tornare indietro di un paio di generazioni, diciamo a prima del 1968, tanto per segnare una data di comodo, e in Italia, come in altri paesi europei, si trovano condizioni femminili non troppo dissimili da quelle riscontrabili ancora oggi in alcuni paesi islamici.
Ci rallegriamo giustamente del fatto che un mese fa, per la prima volta le donne arabosaudite hanno potuto votare. Tuttavia la prima generazione di donne italiane che ha potuto votare è stata quella di mia nonna. Parliamo di una donna che ho conosciuto, con cui ho condiviso una parte della vita, e che fino al 1946 non ha potuto esercitare la cittadinanza attiva. Ma sarà anche il caso di ricordare che in altri paesi, come ad esempio la liberalissima Gran Bretagna, dove il voto alle donne è stato strappato ben prima, è stato il risultato di una lotta durissima, a suon di vetrine infrante, bombe, picchetti, bastonate, torture e galera.
Per restare all’Italia, fino al 1996, cioè vent’anni fa (eravamo già tutti grandicelli), lo stupro era punito come reato contro la morale e l’onore, non come violenza contro la persona. E sappiamo bene quanto siano frequenti casi di violenza contro le donne, considerando che quelli che salgono alla ribalta delle cronache o anche solo che si tramutano in denunce sono una minima parte.
La verità, se si guarda con un minimo di occhio critico la storia europea recente – diciamo pure quella del XX secolo – è che le donne hanno dovuto guadagnarsi la parità di diritto lottando con le unghie e con i denti *contro* la cultura maschilista e patriarcale imperante in Occidente come in altre parti del mondo.
Non c’è nessun gene culturale, tutte le tre religioni del Libro e le società da cui nacquero, a cavallo tra antichità e medioevo, originariamente sottoponevano la donna all’uomo, fin dalla creazione (Eva nasce da una costola di Adamo). Così il problema si ripropone ogni volta che in una società vincono i tradizionalisti, i reazionari, i fascisti (ce li abbiamo presenti, sì, i dati sulla mancata applicazione della legge 194?). Date un’occhiata a come vestivano le donne di Kabul negli anni Sessanta: http://www.theatlantic.com/photo/2013/07/afghanistan-in-the-1950s-and-60s/100544/ e confrontatele con quelle di oggi.
Questo è il punto: la lotta di genere è sempre la stessa, dovunque, e nessuna vittoria è mai al sicuro. E tuttavia la lotta paga: importanti vittorie, dicevo, il movimento femminista ne ha ottenute eccome in Occidente e non solo in Occidente.
Ora l’immigrazione dai paesi dove invece la lotta femminista è più indietro o è stata repressa, porta con sé un problema? Certamente. Ogni migrazione comporta attriti e conflitti, non è mai un passeggiata né un volemossebbene. Ho l’impressione che la migrazione di tanti giovani dal meridione d’Italia alla fine degli anni Sessanta non abbia comportato problemi tanto dissimili, quanto agli equivoci comportamentali tra generi.
Cito dal commento di stefano qui sopra: “L’arrivo di altre persone di una certa cultura, uomini nell’età in cui gli uomini sono più pericolosi, aumenta questo rischio.” Cioè il rischio di violenze contro le donne. Stefano chiede anche un approccio più pragmatico che teorico. Giusto. In un thread precedente su questo stesso blog è stato linkato un articolo (di Internazionale, mi pare) che parlava di come affrontano la questione in Norvegia. I giovani maschi immigrati devono seguire un corso di ambientamento nel contesto norvegese, dove viene loro spiegato soprattutto quali sono gli usi, i costumi e le leggi che regolano i rapporti di genere in Norvegia. E’ il proverbiale “uomo avvisato mezzo salvato”.
E’ solo un esempio di come sia assolutamente possibile sperimentare forme di gestione dell’impatto tra persone di provenienze diverse. Per farlo però è necessario abbandonare l’idea che il nuovo arrivato sia portatore insano di una sorta di dna culturale patogeno, ecco, e considerarlo invece come una persona singola, senziente ed educabile. Aiuterà credo, mettere in atto politiche – dall’alto e dal basso – che rendano questo individuo il meno dissociato, isolato e spossessato possibile, dato che la povertà di relazioni e spazi è il terreno perfetto per far maturare invece frustrazione e pulsioni violente.
Cito Wu Ming 4: “Basta tornare indietro di un paio di generazioni, diciamo a prima del 1968, tanto per segnare una data di comodo, e in Italia, come in altri paesi europei, si trovano condizioni femminili non troppo dissimili da quelle riscontrabili ancora oggi in alcuni paesi islamici.”
Mio commento. In alcuni paesi islamici le donne vengono lapidate in caso di adulterio. In alcuni paesi islamici le donne non possono farsi vedere in un luogo pubblico – anche se accompagnate dal capofamiglia (maschio) – senza velo (integrale o meno). In alcuni paesi islamici le donne non possono guidare da sole. In alcun paesi islamici la testimonianza di una donna di fronte a un giudice è per legge inferiore a quella di un uomo. In alcuni paesi islamici una donna non può adire ad un ufficio pubblico senza il permesso esplicito del capofamiglia (maschio).
In realtà, in alcuni paesi islamici la situazione delle donne non è nemmeno paragonabile alla situazione italiana pre-1968. Che faceva schifo. Ma – e ripeto – un paragone non regge.
Esempio: in Italia fino al 1968 esisteva il reato di adulterio per la donna, poi la norma è stata dichiarata incostituzionale e cassata. Tale reato però prevedeva la reclusione fino ad un anno (fino a due anni in caso di relazione adulterina continuata), e alla stessa pena era condannato anche il correo. Non ti prendevano, non veniva scavata una buca per terra, non ti infilavano dentro e non iniziavano a tirarti le pietre sulla testa fino a quando non morivi.
E’ anche da notare che alcuni paesi islamici (Pakistan, Marocco, Malaysia, Iran ecc.) hanno *reintrodotto* in anni recenti delle leggi penali repressive relativamente alle condotte sessuali, precedentemente espunte dai loro codici sull’onda dell’introduzione di sistemi penali ispirati ai paesi occidentali nel secondo dopoguerra. Il che porta anche la discussione su un altro piano, e cioè su quello dell’involuzione (a macchia di leopardo) di quei sistemi penali nel corso degli anni più recenti.
Per approfondimenti ed ulteriori svaraitissimi esempi si vedano i vari rapporti dell’UNICEF sulle discriminazioni di genere nel mondo.
“Il che porta anche la discussione su un altro piano, e cioè su quello dell’involuzione (a macchia di leopardo) di quei sistemi penali nel corso degli anni più recenti.” E’ precisamente quello a cui accennavo nel mio intervento (anche se mi riferivo più ai costumi che alle pene). Involuzione c’è stata eccome in certi paesi islamici. E questo significa che la storia cambia, che nulla è iscritto indelebilmente nel dna culturale, ma appunto soggetto alle spinte e alle dinamiche economiche, geopolitiche, religiose, ecc. Fortunatamente non avviene dappertutto. “In alcuni paesi islamici” non vige la Sahria. Questo non significa che non possa essere introdotta, perché, come dicevo, nessuna vittoria è eterna. Ma sarà comunque la capacità e la forza di emancipazione e di liberazione delle donne a determinarlo, proprio come è stato in Occidente.
A chi conosce la cultura di riferimento degli stupratori di Colonia volevo chiedere un po’ di cose perchè ho dubbi: ci sono differenze culturali tra Marocchini, Algerini e Tunisini? Perchè in questi paesi ci sono donne musulmane che non portano il velo? Che differenza c’è tra sciiti e sunniti? Perchè quelli di Daesh che sono Sunniti massacrano i Curdi e li chiamano in fedeli anche se sono in gran parte sunniti? I musulmani di zone dell’asia centrale tipo Uzbekistan perchè sono diversi da quelli di Afghanistan e Pakistan? Perchè nel sud della Thailandia è difficile capire se sono Buddisti o islamici? Perchè la regina Rania di Giordania se ne va in giro come una top model occidentale? Perchè si dice che l’impero ottomano era più tollerante dei regimi wahabiti che sono pure una correnta moderna dell’Islam? Non ci capisco niente, grazie.
“Wer ist der arabische Mann”? Nella terra di Brecht anche la Zeit si interroga. “Sia lode al dubbio” Centrale credo sia l’integrazione di una società che acuisce la violenza contro le donne indubbiamente presente anche qui. Pertanto non voglio “che si scriva quello che mi aspetto ” ma dubito , senza paura di diventare di destra , solo con la paura, quella sì, di perdere quello ( poco?) che si è conquistato .
“Questo non autorizza nessuno a sostenere che a commettere violenza sulle donne siano gli appartenenti a una precisa cultura.” Se qualcuno sostiene il contrario non vale la pena di ascoltarlo… poi… ci sarebbe una lettura archetipica da mettere in campo sulla questione violenza contro il femminile ma… non mi sembra il luogo…
memento: noi europei in quanto a violenza non siamo secondi a nessuno… dal 1500 a fine ‘800 nelle Americhe abbiamo fatto un 120 milioni di morti…
http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833913629
Ieri mattina parlavo con un mio alunno dichiaratamente gay in un contesto difficilissimo qual è quello dello ZEN di Palermo. Il fanciullo che non è esattamente uno stinco di santo ( e infatti verrà sospeso) però ha detto una cosa giusta:”i miei compagni se la prendono con me e con le femmine. Certo che poi uno reagisce male.”
Stiamo parlando di ragazzini di 14-15 anni, italianissimi, con un milieu sociale che pone le donne e i gay come qualcosa di cui disporre liberamente a piacimento, posti in cui se ti violentano passi comunque per una poco di buono. Posti in cui parlare di consultorio, prevenzione delle gravidanze indesiderate, responsabilità del maschio nel sesso (leggasi preservativo) è tabù.
ripeto. Italia.
di cosa stiamo a parlare se nelle scuole non si ha la possibilità di introdurre un’educazione al rispetto? siamo in ritardo di millemila anni. Questi miei allievi hanno ormai un imprinting che non sarà possibile cambiare. Vogliamo, per favore, iniziare a parlare di rispetto delle donne anziché riempirci la bocca di progetti nelle scuole che il più delle volte non servono a una ceppa?
Luigi, i centri di propagazione della visione più reazionaria e violenta dell’Islam (quella che lei indica in maniera volutamente vaga con “in alcuni paesi islamici”sono essenzialmente due: – Arabia Saudita: paese governato da una monarchia assolutistica tenuta in piedi esclusivamente grazie all’alleanza con noi occidentali, che la riforniamo di armi e sostegno politico, altrimenti sarebbe già crollata sotto le spinte riformatrici che vengono regolarmente risolte con carcere e esecuzioni. Dall’Arabia Saudita dipende la radicalizzazione dell’Afghanistan (l’A.S. ha creato il movimento talebano, di concerto con gli Stati Uniti, in funzione anti-sovietica, e questo si dovrebbe sapere da mò) e di diversi altri paesi vassalli. – Iran: paese che ha visto una rivoluzione sconfitta da una controrivoluzione, che sulla repressione o uccisione di tutti coloro che si erano ribellati (donne, movimenti di sinistra, giovani) ha costruito il suo stato reazionario, che altrimenti non avrebbe avuto vita lunga. Nel mondo esiste la storia, e la storia procede per lotte, guerre, reazioni, passaggi di potere. Niente, come diceva Wu Ming 4, è dato una volte per tutte. Contribuendo a diffondere l’idea di una cultura data una volta per tutte, si fa il gioco delle forze più reazionarie, che vogliono proprio imporre la loro idea di cultura e società come assolute ed eterne. E comunque, facendo il gioco “in alcuni paesi”, scopriamo che in alcuni paesi cristiani l’omosessualità è illegale (Uganda e Jamaica, solo per prendere due paesi a due capi diversi del mondo); in alcuni paesi cristiani l’adulterio è un crimine (tipo ad esempio in 22 stati degli USA. Oh yes. La Corea del Sud, uno degli stati più cristiani del pianeta, lo ha depenalizzato da pochissimo); in un paese dell’Unione Europea l’aborto è illegale (Irlanda); in alcuni paesi cristiani il matrimonio infantile è epidemico (1/3 delle donne in America Latina si è sposata prima dei 18 anni); in un paese cristiano le donne vengono stuprate e uccise in numeri che l’ONU ha definito “senza precedenti” (Congo). Per il resto ha davvero detto tutto Stefania.
Anzi no, aggiungo un paio di cose. 1) Evidentemente, il senso comune in Italia è diventato quello di Salvini. 2) Voi uomini che dite alle donne come si dovrebbero sentire riguardo alla violenza che subiscono, dicendo loro che un violento è peggio di un altro, che alcune molestie sono peggio delle altre, o semplicemente non ascoltandole quando dicono “ma veramente noi veniamo molestate da tutti, e da sempre”, – e mi riferisco a molti commentatori che passano per questo blog – dovreste provare a guardarvi da fuori, a scendere dalle vostre minuscole cattedre virtuali. Vedreste davvero uno spettacolo orrendo.
Diversi anni fa, rimasi spiazzata nello scoprire che la possibilità di voto alle donne in Svizzera (la civilissima Svizzera) fu concessa solo nel 1971.
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https://www.ch.ch/it/elezioni2015/50aedizione/perche-le-donne-in-svizzera-hanno-potuto-votare-eleggere-ed/
Ecco un ottimo articolo che c’entra perfettamente il punto http://www.lavoroculturale.org/colonia-razzializzazione-sessismo/ Perché nell’UE dell’austerity tutti sono così pronti ad attribuire il sessismo a una “razza”? Non solo per fini elettorali, anche se ci sono anche quelli, o per nudo razzismo. Cito: “è importante notare che in un paese come l’Olanda l’idea che il sessismo sia un problema soprattutto tra le comunità migranti (soprattutto musulmane) e tra le minoranze etniche ha contribuito a distrarre attenzione pubblica e soldi da iniziative volte a combattere l’ineguaglianza di genere tra gli olandesi “bianchi”.
Durante gli anni 2000, i tagli neoliberisti alla spesa pubblica hanno danneggiato in particolare le organizzazioni di donne e le iniziative per l’uguaglianza di genere. Al contempo, vari governi olandesi nell’ultimo decennio hanno finanziato programmi per sostenere la partecipazione al lavoro e l’“emancipazione” delle donne immigrate o appartenenti a minoranze etniche. Tali programmi, tuttavia, hanno teso a collocare queste donne in settori ad alto tasso di sfruttamento come quello del lavoro domestico e di cura. In altre parole, i politici olandesi stanno spingendo le donne immigrate e musulmane ad accettare quei compiti femminili contro l’imprigionamento nei quali le femministe olandesi si sono battute per anni. Perciò, mentre l’immagine dell’uomo musulmano nemico delle donne ignora completamente le statistiche ed è stata usata per rappresentare le donne musulmane come vittime dell’oppressione al soldo di maschi selvaggi, nessuno di questi avvocati dei diritti delle donne musulmane e immigrate sembra preoccuparsi dello sfruttamento e della segregazione lavorativa di cui queste donne sono vittime nelle case private degli europei. Quando il sessismo viene razzializzato e rappresentato come appannaggio esclusivo dell’Altro – sia esso non-occidentale o non-cristiano – a rimetterci sono tutte le donne.” Genere e classe, storia di sempre. Ma non si fa che blaterare di altro.
E poi in conclusione , dover constatare che qui ne va di difendere , dimostrare tenacemente Opinioni. Di possedere la VERITÀ. Non di mediare . “Tu chiamala, se vuoi ” ideologia. E con ciò saluto il blog
Magari possederla, la verità. Magari. Poi, Silvia, mi rendo conto che adesso la parola d’ordine è bollare come ideologia o politicamente corretto o tradimento del femminismo qualsiasi pensiero che cerca non di non condannare Colonia (se volete ve lo canto) ma di non prenderne spunto per il famigerato scontro di civiltà. Pazienza.
@ Adrianaaaaa. Verissimo: nel mondo esiste la storia. Ma voglio continuare allora il discorso degli “alcuni paesi”. Giustamente segnali che la definizione è vaga. E allora andiamo nello specifico, limitandoci solo ai diritti LBGT. Prendiamo i ventidue stati appartenenti alla Lega Araba. Praticamente in TUTTI questi stati l’omosessualità è illegale. In SVARIATI stati (come per esempio l’Algeria) è considerata una condotta contraria alla religione di stato. La pena può andare dall’ammenda alla morte, as econda dello stato. Se vorrai, potremo passare anche all’analisi caso per caso. Non è quindi necessario andarsi a cercare l’Uganda o la Giamaica: qui sono le eccezioni ad unar egola generale repressiva a far scalpore. Il che fa evidenziare ancor più la questione dell’impossibile paragone fra una situazione qualche volta brutta o pessima rispetto ad una situazione SEMPRE pessima salvo eccezioni.
Bene, continuiamo pure con il giochino “in alcuni paesi”. Sul fronte cristiano, potremmo parlare della Russia, una “eccezione” da 144 milioni di abitanti, che tratta i suoi cittadini LGBT come ben sappiamo. Oppure della Nigeria, altra “eccezione” con una popolazione cristiana maggioritaria (109 milioni di persone) in cui l’omosessualità è punita con 14 anni di carcere. Sul fronte musulmano, invece, potremmo parlare dell’Indonesia, che è, oooops, il più grande paese musulmano al mondo, popolato da 255 milioni di persone, in cui (con l’eccezione di alcune province governate da fanatici) la situazione dei diritti delle persone omosessuali è paragonabile a quella italiana. Tutto questo non per fare a gara a quale religione sia più tollerante, ma precisamente per dimostrarti che il giochino non funziona. La famosa guerra di civiltà, che vede la nostra (chi? boh, noi) civiltà del progresso contro la loro (di chi? boh, loro) civiltà dell’arretratezza, è una frottola per fascisti, bigotti e gente terrorizzata dalla propria ombra. La gente terrorizzata la si può comprendere, gli altri no. Torniamo però alla storia. Perché la frase “nel mondo esiste la storia” è come la frase “non sono razzista”. Non puoi metterci un “ma” subito dopo. Riporto qui un tweet letto qualche tempo fa: New test: replace the word “Muslims” with “Jews” and then ask yourself “Do I sound like a fucking Nazi?”. A proposito di storia. Nella storia di oggi, Italia 2016, e mi ripeto, il senso comune è quello di Salvini, e il fascismo del nostro tempo (per citare il post di oggi e Primo Levi) è sulle tastiere e sulle bocche di tutti. In tutto ciò, le donne, quello che pensano, quello che provano e ciò che vogliono, non sono pervenuti. Che è un grande classico del fascismo, ma anche di tutti gli svariati sistemi oppressivi che l’hanno preceduto o che ne sono l’incarnazione in altre parti del mondo e in altre “civiltà”. Se ciò che le donne sentono e vogliono in alcuni paesi conta qualcosa è perché le donne hanno fatto in modo che fosse così con la forza (forza politica, organizzativa, ma anche forza nuda e cruda – vedi le suffragette ieri o Kobane oggi). La “nostra civiltà” non ha alcun merito. E anche quando le vittorie ci sono, sono sempre qualcosa da cui si può tornare indietro, sempre qualcosa che può essere tolto. E bisogna essere ciechi per non vederlo nell’Italia in cui la 194 è carta straccia. Invece di puntare il ditino (o il cursore del mouse) contro qualcun altro, sarebbe meglio fare un po’ di sana autocoscienza, e guardare se stessi e il mondo in faccia.
Mai, mai, mai parlato di “guerra di religione”. Stiamo parlando invece di stati nei quali i diritti degli omosessuali esistono o non esistono, a fianco del discorso dal quale siamo partiti, ovvero la condizione e la violenza sulle donne. Ora: se io incrocio i dati fra di loro (li traggo dalle varie pubblicazioni dell’ONU), scopro che in generale il problema del riconoscimento dei diritti omosessuali, la violenza sulle donne e il riconoscimento dei loro diritti sono più pressanti in alcuni paesi che in altri. Io considero in generale l’islam e il cristianesimo come due religioni tradizionalmente oppressive nei confronti della donna. Ma nei paesi a maggioranza musulmana penso di poter concludere che – salvo eccezioni – la situazione è a prima vista peggiore. E in alcuni di questi paesi la condizione sia di LGBT che delle donne è peggiore proprio con riferimento ad espliciti richiami alla religione. Ho già fatto l’esempio dell’Algeria e del suo codice penale, che punisce gli omosessuali proprio richiamandosi all’islam, ma si potrebbe agevolmente continuare con l’Arabia, il Sudan, lo stato del Gibuti, la Mauritania ecc. ecc. In tutti questi stati si condannano gli omosessuali perché violano un precetto religioso. A questo punto, io dico che è doveroso porsi delle domande sugli influssi negativi delle religioni sulla situazione della donna e sui diritti degli omosessuali. Anche della religione islamica.
Perché invece non parliamo dell’influsso del patriarcato, che è la cosa che ci accomuna tutti quanti, al di là delle barriere di religione, lingua, cultura? Perché non cominciamo ad ascoltare le tantissime donne che in questi giorni continuano a ripetere di essere state molestate, oppresse, stuprate, in qualunque paese del mondo abbiano messo piede?
Gli esempi postati da Lipperini non sono pertinenti, così come non lo sono quelli in un articolo di Natalia Aspesi (“Tutti i branchi dei maschi”): a Colonia erano coinvolte molte centinaia di persone tra vittime e aggressori. Gli unici precedenti sono quelli di Central Park nel 2000 (ma molte meno persone erano coinvolte), quelli piuttosto frequenti in Egitto prima e dopo la rivoluzione e quelli di Stoccolma 2014 e 2015, di cui sono accusati soprattutto rifugiati afghani e che la polizia svedese ha coperto per mesi, in maniera simile a quanto successo a Colonia. A far parlare di benaltrismo e doppiopesismo sono proprio gli esempi non pertinenti, lo scarso sdegno di femministe e progressisti per i silenzi mediatici su Stoccolma e Colonia (nei primi giorni) e il parlare d’altro: quando una donna italiana viene uccisa dal marito, di solito non tirano fuori casi simili in Pakistan. Se questo tipo di molestie collettive sono frequenti in Egitto ma non altrove, bisognerà chiedersi il perché senza limitarsi ad evocare genericamente il patriarcato per evitare discussioni scomode.
Lei, gentile Antonio, confonde lo scarso sdegno con la necessità di capirne di più (e da quando esiste il misuratore di sdegno femminista? Figo). Comunque, come noterà, prendersi tempo per pensare produce ottimi risultati. Come questa analisi di Valigia Blu, che le porgo. http://www.valigiablu.it/colonia-i-fatti-le-indagini-le-reazioni-il-dibattito/
“Voi sì che amate la vita comoda, voi donne che fate un chilometro in più quando tornate a casa la sera per evitare il vicolo in cui un tizio vi ha pedinate, nella nostra civilissima Italia. Voi sì che siete pavide, voi che quando dovete lasciare un fidanzato oppressivo vi chiedete se non sia meglio farlo in un luogo pubblico, o addirittura via messaggio, per essere più tranquille. Che ad ogni sabato sera dovete passare attraverso truppe di uomini ubriachi, con gli occhi bassi e il passo felpato, sperando che non vi notino. Che ogni volta che vi trovate da sole in un bar state attente a non perdere di vista il vostro bicchiere neanche per un secondo. Che ogni giorno al lavoro sopportate le battutine di capi e colleghi. Che rischiate le botte ogni volta che provate a rispondere a una molestia per strada. Io invece, guardatemi come sono coraggioso e scomodo. Qui, seduto alla mia scrivania, a picchiettare sui tasti contro molestie avvenute a migliaia di chilometri di distanza.” Molestie contro cui, tra parentesi, donne e uomini musulmani e non si sono organizzati e hanno combattuto (e scusate se mi autolinko): http://lapentoladoro.blogspot.it/2013/03/quando-le-donne-fanno-la-rivoluzione.html
Adrianaaa, qui finché non diciamo “ehi, sono stati gli zozzi musulmani” non si placano, mi sa 🙂
Quindi: se le donne vengono molestate e stuprate in pubblico da persone straniere, preferibilmente di fede musulmana, la colpa è degli uomini che le hanno violentate. Anatema su di loro e sono tutt* femminist*: povere le nostre donne.
Se invece vengono molestate, stuprate e magari anche uccise tra le mura domestiche da persone di fede cristiana, la colpa è delle donne che se la sono andata a cercare. Anatema su di loro e massima comprensione per i poveri nostri uomini.
Qualcosa non mi torna.
Crimini di guerra italiani ottocenteschi, filologia del buonismo, citazioni cinematografiche, Borges, Eliot, heaney.. va bene tutto pur di non parlare dei “fatti di Colonia”. Ma la spiegazione di questo divagare è evidente. Il solo parlare di violenze da parte di immigrati arabi fornisce benzina a chi piace appiccare incendi per meschine ragioni elettorali. Questi incendi sono forse il rischio maggiore che corriamo e allora è giusto fare di tutto per evitarli. Ma mi chiedo se questo svicolare non sia invece un rassegnarsi a un dibattito pubblico considerato ormai infantile e degenerato. Perché vedete, uno scritto pubblico come quello di un blog, presuppone che si immagini un fruitore finale, e a chi mostreremmo le foto delle donne afghane anni ’60, a chi racconteremmo degli stupri dei soldati della prima guerra, o le poesie di dannunzio; non certo alle ragazze che hanno subito violenza a Colonia, ma neanche ai poliziotti che dovevano vigilare, a chi insomma è o si sente coinvolto seriamente. Secondo me Tutto è ormai rivolto al medio utente dei social, epico e isolato che si trastulla in favolosi scontri di civiltà, che fanno il pari con i derby juve inter giocati dentro al bar. Insomma tutto compenetra in questa fuffa ignorante collettiva, ingigantendola remissivamente e- sia chiaro- con le migliori intenzioni.
ciao,k.
K., ma sei diventato femminista???? 😀
Pregiato K., mi sa che i “fatti di Colonia”, nel senso di drogati, siete proprio voi, che da settimane vi fate in vena dosi massicce di perbenismo, “femminismo” improvviso e dunque sospetto, sindrome del so-tutto-io-degli-arabi. Basta coi fatti di Colonia, de-Colonizzatevi, andate in rehab, va bene persino Muccioli.
@Loredana: scommettiamo che sono più cocciuta di loro?
I “fatti e le notizie passano in fretta, e a rispondere così in ritardo magari uno passa anche da maleducato, Comunque dopo aver appreso dai giornali che secondo l’Imam di Colonia la colpa delle violenze sarebbe delle ragazze che vanno in giro pocovestite (senza che questo abbia provocato quello scandalo così grande). per evitare strumentalizzazioni meglio immaginarsi la pubblicità di un profumo; uno spot scuro e un po’ barbuto, dove alla fine risuona un voce adulta: “Imam di Colonia N°5….per la Femminista che non deve chiedere.
Mai.”
ciao,k.