SESSO E MERCATO, DICIOTTO ANNI DOPO

1994, diciotto anni fa. Anno spartiacque per quel che riguarda l’Italia, anno in cui l’immaginario che riguarda le donne comincia a mutare (e muterà velocemente, da allora). 1994. Roberta Tatafiore scrive “Sesso al lavoro”, un’indagine sulla prostituzione che oggi Il Saggiatore ripubblica con la prefazione di Bia Sarasini. Il libro viene presentato oggi a Roma, alle 18.30. Vi anticipo parte delle parole di Bia Sarasini.
Non so bene – in questi anni di occupazione dello spazio pubblico da parte del perverso intreccio denaro, sesso e potere – quando ho pensato che sarebbe stato utile riportare all’attenzione comune il libro anticipatore di Roberta Tatafiore dedicato alla prostituzione. Di sicuro non è stato nello scrutare il viso drammatico di Patrizia D’Addario, la donna a cui si deve nel 2009 l’introduzione nel lessico quotidiano di uno dei termini correnti nel nuovo mercato del sesso: escort, parola che designa una delle forme della «prostituzione al tempo del post-fordismo». Neppure è stato alle prime avvisaglie del caso«Ruby rubacuori», nickname di sapore da bordello quasi letterario, appiccicato a Karima el Marhoug, ragazza migrante di seconda generazione di pericolosa bellezza, usato dai media con noncuranza, intrusione nella scena pubblica dell’intimità spersonalizzata e promiscua che si ha con la prostituta.
So che nel crescente furore femminile, che ha trovato la massima espressione pubblica nella grande manifestazione del 13 febbraio 2011, promossa dal comitato Se non ora quando, ho visto – anche – profilarsi i contorni di una storia antica quanto i movimenti di emancipazione delle donne: il desiderio, anzi la rivendicazione, di donne che non si prostituiscono e cercano la propria autonomia, di distinguersi da quelle che la prostituzione la praticano. L’interesse, ai miei occhi, è che sono state soprattutto ragazze cresciute negli anni ottanta-novanta – cioè l’epoca segnata in Italia dall’introduzione delle tv private e dal contemporaneo diffondersi ovunque nel mondo della cultura del consumo – a manifestare questi sentimenti. Come se la confusione generata dalla contaminazione tra spazio privato e spazio pubblico da parte di un uomo che ha compensato favori anche) con carriere politiche, abbia obbligato chi non usa il corpo per fare carriera e ricavarne vantaggi economici a distinzioni nette, quasi tagliate con l’accetta, in relazione a coetanee che così spudoratamente esibiscono scelte opposte.
Movimento forse necessario, capisco, per salvaguardare e dare senso alla rivendicazione della propria integrità interiore. Eppure estremamente confuso, ai miei occhi, proprio riguardo al sesso, la dignità, la libertà delle donne. Come se l’indiscutibile libertà sessuale, disponibile ora fin dall’adolescenza alle donne nella parte del mondo in cui ci troviamo a vivere, le abbia rese meno agguerrite, come se gli esiti imprevisti di una libertà cara a tutte costituissero una minaccia. Il che contiene qualche verità, se si considera che all’occidentale venir meno di proibizioni e inibizioni che delimitavano il corpo delle donne corrisponde l’assenza di un contemporaneo discorso femminile del sesso…È un’ipotesi di lavoro, che non pretende di essere la verità assoluta.
Nulla più del discorso del sesso segna il salto tra le generazioni femminili, anche nelle incomprensioni reciproche. Le audacie del femminismo d’antan, di cui oggi è di moda decretare il fallimento, sembrano dividere, più che unire. «È colpa vostra» mi ha detto qualche tempo fa una giovanissima amica occupata precaria nell’editoria «ci avete fatto illudere che fosse possibile lavorare senza trovarsi di fronte a ricatti sessuali.» E proprio qui, nel disagio che intravedo nell’emergente e diffusa rabbia femminile, si colloca l’urgenza di rileggere insieme le parole lucide di Sesso al lavoro.

104 pensieri su “SESSO E MERCATO, DICIOTTO ANNI DOPO

  1. Nella furiosa ricerca di diritti da distribuire a destra e a manca (senza doveri, of course), era inevitabile che qualcuno avesse l’idea di riconoscere un diritto alla privacy anche a chi della propria privacy (di più, l’intimità) fa esplicito commercio. Non è che la cosa mi turbi moralmente, solo osservo quanto sia difficile e contraddittoria l’operazione.

  2. Valter, il discorso sulla prostituzione è il più delicato e controverso (e anche contraddittorio) che si possa immaginare. Credo sia stato giusto ripubblicare l’indagine di Roberta Tatafiore oggi.

  3. Ma per criticare Berlusconi bisogna per forza inventarsi il campio antropologico del 1994?? Ma che forse prima le donne era libere e allegre?? Che idiozia!

  4. Interessante. @Valter: non penso che una escort faccia commercio della propria intimità, può anche inscenare una finta intimità, ma secondo me sono due cose differenti, dal costo enormemente diverso.

  5. Sono d’accordo con quanto dice Loredana: Berlusconi è un effetto (o, come si diceva, il problema non è il cavaliere ma il cavallo).
    Il momento di massima indignazione mi è stato provocato dall’articolo di Ostellino che dichiarava legittimo e naturale che una donna “seduta sulla propria fortuna” ne facesse uso, parlando del fatto come di una prassi consolidata tra studentesse che cercano di passare l’esame, impiegate in cerca di carriera. etc..
    La reazione è pronta: “non siamo tutte così”.
    Ma deve andare oltre: “se anche fosse così, ci pesa”. Personalmente trovo che le donne che usano il sesso per ottenere favori e vantaggi che non il sesso non c’entrano DANNEGGINO le altre, in due modi: il primo, più immediato, perché sottraggono qualcosa a chi se lo meriterebbe (in questo caso, danneggiano anche gli uyomini). Il secondo, perché consolidano la mentalità maschilista e tutti gli stereotipi, ineboliscono le lotte femministe, indeboliscono la credibilità delle femministe (in effetti quest’ultimo passaggio è ingiustificato, però purtroppo accade).
    Per questo le posizioni nei confronti di queste donne che utilizzano il sesso per altri scopi (altri rispetto al piacere/godimento/appagamento/sentimento/ricerca etc etc personale) sono – nel mio caso – così nette. Sono delle collaborazioniste dell’oppressione di genere, nulla di più.

  6. Grazie, Loredana, dell’attenzione. Per l’attualità di una riflessione sulla prosituzione rimando a un intervento di Paola Pierantoni (www.societadelleletterate.it). Per quanto riguarda l’etica, citando Marta Nussbaum, mi chiedo se è il sesso a pagamento immorale in sé. O se invece è l’uso del corpo, del sesso, da parte di donne, ma anche uomini, per ottenere favori, saltare graduatorie, avere un posto, una casa etc. In questo casi si tratta di imbroglio, etc.

  7. Ci sono una serie di step che andrebbero seguiti se si vuole definire un’area di garanzia per chi si prostituisce
    1) Legalizzare la prostituzione
    2) Il che significa collocarla in spazi legali ed escludere prestazioni ed esibizioni da altri spazi
    3) A quel punto, la tutela della privacy di chi si prostituisce può essere garantita al di fuori degli spazi legalmente concessi a prostituzione ed esibizioni connesse.
    Senza la prima cosa non si può arrivare alla terza. Se poi questo è un paese dove tutto è proibito ma niente è punito, bisognerà farsi una ragione del casino a cielo aperto.

  8. Ieri una mia amica lamentava il fatto che, essendo entrambi iscritti a un gruppo su Facebook dove si discute soprattutto di politica, alle questioni proposte da lei e in generale da donne si tendeva a non rispondere, da parte degli uomini. Riflettendoci, non ho potuto fare a meno di notare che anche a me, qualche volta, i suoi topic e anche le risposte femminili ad altri topic, aperti magari da uomini, erano apparsi fuori luogo e difficili da capire, e per questo non avevo risposto. Oggi mi fa lo stesso effetto questo topic: confesso di non aver capito dove vuole andare a parare, denuncio la mia inadeguatezza – forse in quanto uomo, forse semplicemente in quanto ingenuo e digiuno di un retroterra probabilmente condiviso dalle frequentatrici del blog – non solo a parlare, ma anche semplicemente a comprendere adeguatamente il tema. Vedo che altri uomini (Valter Binaghi) l’hanno inteso come un problema di tutela della privacy o giù di lì, a me non pare che sia questo il punto ma non riesco ad afferrare quale sia: Va bene che si tratta della (ri)proposta di un libro, ma… c’è una tesi? Non c’è? Io faccio molta fatica a collegare tra loro proposizioni che per l’autrice sono evidentemente consequenziali, e a me paiono slegate. Che vuol dire “l’assenza di un contemporaneo discorso femminile del sesso”? e come si lega, questa assenza, allo scoraggiamento rabbioso della ragazza precaria che incolpa le femministe di un tempo di averla illusa? Quanto gergo, quanto retroterra, quanta sensibilità di genere mi mancano per capire davvero quello che c’è scritto qui sopra? Come la mia amica, temo di essere vittima di un linguaggio che mi è in gran parte estraneo. Che sia qui una delle chiavi di tanta difficoltà a capirsi reciprocamente, tra uomini e donne?
    P.S. Scusate l’OT, ma ne ho davvero sentito la necessità. E se qualcuna/o vuole aiutare a capire uno come me, che magari è solo un po’ tardo di comprendonio e tenta di giustificarsi con le differenze di genere, è benvenuta/o.

  9. Io con la prostituzione ho un problema, perché abita un’area di confine, e per quanto possa vestire i panni dell’autonomia nell’esercizio, si ricollega costantemente a una strutturazione gerarchica del potere per il tramite del sesso, in cui la donna, almeno fintanto che non si pagherà il sesso quanto fanno gli uomini con lei, è sottomessa. la prostituzione è la semantica di quella sottomissione. Per questo in quel famoso periodo intorno alla manifestazione del 13, fui piuttosto irritata da chi, mi veniva a dare dell’elitaria, oppure della confusa. Grandi classici perché non ero contenta né delle ragazzine dell’oggettina né delle donne che mi lavorano sotto casa e con cui sono in ottimi rapporti. Quandanche si raggiungano lauti guadagni o nel caso politico briciole di privilegio, sono sempre la semantica di uno scarto sociale. non si diventa mai regine sempre pedine. Non per ignoranza di cose del sesso, o per un discorso arcaico sul sesso, ma per il problema che implica l’unidirezionalità nel giro che compie il denaro. se tu da vendere non hai niente di meglio che la capitalizzazione del sesso, in tutto il resto del mondo – non servi a niente.

  10. completamente d’accordo con zaub, anzi, a me mette ancora più in crisi.
    l’unica cosa che posso dire è che da un lato ho sempre sentito e manifestato forte fastidio, se non proprio disagio fisico, repulsione, verso chi, uomo, difende la possibilità di usufruirne, arrivando a buttare giù anche mostri sacri come de andrè con la loro retorica della prostituta bella e diversa, che lei si che ti capisce e ti coccola ed è pittoresca. ma de che.
    l’altra cosa è che in presenza di donne che sono solite additare le prostitute come puttane, con quell’atteggiamento da: sono loro le sfasciafamiglie, io mi sono sempre spesa a “difenderle” e accusare, e molto, gli uomini che scelgono di recarvisi e farne USO. l’argomento devo ammettere è uno di quelli che maggiormente mi provocano una reazione di pancia, e che tirano fuori il mio concetto di etica, di morale, e di cosa è giusto e cosa non lo sia,
    e sul quale mi irrigidisco rifiutando lezioni di relativismo.
    non so come spiegarmi, io, ogni volta che vedo una prostituta, ci sto male.
    penso che sia una ferita aperta, uno squarcio vistoso e truculento di quanto triste, di quanto ingiusta sia la REALTA’ (che però idealisticamente penso ancora di poter cambiare).
    dette tutte queste cose,
    non ho mai parlato con una prostituta. la cosa può apparire presuntuosa, e lo è, forse, ma non credo e non crederò mai all’idea che una donna possa accogliere, perchè è di questo che si parla, decine di falli dentro la sua vagina, in una sola notte, senza sentirsi, l’indomani, rotta dentro.
    non capisco come si possa far coincidere la pratica della prostituzione come una qualche forma di emancipazione, e però, nello stesso tempo, visto che è dalla realtà stessa che bisogna pur partire, ammetto che non saprei proprio da dove cominciare per affrontare il problema.

  11. Credo che per prostituirsi occorra praticare su di sè una sorta di anestesia, non diversamente da quanto occorra fare se ci si esibisce (vestiti o meno) su un palcoscenico. Mi ha sempre lasciato perplesso la difesa femminile della prostituzione come una forma di libertà, non solo per i motivi esposti da Zauberei e Laura (che condivido) ma perchè l’atto comporta una sorta di auto-mutilazione psico-fisica. Per quanto riguarda gli uomini che ne fanno uso, direi che il problema è proprio nell'”uso”. Riduzione a dis-ponibilità tecnica di un atto che per sua natura sarebbe comunicazione personale, con tutto il rischio e l’impegno che comporta. Poco più di una pippa, per una personalità involuta.

  12. Considerando la prostituzione un atto di resistenza, la libertà di prostituirsi è un diritto che, se viene negato, aggiunge sofferenza a sofferenza. Il mondo della prostituzione è ampio e articolato, come quello dei clienti, che, pur sembrando, in apparenza, appiattiti esclusivamente sul personaggio: utilizzatore senza senza se e senza ma, vanno dall’uomo problematico al traditore, passando per chi contratta alla pari un rapporto sessuale che altrimenti troverebbe lo stesso, ma solo in tempi più lunghi, fino a chi ha in testa l’idea che della prostituta può fare qualsiasi cosa, perché tanto non è nemmeno una persona. Ovviamente chi va con una schiava del sesso è come uno stupratore. E non si può evitare di toccare i punti della schiavitù, del traffico, del praticare per brevi periodi, del praticare con una sola persona, ecc. Posto che ogni persona ha un suo modo di vivere la sessualità, che anche la prostituta sceglie il cliente (laddove non ci sia una situazione di costrizione diretta), il centro è il desiderio viene sostituito dalla necessità. Una necessità allargata. E’ a quella necessità che bisogna guardare probabilmente.
    Senza però vittimizzare chi decide di accettare il compromesso tra desiderio e necessità, e nemmeno stigatizzarla/o.
    Per quanto concerne l’alienazione e la separazione spirito-corpo, questo non avviene solo con la prostituzione sessuale, ma anche in tanti altri ambiti lavorativi, che appunto si configurano come lavori di resistenza, perchè servono a soddisfare delle necessità. E la prostituzione sessuale è un mondo nel quale si entra molto facilmente perché la necessità è sempre più grande.
    La stessa stanchezza che ho visto nella mia vicina prostituta, la vedo identica su mia madre che la prostituta non fa ma fa un lavoro distruttivo.
    E come in passato mi è capitato di dire già, non so se qui, la mia esperienza di call center è molto più vicina alla schiavitù e all’alienzione che si attribuiscono alla prostituzione, che non a quello di un “lavoretto” par-time. Perchè probabilmente ogni persona ha la propria dimensione e il proprio concetto di lavoro etico e lavoro non etico.
    Per questo motivo tutte le ordinanze comunali che vanno a colpire le prostitute rappresentano solo l’ipocrisia di sindaci e comitati che cercano di aggiungere centimetri alle gonne o di nascondere lo sporco sotto al tappeto, e lo sporco non sono le prostitute, per altro tassate per vie traverse con le verifiche sui beni, ma e non tutelate, in assenza di una legge.
    A fronte di tutto ciò sarebbe forse più corretto parlare di prostituzioni.
    Il confronto con i chi lavora in cooperative che sostengono chi vuole smettere di prostituirsi, è davvero utile per esempio.
    Vi segnalo anche, per chi fosse interessat*. due documentari molto diversi ma belli entrambi, uno si chiama “Eva affittasi”, di Armando Prieto Perez, e l’altro “Rent Boys” ed è sulla prostituzione maschile, è possibile notare, guardandoli uno dopo l’altro, la differenza di percezione che c’è tra un uomo e una donna che, in vario modo, arrivano a prostituirsi.
    Il libro di Roberta Tatafiore non l’ho letto, ma lo farò al più presto 🙂

  13. Guarda che so di cosa parlo. Guardarsi fuori e dentro è una cosa, acquisire spudoratezza è un’altra, ma detto così sembra una sporcizia, invece si tratta di impenetrabilità interiore allo sguardo altrui. Fare schermo con altro che non siano i vestiti o la familiarità dei testimoni.
    Ma così si va OT, e si parla di teatro.

  14. E’ incredibile.
    Laura, hai espresso alla perfezione ciò che penso e sopratutto ciò che SENTO anche io!
    Non so spiegarmelo, forse è addirittura qualcosa di irrazionale, ma io quando vedo una prostituta sto male. e poco m’importa a dire il vero che sia una sua libera scelta, io dietro quella libera scelta non ci vedo un lavoro “vero” (se così lo possiamo definire) ma solo una delle istituzioni più patriarcali e maschiliste di sempre!

  15. @Mammamsterdam
    Mi spiego meglio: ogni volta che fai del tuo corpo un oggetto manipolabile (da te o altri) hai bisogno di de-soggettivizzarlo. E’ una forma di alienazione agita, che può dare anche un piacere sottile (il grande controllo su di sè) ma di cui in qualche modo si paga sempre pegno.
    Per esempio, una volta innestata, la recita non finisce a comando.

  16. sono completamente d’accordo con quello che sta dicendo valter, pur non avendo mai recitato. ho sempre pensato, intuito, che fosse così. e, quanto più si è sensibili, “impressionabili”, tanto più la cosa avrà effetti catastrofici (non serve scomodare marilyn, tanto per parafrasare valter e la sua “recita che non finisce a comando”). ergo, se ti-desoggettivizzi, e riesci a farlo, nel caso della prostituzione, secondo me, cmq qualcosa dentro di te si romperà, nel senso, non resterà immune. e mi dispiace che ogniqualvolta esca questo discorso, io riceva in risposta sempre, e dico SEMPRE: eh, ma è così per te! parla per te! (Ma vi giuro, eh, sempre).

  17. (intendiamoci: mica sto biasimando il teatro, eh! intendo dire che quel meccanismo è davvero difficile da mettere in pratica, e che, come ha detto valter, non lo si mette mai in pratica davvero. dunque bisogna essere molto molto protetti, e riguardosi, nei propri confronti. è una delle cose più importanti, quella di proteggersi per bene. soprattutto da giovani, quando si è, ineluttabilmente, un po’ narcisi. io quel sentimento di cui sopra lo provo anche quando vedo una delle “olgettine”, che sostiene che sia tutto bello, tutto easy, che andare a quelle cene era un modo per fare soldi. è come se provassi un senso di dolore per lei. tipo “perdonali, perchè non sanno quello che fanno”. ecco perchè in queste cose io ci vedo zero emancipazione.)

  18. Avevo inviato un commento scritto di getto, cliccando per errore invia, come gesto automatico. Non so se è rimasto incastrato nell’antispam o è saltato. Nel tentativo di reinserirlo mi diceva che cercavo di immettere una copia di un commento già esistente.

  19. Scusate ma io invece ho recitato, e mi interesso di spettacolo in ogni sua forma..e a sentire accostare con tanta facilità, alla prostituzione chiunque per mestiere si esibisca davanti a un pubblico pagante mi lascia molto perplesso, spero di sbagliare ma mi sembra di tornare a quando la gente di spettacolo, gli attori e in particolare le attrici (quelle della commedia dell’arte perchè a quanto ne so, è stato per secoli il solo teatro in Italia dove le donne potessero recitare) erano considerati dalla società (e dalla Chiesa) come gente appena un gradino sopra le prostitute..quindi andiamoci piano.
    sulla prostituzione, oltre l’ovvia condanna della prostituzione minorile, di quella coatta, dello sfruttamento di ragazze ingannate, picchiate, ridotte in schiavitù e ricattate dai magnaccia, oltre a dire che personalmente preferisco morire vergine che pagare per del sesso poichè lo trovo degradante prima di tutto per me stesso come uomo, io non vado, e non credo sia corretto andare: se volete sapere le motivazioni (posto che non saranno le stesse per tutte/i) di chi “sceglie” quel tipo di vita, se volete sapere se vorrebbero una vita diversa bè andate a chiederglielo, parlate con loro (ma preparatevi all’eventualità che alcune risposte potrebbero non piacervi).
    E visto che si citava De Andrè (tra i miei cantautori prediletti) ne approfitto per far presente che bocca di rosa era più che altro una donna libertina, la definizione di prostituta non è calzante

  20. @paolo1984
    paolo, guarda, mi spiego meglio. io non ho paragonato la prostituzione al recitare, ci mancherebbe. il discorso è era sottilmente un altro. ovvero, e parlo per me e riporto un aneddoto, un giorno mi chiesero di posare per un servizio fotografico, innocentissimo, niente nudo, niente esposizione per cui sarebbe stato magari comprensibile il pudore. eppure, visto che era richiesta una buona dose di “personaggismo”, di sfrontatezza, di “carattere”, io rifiutai, perchè sentivo il timore di esibirmi, di mostrarmi, di lasciarmi impressionare dentro ad una foto. lo temevo perchè temevo quel meccanismo di cui sopra, meccanismo molto attraente, ma molto molto pericoloso.
    per quanto riguarda de andrè, è un discorso lungo e complesso, e impopolare. anche a me piace de andrè, però non ho mai amato il fatto che venisse celebrato e osannato come un vate (lo stesso dicasi per pasolini. devo ammettere che in verità non è neanche più troppo impopolare, questo discorso. molti hanno operato un distacco, molti si sono sganciati dalla retorica). nel senso che il problema non è de andrè, il problema sono, in una parola, (molti de)i suoi fans.
    una volta in un thread discussi di bocca di rosa, e del fatto che, mentre quando ero piccola trovavo la canzone bellissima, col tempo me ne fossi allontanata. questo perchè, in due parole, bocca di rosa è uno schema, è una prigione, è una ritratto idillico di una donna che non esiste, una donna che finge di compiacere se stessa, quando in realtà compiace gli uomini. il tipo di donna che viene messo su un piedistallo, che, lo dico da donna, viene illuso di essere diversa dalle altre, donne baffute e grette quando lei è la vera emancipata, non rendendosi conto che questo tipo di qualifica le viene concesso, ma solo ad un “prezzo”. che lei si illude di pagare volontariamente, quando invece, è solo un ruolo che per prima incastra lei.
    molto francamente, e l’ho anche già detto, su questi argomenti emergono moltissime mie resistenze. ho difficoltà enormi nel credere a una donna che dice di fare l’amore in libertà con molti uomini, senza che questo la leda. (così come non credo ad un uomo che lo dice. o meglio, penso che un uomo o una donna convinti di una tale professione di sincerità, mentano a se stessi. non credo che nessun uomo o donna concederebbe il suo corpo, e dunque se stesso, con tanta facilità, senza ripercussione. dunque non ho problemi a credere che queste cose esistano, non ho problemi a credere che potrei trovarmi di fronte a una donna che smentisca quello che dico, semplicemente, non crederei alla sua capacità di viversi quella cosa in leggerezza. e da qui, comunque, a farne dei personaggi, proprio no. quel tipo di canzoni in cui de andrè fa i ritratti pittoreschi dei loser, che in realtà sono i puri, i buoni, i veri amati dal Cristo, non li sopporto. non ci riesco. cioè, banalizzando, maddalena era sì una prostituta, che sceglie però un’altra strada. quei discorsi, che sono SACROSANTI per quanto riguarda il non giudicare i diversi, che poi non sono diversi, non devono diventare motivo per mettere i diversi su un piedistallo, e farne degli eroi. epperò la dinamica è proprio quella, eh. se invece ci si rendesse conto di quanti danni gravissimi provoca nelle persone l’aderire al proprio personaggio, di quali gravi ripercussioni generi in quelle persone…qualche giorno fa leggevo una tristissima lista di modelli e modelle morti suicidi negli ultimi dieci anni…vabbè, questo è un altro discorso, cmq, a me, quando sento quei discorsi lì, o quelle canzoni lì, mi viene un sentimento di constrasto interiore fortissimo. e sì che identificarsi (e compiacersi di essere anche noi stessi dei loser) non sarebbe poi così difficile, eppure.)

  21. e poi la prostituta bella e diversa, che lei si che ti capisce e ti coccola,
    mica solo bocca di rosa.
    via del campo, città vecchia. le canzoni di de andrè sono disseminate di queste odi alle prostitute.

  22. ma infatti Laura non tutti sono fatti per la recitazione, non tutti sono fatti per esibirsi, recitare, ballare cantare davanti ad un pubblico o posare davanti ad un/una fotografo/a, per me esibirsi, fare spettacolo è una sorta di vocazione: o ce l’hai o non ce l’hai. Certo nel mondo dello spettacolo e della moda ci sono stati suicidi, storie di auto-distruzione, non sempre conclusasi tragicamente per fortuna (ma qui si apre un discorso totalmente OT, le ragioni che spingono qualcuno a togliersi la vita sono ogni volta diverse e molteplici, sicuramente i suicidi e i problemi personali di chi lavora in quel mondo sono più “notiziati” di quelli degli sconosciuti)
    Su De Andrè la vedo molto diversamente (sì sono uno dei fans), i suoi “eroi al contrario” sono una delle ragioni per cui è ancora oggi tanto amato, restituiva dignità ai losers, agli emarginati e alle emarginate (tra cui le prostitute ma non solo loro), agli ultimi…li romanticizzava troppo? Bè la cosa non mi disturba affatto, io apprezzo il talento e la sensibilità di un grande cantautore e per me è sufficiente.
    sulla fragilità interiore e l’insicurezza (magari nascosta e “mascherata”) di una donna o di un uomo che adottano uno stile di vita libertino sul piano sessuale (che comunque non coincide totalmente con la prostituzione a mio avviso) posso pure concordare con te ma questo non mi spinge certo a condannarli nè a giudicarli troppo severamente: se desiderano una relazione stabile, se non sono felici sta solo a loro cambiare, anche se è difficile
    E a proposito della facilità con cui si usa il termine “prostituzione” per definire stili di vita magari discutibili ma più vicini al libertinaggio che al meretricio propriamente detto, voglio riportare un passo di un romanzo fondamentale per la mia formazione: Cecità di Josè Saramago, quando presenta il personaggio della “ragazza con gli occhiali scuri” (che tra l’altro, ricorda lo scrittore un lavoro “normale” già lo aveva quindi non era interessata solo ai soldi): “Indubbiamente questa donna va a letto per denaro, il che consentirebbe probabilmente senza ulteriori considerazioni, di classificarla come prostituta di fatto, ma siccome ci va solo quando vuole e con chi vuole, non è da disdegnare la probabilità che proprio questa differenza di diritto debba determinarne cautelativamente l’esclusione dalla cerchia intesa come un tutto.Lei, come la gente normale, ha un mestiere e sempre come la gente normale approfitta delle ore che le restano per concedere qualche gioia al corpo e sufficienti soddisfazioni alle necessità, quelle specifiche e quelle generali. Senza pretendere di ridurla a una definizione basilare, ciò che infine si dovrà dire di lei, in senso lato, è che vive come meglio le aggrada e che, per giunta, ne trae tutto il piacere che può”

  23. “non tutti sono fatti per esibirsi, recitare, ballare cantare davanti ad un pubblico”
    o davanti ad una macchina da presa, vabbè ci siamo capiti.
    “Cecità di Josè Saramago, quando presenta il personaggio della “ragazza con gli occhiali scuri” (che tra l’altro, ricorda lo scrittore un lavoro “normale” già lo aveva quindi non era interessata solo ai soldi)”
    e nemmeno si prostituisce meramente per sopravvivere, altra differenza da considerare. Comunque al di là della letteratura, immagino che pure nella realtà ci siano situazioni variegate nel mondo della prostituzione come dice serbilla nel suo interessante intervento.
    Ciò detto, confesso che se mia figlia (o mio figlio), compiuti vent’anni, mi dicessero “papà, ora sono maggiorenne e mi voglio prostituire” non farei i salti di gioia, non riesco a vederlo esattamente identico ad ogni altro lavoro usurante però questo non vuole essere un giudizio o una prescrizione

  24. paolo, guarda, molto semplicemente
    una cosa è la narrazione della realtà, un’altra è la realtà stessa.
    del pezzo di saramago tu apprezzi l’arte di saramago, la sua capacità di vedere, descrivere e dunque restituire quello che lui vede; lui sceglie un soggetto, lo estetizza al massimo, e lo rende personaggio.
    da qui, tu, o anche io, lettori, ci innamoriamo di quello stesso soggetto, perchè ci è stato restituito magistralmente. ma è la narrazione di un terzo, che ci ha veicolato quel fascino.
    tutto questo è, perdonami (ti parlo da studiosa di lettere, non di meccanica)
    arte, “retorica” nel suo senso più nobile; ovviamente ogni testo è latore anche di una certa visione del mondo, e appunto, quella visione che tende ad estetizzare tratti di realtà che, in se stessi, sono tragici, a me irrita. la trovo anche pun po’ morbosa, in taluni casi. è un’annosa questione questa, perchè da un lato si potrebbe obiettare che quello è realismo, quando invece per me si sta cmq tradendo la realtà con il proprio modo di percepirla;e in questo caso è un modo, appunto, che estetizza la miseria. come ho detto sopra, mi sembra un modo che, per sdoganare “gli ultimi”, li imprigiona in ruoli. che poi è ovvio che siano affascinanti, ma le cose, nella realtà, sono molto più complesse.
    tanto per capirci, pure Dante rese epico Ulisse, e il suo voler travalicare i limiti. Epperò, come diceva Borges, fece suicidare se stesso e il suo eroe, e dunque quella parte “maledetta”, nel mare. se vogliamo vederla in un modo molto spiccio, a volte, l’occhio di chi sta dietro, l’occhio di chi dipinge, ritrae, descrive, utilizza, usa, i suoi soggetti. sì ok, li celebra, ma li sta utilizzando.
    per quell’istante di appagamento di noi lettori, si è presa a prestito un’intera vita ritratta in un istante, e consacrato. Ma quella non è la persona intera, è un’immagine. e quindi perchè, noi, lettori, alcuni di noi, a nostra volta, non capiamo questo “trucco”, e veniamo sedotti a tal punto da rompere quel patto di fiction con l’autore, e fanaticamente prendendolo così tanto sul serio? Non so, io a queste cose faccio molto caso.

  25. Ma Laura, così funziona l’arte, così funziona la narrativa! poi tu dici l’autore “utilizza”, io dico “fa vivere” personaggi, mondi, storie e quando lo fa in maniera convincente, credibile e coerente con ciò che vuole raccontare io lo apprezzo, quando mi racconta delle storie con situazioni e personaggi negativi o positivi così “veri” (e non parlo necessariamente di storie “realistiche”) e vividi che ti sembra di conoscerli o in cui almeno in parte ti riconosci oppure vorresti assomigliare o che comunque ti affascinano, io tutto questo lo apprezzo. Ti da’ fastidio l’estetizzare o romanticizzare situazioni tragiche e/o violente? Bè, allora immagino che gran parte del cinema e della letteratura mondiale ti saranno quasi insopportabili, ti ripeto che per me l’estetizzazione e la romanticizzazione non sono assolutamente un problema..scusa e con tutto il rispetto per le tue “resistenze morali” ma io al piacere di una bella storia (tragica, comica, inquietante, spaventosa, “impegnata” o leggera, semplice o complessa eccetera) non rinuncio, non rinuncio al piacere di essere “sedotto”, catturato, preso in trappola da una storia. Questo non vuol dire che “prendo sul serio”..non sono del tutto pazzo, lo so che la fiction non è la realtà, e anche la più migliore e la più riuscita delle rappresentazioni della realtà o di una parte di essa rimarrà sempre una rappresentazione perchè la realtà è un’altra, è quella che trovi quando finisce il film o chiudi il libro. Ciò non mi impedisce di pensare che i personaggi del tal romanzo, della tal fumetto, del tal film o serie-tv siano ben delineati e che persone come quelle con quelle caratteristiche, quelle vicende, quelle emozioni o in parte somiglianti a quelle esistano davvero e che una storia inventata o la versione romanzata di una storia vera (e non parlo solo di capolavori riconosciuti, qualunque genere di storia) possa aiutarmi a capire me, gli altri, il mondo nei suoi lati belli e brutti, l’amore, l’odio, la paura eccetera. scusate l’OT

  26. e per me non è un problema nemmeno l’assenza di romanticizzazione..insomma l’importante è che tutto sia funzionale, coerente con ciò che si vuole narrare. Ci sarebbe tanto da dire ma non prolungo l’ot

  27. guarda paolo, il punto, il problema, non risiede nel fatto che si faccia questo, nell’arte. per tornare al discorso dell’immagine della prostituta, e della recitazione, e così via, il problema non è “essere” personaggio, il problema è quando qualcuno sceglie di fare di te un personaggio, cristallizzando solo alcune parti di te, estetizzandole, a tua completa insaputa. il problema ancora più grande è che molto spesso questo qualcuno è un grande artista, e le sue parole verranno scambiate per “verità”. invece sarà solo grande, grandissima, enorme e menzognera arte. arte col fine dell’arte. non realtà. poi uno può anche sposarla la tesi di un’artista, se ben illustrata: sempre per citare dante, la struttura morale che sottende la commedia, può essere assolutamente condivisa: certo è che è molto più facile opporre resistenze ad una morale “edificante” che si cela dietro un’opera, che non lasciarsi sedurre ad esempio dall’estetica del male di vivere: i maledetti fanno sempre più presa. in ogni caso è ovvio che il senso sta tutto in quel lasciarsi sedurre. ma è una seduzione consapevole, se capisci cosa intendo. è, appunto, un patto, che uno consapevolmente stringe.
    nel senso, è come quando per strada il nostro sguardo incontra una donna molto bella, molto elegante, con un tono libero, disinvolto, affascinante. possiamo rimanerne stregati, e decidere che quella donna sia emblema di emancipazione. nulla sappiamo di cosa provi, viva, faccia quella donna davvero. ci stiamo basando su un’immagine (se ci fai caso, lo sto facendo addirittura io stessa adesso: tu hai immaginato la donna che io ho descritto con quelli, e non altri, aggettivi). non mi piace il prendere quelle immagini scattate sempre comunque dalle mani di un terzo, come oggetti della realtà. come strumento da contrapporre ad altre realtà. quegli oggetti non sono reali. sembra cavilloso, me ne rendo conto; ma, in sostanza, ciò che mi infastidisce è il modo facilone con cui ci si affeziona troppo a certi ritratti, al punto da strumentalizzarli. e magari in discorsi che partono dalla realtà, sentirsi dire: eh, ma allora, le prostitute di andrè (che smentirebbero l’idea di prostituta lesa dal suo stesso operare?). quelle non sono “le prostitute”, quelle sono prostitute ritratte da un terzo. (ma lo stesso dicasi di chi percepisce le pornostar come donne emblematiche di emancipazione sessuale, di carattere, di forza. realisticamente, noi vediamo quelle donne in un momento di de-soggettivazione, come diceva valter. quelle donne non sono in realtà la loro vita. recitano. giocano proprio su quello. quindi, perchè, da alcuni, farne un modello (sia in positivo, che in negativo?)) e da qui, si torna alla questione di numerosi commenti sopra, ovvero: quanto facilmente riesco a switchare da un ruolo all’altro? quanto si riesce a desoggettivarsi e poi tornare in sè, senza che la cosa incida profondamente nel nostro intimo? io credo molto poco, soprattutto se è dell’utilizzare il proprio corpo sessualmente che stiamo parlando.

  28. Segnalo un documentario sul mondo della pornografia vista dagli attori che ci lavorano, e soprattutto dalle attrici: “Shocking Truth” del 2000 (http://www.noallapornodipendenza.it/orrore.htm), e il libro “Truth Behind the Fantasy of Porn” http://www.centrosangiorgio.com/piaghe_sociali/pornografia/pagine_articoli/il_vero_volto_della_pornografia.htm
    Entrambi in sostanza sostengono e documentano come la gran parte delle attrici porno abbiano subito abusi durante la loro infanzia.
    Non conosco il mondo della prostituzione, ma per il poco che conosco di libertinaggio, così proprio a pelle, sono fondamentalmente d’accordo con Laura e il suo non credere alla frase “ma a me piace”. O meglio lo leggo come la traduzione di una ricerca di qualcosa che fa male.

  29. Grazie Heratò, “collaborazionista” è la parla che usavo fino a un paio di anni fa, poi sono passata ad usare delle perifrasi perché constatavo che non ne veniva recepito il significato, che è quello: donna che accetta di interpretare uno dei due ruoli storicamente previsti per le donne dalle culture maschili, e cioò “santa/puttana”, “casalinga-moglie-madre/prostituta”. Non vedo che cosa ci sia da rivendicare in questo totale adeguamento ad uno dei due ruoli previsti per noi da millenni. Poi se vogliamo rivendicare la rivoluzionarietà della casalinga come ruolo, va bene, allora evviva l’autrice di “sposati e sii sottomessa”: possiamo stravolgere il significato delle parole quanto ci pare, la mistificazione dei concetti e dei simboli non è una novità.

  30. Scusate il doppio commento: con quanto ho detto mi riferivo alla figura teorica della “prostituta per scelta consapevole”, e non certo alla realtà pratica enormemente più diffusa e accertabile delle schiave del sesso, a tutti i livelli.

  31. “se desiderano una relazione stabile, se non sono felici sta solo a loro cambiare, anche se è difficile”
    e comunque una relazione stabile può anche nascere da una storia iniziata come prevalentemente sessuale e “disimpegnata” (cosa che non c’entra nulla con la prostituzione, comunque).

  32. Spero di avere più tempo per commentare questo interessante post e anche di leggere presto il libro di Tatafiore. Da circa due anni mi isto interssando ai temi della prostituzione e della tratta, sia a causa di esperienze personali che mi hanno portato a solidarizzare con le ragazze immigrate delle nostre città, sia dopo avere letto un libro che consiglio a tutti, “Schiave del potere” di Lydia Cacho, un libro che non si può non leggere se si vuole conoscere da una voce autorevole – da una donna coraggiosa che osa sfidare il potere mafioso di uno stato autoritario e sessista come il Messico – come funziona oggi l’industria del sesso sul piano globale. Trovo che ogni riflessione sulla prostituzione debba partire dalla realtà, dal fatto che l’industria del sesso è ormai uno dei settori più floridi del capitalismo – che si è molto giovato della globalizzazione, basti pensare a cosa è diventata l’industria del turismo sessuale – che annovera tra l’altro vere e proprie multinazionali nonché organizzazioni criminali modernissime dedite al traffico di esseri umani e, sia nella sua parte legale che illegale – che secondo Cacho sono strettamente intrecciate e inseparabili nella pratica – trae linfa vitale da questa cultura di normalizzazione dell’acquisto di sesso commerciale, la cui base è profondamente sessista e razzista. Donne scelte dal cliente su internet o da vicino per razza, età, caratteristiche fisiche oltre che disponibilità a certe prestazioni. Mi stupisce sempre il silenzio di antirazzisti e no global per quanto attiene all’industria del sesso, ma non voglio finire fuori tema. Solo limitarmi a segnalare i siti gnocca forum, escort forum, gnoccatravels: non si può capire a sufficienza il mondo dei clienti e il modo di molti di loro di rapportarsi alle donne e alle prostitute se non si leggono queste discussioni.
    Noto che specie in Italia la discussione sulla prostituzione è molto limitata perché incentrata quasi esclusivamente sul tema della scelta della donna e al più sul rapporto tra questa e il cliente. Sembrerebbe quasi incredibile in presenza di interessi terzi miliardari (avete presente i guadagni di titolari di hotel, night club, club di lap dance, agenzie di escort? E questo solo per limitarmi ai settori più “moderni” senza parlare dei classici papponi e tenutarie o dei trafficanti di donne e minori) su cui di fatto o di diritto si basa una parte variabile del PIL di ogni paese, tramite il riciclaggio o il versamento diretto di imposte, a seconda di quanto il settore sia più o meno legale. Di questa multiforme industria usufruiscono ovviamente anche uomini delle istituzioni, poliziotti, magistrati, politici, funzionari dell’immigrazione e addirittura sembra che “offrire” donne sia un modo diffuso per siglare alleanze e per corrompere. Queste figure poi dovrebbero combattere la tratta, considerata come si può immaginare crimine contro l’umanità solo sulla carta. Sembrerebbe incredibile che si parli solo di scelta della donna anche in presenza di milioni di clienti che ogni giorno scelgono di acquistare sesso. Già solo questa enorme domanda rende a mio parere poco credibili molte soluzioni viste oggi come “la panacea di tutti i mali” tipo la “legalizzazione” chiesta, richiesta e implorata sembrerebbe da quasi tutti: dai radicali ai leghisti, dal PD al PDL, da clienti e da papponi, da persone in buona fede e che hanno a cuore gli interessi di chi si prostituisce fino a chi ha invece interesse a uscire dall’illegalità e con una meravigliosa manovra di riciclaggio espandere i propri affari, passando da criminale a imprenditore-imprenditrice rispettabile. A me sembra chiaro come il sole che tornare a una regolamentazione della prostituzione, anche con la legge migliore del mondo che metta al centro i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e non quelli dei più forti – cioè interessi terzi e clienti – non significa abolire il sommerso, che è ciò che resta prevalente in tutti i paesi che hanno regolamentato (e lo era qui prima della Merlin). Del resto nessun settore del capitalismo legale è buono, regolato, interamente legale, a prova di ispezione e rispettoso dei diritti dei lavoratori. Nel business del sesso sono e saranno sempre molto redditizie le ragazze giovanissime, le adolescenti, le bambine. Il cliente chiede, l’industria procura per aumentare i suoi guadagni.Finché così tanti uomini compreranno sesso le schiave, le donne costrette a prostituirsi dalla povertà o dai trafficanti, le bambine vendute ai bordelli in tenera età ci saranno sempre. Non è promuovendo questa cultura e facendola passare per normale e innocua che il mondo migliorerà. Lascio alla vostra riflessione un recente intervento di Isoke Aikpitanyi e un mio post in cui riportavo la traduzione di un post di una ex lavoratrice del sesso che lotta per far conoscere come per tante ragazze il sesso come lavoro sia un’esperienza devastante: http://www.youtube.com/watch?v=DgBABdxODlk&feature=player_embedded
    http://consumabili.blogspot.it/2012/06/la-voce-delle-sopravvissute.html

  33. Laura, è vero: gli artisti, grandi o meno grandi, gli scrittori e la gente di spettacolo in generale sono tutti un po’ menzogneri (perchè fingono per mestiere e per diletto, raccontano storie inventate, a volte irreali) e pure ladri (perchè “rubano” dalla realtà solo ciò che fa a loro comodo e lo rielaborano sempre come pare a loro per coinvolgerci, per sedurci, emozionarci, farci commuovere, farci paura, inquietarci, eccitarci, farci ridere e anche farci pensare qualche volta) perciò è comprensibile che la gente sotto sotto diffidi di loro anche se poi ha bisogno di loro, li ammira e ne è attratta
    Comunque sul tema ho già detto ciò che avevo da dire nei commenti precedenti

  34. concordo con valentina s. i siti da lei segnalati li conosco da tempo. la prima volta che vi imbattei (gnocca forum) stetti male per giorni. non riuscivo a dimenticare le parole con cui gli uomini descrivevano le abilità, le tecniche e le “doti” delle ragazze prescelte. devo dire che mi colpiva, ma queste sono sensazioni personali, anche lì, l’idealizzazione che questi uomini facevano di queste ragazze. nel senso che sembravano come delle dee del sesso. come se loro fossero dei “fortunati” a potervi accedere (solito tran tran; fidanzata a casa=poverella ignara di cosa sia la bravura e il farli godere, e il “divertimento”; prostituta= lei sì che capisce. tutto espresso come se la donna non fosse altro che un mezzo per procurare piacere. un meccanismo irriducibile, una roba, per me, da incubo.)

  35. Penso che l’intervento di Valentina sul sistema di potere che ruota attorno alla prostituzione sia imprescindibile, dato che non si può credere che le prostitute siano tutte donne che “scelgono” di prostituirsi.
    Al contempo continuano a sembrarmi del tutto inutili gli interventi volti alla repressione personale e all’occultamento delle donne che si prostituiscono o vengono fatte prostituire, che sono unicamente frutto del moralismo nostrano.
    In più il romanticismo di cui vestono la prostituzione film e canzoni e nel contempo i paternalismi non spostano di una virgola la problematica, ma spesso spostano i discorsi.

  36. @serbilla
    ho scritto moltissimi commenti, argomentando argomentando e argomentando, dispiegando vari piani e vari temi, articolando quello che penso in modo molto didascalico, e chiaro, e l’unica cosa che mi dici è che il mio pensiero è frutto di moralismo? ma che palle con quest’uso qualunquista del termine morale, sai.
    ora non dire che non era rivolto a me; è chiaro che stessi alludendo ai miei commenti. sia ben chiaro: io non voglio occultare proprio un bel niente, ma confesso che preferei di gran lunga che nessuno si prostituisse. e visto che l’unica cosa in cui confido sono messaggi diversi, è un’educazione diversa, è lo smuovere le coscienze affinchè si problematizzino cose che fino ad oggi sono state considerate tutto sommato parte del sistema, secondo me insistere nel buttare giù anche tutta la retorica costruita attorno all’argomento, è parte essenziale di un mutamento delle cose. perchè se continuiamo a dire poverelle poverelle maschi cattivi ma, al tempo stesso, a mantenere intatta quell’aura e conservare quel ruolo giustificato dalla tradizione, insomma se continuamo a vedere l’andare a prostitute come un fatto metafisico inspiegabile e pure un po’ ineluttabile le cose mica cambiano, eh.

  37. ma la prostituzione è un fatto tecnico ( è tale solo se mediata dal denaro o da forme alternative ), il desiderio sessuale fisiologico. si può fare in modo di cambiare una società affinché meno persone possibili abbiano la necessità di vendere il proprio corpo, e allo stesso tempo che meno persone possibili abbiano la necessità di comprarlo. andare a prostitute è il fatto meno metafisico che c’è, è solo fisico, e per un uomo è un mezzo molto pratico. solo che non vedo in che modo, e per quale motivo, dovremmo educare gli uomini a non desiderare di fare sesso con più donne possibili. il problema dell’emancipazione è solamente il potere che si ha e quanto fa stare bene chi lo esercita.
    @ Laura
    ma il tuo è un discorso moralista. è un fatto positivo tutto sommato. tu non vuoi che le persone si prostituiscano perché lo consideri dannoso per chiunque. se qualcuno ti dice che lo fa per scelta tu non ci credi.

  38. andare a prostitute sarà un fatto pratico, prostituirsi, però, non lo è.
    Serbilla sopra, pur cercando di difendere la scelta della prostituta, non ha omesso di dire che dietro ci sono spesso condizioni di necessità economica. Trovo ipocrita (Serbilla, non parlo di te) scandalizzarsi contro i ragazzi sfruttati nei call center, gli operai senza diritti in varie parti del mondo, e poi però difendere la prostituzione come libera scelta. Certo, scelta libera come la libera scelta degli impiegati della Foxconn, che vanno lì a lavorare perché non possono permettersi niente di meglio. O delle donne del Sud est asiatico che stirano indumenti 10 ore al giorno all’ottavo mese di gravidanza.
    Non sono mai andata a prostitute o prostituti. Credo che per andarci sia necessario vedere il prostituto/a come un oggetto del proprio piacere, un sex toy. Non a caso il ricordo alla prostituzione maschile è diffuso soprattutto tra donne di potere, che hanno ben imparato l’arte dell’oggettivazione del prossimo e della sua riduzione a strumento. Per quanto riguarda gli uomini, anche “proletari”, è sempre esistito storicamente un essere inferiore su cui esercitare il proprio potere, quindi possedevano forma mentis – come ho già detto, che reputo condizione necessaria per consumare prostituzione.
    A Laura concludo dicendo che capisco che leggendo gnoccaforum si possa restare turbati. Però renditi conto: questi hanno trovato il paradiso in terra, la terra dove tutte le donne sono bravissime altro che le italiane che se la tirano etc etc ec e cosa fanno? stanno a spettegolare sulle morose ignare, sulle italiane a cui non si concederanno più, e a raccontarsela su quanto sono fighi etc..Ma per carità. Stanno lì a rosicare. Ammetto però che sono un ottimo esempio della visione usufruttuaria del prossimo che ho esposto sopra.

  39. mi sbaglierò, ma se vogliamo fare un discorso sulla “domanda” di prostituzione resto convinto che se nella coppia ci fosse più libertà e meno timore nel comunicarsi i propri desideri sessuali, se ci fosse una vera complicità dentro e fuori dal letto, il numero dei clienti tra gli uomini sposati o fidanzati diminuirebbe.

  40. @ herato
    guarda, se cominciamo a discutere di quanto siano libere le nostre scelte, possiamo tranquillamente ammettere che il “libero arbitrio” è un illusione. nessuno difende la prostituzione in quanto libera scelta. e nessuno si sogna di dichiarare illegale il lavoro solo perché alcuni lavori sono brutti e faticosi. cioè, io ci starei pure. immagino che sia più o meno l’ideale comunista. e non parliamo ovviamente della prostituzione coatta, che è semplicemente schiavitù. lì c’è una complicità del consumatore, che deve essere considerato criminale. però onestamente trovo questa distinzione oggetto- soggetto abbastanza campata per aria. se uno va a puttane è ovvio che gli interessa il corpo, o al massimo la tecnica. ma questo non ha a che fare con la prostituzione ( e comunque se uno va in discoteca per rimorchiare non ha idee diverse, e il sesso in sé non è diverso, se poi vogliamo raccontarcela in maniera differente facciamo pure ). anche se muore un tizio all’angolo della strada è poco più di un oggetto. in altre maniere non potremmo vivere. non c’è nessun meccanismo di oggettivazione derivato dal potere. c’è estraneità, mancanza di sensibilità.

  41. “e comunque se uno va in discoteca per rimorchiare non ha idee diverse, e il sesso in sé non è diverso, se poi vogliamo raccontarcela in maniera differente facciamo pure”
    magari me la sto “raccontando” però non è la stessa cosa, nel sesso occasionale c’è comunque attrazione, desiderio reciproco almeno per il corpo dell’altro, non c’è quel rapporto “fornitore-cliente” che caratterizza il sesso a pagamento.
    Oltretutto è possibile (non certo) che una storia di sesso si evolva in una relazione amorosa stabile, che accada qualcosa di simile con un rapporto iniziato puramente come”fornitore-cliente” la vedo oggettivamente più difficile (anche se in linea di principio non escludo mai nulla in assoluto)

  42. @ @___@
    Io credo che in realtà hai confermato quello che dicevo: non vedi differenza tra uno che va in discoteca a rimorchiare e uno che va a prostitute. Io la differenza ce la vedo eccome: chi va a rimorchiare con successo alla fine farà del sesso con una persona che vuole fare del sesso con lui, che ne è attratta, e il sesso sarà quindi comunicazione tra due soggetti.
    Chi va a prostitute avrà a che fare con una persona che magari quella sera avrebbe preferito starsene a fare la calza, piuttosto che essere lì; che non prova attrazione, probabilmente non prova piacere, non ha niente da comunicare, timbra il cartellino e incassa.
    Distinzione campata in aria???
    Il sesso in sé non è diverso???

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