QUELLI CHE RIVOGLIONO IL CONTE ARCO

Dedicato a chi ha accolto il licenziamento degli orchestrali e dei coristi dell’Opera di Roma, sui social, con commenti di questo tenore:  “al posto di scioperare potevate suonare a Caracalla generando valore non perdite. Ora a casa e spazio a giovani privi di tutele”;  “basta privilegi, basta casta”; “scelta coraggiosa”; “basta coi sindacati”.
Dedicato agli imbecilli, utili o meno, che non capiscono che gioire della fine di un diritto è una lancia che trafiggerà loro per primi. Dedicato a coloro che scambiano i diritti stessi per privilegi. Dedicato ai populisti copia e incolla, agli indignati da tablet, agli  incarogniti immobili nella palude del commentino.
Il calcio nel sedere di cui si parla nella lettera che segue  fu indubbiamente utile al talento di chi lo ricevette (anche se morì giovane e in povertà relativa): ma sempre di un calcio nel sedere si trattò. Liberi di voler tornare ai tempi del conte Arco, naturalmente. Ma non tutti si chiamano Mozart.
“Questo dunque è il conte che (stando alla sua ultima lettera) mi ha tanto sinceramente a cuore, questa è dunque la corte dove dovrei servire, una corte in cui uno che intende presentare una supplica per iscritto, invece di essere agevolato nell’inoltrarla, viene trattato in questo modo? […] Ora non ho più bisogno di mandare nessuna supplica, essendo la cosa ormai chiusa. Su tutta questa faccenda non voglio più scrivere nulla ed anche se ora l’arcivescovo mi pagasse 1.200 fiorini, dopo un trattamento simile proprio non andrei da lui. Quanto sarebbe stato facile convincermi! Ma con le buone maniere, senza arroganza e senza villania. Al conte Arco ho fatto sapere che non ho più nulla da dirgli, dopo quella prima volta in cui mi ha aggredito in quel modo, trattandomi come un farabutto, cosa che non ha alcun diritto di fare. […] Che gliene importa se voglio avere il mio congedo? E se è davvero tanto ben intenzionato nei miei confronti, cerchi allora di convincermi con dei motivi fondati, oppure lasci che le cose seguano il loro corso. Ma non si azzardi a chiamarmi zotico e furfante e non mi metta alla porta con un calcio nel culo; ma dimenticavo che forse l’ha fatto per ordine di Sua grazia. »
(Wolfgang Amadeus Mozart, lettera del 9 giugno 1781.)

7 pensieri su “QUELLI CHE RIVOGLIONO IL CONTE ARCO

  1. Letto stamattina sul giornale. La mia idea si ripropone con costanza imbarazzante: che in medio stat virtus. Si sarebbe dovuto trovare il modo di tenerla in vita, magari facendo un po’ più di concerti e riducendo un po’ quei 190 euro al giorno di rimborso spese che gridano vendetta ed effettivamente fanno un po’ trombone.

  2. Non so. So però che di coloro che scambiano i diritti stessi per privilegi il Teatro dell’Opera era davvero saturo.
    E da almeno 25 anni. Anni che hanno pian piano portato a questo.
    È ovvio che sarebbe stato il caso di agire prima e meglio e diversamente, non accettando arroganze, non usandole per i propri comodi, lavorando per la cultura e non per i propri interessi.
    Ma così non è stato e in questi anni in cui, prima direttamente e poi a causa di quello di cui mi occupo, ho visto impedire la realizzazione di belle opere a favore della pausa pranzo improrogabile o di altri motivi per cui i diritti sindacali venivano impugnati come lance pronte a trafiggere senza discernimento e senza alcuna seria difesa del vero lavoro, mi domando se quello che abbiamo perso non sia stato ciò di cui ci siamo dovuti accontentare finora per non ledere il senso dei diritti di lavoratori che (loro sì) se non casta, certamente lobby politica sono…

  3. Veramente a me era sembrato che il primo calcio nel posteriore l’avessero ricevuto tutti quelli che erano andati a sentire Boheme e hanno trovato un pianista che strimpellava. E che assieme a loro l’avesse ricevuto il prestigio dell’istituzione e dell’intera città di Roma.
    Poi quando si comincia a ragionare coi calci (e coi piedi), non si sa mai dove si va a finire. Anche perché, giustamente, non tutti sono Mozart. Il quale era, fra l’altro, estremamente difficile da rimpiazzare.

  4. Secondo quanto afferma un membro dell’orchestra e sindacalista, le cui dichiarazioni sono riportate in un articolo del “Corriere della Sera” di oggi: “Parliamo di famiglie di persone che guadagnano 1800-1900 euro al mese per il coro e in media 2000-2100 euro per gli orchestrali, circa 90 a tempo indeterminato. Io dopo 23 anni all’Opera, a 48 anni, al massimo della carriera, guadagno 2.400 euro. Il primo violino, che è a un livello più alto, arriva a 2.500”.
    Sarebbero questi gli scandalosi privilegi di cui si parla? Questi stipendi?
    Oppure il fatto che pretendano addirittura la pausa pranzo?
    Ragazzi, siamo messi male.

  5. Prima di affrettarsi nei giudizi, parlando in generale, bisognerebbe guardare la trama delle cose. Se per esempio, restando nel caso in questione, si venisse a scoprire che quell`istituzione e` stata gestita con i dettami di un fantomatico manuale di funzionamento dei carrozzoni politici senza si sia mai alzata dall`interno una voce per cambiare le cose, allora abbandonerei ciascuno al proprio destino. In caso contrario torna sempre utile rivedere il meraviglioso “i lunedi` al sole” per incazzarsi al punto giusto per preparare la battaglia

  6. Non conosco il caso specifico in questione e dunque mi astengo da ogni giudizio di merito.
    Mi permetto, però, un’osservazione generale: ciò che non va NON è l’eventuale venir meno di privilegi o di zelanti applicazioni del contratto o del diritto sindacale (rectius: quel poco che ne rimane), bensì l’utilizzo di eventuali privilegi per abbattere TUTTO l’impianto di tutela di lavoratrici e lavoratori! Una volta si chiamava “buttar via il bambino con l’acqua sporca” ed era considerata cosa estremamente stupida e insensata, oggi riceve consensi crescenti. Una soluzione? Certo che ci sarebbe stata, e pure banale assai: rimettere in auge la tanto bistrattata CONCERTAZIONE, ovvero quella pratica per cui, attraverso una mediazione, si ascoltavano le esigenze dell’una e dell’altra parte, si confrontavano con le norme legali, contrattuali e consuetudinarie vigenti, ci si scontrava lungo l’arco della trattativa e poi, in un lasso di tempo determinato dalle parti stesse, si giungeva a una sintesi o a una rottura completa di cui tutti dovevano assumersi piena responsabilità. Era un metodo così terribile? A me non sembra, mentre molto chiaro mi appare l’esito delle forzature che da qualche anno a questa parte si fanno: sempre meno diritti per tutt*, sempre più privilegi a “chi può”, sempre più sfruttamento per una maggioranza in pericolosa crescita. E non mi pare che con Renzi l’Italia stia “cambiando verso” su questo come su altri aspetti… anzi.

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