SCRIVI ANCHE IL TUO NOME

Perché ci pensi, se dire la tua o tacere, in questo che è stato ed è più di un brusio, è stato ed è un rincorrersi di ipotesi, furori, lacrime, indignazioni vere o presunte, magari qualche virata nell’ironia perché un lol non si nega a nessuno.
Ci pensi, e poi, andando indietro con la memoria, non ricordi altre morti nelle scuole che non sia l’orrore di Casalecchio di Reno, che in molti hanno dimenticato e che alcuni non sanno neppure cosa sia. Ecco, per questi ultimi: è una mattina di dicembre del 1990, una mattina di sole, quella in cui l’Aermacchi MB-326 perde quota fino a diventare ingovernabile e allora il pilota aziona il meccanismo di espulsione e lascia che l’aereo sfondi la parete della 2A dell’Istituto Tecnico Salvemini, falciando Laura, Deborah, Sara, Laura, Tiziana, Antonella, Alessandra, Dario, Elisabetta, Elena, Carmen e Alessandra, che avevano quindici anni e non ebbero mai giustizia.
Ci pensi, e ti vengono in mente le stragi avvenute altrove: certamente Columbine e Beslan e Tolosa e il Virginia Polytechnic Institute, e ancora più lontano negli anni le stragi di guerra, quelle dimenticatissime, come i 184 bambini della Francesco Crispi di Gorla, su cui gli Alleati sganciarono una bomba, pare, per un banalissimo errore.
E poi ti chiedi il motivo, e anche se dal primo momento (a Prato, poco prima della cerimonia di premiazione di un concorso letterario per i ragazzi dei licei, raggiunta dalla telefonata di un amico insegnante) alla pista mafiosa non credi, non lo dici, perché in fondo hai paura che ti dicano che stai strumentalizzando, e quando lo scrive Michele Serra, la mattina dopo, che la prima cosa che gli è venuta in mente sono uomini che uccidono ragazze, un po’ ti senti meno sola, ma dura poco, perché subito, sui social network così provvidi e solleciti e arguti lo definiscono un gallo in mezzo alle galline, e allora pensi anche che qualunque sarà poi la verità sarà quasi inutile saperla.
Perché tu non la conosci, la verità, e come potresti? Non sai se si tratti di stabilizzazioni destabilizzanti al cui interno rialzano la testa lupi solitari, o se quei lupi solitari si siano pasciuti dell’odio in cui tutti siamo immersi da anni. Sai solo che quell’odio esiste, e cresce, e che pochi cercano di porre degli argini, o lo riconoscono per quel che è. Sai che potrebbe essere rivolto contro le donne, o contro la scuola (link complicato da raggiungere: dovete cliccare su articoli e poi su visualizza articolo, ma vale la pena comunque). O forse contro un mondo fitto di tenebra, che non vogliamo definire come tale.
Non sai, non hai le prove, non le avrai e forse non è tuo compito averle. Non è neanche tuo compito scriverne, ma l’hai fatto ormai.  “Nulla è sicuro, ma scrivi”, diceva Fortini. Magari, vai a sapere, serve.

24 pensieri su “SCRIVI ANCHE IL TUO NOME

  1. Io alla pista mafiosa non ci ho creduto neanche un istante. Mentre mi è saltato subito agli occhi che erano ragazze, quasi tutte ragazze. E che il mostro le ha viste scendere dal bus e solo allora ha premuto il pulsante. Per uccidere delle ragazzine.
    E il nome ce lo metto: Laura

  2. Anche a me questo pensiero e’ venuto. Qualsiasi idea si abbia, gesto isolato di un folle o parte di una qualche trama (mi sono venuti in mente anche i collegamenti con il caso Orlandi) l’una cosa non esclude l’altra, un possibile odio per i giovani, per le ragazzine, cosi’ belle, allegre e beffarde, con conseguenti oscuri rancori, potrebbe essere benissimo movente solo o cupamente sfruttato da qualcuno.

  3. Io non ho pensato alla mafia o alla criminalità organizzata. Non ho nemmeno pensato al nome della scuola o a coincidenze con eventi e proteste. Ho pensato che si trattava di una scuola di ragazze e che lì si parlava di moda e di arte. Ho pensato che spesso il modo in cui si vestono le donne irrita qualcuno.
    Ho pensato ad un uomo, una persona che ci vuole comunicare il suo disgusto.
    Un amico ha pensato ad un serial killer ancor prima di me, ricordo un suo sms e la mia risposta.
    Io non so se ho “ragione”, e se ci fossero prove del mio errore ne sarei comunque felice, perchè vorrebbe dire che si è comunque giunti alla verità.
    Ma in questa italia non so se è possibile “sapere”.
    🙁

  4. Loredana, magari faticherai a crederci, ma “uomini che uccidono ragazze” è la prima cosa che ho pensato anch’io. L’ho anche detto ieri pomeriggio, quando dopo un tam tam di sms e facebook abbiamo aperto il mio liceo per un’ora di “presenza” e ho cantato “knocking on heaven’s door”.
    Melissa bussa alle porte del paradiso.
    Temo che uscirà la storia di un delirio, di una solitudine non raccontabile, da quest’uomo che per ora è poco più di un’ombra che si allunga sopra le nostre paure di padri e di madri.

  5. io ho pensato per prima cosa che il Potere, sentendosi in questo momento in pericolo e accerchiato, per difendersi usa come sempre la Paura, alzando il tiro – perché forse così in pericolo non si è mai sentito e allora la posta in gioco si alza: quale modo migliore di spaventare la gente se non colpire i loro figli? quale modo migliore per costringerli ad attaccarsi tremanti alle gonne delle Istituzioni?
    Poi ho pensato che, come ci sono uomini che mettono tutta la loro frustrazione nel clonare siti femministi, può essercene qualcuno che queste energie distruttive le impiega in modi più radicali.
    Ho anche pensato che il nome della scuola, la coincidenza con la carovana antimafia, sembrano facili tranelli depistanti.
    Continuiamo a pensare, e a scrivere, perché nulla è sicuro.

  6. Confusione e stordimento. E una pena nel cuore che non si può dire; non solo per la vittima e i suoi cari, e le ragazze ferite e i loro parenti. Ma anche per la natura di quelle ferite. Ustioni. Queste ragazze andranno incontro ad un calvario che solo chi ha sperimentato l’atrocità del fuoco che mangia la carne può conoscere.
    Però qualche riflessione, sempre in punta di piedi come dicevi tu Loredana nella tua pagina facebook, riesco ancora a farla: salta la pista mafiosa, perché credo che in questo momento la mafia non sia in “crisi”, ma ben coesa con lo Stato, e perché i messaggi della mafia sono scritti con il tritolo e fanno esplodere palazzi e autostrada, non usano bombole a gas.
    Pista eversiva generica? E che senso avrebbe colpire delle ragazze che stanno entrando in un istituto professionale della periferia di Brindisi? Quale sarebbe il simbolo? E perché non colpire l’intera scuola? La escluderei.
    Il singolo, magari con un complice (ne dubito, personalmente), dicono “arrabbiato con il mondo”. Forse ci siamo. Ma davvero ce l’ha con tutto e tutti e tutte? E allora perché non ha fatto scoppiare le bombole in una classe, colpendo ragazzi e ragazze e corpo docente? Oppure colpire all’uscita, colpire nel mucchio.
    E invece no. Ha scelto di ammazzare proprio quel gruppetto, che arrivava prima degli altri e delle altre perché veniva da lontano. Le ha attese e ha premuto il pulsante al loro passaggio.
    Solo ragazze.
    Quest’uomo, qualunque sia il movente, voleva uccidere delle ragazze, forse proprio quelle, forse proprio una di quelle e le sue amiche. L’odio ce l’aveva per loro, non per il “mondo”.
    Fin qui penso che ci siamo (credo…).

  7. Il pezzo che Loredana ha linkato stamattina si legge qui. Quel che cerco di argomentare è che la scelta di un oggetto da investire di una rappresentazione simbolica, la ptrasformazione di una persona in simbolo o emblema, è comunque un fatto politico, quale che sia il movente: e in questo caso a essere trasformate in simboli sono state ragazze, studentesse e proletarie.

  8. Anche se ancora nulla è sicuro, e chissà se lo sarà in futuro, ieri ho pensato di aver fatto bene a mettere il mio nome per lottare contro il femminicidio, e che, arrivati a questo punto, terrorismo è perché terrore trasmette. E che quella parola che in realtà non mi piaceva molto, sembra purtroppo incredibilmente giusta.

  9. L’ho già scritto di là ieri sera, lo scrivo anche qui, aggiungendo qualcosa: mi suona male la grande fretta dei media, il forsennato lanciarsi – anche forzando e in certi casi falsando le dichiarazioni degli inquirenti – sulla pista del “pazzo isolato”, del “pazzo solitario” e quant’altro.
    Al solito, i titoli dei giornali sparano certezze, mentre gli articoli riportano (forse obtorto collo) molti dubbi, inviti a non escludere nulla, a non lasciar cadere eventuali piste politiche etc.
    Stamane al bar, su un giornale nazionale, ho letto il catenaccio: “Voleva fare strage, ma non a scopo eversivo”. In base a cosa si asserisce una cosa del genere con tale sicumera, quando le indagini sono appena partite? E bisognerebbe anche definire cosa sia uno “scopo eversivo”, prima di dire che non lo si riscontra.
    Oggi i giornali on line hanno sottotitoli e occhielli dove si dice: “C’è il DNA del colpevole”.
    Poi leggi, e vedi che gli inquirenti hanno raccolto dalla scena del crimine mozziconi di sigarette da analizzare.

    Solitario non è sinonimo di “isolato”. Breivik era solitario, ma aveva contatti con un network molto vasto di razzisti e neonazisti di varia gradazione.
    Proprio il caso di Breivik, poi, dice chiaramente che solitario non significa “apolitico”. La fretta di spoliticizzare quanto accaduto a Brindisi può essere pessima consigliera.
    Ancora: come scrive Loredana qui sopra, anche un attentatore solitario (un attentatore misogino e femminicida, come si ipotizza in questo thread) può essere manovrato a distanza. Può essere lasciato agire per poi gestire le conseguenze della sua azione.

    Ad ogni modo, nulla di ciò che “abbiamo” dà certezza sul fatto che sia davvero un exploit in solitaria. Che l’attentatore abbia agito da solo non è indiscutibile e, aggiungo, non è nemmeno dirimente. Il video mostra una persona, ma:
    1) non sappiamo se l’interpretazione delle immagini sia quella giusta;
    2) fuori dal video potrebbero esserci complici.

    Ma perché una tale fretta di scartare ogni altra ipotesi per inseguire il pazzo isolato, il serial killer sbroccato?
    Non ho risposte certe, ma porto un elemento di riflessione.
    La narrazione del “pazzo solitario” è perfetta, perché instilla paura e orrore nel corpo sociale, predisponendolo a nuove politiche “emergenziali”, senza che alla maggior parte dell’opinione pubblica venga in mente di collegarlo a manovre dei poteri costituiti. Anzi, tali manovre sono escluse a priori. Il tizio è pazzo ed è solitario, che altro c’è da spiegare? Quel che accade è impolitico.
    E’ un frame che incute la giusta paura e al tempo stesso infonde le giuste rassicurazioni. Temiamo il nostro prossimo, e chiediamo al potere di difenderci.

  10. confesso che, alla prima lettura, questo post mi ha “disturbato”, e quindi mi sono messa, con pazienza, a rileggerlo, e a leggere i link.
    Sabato ero immersa in una riunione fiume, dove mi raggiungevano solo sprazzi, titoli, sms. Quindi, con poco tempo per analizzare quell’evento, ho subito guardato il quadro d’insieme. Ho messo quell’evento insieme a tanti altri.
    Credo sia il caso di farlo. Al di là dell’interpretazione “simbolica” (pure necessaria) del singolo evento, dobbiamo rapidamente passare a un piano più alto, allargare subito l’inquadratura, sennò è come guardare i frame del video di sorveglianza e dirsi: l’ha fatto un uomo solo. Allarghiamo l’inquadratura, vediamo se la camera cattura altro. Associamo inquadrature diverse.

  11. WM1: quanto dici è corretto, e per me è scontato che lo stato e la borghesia cerchino di strumentalizzare eventi di grande impatto. Però credo che questo non ci deve distogliere dall’ osservare un fenomeno e la sua genesi anche senza il filtro della politica e della lotta di classe. E’ evidente che in un sistema capitalistico ogni azione suscita ben precise reazioni di classe, ma occorre anche un’analisi non “prevenuta” delle cause oltre che degli effetti.
    Insomma, credo che si debba ragionare e discutere su diversi livelli, tra loro non escludenti e probabilmente convergenti.

  12. @ Valberici
    sto appunto criticando la corsa a escludere ipotesi e livelli, per lasciare una sola pista, una sola ipotesi, un solo livello. L’inquadratura è stata ristretta, e si “ragiona” su un’unica scena, un unico momento, come se tutto fosse iniziato e finito in quel momento. Allargando l’inquadratura e andando indietro nel tempo, si trovano molti elementi che non tornano, e addirittura si scopre che un ordigno molto simile (bombola di gpl trasformata in bomba) era già stata messa davanti a una scuola pochi giorni prima, e qualcuno aveva anche suggerito la pista “giusta” da seguire, pensa un po’.

  13. Avevo 14 anni quando mi e’ toccato annusare l’odore del tritolo mischiato a quello del sangue, avere vissuto una strage in diretta, non aldilà del video, ti segna per sempre. Forse e’ per quello che ho pensato ancora una volta ai servizi segreti, ai fascisti. Guardando le immagini da Brindisi, mi e’ tornato in mente che una volta quegli istituti si chiamavano IPF, istituti professionali femminili, e che quel nome anacronistico rende bene da chi sono frequentati. Ho pensato anche che qualcuna l’avrebbe scritto che la bomba era esplosa dove c’erano ragazze, e che mezzo web l’avrebbe derisa. L’ha scritto Michele Serra ed ha avuto coraggio, l’ha scritto un uomo e le pernacchie avranno la sordina. Bombe nelle piazze e stupri come quello del Circeo hanno viaggiato parallelamente negli anni dello stragismo. Che qualcuno dica che le femministe bisognerebbe violentarle, tanto abortiscono e’ di questi giorni, che militari sventrino una ragazza a l’aquila anche, ma che militarismo e fascismo vedano le donne come bottino di guerra sta scritto nei libri di storia. Terrore e misoginia spesso vanno di pari passo

  14. WM1: visto i link, e anche letto dell’ impossibilità per una bombola di esplodere in quel modo.
    Effettivamente c’è molto da chiarire, ed è vero che i media hanno ristretto l’inquadratura.
    Qui, semplicemente, si ragiona per eclusione riguardo ai moventi possibili, e si ritiene probabile il gesto di un folle, che trova la sua genesi in un certo tipo di cultura.
    Certo è che sono possibili altri ragionamenti in parallelo, a questo mi riferivo riguardo ai vari livelli, ed è giusto, perfino doveroso, farli.
    Mah, vedremo che “notizie” arriveranno, io credo che a breve avremo il “colpevole”.

  15. Non so se è un parziale OT, ma se c’è puzza di “caccia all’anarchico” son cose che vanno dette con chiarezza.
    Questo, anticipato dal “manifesto” del 18 maggio, è l’editoriale della rivista storica dell’anarchismo italiano “A – Rivista anarchica”: difficile pensare una presa di distanza così netta degli anarchici dai cosiddetti “informali”.
    Questo è l’editoriale di “infoaut”, ripreso tra gli altri da Askatasuna (cui “Repubblica” l’ha attribuito), in cui una vasta area di centri sociali tutt’altro che conciliatori o moderati dice senza mezzi termini cosa pensa dei cosiddetti “informali”: il titolo, Autismi senza autonomia, potrebbe bastare.

  16. Anche a me spaventano e indignano due fattori: uno, la ricerca della pista che condurrebbe agli anarchici e ai centri sociali, primo fra tutti Askatasuna. Due, la risoluzione dell’accaduto in un caso isolato. Avete notato quante volte, sui giornali, in televisione e alla radio, viene ripetuto il mantra del caso isolato?

  17. Io sono basita dal modo in cui l’informazione ignora completamente il fatto che fosse una scuola prevalentemente femminile: ma come si fa a fare analisi e controanalisi senza partire da questo dato fondamentale? Io temo che l’Italia sia proprio un paese misogno con l’aggravante che non sa di esserlo.

  18. Io ho solo avuto un grosso fastidio per la vagonata di commenti sui siti di certi giornali, pieni di congetture e teorie del complotto. Sono rassicuranti i complotti, pensare che sia sempre tutto collegato a qualche regia intelligente ti distrae dal pensare al caos della stupidità umana.

  19. Ieri, mentre leggevo Serra, ho pensato: meno male. Non riesco quasi più a leggerli, i giornali, tanto mi disgusta il modo a dir poco disonesto con cui scelgono e tralasciano, secondo una trama sempre più riconoscibile. E via via che leggevo i commenti, sentivo la necessità di informazioni che poco dopo trovavo, come i link di WM1 e Girolamo, che ringrazio. Sì, son cose che vanno dette con chiarezza, senza mettere in giro, ad esempio, storie di doppie bombe. E se abbiamo forse anche noi i nostri Breivik (non a caso anche fortemente antifemminista), le domande e le considerazioni del caso andrebbero fatte, invece di affossare ogni cosa nella “pista” del pazzo isolato.

  20. (a sproposito.Vi ricordate di quell’ordigno esploso dentro la caserma dei carabinieri di latina nel settembre 2005?chissà se le indagini hanno portato a una soluzione)Va beh,comunque,certo che in qualsiasi ipotesi rientri l’orrido fatto di cui si discute non è pensabile trascurare il fatto che l’obbiettivo della mente criminale che l’ha partorito sia pervasa fino al midollo dalla misoginia.E questo pure quando andrebbe sottolineato che qualche anno fa si cantava vittoria totale contro la sacra corona unita mentre sarebbe stato il caso di comprendere di come la stessa avesse penetrato il tessuto sociale fino a fare perdere le proprie traccie.Inoltre l’unica altra pista che seguirei è quella suggerita involontariamente in un’altra occasione dall’onorevole sgarbi durante una di quelle sordide puntate quotidiane che ammorbavano le ore prandiali degli anni novanta.Un giorno il grande esperto d’arte fece un collegamento tra un sequestro di un bambino e la rocambolesca fuga dall’aula di un tribunale di uno o più imputati.Ecco,forse con questa strage che annichilisce gli animi qualcuno sta comunicando in maniera perentoria qualcosa ad altri nel modo che gli è più congeniale,e aspetta in fretta una risposta

  21. Continua la strage delle donne. Stavolta, a differenza del solito, fa rumore. Non accade nel buio di una stanza ma in una strada illuminata dal caldo del Sole mattutino, caldo e luminoso come solo nel Meridione può essere. Colpisce anche lì, vilmente, la violenza dell’uomo nascosto nell’ombra, come ad evitare il caldo abbraccio benefico del Sole del Meridione.
    Piccole principesse bramose di apprendere, innocenti nella loro delicata purezza, proprio per questo colpite dall’oscuro carnefice. Non potevano aspettarselo, nessuno poteva sospettare, in primis le loro premurose madri, quando le hanno salutate la mattina porgendo loro il cestino con la merenda. Una parca merenda dettata dalla crisi: una mela, una fetta di pane, quel poco che una famiglia del brindisino oggi può permettersi. Gente abituata al duro lavoro, a domare la fame, non usa a lamentarsi ma sempre ottimista su ciò che gli riserva il futuro. Ma quel giorno alcune piccole bocche non hanno potuto mordere la loro preziosa mela, che è rimasta lì, ammaccata, sul selciato.
    Per quanto ancora dovremmo assistere a questo quotidiano massacro? Ogni giorno una bomba, una violenza, una morte domestica che se evitata ti raggiunge in strada, sul marciapiede, in negozio, o davanti ad una scuola. Una scuola con nome di donna vittima della violenza maschile, frequentata da giovani donne.

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