” Ogni giorno, spesso più volte al giorno, tutti noi abbiamo a che fare con archivi. Una piccola minoranza di professionisti lo fa per mestiere, dentro una qualche istituzione pubblica o privata, mentre molti altri, più semplicemente, si industriano a gestire le cartelle del computer (scambi di mail, foto di vacanze, video di figli, musica), a conservare i documenti importanti (bollette, contratti, multe, scontrini), a tenere sotto controllo cantine e solai, a custodire preziose reliquie (i super8 del nonno, le cartoline del babbo, le lettere dello zio bersagliere), a spolverare l’album di famiglia o a inciampare per caso, nel corso di una ricerca on-line, in vecchi articoli di giornale, manifesti, immagini di epoche lontane, mappe, certificati anagrafici, filmati del passato.
Che tu sia una professionista, un appassionato oppure solo una vittima di questi archivi, di sicuro ti sarà successo di restare affascinato dalle storie, anche in piccoli frammenti, che essi possono contenere. E avrai provato il desiderio di raccontarle, per il semplice gusto di farlo, per condividerle con altri, per capirle meglio, per dire la tua, per non dimenticarle. Ti sarai accorto, allora, che il passaggio da un oggetto d’archivio a un oggetto narrativo non è per nulla scontato. La storia sembra essere lì, pronta per essere raccolta, ma quando ti chini per farlo, ti assalgono molte domande: Sarà completa? Le mancherà qualcosa? Interesserà davvero anche gli altri? O è solo una mia mania? In fondo cosa c’è di così affascinante in questa vecchia roba? E quali conseguenze avrà raccontarla? Devo coinvolgere altre persone? Devo farmi degli scrupoli? E via dubitando…”
Si chiama Fantarchivio, e se siete curiosi prenotatevi per il 7 e 8 marzo presso i compagni di via del Centro Sociale Sisma di Macerata. Sono, come si legge qui, “due giorni di esperimenti narrativi intorno a un documento d’archivio, proposto e selezionato da Wu Ming 2. Scopo del lavoro: imparare attraverso quali trasformazioni è possibile costruire un racconto a partire da un frammento di mondo (una vecchia foto, un articolo di giornale, una sentenza, un contratto, una testimonianza orale…)”. La storia, molto bella, che si racconterà è quella di Carlo Abbamagal.
Per la cronaca, da queste parti si è tornate a scrivere, e a scrivere, in un certo senso, proprio di archivi, e in assoluto di memoria. Ci voleva. Buon week end, commentarium.
Che bell’idea! La storia lontano dalle fonti ufficiali e dagli eroi. Forse. Riappropriarsi dei bisnonni e dei trisavoli, dei soldatini in foto cui assomigliamo ancora dopo qualche generazione. Sistemare un po’ di conti con la storia partendo da qualcuno che conosciamo o da qualcosa che ci è stato lasciato, giusto? Ricordo una giornata, quando la carovana di Europeana andava in giro per l’Italia e raccolglieva gli oggetti, anche non identificati, e tutto ciò che riguardava la Prima guerra mondiale, per digitalizzarli e creare un archivio online. C’era una troupe Rai che girava per fare un servizio, e chiedeva se qualcuno fra quelli carichi di foto, medaglie e pergamene avesse una storia da raccontare. Panico. Una storia da raccontare? Solo frammenti, non certo una storia!
E invece, meno male, si possono fare la Storia e le storie anche così.