QUESTIONI DI SMALTO

Ricevo e pubblico dalla mamma di una bambina di quattro anni.

Cari tutti,
sono la mamma di XXX. Questa mail è indirizzata ai genitori delle bambine, mi scuso se non sono stata in grado di filtrare gli indirizzi, ma magari può interessare anche i genitori dei bambini che magari hanno anche delle figlie femmine. Premetto che mi rendo conto che forse il mio punto di vista possa essere non condiviso, ma vi assicuro che non sono una talebana del femminismo!
Stasera XXX mi ha detto che le metteranno lo smalto a scuola e che vuole che io le compri lo smalto. Io le ho risposto che è una cosa da grandi e che finchè lei è piccola non glielo compro. L’ha presa male (“io sono brutta, io sono monella, io sono stupida….”) e si è offesa, nascosta fra le coperte piagnucolando.
E’ già successo, e noi abbiamo abbozzato. A noi la cosa non va per niente bene. Stiamo faticosamente cercando di crescere una persona con una identità di genere femminile che però non venga schiacciata dagli stereotipi, e tuttavia è un continuo sentire da lei: questo è da maschi, questo è da femmine, io voglio fare la principessa che viene salvata dal principe, io sono brutta e devo avere lo smalto….etc.
No, a noi questo non va bene. I bambini sono bambini. E loro hanno quattro anni! Domani io o XXX (il papà) cercheremo di spiegare il nostro punto di vista alle maestre perchè lo smalto proprio non lo vogliamo (per mille motivi, anche perchè chissà che schifezze chimiche ci sono lì dentro), ma sopratutto non vogliamo che, come è mia netta impressione, venga alimentata una differenza maschi-femmine banale che troviamo dannosa. La differenza in sè c’è ed è feconda ma non si basa su “questo è da femmine e questo da maschi”.
Ora, io mi baso sui racconti di XXX e non posso e non voglio in alcun modo dare responsabilità alle maestre di qualcosa che loro magari non sanno o non hanno voluto trasmettere. Forse sono messaggi che ha percepito in chissà quale modo, forse esagero io….
Vi ho scritto queste righe per invitarvi a riflettere, magari non siete d’accordo, però se lo siete anche minimanente vorrei che si discutesse su queste cose.Mi ripeto, con questo messaggio non voglio colpevolizzare nessuno, sopratutto perchè il discorso dello smalto viene sempre presentato come un gioco. Ma, mi dispiace, per me non è un gioco. Lo smalto è solo un prestesto. Allora se smalto sia, mettetelo a tutti, maschi e femmine, allora sì che  sarebbe un gioco!
Saluti a tutti e spero in un dibattito proficuo

75 pensieri su “QUESTIONI DI SMALTO

  1. “Insegnando alle bambine la libertà di giocare senza paletti (alle madame truccate o ai camionisti) contribuiremo un pò al cambiamento.”
    Infatti, ma è proprio questo il punto, che non si tratta di un gioco! Di mascherarsi, di camuffarsi e fingere di essere leone o farfalla o madama, e neanche della variante del giocare a truccarsi e vestirsi “come la mamma”, (cioè la bambina vede la mamma e vuole fare come lei, logicamente: la mamma lì deve saper chiarire che è, appunto, un gioco, un mascherarsi, da limitarsi al momento del gioco, ovvero non ci vai a scuola o in giro, con il rossetto e la collana di perle). Qui parliamo di bambine che pretendono di truccarsi con l’idea di diventare più belle, idea che perseguono con coerenza nella vita quotidiana richiedendo certi vestiti, acconciature, accessori, nel confronto con le amiche (a 4-5 anni!) e negli interessi: questo non ha nulla a che vedere con gioco e fantasia! Questa è la vita reale, è una bambina che sente di dover essere bella, che si interessa di bijoux e scarpe perchè la valorizzino, come potrebbe fare una ragazza o una donna. Secondo me non è una cosa da assecondare, e assolutamente non da parte della scuola. E nota che questa cosa della bellezza è assolutamente una questione di genere: non mi risultano bambini maschi che implorano per andare all’asilo con camicia oxford cravatta e gemelli, o che si intrattengono confrontando sistematicamente con gli amichetti capelli, vestiti e quant’altro. I
    Diverso è il caso della bambina che

  2. Concordo con paola m: “Il che non significava che non fossero (ancora) previsti stereotipi di ruolo per le donne, oppure per le bambine, significava, invece, che gli stereotipi relativi alle donne non avevano colonizzato il campo degli stereotipi per bambine.”
    Sono stata bambina tra gli anni 90 e il 2000 ed era proprio l’inizio di questo processo di sessualizzazione delle bambine. Ne parla Loredana in Ancora dalla parte delle bambine, ne parla anche Natasha Walker in Living Dolls. Come sottolinea Francesca, non confondiamo il ‘gioco’ con la ‘performance di genere’.

  3. Sul permettere di indossare la gonna, non credo si tratti di dire di no, ma di far capire alle bambine che ci sono circostanze in cui non è adatta: poichè il senso del pudore condiviso ci dice che non si mostra la biancheria intima, arriva presto l’età in cui portando la gonna certi movimenti o gesti si finisce per non poterli e volerli fare più, o comunque non sentirsi a proprio agio facendoli. Se vai a ginnastica artistica, a nuoto o a karate non ti metti mica la gonna: allora siccome l’attività motoria e ludica è parte integrante delle giornate alla scuola per l’infanzia, ci si deve vestire in modo appropriato. Il problema non è la gonna, ma abituarle fin da piccole all’idea di sacrificare volentieri delle potenzialità d’azione alla piacevolezza estetica. Secondo me è uno dei tanti mattoncini su cui si costruisce nella mente dei bambini lo stereotipo della donna passiva, gradevolmente decorativa, che sta al suo posto, a fronte del maschio attivo e intraprendente e padrone del campo.

  4. Ah Grazie Zauberei!
    Mi hai tolto quel piccolo residuo senso di colpa allorquando pronuncio la mitica frase “…quando sarai grande”! Mi sembro mia madre, purtroppo.
    D’accordi con tutt* un conto è il gioco fatto in casa, il travestimento un conto è l’abbellimento fine a se stesso.
    Hottanta è dura interessare gli altri genitori, vuoi perchè non tutti sono sensibili al tema, vuoi perchè sono troppo impegnati, oppure semplicemente quando ne hai più di uno fai fatica a gestire tutto e deleghi alla scuola, pensando che loro siano quasi sempre nel giusto.
    Un episodio simile è successo anche a me, lettera e lungo panegirico inviata via mail, quattro risposte di cui una stizzita e rifiuto del saluto -anche di fronte ai pargoli- per alcuni giorni. Ti percepiscono come la rompi*alle della classe. E durante le riunioni di classe non va meglio, zitti, zitti ma appena varcano l’uscio della scuola…

  5. Sono contenta di leggere tanti commenti indignati di questa suddivisione forzata di genere. Io sono stata bambina negli anni ’70 e ricordo ancora le battaglie di mia madre per il grembiulino nero (col risultato che ero l’unica col grembiule nero della classe: le bimbe lo avevano bianco e i bimbi blu) e quelle della maestra elementare illuminata, che mise bimbe e bimbi a ricamare (e cosi’ io che a stento riesco ad attaccare un bottone sono brava con punto erba e punto croce). Adesso mi pare che si sia tornati indietro. Nella scuola di mio figlio (privata, laica, internazionale) per la pressione dei genitori hanno aggiunto alla divisa standard dell’asilo (tuta) anche una pseudo gonnellina con pantaloni sotto cosi’ non si vedono le mutande (agghiacciante). Mio figlio, che adorava il rosa, adesso lo disprezza perché “da femmina”. Cerco di farlo ragionare, mostrandogli ad esempio padri barbuti con magliette o golf rosa ma la pressione sociale e’ veramente fortissima. Come ragioneranno queste persone quando saranno loro gli adulti?

  6. Lo smalto a quattro anni non ci sta, però… Io ho quasi 50 anni. Mia mamma ne ha 76. Quando io ero piccolo lei non si truccava, non andava dal parrucchiere, non toglieva neanche i baffetti sul labbro superiore. Mai usato lo smalto per unghie, all’epoca. Eppure io, in una scuola mista con un bravissimo maestro maschio (all’epoca erano numerosi) mi truccavo con i colori pastello, inumidendone la punta con la lingua e riducendomi un mascherone. Perché lo facevo? Perché disegnavo (bene, ero precoce) delle splendide principesse con abiti da dama incrostati di pietre preziose e capigliature fluenti? Occhio, la televisione all’epoca doveva ancora inaugurare la tv dei ragazzi e in casa mia entrava un quotidiano e tantissimi dischi di musica lirica. Cosa voglio dire? Non lo so di preciso. Ma ho come l’idea che la femminilità umana sia troppo ricca di sfaccettature endogene per ridurre tutto all’influenza delle bambole, della tv e di maestre poco accorte che invitano a portare lo smalto in classe. Non colpevolizzerei i cosmetici, tanto meno il colore rosa. Tra una principessa e l’altra, io giocavo con una pistola che esplodeva rumorosissime cartucce a salve, per dire.

  7. Da quando ero una bimba piccolina i miei genitori mi hanno sempre insegnato ad essere solamente me stessa. Niente smalti, niente trucco. Ho iniziato a truccarmi quando ero a metà delle scuole superiori. Ora ho 28 anni, e quindi facendo due conti rapidi utilizzo il trucco e gli smalti da circa una decina di anni. Non mi sono mai considerata una sfigata solo perché vedevo le mie coetanee già nei primi anni delle medie. Vivevo la cosa con semplicità e non me ne importava un granché. Oggi, a 28 anni, una laurea in traduzione ed interpretariato, una partita iva aperta da quasi tre anni, lavoro da quando ne avevo 16, all’inizio d’estate, poi piano piano cercando di fare del mio meglio in quello che si sarebbe poi delineata come la mia vita e la mia passione. Da sempre sono una grandissima appassionata di moda e cerco di utilizzare i mezzi che ho a disposizione per sentirmi bene con la mia “me”. Non nego che mi piace moltissimo truccarmi, sentirmi in ordine, adoro le borse, adoro le scarpe con il tacco. Ma quello che fa la differenza è quello che ho negli occhi e nel cuore. Ho da poco pubblicato un mio libro di poesie, che rispecchiano il mio animo inquieto. Da sempre ricerco l’affermazione come donna nel mondo del lavoro, nella famiglia. Da sempre lotto con la quotidiana faccia machista del mondo. E questo non significa dimenticare la femminilità che mi caratterizza; questo non significa abbandonare ciò che mi piace. Guardandomi attorno noto da sempre (ho avuto il piacere di insegnare inglese alle scuole superiori) un’esagerata brandizzazione e un’inadeguata fashionizzazione delle ragazze, delle giovani donne. Noto anche una dolorosa ambivalenza: avere un orgoglio personale/intellettuale oppure un orgoglio fashionista/glamourous? Non condivido l’estremismo univoco. Vorrei solo, con queste poche righe, esprimere il mio punto di vista. Il rischio dell’epoca moderna, come già ho scritto nel mio blog (the fashionable book lounge) è quello di perdere di vista il vero valore di essere donne. Ma prima di tutto di essere “human being” esseri umano , e in quanto tali il fatto che abbiamo delle aspirazioni, che sono esattamente le stesse di quelle dei nostri colleghi maschietti. Quindi credo sia naturale per una bimba voler mettere lo smaltino sulle dita, ma ritengo in egual maniera che per ogni cosa ci sia il suo tempo. Step by step. martina

  8. Mi domandavo anch’io quale potrebbe essere un argomento che possa catturare l’attenzione di altri genitori sulle questioni di genere. L’unico dubbio che ho suscitato (mio malgrado) parlando tra conoscenti di questioni di genere a scuola, sessualizzazione precoce ecc è: mia figlia a forza di trucchi e scarpette luccicose rischierà mica di diventare una escort o una velina? (conclude che siccome in famiglia ha esempi virtuosi il pericolo non sussite).

  9. @francesca oddio, perché io quando vedo in giro bambine conciate così mi chiedo: “vorranno mica farle diventare deficienti”?

  10. infatti paola…invece è direi rarissimo che questo appiattimento sull’essere belle e piccole donnine sia considerato come un restringimento degli orizzonti delle figlie. Quando non incoraggiato, viene benevolemente tollerato. Mi domando cosa potrebbe invece mettere la pulce nell’orecchio ai genitori, nell’ambito di una conversazione da bar o da gruppetto di mamme fuori dalla scuola… quale può essere la chiave, la corda giusta da toccare, che non faccia sentire giudicati, ma insinui l’ombra di un dubbio che magari non è “naturale”, né innocuo, che delle bambine abbiano questa fissa del look e della bellezza?

  11. Ciao, mi trovo concorde con l’articolo. Negli ultimi anni si sta assistendo ad un ritorno degli stereotipi terribile. Le bambine sono marketing, fin da piccole devono essere educate al culto della bellezza e questo va a scapito di altri valori. In più gli albi scolastici non aiutano, fanno trasparire una donna passiva e subordinata praticamente in ogni pagina su cui i bambini studiano. Non trovo nulla di male nel limitare l’uso dello smalto alla bambina, anche se forse lei lo sentirà più come una ingiustizia. Sarebbe fantastico se i genitori, uniti, andassero a scuola per proporre qualcosa che abbatta gli stereotipi agli insegnanti. Il mondo si cambia con le piccole cose!

  12. Non sono convinta. Richiedere l’intervento della legge, per esempio, non è a mio parere la via migliore. Credo piuttosto che occorra seguire la via dell’educazione. E allora l’obiettivo dev’essere, ancora una volta, la scuola: e, in assoluto, la formazione e l’immaginario.

  13. Non si richiede l’intervento della legge, è un appello per i genitori al boicottaggio e per una presa di coscienza del problema.

  14. Ho letto che la proprietaria ha smentito con un’Ansa che si tratti di un centro estetico per bambine: “…non c’è nessun servizio estetico riservato alle bambine sotto i 12 anni. (…) Questo non lo abbiamo nemmeno lontanamente pensato – dice – perché la nostra è solo un’idea nata dai racconti delle clienti, le quali descrivono il divertimento delle figlie nel giocare con i loro trucchi. Così abbiamo acquistato alcuni prodotti per bambini, atossici, inodori e solvibili in acqua – aggiunge la titolare – in modo che, mentre lavoriamo sulle clienti adulte, le piccole possono dilettarsi con i trucchi-giocattolo. Del tutto gratuitamente, si intende”. “La nostra proposta – conclude – deve essere intesa unicamente nel senso del gioco, senza alcuna intenzione di trasferire nelle bambine l’idea che alla loro età abbiano bisogno di ricorrere a trattamenti estetici”. Certo è comunque triste, ma meno che un vero centro estetico…
    Sul volantino comunque c’era scritto: “Little Lolas Kids Spa – Centro estetico per bambine (2-12 anni)…” e “Vieni con le tue amiche e potrai provare tutti gli smalti” (“con le tue amiche”, non “insieme alla tua mamma”).
    http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/258589

  15. Piena solidarietà e comprensione per questa mamma. E’ dura andare controcorrente ma è importante resistere anche nelle cose che sembrano piccole.

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