RAGIONARE SULLE ALTERNATIVE

Tanto per prepararsi all’incontro di stasera, ecco l’intervista di Manuela Perrone a Chiara Lalli, per Il Sole 24 ore – Sanità
La manipolazione del significato di obiezione di coscienza è compiuta: oggi è un’arma contro la laicità e l’esercizio delle singole volontà. (…) Un colpo di genio. La chiamano obiezione di coscienza ma è sabotaggio: dei diritti di tutti noi, ammettendo inammissibili eccezioni ai doveri dei funzionari pubblici o della professione che si sceglie». Nel libro «C’è chi dice no» (Il Saggiatore, Milano, 2011) la bioeticista e filosofa della scienza Chiara Lalli non usa mezzi termini per definire la parabola dell’obiezione di coscienza in Italia. Da quando era appannaggio di chi si rifiutava di prestare il servizio militare prima del 1972 o di barattarlo con il servizio civile dal 1972 in poi – obiettori che pagavano il prezzo del carcere per la loro opposizione – ai nostri giorni, quando serve da scudo ai «medici che non vogliono eseguire le interruzioni di gravidanza o prescrivere un farmaco». E che, scrive Lalli, «non pagano nulla e non rischiano nulla».
Tra l’era dei pacifisti e quella dei ginecologi che cosa è successo?

Un elemento fondamentale. Con la legge 194/1978 l’obiezione è entrata nel diritto positivo: non è più contra legem ma è diventata qualcosa che sta dentro la legge. Non è soltanto una faccenda terminologica. La mia prima domanda è: perché non cambiamo nome a qualcosa che ormai è inclusa nel novero di ciò che è possibile fare? La seconda è: perché per chi sceglie di essere obiettore non c’è l’obbligo di offrire un servizio alternativo, come avveniva per chi rifiutava la leva? Così aumenta il rischio di scelte di comodo. Un rischio avvalorato dai numeri: i ginecologi obiettori sono arrivati al 70,5% e ci sono Regioni in cui si va oltre il 90%. C’è qualcosa che non va.

Ci si sottrae a un dovere senza nessuna “punizione”?

All’origine non era stata prevista una prestazione alternativa. Ma questa assenza allora era comprensibile: era giusto permettere a un medico che aveva scelto di fare il ginecologo prima che esistesse la legge di non partecipare a qualcosa che prima non c’era. Ma oggi, a quasi quarant’anni dal 1978, come mai manteniamo questa esenzione? E poi: possibile che solo i ginecologi hanno una coscienza? Tante professioni si trovano ad affrontare situazioni moralmente controverse: pensiamo agli avvocati d’ufficio che devono difendere stupratori o assassini. Vale ancora l’esempio della leva: l’obiezione aveva un senso quando era obbligatoria e le armi erano imposte a tutti i cittadini maschi. Ma se oggi si sceglie la carriera militare giustamente l’obiezione non è prevista. La discussione va riaperta.

Anche perché quello che lei definisce un «pervertimento semantico» si è accompagnato all’anti-scientismo dilagante, anche in medicina.

Con il passaggio dal paternalismo all’autodeterminazione lo spazio di conflitto tra medico e paziente sta esplodendo. Come giustifichiamo oggi il fatto che le credenze morali e religiose di un medico mi calpestino come persona? Nessuno vuole impedire niente a nessuno sul piano personale. Il problema, di nuovo, è il profilo professionale e pubblico che i ginecologi hanno liberamente scelto. Respiriamo un clima in cui è molto difficile portare avanti argomenti razionali. Quando si invocano i cosiddetti «valori non negoziabili» si chiude la porta a qualsiasi discussione, senza sottrarvisi esplicitamente perché sarebbe troppo impopolare. Come è troppo impopolare attaccare direttamente la 194 o l’autodeterminazione. Quindi si fa finta di rispettarle ma si svuotano dall’interno con strategie subdole.

Sabotaggio “istituzionalizzato”?

L’articolo 9 della legge 194 ha effettivamente delineato un servizio e al tempo stesso ha fornito ai medici uno strumento per sottrarvisi. C’è però un problema più grosso: questo povero articolo 9 viene interpretato in modo molto disinvolto. Sia perché non c’è alcuno sforzo logistico per assicurare che le strutture garantiscano il servizio previsto dalla legge sia per l’abuso e l’ampliamento del dominio. La norma ammette l’obiezione esclusivamente per «le procedure e le attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza» ma non per l’assistenza «antecedente e conseguente all’intervento». Oggi si fa sulla mammografia, sulle analisi per la Fivet, sull’anestesia in caso di aborto tardivo.

Le leggi sono giuste ma l’applicazione è scorretta?

Esatto. Si pensi alla contraccezione d’emergenza su cui continuano a obiettare non solo medici ma anche farmacisti, anche se l’Oms ha chiarito che la pillola del giorno dopo «può solo prevenire e non interrompere una gravidanza». Ma se un farmacista può opporsi alla contraccezione d’emergenza perché non potrebbe poi opporsi a un farmaco contro il dolore? Nessuna legge prevede che si possa mancare al proprio dovere professionale. Eppure spesso nessuno protesta. Forse è anche colpa nostra, forse non conosciamo abbastanza i nostri diritti e non sappiamo quando possiamo legittimamente pretendere il servizio che ci viene negato.

Chi ne paga le conseguenze?

Le più deboli: le giovanissime, le immigrate. Come sempre accade quando i diritti sono sotto attacco.

Il risultato sono le storie che ricorda nel suo libro, come quella di Margherita, abbandonata in corsia per giorni in attesa che arrivi il turno dell’unico obiettore dell’ospedale.

Sono storie di diritti negati, di privazione della libertà in nome della coscienza. Che fanno tanto più male se si pensa a un altro aspetto indegno: moltissimi obiettori fanno diagnosi prenatale e moltissime strutture, anche religiose, fanno affari con questo mercato. Ma poi, se emergono problemi, mandano le donne ad abortire altrove, spesso senza neanche fornire informazioni. Le abbandonano.

Che cosa succede se diventano tutti obiettori?

È una domanda che dobbiamo porci perché in molti ospedali succede già. La legge non stabilisce un tetto massimo di obiettori, e non potrebbe, ma precisa che l’obiezione può essere solo personale, non di struttura. Dunque ogni struttura deve garantire il servizio. Anche perché – lo chiedo agli oppositori dell’aborto – qual è l’alternativa alla 194? obblighiamo una donna a portare avanti una gravidanza?

Qual è la sua “ricetta”?

La soluzione radicale sarebbe quella di cancellare l’obiezione di coscienza. Ma se si trovasse il modo in cui il maggior numero possibile di volontà e di libere scelte siano garantite ben venga. Penso a creare vantaggi obiettivi, anche di carriera, nell’essere non obiettori, cioè ginecologi al 100%. L’importante è ragionare sulle alternative che abbiamo per evitare che quanti si rivolgono a un medico vengano schiacciati dalla sua visione del mondo.

9 pensieri su “RAGIONARE SULLE ALTERNATIVE

  1. La risposta alla domanda, qual’è l’alternativa alla 194, purtroppo per molti è: “obblighiamo una donna a portare avanti la gravidanza”, è una risposta dura un pò “nazista”, ma di fondo, il concetto è chiaro: l’aborto è un crimine verso la vita, ti impedisco “solo” di commettere un crimine. Qui il sopruso, la violenza, è di stampo “nazista” e ripeto la parola è forte, ma forse le immagini orribili, viste ieri sera, nella trasmissione di rai3 Sirene, che si occupava della violenza gratuita e orribile perpetuata da infermieri e inservienti di una casa di cura, appunto sulle povere ospiti anziane e disabili, mi ha fatto pensare ai lagher, a quel malvagio, mai sopito, sentimento di disprezzo verso gli altri, che aleggia sinistro sulla testa di alcuni per fortuna pochi, uomini e donne. Forse dentro di me ho pensato che l’aborto sia un crimine contro la vita, ma non potrei mai concepire la possibilità di impedirlo con la coercizione e l’abuso, si dirà che sto drammatizzando troppo, però quello che pian piano si prospetta per la donna che affronta questa decisione così drammatica, un vero e proprio calvario, già lo è di fatto, e penso non sia civile e degno di una società civile

  2. Tutto giusto tranne : “All’origine non era stata prevista una prestazione alternativa. Ma questa assenza allora era comprensibile: era giusto permettere a un medico che aveva scelto di fare il ginecologo prima che esistesse la legge di non partecipare a qualcosa che prima non c’era”
    E´una posizione assurda per chi ha una idea anche vaga della professione medica. Infatti, implicherebbe che abbia un qualche fondamento l’assunto per cui i doveri del medico sono quelli previsti quando questi inizia a praticare la professione: fatto completamente assurdo!

  3. La stessa Chiara Lalli, a un certo punto dell’intervista, esplicita il più valido dei motivi per l’abolizione dell’obiezione di coscienza, che poteva andare bene per i ginecologi in esercizio prima dell’antrata in vigore della 194. Non più oggi, quando chi vuol fare quel mestiere dovrebbe essere perfettamente consapevole delle incombenze che esso comporta, e può eventualmente scegliere un’altra specializzazione, se non si sente di praticare IVG. Poi vira sull’incentivazione a non obiettare, ritenendo più praticabile premiare che vietare. Su questo non sono d’accordo: uno stato degno di questo nome dovrebbe avere la fermezza di vietare, quando è necessario. E nel caso dell’obiezione all’IVG è talmente evidente quale sia la parte debole, e dove sia la prevaricazione, che se lo stato si dilegua non si vede chi dovrebbe mai far rispettare il diritto violato.

  4. Errore, è possibile mettere un “tetto” all’obiezione. una sentenza del TAR puglia ha annullato un bando dove si chiedevano solo medici e ostetriche non obiettori perchè discirminatorio, dicendo invece che sarebbe stato ragionevole e legittimo prevedere un 50-50.
    V. http://www.correnterosa.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=441:la-sentenza-del-tar-della-puglia-nd-34772010-sulla-presenza-dei-medici-obiettori-di-coscienza-allinterno-dei-consultori&catid=36:argomenti&Itemid=64

  5. Io non capisco come si possa permettere ad un ginecologo di un Ospedale pubblico di sottrarsi all’esecuzione di un aborto per obiezione di coscienza.
    Questi medici sono dipendenti pubblici, debbono quindi praticare ai pazienti tutte le prestazioni legalmente autorizzate.
    Penso che l’obiezione di coscienza sia accettabile solo se fatta valere in un Ospedale di proprietà della Chiesa cattolica, che si ispiri al dettato religioso di rifiuto dell’aborto.

  6. mi spiace non esserci stata: un video dell’incontro? spero anch’io che questo sia il primo passo per tutto il resto, non possiamo più aspettare.

  7. Tina Saccomanno, ad oggi e da una trentina d’anni, l’obiezione è prevista dalla legge, c’è poco da capire, sia che si sia favorevoli o contrari.
    Qualcuno si sta muovendo comunque, ad esempio uno come Stefano Rodotà, che infatti mi pare si stia dando da fare per cercare di cancellare l’obiezione di coscienza stessa dalla legge 194.

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