QUATTROCENTOMILA TELEFONATE

Nel 1986, per 35 giorni, Radio radicale trasmise senza filtri i messaggi che arrivavano nelle sue segreterie telefoniche. Era un’Italia apparentemente sconosciuta: razzista, sessista, omofoba, violenta. La radio finì sotto accusa e poi fu assolta a gennaio del 1994 dal garante per l’editoria: le telefonate raccolte e trasmesse da Radio Radicale (400 mila) «hanno avuto l’obiettivo di rendere testimonianza della volontà, dei sentimenti e delle relative modalità di espressione di un largo strato della popolazione, tanto da attirare la riflessione di numerosi studiosi, convenientemente rimarcata dalla stessa emittente nel corso delle trasmissioni». In un’intervista sulla Stampa del novembre del 1993, Pannella disse: «C’è il moralista che borbotta, ma non c’è un sociologo che si prenda la briga di studiarle, quelle voci, e nemmeno un linguista che si metta ad analizzare la diversità delle parlate, le sfumature fonetiche, le inflessioni dialettali. Un enorme patrimonio di conoscenza, e loro lo sprecano così».
L’ho raccontato tante volte, anche perché di quella radio facevo parte (non più nel 1986, però). Vale la pena dirlo di nuovo. In questi giorni sto rilasciando parecchie interviste, e arriva sempre un punto in cui, giustamente, mi chiedono cosa intenda per “disaffezione dello spirito”, quella che per gli antichi cronisti precedeva i flagelli, e quella che effettivamente mi interessava raccontare attraverso la peste in “La notte si avvicina”. Ecco, secondo me comincia più o meno in quel periodo. Marco Pannella aveva perfettamente ragione: quelle voci, quegli insulti, andavano studiati, e non bisognava considerarli come folclore, o come espressione di una minoranza un po’ pazzarella. Nel romanzo, quel 1986 l’ho inserito attraverso bagliori e lampi: l’esplosione dello Space Shuttle Challenger, il vino al metanolo, e poi il caffè al cianuro di Sindona, e Cernobyl, ma anche il primo ping dall’Italia che diventa un nodo Arpanet, e Internet sarebbe arrivata e ci avrebbe cambiato completamente e allora non potevamo saperlo. Segni, fatti. Non connessi fra loro, o forse sì.
Ma se avessimo studiato quelle voci nella segreteria telefonica forse avremmo potuto capire meglio chi siamo oggi, e perché, e come ci siamo arrivati, e perché, tra le straordinarie possibilità innescate da quel ping, siamo ancora fermi nella possibilità più facile, e forse meno utile. Pazienza.

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