RESOCONTO DA PERUGIA, IN SINTESI

Appena tornata dal Festival del giornalismo di Perugia con un blocco di appunti e un pizzico di ottimismo in più: cosa che avviene quando si reincontrano altre persone in sintonia con i tuoi pensieri, le tue paure e, magari, con i tuoi progetti.
In breve, sulla tavola rotonda di ieri a proposito di Donne e media: qui trovate un post riassuntivo.
Gli argomenti trattati da me sono noti ai frequentatori di questo blog: i numeri delle donne nel giornalismo, gender backslash, la disattenzione e gli automatismi dei media nel raccontare il femminile (e il caso Rosi Mauro), la necessità di ragionare sulle parole in modo analogo a quanto fatto sul razzismo, l’importanza dei modelli, il progetto DICA.
Jane Martinson, women editor di The Guardian, ha raccontato che in Gran Bretagna le cose non vanno molto meglio: anche se la Bbc non avrebbe mai mandato in onda il famigerato servizio del Tg1 mostrato da Natasha Fioretti di Associazione Pulitzer, e anche se le conduttrici del servizio pubblico sono intorno al 30%, dopo i quarant’anni scompaiono dal video (ma  in Inghilterra la questione dell’ageism è presa molto, molto sul serio). Martinson ha parlato a lungo di oggettivizzazione delle donne nei media, e della rappresentazione televisiva delle donne soprattutto come “testimoni” (le cosiddette “notiziate”).  L’occupazione delle medesime è, nella maggior parte dei casi, quella di studentessa o di casalinga. Bassa anche la rappresentanza politica: 22% in Parlamento e 17% nel Governo.  Simile il destino economico: in termini di recessione sono le donne a perdere il posto di lavoro o a venir considerate meno dolorosamente licenziabili.
Giovanna Cosenza ha ricordato il nostro 21% di donne in Parlamento. La forza politica che si dichiara più sensibile al discorso, il PD, ha solo il 30& di presenza femminile fra le deputate. Cristina Sivieri Tagliabue ha parlato della difficoltà di far entrare nei media un “femminile” diverso dall’interesse per diete, torte e giardinaggio e ha citato la ricerca interna di una grande azienda italiana dove il 65% dei pur giovani dipendenti dichiarava che il ruolo delle donne era quello di stare a casa e prendersi cura dei figli.
Per quanto riguarda il web, un po’ da tutte: fondamentale per fare rete, con l’auspicio di superare le frammentazioni. In rialzo, negli ultimi tempi, la violenza verbale e il vero e proprio stalking nei confronti di non poche blogger.
Soluzioni? Sempre ingeneroso chiederle, indispensabile continuare a lavorare, possibilmente unite.
(Racconto molto sintetico e parziale, ma sono temi che vanno approfonditi, uno per uno, da qui ai prossimi mesi. E grazie a tutte quelle che sono passate a salutare, a quelli che hanno twittato da Perugia, a quelli che hanno dato la propria disponibilità per Dica. E a tutti, davvero).

18 pensieri su “RESOCONTO DA PERUGIA, IN SINTESI

  1. Segnalo, per ora non on line, l’intervento di Giulia Bongiorno sul Corriere della Sera di oggi a proposito di stalking e diffamazione via Internet. Argomento di cui si è discusso ieri e su cui molte blogger stanno iniziando a prendere, fin qui singolarmente, provvedimenti. Perché sta, in effetti, diventando urgente.

  2. Peccato non esserci, ma seguirò via Internet. Ieri, con un gruppo di blogger, constatavamo che il limite fra libertà d’espressione e diffamazione o hate speech viene varcato molto più spesso quando la blogger è donna. Non c’erano intenti vittimistici, ma solo la messa in comune di esperienze reiterate.

  3. Ieri sono stata all’incontro di Perugia e ho colto l’occasione di scambiare quattro parole veloci con Loredana. Abbiamo valutato l’opportunità di monitorare il rapporto tra donne e media anche a livello locale, per esempio verificando quante donne hanno recensito e sono state recensite su un giornale locale diffuso come lo è il Corriere dell’Umbria. C’è qualcuna di Perugia e dintorni, ma anche Terni, che ha voglia di lavorarci sopra insieme e/o dare una mano come meglio può?

  4. Ma come ho scritto il messaggio?!? Mi sa che ci manca un pezzo iniziale…ma io l’avevo scritto…boh! Loredana, per favore, mi invii la mail di Paola di Giulio? Grazie

  5. Tornando alla questione di oggi mi permetto di scrivere qualcosa di discutibile. La Bongiorno risponde in relazione a questo caso specifico
    http://www.corriere.it/cronache/12_aprile_26/la-saltatrice-tedesca-che-mette-alla-gogna-il-suo-molestatore-paolo-lepri_b2daaae0-8f65-11e1-b563-5183986f349a.shtml
    che non mi pare sia molto rappresentativo delle tipiche problematiche di conversazione critica che si possono innescare sui blog, dove eventuali abusi dello spazio concesso, a seguito di interventi di “perditempo” e “zuzzurelloni”, sembra abbiano generato la mala-abitudine di etichettare con “troll” chiunque esprima un giudizio critico che nella sua concretezza possa risultare difficile da digerirsi o addirittura destabilizzante per un gruppo di lettori/frequentatori affezionati. In poche parole un’opinione fuori dal coro non può essere liquidata con lo stigma del troll. Inoltre questa ridicola terminologia con annessa ideologia paranoica impoverisce pesantemente le nostre capacità analitiche quando siamo posti di fronte all’opinione altrui, fosse anche quella di uno psicopatico.
    Tornando alla Bongiorno, i casi limite come quello di cui al link, guarda caso, fanno sempre capo a FB. E allora uno si chiede perché la gente usi FB dato che una pagina personale sul web è altrettanto visibile oltre che più creativa. Di più, parafrasando la Bongiorno, si potrebbe sostenere che pretendere di mondare il web dai “molestatori”, in modo tale che ogni internauta possa liberamente esporsi nella propria intimità intellettuale, fisica e affettiva, potrebbe anche essere interpretato come un approccio alla vita altrettanto meritevole di attenzione psicoanalitica.

  6. “Sono considerati stalking quegli atti che inducono la vittima a cambiare le sue abitudini di pubblicazione come, per esempio, introdurre la moderazione nei commenti quando non c’era o semplicemente cambiare le proprie attività.”
    Questo è semplicemente demenziale. Un blogger è libero di scegliere tra la disponibilità ai commenti (di qualsiasi natura) o la moderazione. Ma sono cazzi suoi. Nessun commentatore è in grado di prevedere se il proprio commento, magari solo satirico o contestatario, indurrà il blogger a modificare le proprie abitudini. Se un blogger non accetta la pubblica discussione, rinunci ai commenti o crei una newsletter attraverso cui diffondere a parenti e amici stretti il proprio luminoso pensiero.

  7. Un momento, un momento. Qui non si sta parlando di esprimere o meno opinioni dissenzienti. Si sta parlando di molestie (come nel caso commentato da Giulia Bongiorno) oppure di ingiurie (come nei casi che citavo e che sono stati discussi con altre colleghe). Direi che le cose sono profondamente diverse.

  8. Peccato che a decidere se si tratti di opinioni dissenzienti o ingiurie guarda caso sia il blogger stesso. Basta reazione!

  9. No, Bastareazione. Ci sono casi in cui è oggettivo, purtroppo, ed è frequentissimo. E, credimi, non è questione di reazione. Il caso commentato da Giulia Bongiorno è quello di una ragazza che riceveva molestie sessuali, per esempio. Poi, il discorso di Luziferszorn è corretto per quanto riguarda la deriva che in molti casi si verifica sui social network.

  10. In tal caso sono sufficienti le leggi ordinarie, sia quelle che riguardano le molestie sessuali, sia quelle che riguardano il diritto alla satira intorno a personaggi pubblici.

  11. Credo di aver fatto altre volte questo discorso. Sotto l’ombrello della satira oggi si tende a comprendere un po’ tutto. Comunque, seguirò la discussione di Perugia via Internet e ti saprò dire quali conclusioni traggono. Personalmente, tendo a concordare con te: le leggi ordinarie bastano e avanzano. E non so cosa intendesse la ministra Severino nell’intervento di ieri al Festival del giornalismo con l’idea di intervenire sul web (non c’ero!).

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