Blog e fumetti. Per meglio dire: “scrittura breve” (ammesso che la scrittura in rete sia necessariamente breve: ma questo è un altro discorso) e disegnatori.
In parole povere, nasce Blog&Nuvole, in collaborazione con la Triennale di Milano: qui trovate tutte le notizie sull’iniziativa e sul concorso.
Scuola. La fischiata Gelmini ha pronunciato questa frasetta, ieri. Stralcio dall’articolo di Anna Maria Liguori per Repubblica:
“Gelmini ha anche precisato, sfidando le critiche («so già di suscitare uno scandalo») che per finanziarla intende chiedere aiuto anche ai privati: «Fanno bene aziende e banche a sponsorizzare le squadre di calcio ma diano una mano anche alla scuola». ”
Lungi dalla vostra eccetera demonizzare nessuno. Al limite, anche la ventilata pubblicità nei libri di testo non mi scandalizzerebbe più di tanto. Mi scandalizza la qualità della gran parte dei medesimi, semmai. Ma rischio di essere noiosa.
Romanzi e videogiochi. Da segnalare, subito, la strepitosa recensione di Alessandra C. su “Fucking Love”: ottimo spunto per riflettere un poco sul rapporto fra narrativa e mondo videoludico. O presunto tale, temo.
Uh
io meno de 5000 battute insieme non le metto….:) funziona lo stesso però eh! Non è detto insomma che isogna essere bloggheristicamente brevi sempre. Beh, qualched’uno in effetti stramazza.
Comunque mo ce provo:) grazie della segnalazione.
“Al limite, anche la ventilata pubblicità nei libri di testo non mi scandalizzerebbe più di tanto”.
Già me li immagino, putacaso, certi libri di geografia con lo swoosh della Nike qua e là; altri con un hamburger McDonald’s. Coca-Cola a gogò, ovviamente. Nei libri delle elementari-medie, bambole Bratz a profusione in concorrenza con la Barbie. Ecc. ecc. ecc.
Vero che tanti manuali scolastici lasciano a desiderare, ma qua siamo di fronte a un altro e grave problema. Potrebbe mai, per esempio, un libro di geografia per le scuole superiori, aggiornato e approfondito, raccontare liberamente delle multinazionali come la Nike e del loro sfruttamento del lavoro minorile nei paesi del sud-est asiatico e nel contempo ospitare il logo della Nike? Così eh, è solo una delle prime considerazioni che si possono fare.
Insomma, fin dai primi anni, così, con i libri di scuola educheremmo i bambini, i ragazzi, oltreché al genere (come Loredana ha ben illustrato nel suo “Ancora dalla parte delle bambine”) al consumo: la cosa non mi sembra meno grave. Forse all’educazione al consumo siamo ormai tanto assuefatti da non meravigliarcene più di tanto: Disney, con i suoi animaletti, è ad esempio da tempo che educa i bambini al consumo, e all’insegna del divertimento, condimento micidiale per addormentare le menti. E noi adulti poi siamo tutti allegri se portiamo i bimbi in quelle “cattedrali del consumo” che sono i parchi a tema Disney.
Ma che anche nei libri di scuola arrivi la pubblicità e venga “tollerata” a me sembra osceno.
Anita ha ragione. Ma. L’oscenità, come hai giustamente sottolineato, è ancor più nella sventatezza con cui, nei libri di testo, si propongono modelli sbagliati (quando non informazioni sbagliate). Prima di preoccuparsi della pubblicità, mi occuperei di quello…
Loredana, una cosa non esclude l’altra. E a me non sembra meno grave dell’altra (l’educazione alla cultura del consumo, intendo, non mi pare problema da poco). Soprattutto, la preesistenza, nei libri di testo, di evidenti difetti, non deve essere una sorta di salvacondotto per tollerare o ridimensionare la gravità dell’aggiunta di un’ulteriore “macchia”.
Che è alle porte: modello USA, già da Confindustria arrivano le prime esortazioni in tal senso… Poveri noi.