RAPPORTO OMBRA SULLE DONNE ITALIANE

Finalmente, il rapporto ombra è on line.
Passo indietro.
Sapete cos’è la CEDAW? Trent’anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava la Convenzione per l’Eliminazione di ogni forma di Discrimi­nazione contro le Donne (CEDAW), considerata ancora oggi uno dei trattati internazionali più completi sui diritti delle donne. La CEDAW chiede di eliminare le discriminazioni che limitano la partecipazione delle donne alla vita pubblica, lavorativa e ai processi decisionali, di contribuire all’eliminazione della violenza di genere e di impegnarsi per cambiare la diffusa accettazione degli stereotipi.
L’Italia ne fa parte? Sì. L’ha applicata? Poco e male. Ora, un gruppo di donne ha analizzato il rapporto presentato dall’Italia nel 2009 e ha approntato un Rapporto Ombra, documentatissimo. Barbara Spinelli, la giurista che ha coordinato il progetto, lo riassume così nella sua tabella di sintesi:
“Nel Rapporto Ombra sono evidenziate le principali criticità relative alla diffusione e alla applicazione della Convenzione in Italia, al funzionamento del sistema delle pari opportunità, alla rappresentazione delle donne, alla rappresentanza femminile nella vita pubblica e politica, nazionale ed internazionale, alla cittadinanza, alla scuola, al lavoro, alla previdenza sociale, alla salute, allo sfruttamento lavorativo e sessuale delle donne, alla violenza di genere in tutte le sue forme, dai matrimoni forzati al femminicidio.
Il Rapporto pone particolare attenzione alle discriminazioni subite dalle donne disabili, dalle donne private della libertà personale, dalle donne migranti, Rom e Sinte.
Viene altresì evidenziata la doppia discriminazione subita dalle lesbiche e transessuali, sia in ragione del loro orientamento sessuale sia in quanto di sesso femminile.
Il Rapporto Ombra copre il periodo dal 2005 ad oggi.
Il giudizio complessivo nei confronti dell’attività dei Governi che si sono succeduti in questi anni è critico: poco è stato fatto a livello strutturale per combattere gli stereotipi sessisti e i pregiudizi di genere, che “minano alla base la condizione sociale delle donne, costituiscono un impedimento significativo alla attuazione della Convenzione, e sono all’origine della posizione di svantaggio occupata dalle donne in vari settori, compreso il mercato del lavoro e la vita politica e pubblica” (Raccomandazione n. 25/2005 del Comitato CEDAW all’Italia).
La dipendenza economica e politica del Ministero delle Opportunità dal Presidente del Consiglio ha impedito che in questi anni potessero essere adottate riforme in un’ottica di genere, consentendo sempre il prevalere di altri interessi sulla garanzia di un effettivo godimento dei diritti, in concreto, per le donne.
Ad esempio nel 2007 il disegno di legge “organico” Pollastrini contro la violenza di genere diventò un disegno di legge a tutela della famiglia, rinominato Bindi-Mastella-Pollastrini, per non essere poi mai approvato.
E oggi pure prevalgono gli interessi corporativi nella legge che introduce le quote nei C.d.A, e gli interessi dei partiti nella mancata approvazione delle leggi sulle quote rosa in politica.
Il maschilismo diffuso e l’assenza di una definizione di discriminazione di genere e basata sull’orientamento sessuale, impedisce inoltre l’estensione a donne e LGBTQI della tutela penale accordata dalla legge Mancino a tutti gli altri soggetti discriminati per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Questo ostracismo politico all’adozione di misure speciali temporanee per promuovere l’uguaglianza sostanziale delle donne e questa avversione al riconoscimento dei diritti basati sul genere e sull’orientamento sessuale, costituiscono gravi violazioni della Convenzione.
Oltre a queste, le principali violazioni dei diritti delle donne sono state riscontrate in materia di rappresentanza politica e pubblica delle donne, per la mancata attuazione dell’art. 51 Cost., che rende necessario, per garantire la presenza delle donne negli organismi politici locali, il ricorso giurisdizionale; nella salute, per il difficile accesso ai dispositivi anticoncezionali; nel lavoro, per l’inadeguatezza delle politiche governative a favorire la conciliazione vita lavoro e per la totale assenza di politiche mirate a garantire l’accesso al lavoro alle donne disabili e detenute; nei rapporti familiari, perché la violenza domestica non viene tenuta in considerazione nella determinazione dell’affido dei figli; nella protezione delle vittime di violenza di genere, per l’ancora insufficiente preparazione professionale specifica degli operatori e per il basso numero di case-rifugio presenti sul territorio e l’inadeguatezza dei fondi stanziati perché possano funzionare; nell’ancora insufficiente attenzione prestata alle situazioni di sfruttamento lavorativo delle donne migranti e al contrasto del fenomeno sommerso ma drammatico dei matrimoni forzati.”
Il Rapporto Ombra è qui: leggetelo, scaricatelo, diffondetelo.

7 pensieri su “RAPPORTO OMBRA SULLE DONNE ITALIANE

  1. stiamo parlando di un vero e proprio apartheid socio-culturale.Anche se dinosauri che si muovono come draghi tra i media sarebbero disposti a giurare che è solo vittimismo prendendo spunto dalla cronaca nera(un campo dove una certa indiscriminazione è argomento irrefutabile).A parte la dereligiosizzazione dello stato non so cosa si possa fare per accelerare un processo che altrimenti potrebbe costare ancora molto tempo e vedere scorrere sangue innocente,come se non bastasse quello già versato
    http://www.youtube.com/watch?v=2VhHr1mfsxI

  2. Grazie per la notizia.
    Fra ieri e oggi hai postato su due argomenti importantissimi, e non slegati se si pensa allo ‘stato di avanzamento dei lavori’ in entrambi i casi. Sono due dei pilastri dell’arretratezza di questo paese a parere mio, ma, per fortuna, c’è chi ci lavora ed aiuta ad accrescere la consapevolezza.

  3. Mi sembra un ottimo lavoro. Grazie! Ho mandato una mail al gruppo di donne con cui collaboro per proporre l’adesione. Mi piace molto la trasversalità: il fatto che le donne non sono considerate solo in relazione al genere ma anche ad altre specificità (migranti, lesbiche, disabili, carcerate…). Considero questo un punto di forza.

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