Perché al massimo l’attenzione andrà alle morte, alle ammazzate, come è avvenuto ieri (ed era a Trigolo, provincia di Cremona, la morte era per coltello, conficcato in un fianco, e “ero geloso” ha detto lui, e “tragedia della gelosia” hanno scritto i giornali).
Perché c’è altro da fare, da dire, da scrivere, e poi il femminismo è quel pensiero che vuole mettere le mutande alle statue, e nega l’eros, e tutto quanto non solo gli ultimi stoltissimi mesi ma anni e anni hanno propagandato riducendo la complessità a un aggettivo.
Perchè non c’è una questione femminile, ti dicono, ma una questione italiana, non vedi come siamo ridotti, non vedi che bagno di sangue?
Poi provi a dire che quella catastrofe c’era da aspettarsela il giorno stesso in cui la ministra si terse le lacrime mentre massacrava i poveri fra i poveri (le povere: le pensionate sono quelle che conoscono più di altri la miseria). Provi a dire che chi ricaccia indietro la questione dei diritti in un momento di massima crisi si consegnerà ancora più velocemente al disastro.
Se non bastasse, inviti a leggere, per esempio, lo studio fatto da In genere sulle dimissioni in bianco.
Ma non basta, e intanto tu incontri altre donne, che lavorano nel mondo dell’editoria. Ed ecco che a una, a poche ore dall’approvazione della riforma del lavoro, rinnovano il contratto ma a metà stipendio, e le dicono guarda, accetta, perché a settembre sarà peggio, almeno è qualcosa. Ne incontri un’altra, e ti dice che i vertici del suo gruppo hanno imposto, sempre a poche ore dall’approvazione della riforma, una scelta: mica si possono tenere quei precari, o si assumono o si licenziano. Opzione due, subito o a settembre, tanto per respirare appena un poco. Non lo sapete? Certo che lo sapete. Ma non se ne parla, non si può, perché il ricatto è fortissimo.
Riguarda anche gli uomini, ma certo. Ma a lavorare, in questo paese, è meno della metà delle donne, e le donne sono le prime a essere mandate a casa, perché in fondo, come diceva Susanna Camusso a maggio, quello sembra essere il loro posto, ed è un male minore: “c’è un’offensiva politica e sociale contro le donne, il diritto alla maternità e al lavoro. Siamo partiti dalle dimissioni “in bianco” e siamo arrivati a discutere dei costi della maternità responsabile, delle donne che non hanno la testa per il lavoro, che in un momento di crisi le donne possono stare a casa… Se rimetti in circolo queste idee crei le condizioni per avvelenare la società, per far vincere sempre il più furbo e il più forte”.
E’ luglio. Quelle idee sono sempre più in circolo. Si parla d’altro.
Grazie, Loredana, per le tue parole.
Davvero. Da neomamma che fino a giugno aveva un contratto cocopro a prestazione (da anni) nell’editoria, in pratica un lavoro a cottimo nonostante la comprovata esperienza nel settore. La maternità mi ha fatto essere a tal punto “inoperosa” da non riempire il mio ipotetico budget a dovere e giustificare così il mio mancato rinnovo. Aggiungi anche me nel tuo elenco.
Da settembre si riparte da capo, come se fossi una novellina.
Ho solo una considerazione da fare. Ammettere la gravita’ dell’involuzione che stiamo subendo, riconoscere che la perdita dei diritti civili, lavorativi, di genere ne e’ parte importante e non secondaria, non subordinata a motivazioni economiche, e’ solo un pezzetto del percorso necessario.
La presa di coscienza per poter ricostruire tutto (purtroppo, temo, dopo un crollo rovinoso) e’ anche ammettere che le radici di tutto questo processo degenerativo, iniziato piano piano, impercettibilmente, silenziosamente, fino alle mostruosita’ attuali, vengono da molto lontano.
Almeno dagli anni ’80, almeno da quando ha iniziato a scricchiolare quel benedetto/maledetto muro, e ben prima che si manifestasse l’infausto personaggio che tanto ci ha rovinato la vita, chiamato come causa e parafulmine di tutto mentre ne e’ stato ampiamente conseguenza, una sorta di organismo parassita che ha trovato terreno fertile in cui espandersi mostruosamente.
Purtroppo, non ripartiamo e non andiamo da nessuna parte con gli stessi che tentano di riverginarsi, ma sono stati a mollo nel sistema per decenni. Si riparte solo da zero.
Tu citi la Camusso, ma il sindacato ha colpe enormi nelle piccole concessioni che, giorno dopo giorno, ci han tolto ferie, soldi, diritti, garanzie, dignita’.
Un passetto, una goccia alla volta. Io lo so, perche’ nel sindacato, per un breve periodo, ho militato. Lo so, perche’ percorrendo il mondo del lavoro dagli anni ’80 le radici di questa degenerazione, i nuclei, i germi, li ho visti in azione, e bastava un po’ di lungimiranza e fantasia per capire dove sarebbero andati a finire.
Anche gli organi di informazione hanno le loro colpe, in questo processo dalle radici lontane. Negli anni ’80, appunto, per esempio erano martellanti gli articoli sulle carenze degli asili nido, era forte e subliminale la propaganda tesa a far sentire comunque un po’ in colpa la donna che lavorava e aveva famiglia.
Allora non riuscirono a fermare il fenomeno, di emancipazione e affermazione di dignita’.
Oggi ci pensa l’economia a dare una mano.
Ho imparato che certi processi, come gli appetiti degli speculatori, sono lenti e pazienti. Per cementificare e devastare un’area, ci possono volere anni e anni di attesa. Poi, quando parte, e’ un attimo.
Purtroppo, non ci si salva in questo marasma perche’ non esistono i “meno peggio” a cui rivolgersi, e coloro, come la Camusso o altri, che provino a rivendicare determinati diritti, a lanciare allarmi, non sono credibili, non hanno piu’ titoli a farlo, perche’ gli si potrebbe citare un elenco infinito di cedimenti, opacita’, debolezze, colpe, complicita’. Perche’ non sono che lo specchio del sistema che criticano.
In questo, secondo me, sta il grande nodo di questo momento, la drammaticita’.
Che a meno di essere seguaci del tanto peggio tanto meglio, lascia poco spazio, se non quello, per i cittadini, di impegnarsi faticosamente in prima persona per rifondare il sistema intero. O di attendersi involuzioni ancor piu’ drammatiche.
Scusa il comizio, non era mia intenzione e subito mi taccio.
A me stanno facendo di tutto per licenziarmi perché il mio preside è misogino prima di tutto e poi non sopporta che proprio io, un donna, possa avere tanta presa e prestigio nell’opinione di alunni e genitori. Il paradosso è che nel 2001 ho rinunciato alla scuola pubblica perché mi sembrava che in questa scuola più piccola potessi svolgere il mio lavoro di ricerca pedagogica coinvolgendo i giovani… ed è stato così finora. Poi un cambio di Presidenza e mi trovo a lottare con i mulini a vento. Mi dispiace vedere i ragazzi divisi, confusi e penalizzati se mi mostrano il loro appoggio. Ho quasi voglia di licenziarmi, ma, ahimè, il mio lavoro di scrittura non può sostenermi economicamente… mi sembra di entrare in contraddizione con le mie scelte più profonde nel dover scendere a compromessi con il problema economico e il problema si accresce perché più lui mi offende, più io rispondo e non gli permetto di avvalersi di quello che ritiene il suo “potere maschile”.. Oltre una lotta fisica ed economica, anche una psicologica… a volte mi sento annientata, ma quello in cui credo vale molto di più e mi rialzo lottando ancora. Non rinuncio ad essere donna, ad essere me stessa, a credere nel valore della scuola nonostante sia popolata anche da stupidi (soprattutto adulti) e continuo a provare ad offrire ai ragazzi il senso della possibilità femminile e maschile di cooperare essendo sullo stesso livello… per fortuna molti mi capiscono e mi seguono, non posso perdermi quest’occasione formativa, neanche dinanzi a una persona scialba ma pericolosa come quella con cui devo avere a che fare.
Ops, sito web (=mio blog) sbagliato. Ora c’è quello giusto.
ciao e ancora grazie!
Quando c’è una crisi del debito nel sistema capitalistico è la classe più debole a pagare. Poi all’ interno di questa classe possiamo anche individuare un genere femminile più debole, quindi destinato a pagare maggiormente. Solo una presa di coscienza e una solidarietà può far si che ci si possa opporre. In un mondo migliore i proletari e gli uomini dovrebbero essere in grado di capire che cosa fare, ma così non è. Allora l’unica soluzione è lavorare affinchè tutti prendano coscienza, a cominciare da post come questo.
Riguardo al sindacato è innegabile che abbia delle colpe, ma in questo momento è uno dei pochi strumenti di difesa rimasti. Io credo che non si possa buttare uno strumento utile solo perchè è rotto, io credo che bisogna ripararlo, soprattutto perchè non ce ne sono di nuovi. E il sindacato non è solo la Camusso, è anche la FIOM e l’area programmatica di cui fa parte. Oggi più che mai non bisogna fuggire e ritirarsi ad osservare in modo passivo lo sfacelo. Chi, giustamente, crede che il sindacato debba cambiare e non cercare più l’appoggio dei partiti, si iscriva e dia il suo contributo per il cambiamento. Impegnarsi in prima persona è cosa buona, ma se si è da soli non serve a nulla.
Sono d’accordo con quanto scrive Valberici, ma innanzitutto occorre far emergere quella che è la situazione reale nel paese, la caduta in povertà di sempre più persone viene vissuta con vergogna e quindi celata. Equitalia è un terminale di tante tragedie economiche di piccole aziende e famiglie, ieri mentre ero in coda per pagare il mio debito con lo stato (2 cartelle da 12,45 € ed una da DICIANNOVECENTESIMI in sospeso dal 1998) che mai si sarebbe prescritto al contrario del falso in bilancio, ho ascoltato le storie di donne disperate che vivono della pensione della nonna inferma, che hanno debiti con lo stato che non riusciranno mai a pagare destinati ad aumentare come quelli dell’usuraio, donne sole, tante ma sole.
Grazie Loredana,dal cuore.
Oggi sono di poche parole ma ho trovato le tue a colmare il mio vuoto.
Un abbraccio.
Ci sono quelle fortunate, come me e le mie colleghe, che hanno il “contratto di solidarietà” (taglio del 25% dell’orario di lavoro e dello stipendio, in parte reintegrato dall’ente di previdenza). Costrette a licenziare le baby sitter perché non ce la si fa (altre donne che perdono il lavoro) e a chiedere aiuto alle nonne (altre donne che hanno già lavorato abbastanza).
Ci sono quelle come mia sorella, che per pagarsi la costosa scuola di specializzazione – ché la sola laurea non serve più a niente – accetta di lavorare come educatrice plurilaureata in un asilo nido per otto ore al giorno a neanche 800 euro al mese.
Ci sono quelle come la mia ex compagna di liceo, biologa ricercatrice, che con l’assegno di ricerca non riusciva a mantenersi e a 35 anni si è riciclata come informatrice farmaceutica.
C’è la mia amica super qualificata due volte mamma che lavorava da dieci anni con “contrattini” in un ente pubblico (ma in realtà come una dipendente a tutti gli effetti, anche in un ufficio di rilievo con compiti di rilievo) e che all’improvviso si è vista ridotta a consulente con pochissime ore “ufficiali” e una paga da fame.
C’è l’altra mia amica che vuole diventare mamma e allora smette di sbattersi per qualche ora di lavoretti mal pagati e si rassegna: “Abbiamo deciso che, visto che lui il lavoro ce l’ha, adesso facciamo un figlio, così posso seguirlo io nei primi anni. E poi si vedrà”.
Loredana
grazie per avere centrato il problema
quello del diritto al lavoro e all’autonomia
e il problema non è solo italiano ma in Italia è più vasto ed ampio rispetto ad altri paesi occidentali
e allora torno con la mai domanda che è in parte anche la tua come facciamo a far smettere questo stillicidio continuo e costante?
Dallla difficoltà giornaliera a raggiungere il posto di lavoro per treni pendolari soppressi senza motivo o metropolitane bloccate per guasti tecnici
come si fa a cercare di far funzionare in maniera decente e decorosa uno Stato? Come possiamo noi donne madri lavoratrici precarie e non dire basta all’annientamento del diritto più elementare?
Come fare a bloccare il sistema che divide e impedisce la coalizione e l’unione?
eppure siamo tante e il nostro numero è elevato possibile che non riusciamo a trovare una forma di indignazione adeguata e concreta?
una soluzione futuristica ci sarebbe come nel film Cose dell altro mondo in cui una notte scompaiono gli emigrati e gli italiani devono fare i conti con una realtà in cui non esistono più badanti operai e operai ecc ecc….
io sono per l’azione a turni blocchiamo a livello nazionale in maniera progressiva un settore alla volta e vediamo cosa succede..
Cerchiamo di parlarne per lo meno sui web ( io sono di sesso maschile , ma non mi vergogno ) , ma lo sai qual’é la cosa peggiore ? Che certe porcherie le porta avanti un ministro di sesso femminile !!!!!!!!!!!! Questa é la parità di diritti , la merda distribuita unanimemente nei cervelli dei due sessi . Il guaio é che l’umanità non si divide tra uomini ( meglio maschi ) e donne ( meglio femmine ) , ma tra chi comanda ( o vuole comandare ) e chi deve subire , tra chi ha il potere e chi l’obbedienza , chi ha i soldi e chi fà fatica a vivere e quando il potere e i soldi li ha una donna non é meno stronza di un uomo , anzi , a volte é peggio , cercando di dimostrare di meritare il ruolo che si é costruito in una società solo apparentemente maschilista !