RE, REGINE E REGINETTE

E’ con infinito piacere che pubblico un intervento di colui che conoscete, nel commentarium, come Ekerot. E che ringrazio, non solo per il post che segue.

Rex vincere debet bella, bella debet esse Regina.
Quando diciamo che la questione dell’immaginario femminile nel nostro paese non si risolverà finché persisteranno le antiche narrazioni, le antiche cornici con cui raccontiamo e vediamo la realtà, probabilmente – io credo – siamo vicini al vero.
Ma questo ragionamento, che sfuma i ricordi delle lotte in piazza e delle manifestazioni d’antan, ci accosta ad una battaglia assai faticosa da vincere.

Il mese scorso Maria Sharapova, tennista russa attualmente numero 3 del mondo, vince il Roland Garros. Un’impresa sportiva di grande rilievo, visto che negli ultimi anni non se l’è passata granché bene in fatto di salute. Tutti i giornali di sport ne parlano e in ogni articolo che leggo (su Gazzetta, Eurosport, Repubblica, e altri) non posso non notare che l’epiteto formulare di Maria Sharapova è «La bella siberiana». La faccenda inizia a darmi fastidio. Anche perché, recuperando alcuni articoli in archivio, scopro che sia in tempi di sconfitta sia in quelli di vittoria, Sharapova è sempre stata «La bella siberiana». A prescindere.
Così mi armo di pazienza e scrivo ad un sito di tennis che seguo assiduamente, Ubitennis, uno dei pochi in Italia che parlano di sport senza pubblicare in prima pagina quotidianamente calendari soft-core di modelle ed atlete. La richiesta è: per favore, almeno voi, riuscite a non implementare in ogni discorso sulle tenniste la questione estetica?
La sera stessa, il direttore scrive in prima pagina così: «Non gioca solo bene, non è solo bella, ha anche personalità ed intelligenza. E personalmente mi è pure simpatica.» (il grassetto è suo). Mi dico, beh, non avrà avuto modo di leggere il mio commento.
Le antiche narrazioni non sono romanzi di quint’ordine, barzellette, cineteleliberpanettoni da un blockbuster e via.
Sono Miti. E Fiabe.
Gli avversari più terribili.

Alcuni giorni dopo appare un articolo, del vicedirettore, dal titolo: «Nell’attesa della tua venuta». Questa frase mistico-orgiastica fa da preludio ad un pezzo di giornalismo imbarazzante come pochi (un’ode alla bellezza di una sconosciuta tennista immaginata come Dea). Una redattrice del sito risponde scrivendo che si dissocia completamente. E qui arrivano gli strali. Bacchettona, veterofemminista, moralista, le tenniste fanno i calendari, se le tenniste non vogliono che si parli dei loro corpi che si mettano i pantaloni in campo, etc… Ovviamente non può mancare l’immarcescibile ‘non hai colto l’ironia’.
La morale della faccenda è che i giornalisti non hanno colpe né responsabilità, anche se – scopro in ritardo con somma delusione e rabbia che in precedenza anche questa redazione non ha resistito a compilare la hit-parade, ribattezzata per l’occasione ‘Ubignocca’ – si addentrano in toni e commenti più tipici di un bar del porto che di un giornale sportivo.
Insomma Maria Sharapova è bellissima e bravissima, e che male c’è a ricordarlo. Non si tratta di un fenomeno raro, o casuale.
Chiunque abbia seguito in questi anni le telecronache sportive del tennis femminile, sia raccontate dagli intoccabili Clerici e Tommasi, sia da giornalisti più giovani, avrà potuto ascoltare forse ad ogni partita commenti sul look, sui vestiti scelti, sull’avvenenza presente o meno delle atlete in campo.
Eppure, non ricordo di aver sentito commenti sulla ficaggine di Federer, Nadal o Djokovic (per chi non seguisse le racchette, si tratta dei primi 3 giocatori del mondo da anni a questa parte). Non si scrive né si dice «Il bel serbo, il grazioso svizzero». Sarebbe un commento fuori luogo, fuori contesto e totalmente inutile per raccontare una partita di tennis.
Ma evidentemente nell’altra metà del cielo, non si gioca solo a tennis. Il campo è anche il palco di una sfilata di moda.
La guerra dell’immaginario non si combatte esclusivamente su un livello dialettico e razionale. È una lotta tra chi ha scelto la pillola blu e si è risvegliato in camera, e chi ha preso quella rossa ed ora vaga nella Tana del Bianconiglio.
I miti che raccontano il tennis maschile non sono gli stessi del tennis femminile. Federer ridiventa numero uno e si accende Tolkien: «Il ritorno del Re». L’eroe immortale che risorge come l’Araba Fenice. Il gioco divino, cantato anche da D.F. Wallace, il gesto incomparabile. Non si parla dei suoi pettorali, dei muscoli, del viso.
Ma la numero uno femminile, beh: «Vika Azarenka non corrisponde all’idea della regina del tennis. Non è bella come la Sharapova, non è elegante, non ha i fans adulanti della Ivanovic».
Insomma, neanche più Re e Regina. Bensì Re e Reginetta.
Il giornalista ha ragione quando parla di mancata corrispondenza con l’idea di regina del tennis odierno – come se fosse necessario diventare\essere Audrey Hepburn anche per prendere una racchetta in mano. Ma forse non si rende conto di come tale idea, pur andando per la maggiore, non sia l’unica possibile, né necessaria.
Mi ricordo, a conferma del loop vizioso, tra molti esempi possibili, di questo articolo uscito due anni fa su una grande ex del tennis, Justine Henin. Classe infinita per lei, come viene sottolineato, ma non ci si può esimere dal trattegiarla come un elfo, uno scricciolo biondo, «così aliena e graziosamente bruttina, opposta alle pin-up momentaneamente prestate alla racchetta dalle passerelle modaiole».
Le foto delle tenniste in pose poco sportive non sono certo opera dei giornalisti italiani. Eppure, sembra che le abbiano scattate loro, con sguardo compiacente.
Provare a discutere con questi signori è quasi impossibile. Sembriamo non appartenere alla stessa tribù. A me fa male vedere che una grande sportiva debba trovare conveniente vendere il proprio corpo ai fotografi. Avrei voglia di aprire tutti gli obbiettivi e far bruciare la pellicola, non di pubblicare quelle fotografie.
Ma il circo mediatico, bisogna ammetterlo, nutre e guida i nostri giornalisti come il migliore dei Mentori. L’impressione è che la metastasi si sia talmente radicata che ormai è divenuta il corpo principale e sano. Lo sport diventa Showbiz e dunque i suoi cronisti si adattano, abbracciandone lo stesso sistema di simboli e le medesima logica di fondo.
Eppure, ascoltando per mesi le telecronache inglesi non ho mai sentito – e non credo per mia difficoltà di comprendere la lingua – commenti o addirittura classifiche sulla bellezza delle tenniste. È possibile, dunque, un’alternativa? Venticinque anni fa, agli Internazionali di Roma, vinse Steffi Graf contro l’idolo del pubblico Gabriela Sabatini. Un noto giornale italiano la apostrofò ‘brutta e antipatica’. In tutta risposta, per 9 anni la tedesca non giocò più in Italia.
Allora viene da pensare (sperare?) che il nostro virus non abbia ancora valicato i confini nazionali.
Non c’è bisogno di voli pindarici per riconoscere in queste brevi esperienze di giornalismo sportivo, le tracce dell’identico sistema che produce orrori più evidenti e clamorosi. Il maschilismo del linguaggio, e quindi del pensiero, è come una melma, una palta che ci avvolge. Tutti. Appena si crede di essere fuori pericolo, basta un attimo di distrazione, e si affonda di nuovo.
Siamo alle prese con un Trickster che confonde i piani, i livelli, le dimensioni effettive in gioco. La frammentazione è tale da impedirci un vero movimento: una parte di noi si agita in Matrix mentre l’altra è convinta di esserne uscita. Bloccati dentro ad uno specchio che riflette un altro specchio. Questo, per me, significa essere a contatto con l’immaginario che noi oggi respiriamo. Vincere a scacchi con la morte, al confronto, è un gioco da ragazzi.

27 pensieri su “RE, REGINE E REGINETTE

  1. Grandissimo pezzo! Lo condivido in pieno, soprattutto quel ritornello autoassolutorio: non hai colto l’ironia. E in nome dell’ironia si giustifica tutto e il contrario di tutto. Grazie di avercelo proposto.

  2. Giusto stamattina un articolo di Repubblica.it titolava: “La bella Hope esce a vuoto”, a proposito del portiere della nazionale femminile di calcio americana.
    Vi immaginate un titolo del tipo: Il bel Buffon esce a vuoto?
    Mah!

  3. Bravo! Questo è parlare chiaro. Le parole sono importanti e pesano sulla coscienza individuale. Il linguaggio deve essere corretto e sono felice che sia un discorso portato avanti da un uomo, ha ancora più valore… speriamo che ce ne siano tanti così.

  4. Verissimo. D’altronde, fin dalla più tenera età in Italia si pone l’accento più sulla bellezza che sulla tenacia e bravura delle atlete. Anche nelle attività non agonistiche. Io, per dire, non ho mai avuto un bikini fino alla pubertà conclamata, il massimo che mi concedevano era il costume intero o una pratica mutandina. Ora, non posso andare ad allenarmi in piscina o al mare senza vedere bimbette con leziosi due pezzi utili solo a sottolineare la sessualizzazione del pupo. Ne parla anche un columnist di Internazionale, guarda un po’: http://www.internazionale.it/opinioni/claudio-marcelli/2012/07/09/piccole-donne/

  5. Condivido e appoggio questa acuta analisi e vi invito a a vagliare con la stessa minuziosa osservazione come lo stesso tipo di discriminazione sia usato anche nei confronti delle donne che fanno politica come se per una donna le competenze professionali siano un di più rispetto alla narrazione del corpo

  6. forse la battaglia dovrebbero combatterla pure le dirette interessate dal momento che della bellezza si diventa schiave,quasi mai felici(peraltro terrorizzate dal rischio di dovere uscire di casa senza trucco costrette dal cataclisma).Invece più orbe che furbe,in genere,non spendono tempo per investire su se stesse in personalità o per dare un contributo a rendere la società meno schifosa.Per la gioia dei produttori di siero tissulare e derivati
    http://www.youtube.com/watch?v=GExII0ddGRs

  7. Ed io ringrazio moltissimo la padrona di casa per avermi ospitato. Ringrazio anche il commentarium, aggiungendo una postilla.
    Quattro anni fa, quando per caso scoprii Lipperatura, non avrei mai e poi mai neanche potuto immaginare (e non uso la parola a caso) le cose che ho scritto qua sopra.
    E sono certo che in nessun altro posto, eccetto la rete, sarei stato in grado di sviluppare una forte consapevolezza su tali temi. Né con un film, né con un romanzo, né con dieci saggi scritti alla perfezione. Di questo vi sarò grato e debitore per sempre.

  8. Avevo provato a scrivere un lungo commento prima, ma credo che si sia perduto in wordpress.
    Il senso comunque di quello che provavo a dire era questo: secondo me si parla in generale di desiderio, e il discorso non è sempre di genere. Avevo copiaeincollato una ventina di siti dove andarsi a vedere il corpo seminudo di Nadal, con interi paragrafi sui suoi addominali. Ce ne sono ovviamente migliaia.
    Nadal non è “grazioso” ovviamente, ma il suo fisico, il suo culo, le sue braccia, il suo pacco sono ugualmente oggetti di lode. Lo stesso funziona meno con Federer perché è un tennista diverso da Nadal, più bruttino forse ma soprattutto meno attratto dalla sua immagine mediatica.
    Lo stesso per me vale per la Sharapova e meno per la Williams, che parla di sé attraverso twitter più che far parlare gli altri di sé.
    La scivolosità della pregiudiziale di genere in questo senso può venire dal raffronto tra i lavori di Massimo Coppola per Isbn: l’almanacco sui calciatori anni ’70 e ’80, e quello sulle Tenniste. La costruzione del maschile e del femminile è ugualmente condizionata dal deiderio del pubblico, ma è anche perfettamente introiettata dagli sportivi, che si narrano come oggetti del desiderio, e quindi sessuale. Mostrando il pacco, le chiappe, tette, etc…

  9. Proprio facendo miei i rilievi di Raimo, provo a esprimere i miei dubbi. Dubbi, beninteso, non sul discorso di fondo, che è condivisibile; dubito, insomma, che i giornalisti possano rispondere positivamente alla richiesta di «non implementare in ogni discorso sulle tenniste la questione estetica». Ora, il tennis, al pari di ogni altro tipo di sport, è anche spettacolo. Lo spettacolo può fare a meno di non tirare in ballo anche la «questione estetica»? Lo spettacolo, per altro, non è fine a se stesso, bensì a vendere prodotti pubblicitari; e perciò il circo mediatico alimenta – non può che alimentare – il voyeurismo, quello maschile in particolare, essendo di sesso maschile la stragrande maggioranza di utenti dello sport. I giornalisti sportivi sono più dei piazzisti che dei giornalisti veri e propri. Potrebbero davvero venire meno al loro ruolo? Se un giornale tipo Repubblica, nella parte destra della sua versione on line, non ci risparmia di ricordarci che, in fondo, non siamo che dei “guardoni”, perché mai un giornalista sportivo non dovrebbe puntare sulla “bellezza” di una tennista? La «questione estetica», e il corrispondente «maschilismo del linguaggio», non è un capriccio o il frutto di una coscienza perversa: è un’esigenza imprenscindibile per l’economia dello sport/spettacolo.

  10. @ Garnant
    nell’articolo che lei segnala viene scritto che alle donne spagnole viene posta una domanda sulle loro fantasie erotiche, e che il più votato è uno sportivo. Significa forse questo che durante i suoi match i commentatori parlano soprattutto delle sue doti estetiche? Significa che un commentatore sportivo potrebbe chiamarlo “Il bel Rafael”?
    Assolutamente no.
    Significa che le donne spagnole hanno espresso un apprezzamento estetico *nel momento in cui a loro viene chiesto un parere estetico*.
    Noi non stiamo dicendo che nel loro privato le persone non possano dare giudizi estetici su sportivi, attori, scrittori. Sto dicendo che quando si parla di loro, specialmente nelle riviste a tema, bisognerebbe concentrarsi sulle qualità professionali.
    Eddai, sembra quasi ovvio.
    @ m.p. se cominciamo a giustificare con il marketing e il mercato, saremo disposti a giustificare qualsiasi cosa. Mi pare che quello che qui si cerca di fare sia proprio di migliorare le situazioni di sfruttamento, avvilimento, discriminazione.
    E soprattutto, cerchiamo di chiederci se è tutto veramente così imprescindibile come i poteri vogliono farci credere.

  11. @ Herato,
    Nadal è (anche) un prodotto per la Nike, come la Sharapova. Se e quando le narrazioni sono femminili o omosessuali, le doti estetiche di Nadal vengono esaltate. Capita di rado, e Gianni Clerici può fare i suoi commenti da gentiluomo, con tutti i limiti (ma anche i pregi) di questa retorica.
    Per me il problema non è semplicemente addebitabile a una decostruzione di genere, ma ha a che fare con la narrazione del desiderio.
    E la questione è: come poter far esistere una retorica del desiderio in un modo che non sia meramente pubblicitaria o prostitutiva?

  12. @ herato
    Il corpo dello sportivo, in quanto inscindibile dal gesto atletico, è carico di valenze e quindi si espone a parecchi rischi. Una valenza è quella della bellezza cinetica, lo spiega DFW in “Federer as Religious Experience”
    Beauty is not the goal of competitive sports, but high-level sports are a prime venue for the expression of human beauty. The relation is roughly that of courage to war.
    The human beauty we’re talking about here is beauty of a particular type; it might be called kinetic beauty. Its power and appeal are universal. It has nothing to do with sex or cultural norms. What it seems to have to do with, really, is human beings’ reconciliation with the fact of having a body
    Un’altra valenza è quella a cui Raimo fa riferimento parlando di narrazione del desiderio. L’articolo che ho segnalato dimostra che Nadal, oltre ad esprimere bellezza cinetica agli occhi dell’appassionato di tennis, è anche un sex symbol per il grande pubblico. Come mai questo accade ad un atleta di uno sport poco seguito, e per di più nemmeno il più avvenente atleta spagnolo dell’ATP (guardate bene Verdasco)? Gli accade perché negli anni la sua immagine pubblica l’ha portato a questo.
    Quando Nadal è emerso era un giovanotto spettinato che indossava una ammiccante canottiera scopri-bicipiti, si sistemava ossessivamente mutande e bermuda come rito scaramantico, e aveva come logo sulle scarpe un toro con tanto di corna. Il primo a trasgredire il codice di abbigliamento in un modo simile era stato Agassi negli anni ’90, e io ricordo distintamente che nelle leggendarie telecronache di Clerici Tommasi e Scannagatta si discuteva spesso del “polpaccetto di Agassi”.
    Per anni ci siamo trovati davanti a tonnellate di articoli specialistici a proposito del corpo di Nadal, dove ci si interrogava sulla naturalità del bicipite (sospetti maligni di doping), ci si chiedeva perché le mutande gli dessero tanto fastidio, e non si perdeva l’occasione per accusare il quadricipite troppo pesante di essere la causa degli annosi problemi di tendinite al ginocchio.
    Non mi sembra un caso che l’articolo includa proprio una foto di Nadal che morde un trofeo. Gesto originariamente innocente, piaciuto molto ai fotografi (guarda un po’) e ora parte dell’iconografia dello nostro mancino di Manacor.
    Quando la Nike presenta l’abbigliamento di Nadal per la stagione successiva, io mi immagino sempre una riunione dove si discute il brand positioning davanti ad una gigantografia divisa per parti del corpo, tipo tagli bovini.
    Per non parlare del video con Shakira! Non parliamone.
    Perchè Federer non è un sex symbol? Vedendoli dal vivo, in campo e in allenamento, è legittimo chiderselo. Federer è un bell’uomo ed persino più alto. Il fatto è che Federer non ha questo tipo di immagine mediatica. Federer è l’algido e talentuoso svizzero, è quello che con il suo gesto atletico trascende il corpo.
    Persino per David Forster Wallace, se Nadal rappresentava l’agonismo rituale, Federer era capace ti farti avere addirittura una esperienza religiosa.
    Spain’s mesomorphic and totally martial Rafael Nadal is the man’s man for you — he of the unsleeved biceps and Kabuki self-exhortations.
    Lo stesso Nadal ha cercato di correggere questa immagine una volta diventato numero 1 dell’ATP. Si è tagliato i capelli, ha iniziato ad indossare la polo e pantaloncini più convenzionali. Ha persino iniziato a scusarsi per l’abitudine di sistemarsi le mutande.
    Ora, è evidente che i commentatori sportivi in generale tendono a parlare dei corpi delle tenniste più che di quelli dei tennisti, e che questa in sé è una brutta cosa. Ma parlando anche molto del corpo dei tennisti, e lo fanno secondo lo stesso meccanismo, e cioè si parla di più del corpo dell’atleta che ha una immagine pubblica che lo porta ad essere considerato un sex symbol dal grande pubblico. Quindi, Nadal e non Federer, la Sharapova (o pensiamo qualche anno fa alla Kournikova) e non la Azarenka, quando se ci prendiamo il disturbo di guardare bene Federer e la Azarenka sono belli pure loro.
    Poi c’è la storia annosa del gonnellino, che complica il quadro. I pantaloncini da tennis sono stretti e impacciano se non si hanno fianchi androgini, la gonna lunga è fuori moda, i bragoni da calciatrice sono improponibili, e i leggings sono vietati in molti tornei (ma vedretele tenniste indossarli quasi sempre in allenamento perché sono pratici). Anche io ai tempi quando mi presentai al mio primo torneino di campagna, con la mia gonnella e l’atroce mutandone tecnico elasticizzato con il bordo pizzo mi feci qualche domanda sulla mia identità femminista sinceramente. Ora la gonnella moderna incorpora un pudico minishort, ma la complicazione rimane. La tennista è letteralmente più esposta, e ancora non abbiamo deciso come risolvere la faccenda.

  13. Garnant sicuramente il corpo degli sportivi è più esposto di quello dei postini. Ma ciò non significa che nella narrazione di una partita di sport il livello estetico debba entrarci per forza.
    Nelle telecronache sportive italiane, di fronte alle donne, esce con una percentuale dell’80%. Di fronte ai maschi, del 5% ad essere ottimisti.
    Non ho mai sentito dei commentatori inglesi, come è accaduto all’ultimo Australian Open, mettersi a fare la hot-parade delle tenniste.

  14. Il maschilismo nei linguaggi c’è anche nel mondo della musica. Ricordo che alcuni anni fa scrissi ad un giornale di musica che ero molto offesa di come in un articolo invece di parlare dell’ultimo disco di un gruppo con front-woman molto avvenente, si parlasse appunto, dell’avvenenza della cantante. Veramente ricordo i commenti disgustosi che sono stati scritti, sembrava un articolo per un giornale porno. Giuro.
    La risposta del giornale, ovviamente, è stata che io non colgo l’ironia (quando mai!), e chi aveva scritto l’articolo mi ha insultato in tutti i modi possibili.
    Arriverà un momento in cui ci stancheremo di tutta questa “bellezza”?

  15. Poi non ci sbagliamo tra lo spettacolo e la questione estetica vista in termini di avvenenza secondo i canoni vigenti al momento. Sono molto più inscindibili di quanto sembri dal commento sopra. penso semplicemente a Pippo del Bono che da 20 anni fa dei signori spettacoli con attori che secondo i canoni delle bellezze tennistiche di cui discutiamo manco entrano nel discorso, eppure non mi venite a dire che quegli spettacoli si fondano sulla questione estetica. Se invece ci mettiamo a fare di distinguo sui tipi di spettacolo, va bene tutto, ma torno al discorso già ripetuto parecchio qui in giro, che se vai a vedere i commentatori sportivi in altri paesi, si allargano un pochino di meno sui quarti di coscia.

  16. Concordo con quello che ha detto Ekerot, non c’è altro da aggiungere.
    Nadal ha scelto di fare il sex-symbol, e viene accontentato. Federer ha scelto di non farlo, e viene lasciato in pace. Quello che vorremmo è l’estetica di una donna che non ha scelto esplicitamente di essere un sex-symbol (attenzione: non una che ha scelto di non esserlo, ma una che non ha dato chiari segnali dell’intenzione di volerlo essere) sia totalmente IGNORATA. Come con federer, baresi, johnny wilkinson.

  17. Grazie, Ekerot, davvero.
    Mi chiedo quale potrebbe essere una forma significativa di protesta. Non quelle isolate, come la tua sul sito di tennis o quella di Michelle sul blog di musica. A far così, come avete dimostrato, si viene solo esposti al fuoco di fila delle obiezioni dei mentecatti. Forse si potrebbero organizzare dei flash mob autoconvocandoci per investire di proteste e per intervenire nel botta e risposta … 🙂

  18. Esprimo grande apprezzamento per questo post e anche per il successivo commento dell’autore. Anch’io, prima di scoprire anni fa questo blog, non avrei mai immaginato di essere sensibile a certe problematiche, sulle quali mi limitavo a cercare di essere corretto e civile. Anche non riuscendovi, nonostante gli sforzi.
    Tra l’altro, occupandomi di musica lirica, devo segnalare come una situazione abbastanza sovrapponibile si verifichi a quelle latitudini. È un mondo strano, quello della lirica. Ho dovuto leggere che alcuni soprani non stonano, come capita a tutti i cantanti prima o poi, ma emettono rutti uterini, pensate un po’ che genialità semantica.
    Buona giornata.

  19. Nel maggio del 2010, dopo aver letto un articolo di Gianni Clerici su Repubblica, scrissi al quotidiano questa mail:
    “Vorrei esprimere la mia perplessità per i continui e sempre espliciti riferimenti alle caratteristiche fisiche delle tenniste, onnipresenti nelle cronache del vostro Gianni Clerici. L’articolo di oggi cita una canotta gialla che sottolinea le “inimitabili tettine” della Pennetta. Seguono apprezzamenti di tutt’altro tenore sulla sua avversaria, una uzbeka di cui si mette invece in dubbio la femminilità, per via di una certa imponenza.
    Non sta a me discutere del valore di Gianni Clerici come giornalista, e probabilmente Pennetta e colleghe non vi trovano nulla di disdicevole, forse ne sono anche lusingate.
    Esprimo solo una considerazione, come appartenente al genere femminile: di nessuno sportivo maschio, mai, ho visto scandagliare tanto apertamente e in modo così compiaciuto l’anatomia e la qualità delle parti intime.
    Spero che prima o poi ci si renda conto che anche queste cose apparentemente insignificanti alimentano e rafforzano il sessismo e, in generale, una visione molto riduttiva delle donne, legata sempre e solo alla loro apparenza.
    Grazie per l’attenzione”
    Ovviamente nessuna risposta dal quotidiano che ha sempre sprecato molto inchiostro sul tema della dignità femminile ai tempi del berlusconismo. Dico sprecato perché basta un articolo del genere a rinnegare mille corsivi pieni di buone intenzioni.

  20. Non vi dico poi dei commenti che sento tra genitori che assistono alle partite di pallavolo delle proprie figlie. Gente che si vanta delle gambe e delle forme delle proprie figlie e deprezza le altre, uso il verbo non a caso, giacchè vede in quelle forme un futuro da sogno, capitale da far fruttare.

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