RAGGIUNTA QUELLA LIBERTA' MI SAREI PERDUTO: UNA BREVE RIFLESSIONE SUL MALE

Non intendo certo affrontare qui, in un breve post scritto dopo una notte di letture e riflessioni,una questione impossibile da dirimere come il rapporto fra letteratura e Male. Sono e resto convinta che senza interrogarsi sul Male la letteratura perda una delle sue funzioni primarie (tutta la letteratura: realista, non realista, perturbante, e così via). Mi chiedo però a volte, e questa è una di quelle volte, quanto sia diventato difficile farlo. O, per meglio dire, crederle. E’ vero, lo scrittore deve far male a qualcuno per essere tale: e ogni volta che si tocca il punto (ed è bene toccarlo, in tempi di narrazioni spesso smussate e ripiegate), si citano soprattutto due grandi figure della letteratura. Primo fra tutti, lo stupratore di bambine Stavrogin, appunto  nei Demoni di Fjodor Dostoevkij, e a seguire Patrick Bateman in American Psycho di Bret Easton Ellis. Ma aggiungo anche, venendo più vicino a noi, il protagonista di Bruciare tutto di Walter Siti, che tanto scandalo (ingiustificato, per me, destò) o il percorso che Nicola Lagioia ha fatto nelle vite degli assassini in La città dei vivi.
Non mi sto chiedendo, dunque, se la letteratura abbia dei limiti o fin dove possa spingersi nel corpo a corpo con il Male: è uno dei suoi compiti, appunto. Può decidere di tralasciarlo, naturalmente, o può accompagnarlo con una prospettiva di redenzione, nella convinzione, come Umberto Saba, “che ogni estremo di mali un bene annunci”, o che infine arriveranno le aquile, o può non accadere nulla di tutto questo, come in Ellis. American Psycho è peraltro, a mio modo di vedere, uno dei libri più importanti degli anni Novanta e non solo: e questo al di là di ogni interpretazione sociologica che di quel romanzo si possa dare (e che, nei fatti, è stata data). Ellis sceglie la prima persona per raccontare le ossessioni glamour di Patrick Bateman. A narrazione avanzata, lo stesso tono è riservato al catalogo di omicidi, torture, stupri, mutilazioni, necrofilia, cannibalismo che entrano nella vita di Bateman e che sono posti sullo stesso piano dei completi Armani e della musica dei Genesis.
Semplicemente, o forse no, in nessuno dei casi sopra citati il lettore si fa voyeur. Non si lascia alcuna concessione all’immedesimazione: lo si chiama fuori, anzi. Ma quando l’identificazione avviene, quando si avverte invece il desiderio non di autoprofanarsi ma di esibire, cosa avviene? Per carità, giustissimo  che ci siano scossoni in questo mare quieto: ma mi domando quanto quegli scossoni sono voluti, cercati persino. Quanto mentano al lettore per il piacere di farlo, insomma. E mi chiedo anche  se si possa infine porre queste domande, senza restare al bordo del tavolo come la signora Stohr della Montagna incantata, ignorante come una zucca, con le guance rosse e la curva della temperatura sempre in ascesa, mentre tutti gli ospiti del sanatorio la guardano con disprezzo, perché sembra non capire quel che tutti capiscono (forse).

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