SCRIVERE PER IL WEB

Come si diventa giornalisti? Oppure: come funziona l’apprendistato su Internet? Qualche tempo fa se ne discuteva sui quotidiani americani, sottolineando il fatto che l’accesso alla professione sembra essere diventato più semplice. Ma a costo zero: si scrive gratis, o quasi.
Una lettrice di questo blog mi ha inviato via mail il Vademecum per redattori vecchi e nuovi di una testata on line di sicuro prestigio come Exibart. Leggetelo. Quel che colpisce è questa affermazione, fra le altre:
“togliti dalla testa l’idea di arricchirti scrivendo. In compenso potrai -se dimostrerai talento e qualità- scrivere sulla più letta e popolare rivista d’arte del Paese: non ti chiederemo un centesimo in cambio.”
Significativo, non è vero?

45 pensieri su “SCRIVERE PER IL WEB

  1. il problema è che una volta diventati tutti recensori nessuno avrà più l’autorevolezza per dirsi tale, per segnare confini o dettare regole, e se con il pressapochismo e la presunzione dilagante in Italia chiunque già oggi si sente artista, finiremo sepolti in un cumulo di carta straccia. La scrittura è diventata troppo democratica.

  2. E due punti prima scrivono pure “sii professionale”!
    “Sii professionale gratis” è uno di quei topoi dell’italianità che fa il paio con “improvvisa”, tanto per il genio italico la preparazione specifica o specialistica viene supplita dalla fantasia.
    Saremo mai un paese più normale?

  3. In breve. Una mia amica lavora a tempo pieno per una rivista distribuita a livello nazionale. Prestigiosa e di nicchia. E’ pagata in nero 800 euro al mese per una media lavorativa di circa 11 ore giornaliere in redazione. I collaboratori non sono pagati ma poiché sono – in gran parte – professionisti non se ne curano. La rivista vale come una pubblicazione.
    Altri casi – i collaboratori delle pagine di cronaca di alcuni prestigiosi quotidiani nazionali ricevono circa 35 euro lordi a pezzo. Tutto regolare. Mangiare o saltare.
    Lettori ignari contribuiscono arricchendo – a titolo gratuito – le pagine on line dei detti quotidiani nazionali. Spediscono foto, commentano articoli, inviano segnalazioni. Scrivono pezzi mascherati da concorsi o da amenità quali “raccontaci il tuo viaggio”.
    Non è solo la rete – è l’intero mondo dell’informazione a pagare pochissimo trarre rare eccezioni. Exibart dovrebbe essere abbandonata da tutti i suoi collaboratori che potrebbero dirottare altrove le loro energie. E non sarebbe una cattiva idea se si muovesse l’INPGi – dove sono tutti i contributi per queste persone? I redattori ricevono uno stipendio?
    Chiudo citando dal suddetto vademecum “sii professionale. fare informazione è una responsabilità immensa. una missione culturale. la gente che legge ciò che scrivi è tantissima e, spesso, competentissima. non si può sgarrare. mai” la risposta è una sola: se volete questo pagate. E bene.

  4. Se scrivere fruttasse pure denaro, chi altro potrebbe aggiungersi nel cimento, visto che già ci provano assolutamente tutti, dal prosciuttaio all’avvocato, pur sapendo che non rende niente (a parte casi rarissimi)?

  5. A quanto pare la scrittura insieme a tutte le professioni che ruotano intorno all’editoria è l’unico campo il cui mancato pagamento non desti sdegno. Caro Lucio Angelini un redattore sottopagato è sfruttato come un qualsiasi altro lavoratore o gode di qualche esenzione perché fa fico?

  6. Scrivere è come dipingere o occuparsi di giardinaggio o dedicarsi all’arrampicata: un hobby. In qualche raro caso diventa una professione (cui applicare – certo – le sindacalità del caso), ma sono eccezioni che confermano la regola. Meglio puntare su un lavoro vero*-°

  7. Ho scritto in un impeto di fastidio. in realtà sii professionale (all’inizio) gratis è una norma universalmene accettata per selezionare e scremare i collaboratori, non solo malcostume nostrano.
    Il punto è, dopo gli inizi, quale futuro per chi dimostra capacità? Grazie a Exibart se offre uno spazio-palestra dove si incontrano recensori e lettori – ma se l’idea è ottenere con continuità contenuti di qualità senza pagare, vergogna!

  8. …dopodiché i Lucio Angelini della situazione sono gli stessi che si lamentano dell’imprecisione e scarsa qualità del giornalismo italiano (generalista o di settore). Lavoro che, sempre secondo lui, DEVE essere basato sul volontariato. Complimenti.

  9. Una versione aggiornata del micidiale “fa curriculum” usato nel mondo aziendale e delle belle lusinghe per farsi ammettere tra gli eletti disposti a tutto, tipiche del mondo accademico (italiano).
    Insomma, lavorare gratis (e ringraziare).

  10. Uno dei criteri di professionalità di qualsiasi lavoro è sapersi dare un prezzo. Farlo significa che si conosce il mercato, che si è consapevoli della qualità che si è in grado di offrire, si conoscono le proprie spese. Significa che si investe nel proprio lavoro, che ci si perfeziona. È un discorso diverso dall’ hobbyista di cui dice Angelini, il cui giudizio non so bene come valutare. Io ne conosco parecchie di persone che degli ‘ hobby’ che lui cita vivono con soddisfazione, ma si fanno anche un gran culo per garantire un certo livello.
    Che incidentalmente e agli inizi si lavori sottopagati fa parte del tirocinio. Ma non può diventare una modalità di carriera. D’ altronde la differenza tra il prodotto hobbystico e quello professionale si vede, io nelle mani del dentista per hobby non mi ci metterei mai e neanche Angelini suppongo.
    Che poi la scrittura o la traduzione siano un prodotto ‘ immateriale’ come lo definisce il servizio imposte olandese a cui pago le tasse, non significa che non possa essere valutato con gli stessi criteri con cui si valutano i bene e servizi offerti sul mercato.
    Per essere trattati da professionisti forse però bisogna prima esserlo e comportarsi di conseguenza. Magari si fa più fatica a costruirsi una committenza, ma ci si può riuscire. E a questo punto chi lavora gratis di qualifica da solo come non professionista.
    Capisco che tutto questo sia bello in teoria, ma è interessante vedere cosa succede a metterlo in pratica. Partendo dal presupposto della qualità.

  11. @Mammamsterdam. Insegnaci tu come si fa a “costruirsi una committenza” nel caso della scrittura. Si va da un editore e si dice: “Ho scritto questo romanzo bellissimo, secondo me vale 100.000 euro. Me li dà?”
    L’editore riusponde: “Spiacente, i nostri piani di pubblicazione sono completi per i prossimi tre anni.”
    E tu che mangi nel frattempo? Più saggio cercarsi un lavoro vero e giocare con le proprie velleità artistiche solo a tempo perso. C’è un sacco di gente che canta bene, suona bene, dipinge bene, scrive bene… peccato che solo pochissimi emergano (anche economicamente) dal mare magnum, e non necessariamente i migliori. Comunque, se poi succede qualche cosa anche su quel fronte, tanto meglio, altrimenti amen. Questo, più o meno, è il consiglio che mi sento di dare dopo aver pubblicato una manciata di titoli per ragazzi negli anni Novanta del secolo scorso e oltre 100 titoli come traduttore per importanti editori. Dividendo compensi ottenuti per numero di ore dedicate all’attività traduttorio-scrittoria, vieni fuori che i compensi hanno viaggiato mediamente nell’ordine di meno di un euro all’ora. Per fortuna avevo anche un lavoro vero: quello di insegnante:-)

  12. Siccome ormai ci hanno convinto che il problema non è il reddito ma il lavoro, il lavoro gratuito è già “ora” la frontiera di tutto il lavoro in occidente, e non solo quello culturale o immateriale, dove era già forte da molto tempo dietro la menzogna della gratificazione e del curriculum.
    Vuoi che non trasferisca la fabbrica in polonia o in vietnam? Bene, ti riduci lo stipendio base e fai gli straordinari gratis.
    Sei giovane? Fai lo stagista. E’ formazione? No, lavoro gratuito. Però, forse, domani… prendo un altro stagista.
    E’ grazie a questo, la messa in conflitto tra loro dei lavoratori di tutto il pianeta (ognuno trova un altro che farebbe lo stesso lavoro per meno) che sta avvenendo il più grande trasferimento di ricchezza della storia della modernità dalle sterminate masse produttrici verso le oligarchie finanziarie.
    Oggi, tanto per dire, la Fiom, la Fiom ripeto, quella del referendum delle vertenze etc., dà indicazione ai lavoratori della Bertone di votare sì al ricatto di marchionne.
    Nonno Carletto aveva ragione, che te lo dico a fare. Ai padroni se non gli fai paura te se magnano vivo.
    E il primo maggio se lo fotte il papa.
    L.

  13. Lucio: “scrivere” non è solo scrivere romanzi. Voler vivere di scrittura in molti paesi più normali è una possibilità, ma non significa automaticamente fare i romanzieri.
    Cito al volo Luisa Carrada e il suo sito http://www.mestierediscrivere.com – una delle professioniste della scrittura tecnica che in Italia ha saputo costruirsi una committenza anche attraverso il web.
    Tra una professione e (come giustamente le chiami tu) le velleità artistiche c’è un abisso!

  14. @Paolo. Sostituisci pure al termine “velleità” anche “talento tout court”, se vuoi. Il discorso non cambia. A vivere di scrittura (compresi i ghost writer o gli autori di programmi televisivi) riescono in pochissimi, il più delle volte indipendentemente dalle capacità possedute. Qua da noi contano più le “fortunate combinazioni” che tutto il resto. Il mio messaggio a un giovane che si stia affacciando adesso sul mercato del lavoro, sconsiglierei vivamente di puntare sulla produzione di testi scritti, di qualunque natura essi siano. Prima si assicuri un mensile con un mestiere anche squallido, poi faccia tutti i tentativi che vuole nel tempo libero.
    @Luca. Sì sì, lavoratori di tutto il mondo unitevi… e intanto il mondo, o almeno l’Italia, va sempre più a destra. Che facciamo? La rivoluzione? Io e te? Ok, io sono in pensione e non ho nulla da perdere. Passami a prendere quando sei pronto.

  15. Errata corrige: “Il mio messaggio a un giovane che si stia affacciando adesso sul mercato del lavoro, sconsiglierei vivamente”… > [togliere ‘il mio messaggio’] = “A un giovane che si stia affacciando adesso sul mercato del lavoro sconsiglierei vivamente… “

  16. Io distinguerei comunque le diverse scritture, nei diversi contesti. Credo anche io che almeno nel momento della creazione – quando si scrive con il pensiero alla letteratura alla creazione, alla retribuzione non si debba pensare. Ma io sono per dire radicale- e penso che le scuole di scrittura creativa, i corsi etc. in generale siano una manovra pestilenziale.
    La scrittura però redazionale – che sia di web, che sia di cartaceo, che sia di televisione, è una scrittura diversa – professionalizzata, che obbedisce a delle regole e a delle committenze. Che questa scrittura sia estorta con in cambio il prestigio e per il resto pane amore e fantasia è immorale e poco professionale. Di fatto però il contesto è pervasivo – e vorrei dire a mammamsterdam che quando il contesto è tale – spesso se il tuo prezzo supera il gratis, non è che dicono: “uh com’è professionale! ” dicono è “è TROPPO professionale” e ne chiamano un altro.
    In certi ambienti – Marchionne è arrivato molto prima.

  17. Il discorso del “fare scrittura per hobby” è pericolosissimo, perché “pandemico”: si estende in un battibaleno a tutte le attività che hanno a che fare in qualche modo con la cultura, con l’immateriale, con tutto quello che una certa logica deleteria vorrebbe contrapposto ai “lavori veri”.
    Organizzazione di eventi culturali? Dev’essere un hobby, secondo questa logica… se poi però ci scappa la multa o l’incidente perché chi organizza è un hobbista che non sa un tubo di normative (da diritti SIAE a certificati di conformità per i palchi) voglio proprio vedere Lucio Angelini a difendere l’hobbista in tribunale con le sue sottili argomentazioni sul carattere “hobbistico” dell’attività culturale.
    Musica? Hobby anche quello… giusto per fare un esempio fra i molti possibili, lasciamo allora pure marcire negli scantinati di musei e biblioteche tonnellate di partiture inedite del nostro enorme patrimonio musicale; difficile che un hobbista sia in grado di elaborare un’edizione critica, di suonare uno strumento antico, di registrare con alti standard qualitativi.
    Giornalismo? Roba da dilettanti, da reporter “fai da te”… lasciamo morire allora la cronaca estera (soprattutto quella dai fronti di guerra) e buttiamoci a getto sulle elettrizzanti news di quartiere scodellate quotidianamente da migliaia di improvvisati citizen journalists “de noantri”.
    Il grande Italo Calvino ha dedicato un bellissimo racconto di “Palomar” al tema del “mordersi la lingua”… pratica preventiva che mi sento di suggerire caldamente ai teorici e apologeti del dilettantismo: fidatevi, a giovarne sarà la vostra credibilità.

  18. @Don Cave. Non c’è peggior sordo… Non sono affatto un difensore del dilettantissimo, se mai un maniaco della professionalità. Epperò ribadisco: il settore dell’espressione offre più santi che nicchie. Solo in qualche raro caso scrivere diventa una professione retribuita (***cui applicare – certo – le sindacalità del caso***, avevo precisato), ma sono eccezioni che confermano la regola. Mentre si aspetta la magica opportunità di trasformare in professione retribuita ciò che svolgiamo con piacere, resta il problema di come sbarcare il lunario. Se mio figlio abandonasse l’università per annunciarmi: “Ho deciso di fare lo scrittore”, gli direi: “Ah, sì? Interessante. Ti mantengo io finché non incontri l’editore della tua vita o nel frattempo ti procuri anche un lavoro?”

  19. Se proprio devo scrivere gratis apro un blog :/
    dove sta scritto che uno che scrive per tale rivista o giornale o casa editrice è più competente? Leggo delle recensioni cinematografiche da vomito e quelle letterarie molte volte si limitano a “il libro si lascia leggere, il testo è scorrevole”.
    E quelli li pagano pure, tanti blogger invece non vengono pagati ma è sempre un piacere leggerli gratuitamente: una passione per la lettura restituita alla passione della scrittura.

  20. Lucio, sei tu che ricordi l’adagio anderseniano sul talento e le circostanze fortunate. Il punto è che il talento o lo si disciplina, oppure si dissipa. Se ai tempi in cui ti rifiutarono testi di enorme talento ci fosse stata in Italia un’editoria simile a quella che funziona in Gran Bretagna, probailmente avresti incontrato un editor in grado di capirti, supportarti, aiutarti a incanalare in modo costruttivo il tuo talento.
    Ecco, sarebbe bello che il mondo del lavoro/mercato del lavoro ecc ecc facesse più strutturalmente parte delle circostanze ‘fortunate’. C’è un bel po’ di lavoro da fare qua intorno, non credi?

  21. secondo me, almeno sul web, si dovrebbe continuare a essere liberi di leggere qualsiasi tipo di contenuto, alto, medio, basso, spamming, gourmet, etc. etc., poi la qualità filtrerà il tutto e, in automatico, le recensioni e i testi migliori (romanzi, raccolte di poesia etc) finiranno sulle pagine delle riviste migliori e dei quotidiani migliori. Magari sul web si possono scoprire i libri delle ‘altre’ case editrici, o le recensioni dei classici, per fare un esempio

  22. È molto bella la deriva che ha preso questa discussione e ne stanno emergendo diverse sfaccettature, quella del contesto, quella della professionalità VS dilettantismo, del lavoro pagnotta contro l’ arte pura che però non ci permette di pagare il mutuo.
    Avevo iniziato un commento interminabile, poi mi sono resa conto che era scandalosamente lungo e l’ ho messo da me perchè comunque tutta la discussione intorno a questo post mi ha suscitato tante di quelle riflessioni, che me le devo tenere da parte per ricordarmele nel momento del bisogno.
    L’unica cosa che vorrei aggiungere qui è che letto il vademecum, il tono e il livello delle raccomandazioni veramente fanno pensare non alla scuola elementare e neanche al liceo a cui si paragonano, ma proprio al nido. Il che porta a chiedersi, ma che tipo di autori collaborano con quella rivista lì, che ha bisogno di dire tante di quelle ovvietà che uno scrittore di mestiere davvero non ha bisogno di sentirsele dire? E poi lo decido io se sono in grado o meno di scrivere 2 o 3 pezzi diversi per riviste diverse sullo stesso argomento.
    Insomma, volevo ringraziarvi per questo fantastico feedback, Lucio alla tua domanda di prima ho risposto da me che mi sembra più appropriato.
    E sinceramente se mio figlio mi annunciasse l’ intenzione di dedicarsi a qualsiasi tipo di arte e mi convincesse seriamente
    a) del suo talento,
    b) dell’ intenzione a dedicarcisi seriamente e
    c) della determinazione nel riuscire
    si, sinceramente invece di mantenerlo agli studi gli darei volentieri l’ opportunità di fare un tentativo serio, consigliandolo al meglio che potrei e sempre con l’ ottica di riuscire a mantenersi e dandogli dei limiti temporali. In fondo se tuo figlio decidesse di continuare con l’ università non credo che molti genitori sarebero disposti a mantenerlo per 15 anni fuori corso, vero?
    Se invece mio figlio si sta solo chiarendo le idee può anche chiarirsele imparando dell’ altro.

  23. Mi ha molto colpito questo vademecum proposto, tutto all’insegna del “celodurismo” – se mi passate codesto obbrobrio di parola.
    Una retorica tutta d’importazione americana, che però alle mie orecchie suona ridicola. La scrittura viene completamente risucchiata dalla mentalità vincente. Non una parola sulla passione, sull’emozione (e si parla di arte non certo di matematica pura). Come si diventa bravi redattori per Exibart? Facendo addestramento. Bisogna gonfiare i muscoli, gli addominali e i pettorali. E imparare a fare stroncature, per essere spietati, che evidentemente tirano di più. E’ il cancro del manager. Della mentalità vincente, del lustro e del lustrino. Vedi più mostre possibile, anche in fretta. E scrivi in fretta. Perché dobbiamo battere tutti sul tempo. Aiutaci a tenere su l’erezione, e in cambio non ti (chie)diamo nemmeno un centesimo.
    Cosa c’è di ridicolo? Il ridicolo è che sono tutte parole. Nessuno segue mai questi vademecum. Anzi, l’unico grande talento sempre richiesto è quello di sapersi arrangiare. Produrre il massimo risultato col minimo sforzo, non importa quanto minimo sia lo sforzo. E i risultati parlano da soli.
    Un tempo, come già scrissi su questo blog, l’apprendistato “a bottega” veniga pagato profumatamente. La Majors americane degli anni ’30 assoldavano aspiranti sceneggiatori per 3 anni, pagandoli con uno stipendio mensile e chiedendo loro di svolgere diversi lavori senza obbligo di “produzione”. Se alla fine non “piacevi” venivi mandato indietro e amen.
    Anche io ho dovuto seguire il consiglio di Angelini. Controvoglia e dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto. Adesso mi sono rimesso a studiare, per guadagnare due lire al mese e permettermi di autofinanziarmi il mio mestiere di sceneggiatore. E così tra 6-7 anni, quando le idee migliori e le energie più fresche saranno bell’e passate, potrò “cominciare a lavorare”.

  24. Sorry ma la confusione dei livelli impazza. Come ha scritto Zauburei ci sono contesti e contesti. Il redattore, il traduttore, l’editor, il correttore di bozze (se ne è sopravvissuto qualcuno), il giornalista, lo sceneggiatore e via discorrendo sono mestieri con regole precise. Il cimento per scrivere un romanzo o un saggio sono un altro mestiere ancora. Anche questo deve essere pagato – il giusto. Ma nessuno si mette a scrivere un saggio con l’idea di viverci sopra a vita.
    Ora in Italia c’è un mercato bloccato per cui nessuna di queste professionalità viene pagata il giusto e il discorso di Mammasterdam di costruirsi una clientela disposta a pagare se ne va a farsi benedire perché, davvero, c’è tanta gente disposta a lavorare a titolo gratuito o quasi. Vuoi per costruirsi un curriculum, vuoi per avere una pubblicazione, vuoi per motivi a me ignoti.
    Non stiamo discutendo – parere personale – se qualcuno ha il romanzo del secolo nel cassetto e l’editore cattivo non glielo pubblica; stiamo parlando delle centinaia di persone produttrici di contenuti non pagate o sottopagate. Nel web e fuori.

  25. tutto questo mi ricorda un giornalino di alan ford nel quale la corte dei miracoli del numero uno provava a sindacalizzare il negozio di fiori che fungeva da copertura al quartiere generale dell’agenzia investigativa che impersonava per i lettori.Il vegliardo che reggeva la baracca rispondeva alle istanze di riposo dei sottoposti col classico:”ne avrete di tempo per riposare quando sarete morti”.Verrebbe voglia di appostarsi con un milione di vuvuzuelas sotto le finestre di questi capitani d’industria 2.00.Magari alternando il fracasso con la trasmissione dei coldplay a sirene spiegate(tranne questa,che non è male:
    http://marioungui.co.cc/music/mp3/Coldplay%20-%20(Viva%20la%20Vida)%20-%2009%20Strawberry%20Swing.mp3

  26. Devo dire che concordo con Mammamsterdam, sia per quanto riguarda la questione della professionalità da costruire (anche se in risposta a quello che dicevano altri potrei aggiungere che credo che quell'”Amsterdam” dell’avatar stia lì anche per insegnarci la strada – è proprio il principio protestante del lavoro retribuito, e giustamente, e pure in base ai meriti, e pure consapevole che manca in Italia), sia per quanto riguarda il decalogo, che, francamente, lascia parecchie cose da pensare…

  27. purtroppo è tutto vero. scrivere è ormai considerato un lavoro privilegiato che non ha bisogno di essere retribuito (tanto è l’onore!).
    purtroppo bisogna allargare il discorso a tutti i mestieri artistici in senso lato. es: hai frequentato anni di scuola di teatro e vuoi recitare? gratis, ti offro l’opportunità di esibirti davanti ad un pubblico, cosa vuoi di più? sei iperdiplomato al conservatorio e vuoi suonare? 20 euro se ti va bene, fai il mestiere più bello del mondo… e tanti altri esempi. non per continuare con la solita tiritera dell’anti-italiano ma in altri paesi i mestieri che gravitano al mondo della cultura sono ben visti e ben pagati (io vivo in austria e posso constatarlo ogni giorno)!

  28. uno deve mettere in conto la gavetta, questo è pur vero, ma a questo punto riscriviamo la costituzione, dall’articolo uno, “L’Italia è una Repubblica fondata sull’apprendistato”

  29. Comunque, mica sono solo i mestieri artistici che funzionano così. Fare ricerca scientifica, per esempio, è uguale. Anche quello è considerato lavoro privilegiato da fare gratis.
    (Quel decalogo mi pare assurdo. Pretendi di accettare solo talentuosi e dai consigli tipo non copiare? oppure tieniti informato? Boh)

  30. @Paolo S. “Se ai tempi in cui ti rifiutarono testi di enorme talento ci fosse stata in Italia un’editoria simile a quella che funziona in Gran Bretagna, probabilmente avresti incontrato un editor in grado di capirti, supportarti, aiutarti a incanalare in modo costruttivo il tuo talento.”
    Grazie per le belle parole. Come sai, trovai sul mio cammino solo il FUMER (Fronte Unito Megere Editoria per Ragazzi) schierato in assetto di guerra contro il rinnovamento del settore (“Quella bruttacattiva della mamma!” finì presto fuoricatalogo)…
    Di recente mi è capitato un sussulto di avventura, che ho raccontato qua:
    http://lucioangelini.splinder.com/post/24291577/nuovi-flagelli-delleditoria-leditor-iperinvasivo
    Di qui il mio definitivo disincanto. Poi, certo, ognuno è libero di darsi qualunque tipo di obiettivo, dal più concreto al più lunare. Buona fortuna ai più meritevoli e tenaci. *-°

  31. @Lucio Angelini: ci son più santi che nicchie. Certo, ma questo vale anche per gli operai, e anche per gli insegnanti, gli impiegati, i segretari, tutti i mestieri. Prova però a dire a un operaio di lavorare gratis, in cambio della preziosa opportunità di esprimersi alle tue presse.
    Il discorso vale semmai al contrario: certo che ci sono posti che ti pagano in righe sul curriculum. Ma sta a chi si propone riconoscere quanto vale quella specifica collaborazione sul suo curriculum. Ci sono posti dove una persona che vuol essere professionista non dovrebbe neanche provare ad avvicinarsi. Non credi?

  32. D’accordissimo con LGO, non conosco il mondo dell’editoria ma il caporalato intellettuale che fa lavorare gratis perché “devi essere ONORATO se ti affido questa collaborazione che fa curriculum” è diffuso capillarmente nel nostro paese.
    Poi ho letto il piccolo Mammamsterdam-Vademecum 😉 e mi sono domandata se sia applicabile in un humus culturale come quello italiano: si puo’ davvero contare sulla possibilità di crearsi una committenza ?

  33. @LGO e @close: perche’, parlando di scrittura scientifica, le ore e ore (E ORE) passate a correggere e revisionare gli articoli DI ALTRI cosicche’ possano essere pubblicati al meglio nella rivista scientifica, revisioni totalmente gratis e pure anonime, dove li mettiamo? L’editoria scientifica internazionale e’ totalmente fondata su lavoro non retribuito e neanche attribuito. Certo, tutti “sentiamo” che deve essere cosi’ che e’ giusto che sia cosi’… ma lo e’ davvero, o e’ solo che non conosciamo altri mondi possibili?

  34. @CloseTheDoor: appunto, sigh. Secondo me, proprio per quanto dicevo prima, l’humus culturale italiano profondo è quello che crea questa situazione ‘innaturale’ e a suo modo ‘drogata’… 🙁

  35. e aggiungiamo al quadro italico: il familismo immorale, con il figlio di e l’amico mio (si fa per dire) che mettono insieme un sito web fallimentare ma si sciroppano 1 milione di euro, e chissà quanti hanno collaborato a quel fallimento da stagisti o simili.

  36. Sempre la solita storia: ad un giovane che si affaccia ( e qui ognuno può mettere quello che vuole) si sconsiglia caldamente il settore. E allora che continuino a fare solo quelli che già fanno. Fino a che morte non li separi dai loro affari.
    Sono brutale ma ne ho le scatole piene di questi discorsi. Con questo non dico che chiunque scrive due righe ci deve campare su, ma la logica di questo vademecum è applicata a quasi tutte le attività ormai. Figuriamoci a scrivere. Ormai sono tutti bravissimi. Chissà come mai invece, sempre più spesso trovo persone che non sanno mettere insieme una mail di lavoro in un tempo ragionevole e con risultati dignitosi…
    (((Magari esco fuori tema, ma lo sapete che ho visto sulla vetrina di un negozio in centro a Firenze? “Tirocinio per commesse”. Spero davvero che chiudano i battenti nel giro di un mese…)))

  37. Ci sono scuole e scuole, officine e officine.
    Non si lavora gratis, mai. Ho vissuto di teatro per più di 20 anni e non ho mai concesso a nessuno che non mi si pagassero contributi e spese. Anche allora c’erano i dopolavoristi e crumiri. Culo? No, Professionismo. Perché esiste chi ancora chiede qualità e pochi in grado di offrirla. Sempre meno. Così nei mestieri della scrittura.
    Intanto non capisco questa assurda divisione fra i Mestieri della scrittura e il Mestiere del romanziere. Mi pare una follia e basta guardare alla storia dell’editoria…
    Ho avuto la fortuna di conoscere e stare accanto, a volte per mesi, a una serie di personaggi “di peso” nell’editoria italiana da Santachiara a Franchini e vi garantisco che se non sai scrivere non sai neanche tradurre né fare editing né scouting.
    Il problema è che in certi mestieri solo le bastonate aiutano a crescere e a trovare il proprio talento e a esaltarlo e oggi come oggi si è tutti così preoccupati di ricevere consenso, che grandi Maestri ce ne sono pochi così come pochi i bravi allievi.
    La presunzione è la più grave malattia del nostro secolo si sa. Nelle case editrici c’è gente che lavora strenuamente e per trovare buoni prodotti, certo si fa molto marketing, ma lo scrittore dovrebbe porsi anche lui il problema e magari strizzare l’occhio al mercato, all’inizio almeno e senza fare subito lo snob.
    Certo, se vuole anche guadagnare dalla sua fatica.
    Le riviste il più delle volte annoiano.
    Forse bisogna iniziare a chiedersi quale sia oggi il valore dell’arte.
    Credo che se avessi un figlio con velleità artistiche lo manderei sicuramente in una buona scuola di scrittura creativa, e ce ne sono, poche ma esistono, così come quelle di teatro e gli insegnerei che a volte imparare ad arrangiarsi è la più grande scuola di vita e forse anche la più divertente. Buona giornata a tutti.

  38. Cara Elena, non volermene ma la mia esperienza dice esattamente il contrario: non si può lavorare a pagamento, mai. Esiste qualcuno che cerca ancora la qualità; non stento a crederlo. Nessuno vuole una boiata, soprattutto da un esordiente. Ma la prassi è non pagare. Anche perché si parla per la maggior parte di un mercato che non ha sbocchi.
    Un produttore non paga mai, se poi il film non esce o non ha garanzie di coproduzione statale. Anche perché il produttore italiano i soldi non li ha.

  39. Ekerot, non è esatto. Un produttore medio paga lo sceneggiatore un anticipo minimo dicendo che ha bisogno della sceneggiatura completa per ottenere fondi statali. Una volta ottenuto i fondi, se è abile- e di solioi lo è-, se la cava con una buona uscita di 4000 euro.Tutto ciò è ovviamente ai limiti della legalità, anche perchè spesso la buona uscita è in nero.
    .
    Il valore di mercato di una sceneggiatura sono 20.000- 30.000. Pagato a 4000 euro uno sceneggiatore dovrebbe scrivere una sceneggiatura con anticipo pagato (non sempre disponibile, perchè ci sono tanti produttori che non sono nemmeno ‘medi’) ogni mese e mezzo. Il che è assolutamente impossibile. Ovviamente parlo per esperienza diretta.

  40. Si vede che sei già bello quotato, Melmoth.
    Per quel che riguarda la mia esperienza e del mio “circolo”, 4000 euro come anticipo sono un miraggio. Anche perché si parla di sceneggiature, ma la base di lavoro è sempre il soggetto. Che pur lungo “solo” 20 pagine implica spesso 2-3 mesi di lavoro. A quel punto, se proprio il produttore è entusiasta, ti dà due lire. Sempre che non voglia fermarsi al soggetto e provare con quello il bando ministeriale.
    Senza contare i lavori di riscrittura.
    RAI Cinema – per farti capire – mi ha pagato con il simpatico avallo del CSC ben 800 euro per una sceneggiatura. Dopo 7 mesi di lavoro. E solo perché ho rotto le scatole. Ovviamente non mi ha pagato il lavoro, bensì una sorta di collaborazione esterna.
    E poi, i produttori “medi” come dici tu sono alla frutta da secoli. Avviano delle produzioni di lunghi con 250mila euro. Sottopagando tutti. Qualche rara mosca bianca esiste, ma non possiamo certo farne la norma.

  41. Vero Ekerot, può succedere. Ma è strano che voi abbiate avuto a che fare direttamente con RAI-cinema la quale spesso entra in co-produzione, o comunque subentra dopo. Ti credo che avendo loro come diretti referenti il vostro potere di contrattazione sarà stato scarsissimo…
    .
    Sul mio caso, in effetti parlavo di una sceneggiatura in cui entravo come ‘tecnico’ in quanto era già stata scritta, sulla base di un soggetto che aveva anche vinto un premio. Per quello in un certo senso la storia che ti dicevo la giudico tutt’ora abbastanza atroce. Il budget finale -per dire- era di 1,2 milioni di euro. Alla fine è stato il regista a darmi il dovuto, in nero, strappando per se stesso un cachet doppio dalla produzione. E’ stato allora che ho smesso di considerare lo sceneggiatore un mestiere che volevo fare. Non è impossibile; ma non voglio vivere a quel modo, strappando soldi che mi devono come fossi un ladro; ed è una decisione che non rimpiango.
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    Comunque trovo il commento di Elena Bibolotti agghiacciante (scusatemi, lo dico senza intenzione di polemica) proprio perchè pacato e sincero. Chi ha venti anni di più di noi molto spesso -non sempre- non ha la percezione che le cose oggi siano diverse per chi inizia. Invece mi spiace, è proprio così: il professionismo per un esordiente è, davvero, un lusso. Lo dicono le mie esperienze dirette e indirette delle persone che ho incontrato in ambito editoriale, cinematografico, fumettistico, televisivo negli ultimi quindici anni.
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    Personalmente l’unica soluzione che ho trovato è quella di essere un dilettante professionale, che cioè non fa del proprio diletto la fonte diretta dei propri introiti ma lavora nel modo più serio possibile, confrontandosi quanto è possibile con i professionisti del settore. Ciòdetto, adesso quando un editore o un produttore mi chiede di alzare anche solo un mignolo mi faccio pagare, senza ma/se/dopo/peròpoi. Il che significa che molto raramente me lo chiedano. E va benissimo così.

  42. Continuo a ritenere che una valida alternativa per chi abbia velleità di scrittura sia aprire un blog e usarlo come palestra di scrittura e come biglietto da visita della propria valenza. Insomma: invece di lavorare gratis per altri, meglio fare qualcosa per se stessi. Poi il tempo dirà.

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