SILENZI INCROCIATI

La settimana, in questo blog, si è aperta con un invito a rompere il silenzio su una questione specifica. Che, per chi fosse troppo pigro per aprire il link, riporto:
“Nella legge di stabilità 2016, all’articolo 1, comma 334, gli stanziamenti per le Pari Opportunità subiscono un taglio di 2,8 milioni di euro l’anno nel triennio 2016-2018.
Lo sanno, se ne sono accorte? Hanno qualcosa da dire sul fatto che nel 2018 gli stanziamenti passeranno dai circa 28 milioni previsti inizialmente per il 2016 (e ridotti a circa 25) a 17.597.000? Prevedono di fare qualcosa? O almeno di dire qualcosa?
E per chi, già ora, ritiene di dover dire che gli stanziamenti per le Pari Opportunità vengono tagliati nell’ambito di una generale riduzione degli stanziamenti per la Presidenza del Consiglio, verrebbe da rispondere chiedendo perché le Pari Opportunità sono ancora appannaggio della medesima. E per chi volesse aggiungere che le Pari Opportunità sono poca cosa rispetto a tutto quello che si deve fare per i giovani, gli anziani, i disoccupati, la risposta è sempre quella: non esiste avanzamento sociale ed economico se prima non si risolvono le disparità.
Noi che il 13 febbraio c’eravamo, e anche chi non c’era, attendiamo con fiducia”.
L’invito era rivolto alle dirigenti, o componenti del comitato promotore, e comunque alle donne di Se Non Ora Quando vicine al Pd, o addirittura elette deputate con il Pd.
Passati cinque giorni, il silenzio si è rotto. Ma non sulla questione dell’umiliazione, disconoscimento, disarticolazione delle pari opportunità, bensì con un appello contro l’utero in affitto (qui l’articolo). E con l’accusa di essere silenti alle altre donne, il che sarebbe quasi comico se non fosse tristissimo: “un silenzio conformista su qualcosa che ci riguarda da vicino”, vien detto.
Io non ho alcuna intenzione di esprimermi sull’utero in affitto in questi termini. Non su un blog, tanto meno con un appello (non che abbia nulla contro gli appelli: giusto ieri ho firmato quello in difesa del centro Baobab, già che ci siamo). E’ una questione talmente complessa, talmente strumentalizzabile, talmente profonda che io, per prima, sento il bisogno di discuterne per giorni e mesi con altre persone. Ma non così. Forse sono conformista. Di certo non mi sento di cavalcare alcuna tigre, e, ripeto, non in questo modo.
Sottolineo soltanto che i tagli previsti nella legge di stabilità non richiedono, invece, nessun approfondimento. Sono là, sono numeri, sono spia di un preciso atteggiamento nei confronti delle donne (e degli uomini). E nessuna ha ancora detto una parola.
Comunicazione di servizio: da domani a martedì sarò, con Fahrenheit, a Più Libri più liberi. Il blog riprende gli aggiornamenti mercoledì 9. Buon tutto, commentarium.

9 pensieri su “SILENZI INCROCIATI

  1. Mi vengono seri dubbi sulle capacità delle donne di SNOQ di individuare le priorità. Sulla bioetica, poi, hanno un atteggiamento che definire retrivo è far loro un grosso complimento. Ricordo il manifesto fondativo, in piena vigenza della famigerata legge 40, sulla quale riuscirono a non dire una parola. Come se quella legge non fosse responsabile di una violentissima espropriazione di corpi e diritti, come se non stesse causando una quantità enorme di sofferenze ad altre donne e ai loro compagni. In compenso c’era un qualche richiamo alle donne cristiane, quasi che il loro essere tali dovesse rappresentare un modo di essere speciale e tale da distinguerle dalle altre. Ora non si smentiscono e si fanno carico di una battaglia di cui non si sente alcun bisogno, quasi loro avessero già individuato problemi e soluzioni. Sulla surrogata c’è bisogno di discutere, approfondire e confrontarsi, non di crociate scandalizzate. Il tema dello sfruttamento da loro posto è sì un problema, ma non è l’anima di questa pratica: è qualcosa di cui si può discutere, che può essere arginato e forse anche del tutto impedito. Invece loro no, questi problemi non se li pongono: vanno avanti come carri armati, sicure di aver già capito dov’è il male e dove il bene e di poter dire a tutte le altre donne, nel nome delle quali pretendono di parlare, cosa è giusto per loro. Per non parlare dell’insistenza sulle coppie di uomini omosessuali: in pratica la loro propaganda parla quasi solo di loro, come se la surrogata non riguardasse anche donne impedite, per i più vari motivi, a portare avanti una gravidanza; un’insistenza che, personalmente, mi fa sospettare che ci sia altro in gioco che il “semplice” problema della mercificazione del corpo. C’è forse un inconfessabile problema identitario? Il terrore di perdere l’esclusività di uno status che si riteneva immutabile, in quanto conferito dalla biologia? A me pare proprio di sì. Ma allora sarebbe molto più onesto dirlo, invece di nascondersi dietro la nobiltà di un obiettivo altro. E poi, come dicevo in apertura, le priorità: questa cosa in Italia è già vietata e se pure fosse permessa riguarderebbe pochissime persone; al contrario, la lotta sotterranea all’IVG, il progressivo aumento degli aborti clandestini, la violenza contro le donne sono tutti temi emergenti e dilaganti; ma su questi da SNOQ arrivano solo balbettii, o addirittura niente. Non mi viene altro da aggiungere, penso sia più che abbastanza per interrogarsi sull’identità di un movimento che è riuscito, in quest’ultimo frangente, a mettersi al fianco dell’ala più integralista del conservatorismo di marca religiosa.

  2. Cara Loredana, avendo a che fare con donne di SNOQ, posso confermarti il loro progressivo appiattimento verso posizioni cattoliche e retrive. Chi le accusò di moralismo purtroppo vide lungo. Il vero problema, però, non sono loro, per paradosso: il vero problema è stato non aver difeso e rilanciato una cultura veramente laica anche al loro interno. Lasciate alla “libera evoluzione” (dove a parlare è stata per anni e anni una sola parte), si sono lasciate convincere dagli unici che hanno saputo imporre la propria visione culturale, ora drammaticamente egemone.
    Il dramma autentico è che il dio delle religioni è tornato prepotentemente sulla scena pubblica: porterà regressione, repressione e sangue per tutt*. Come sempre è accaduto nella storia umana.

  3. Non ho mai provato simpatia per SNOQ, fin dall’inizio, proprio per quel certo moralismo…
    Però c’è tema e tema e sul tema specifico delle gravidanze surrogate, dal canto mio sono pienamente d’accordo con loro e con le loro argomentazioni che, al contrario, mi paiono tutto fuorchè retrive.
    Il fatto poi che ci siano anche suore che hanno aderito all’appello, a me personalmente non turba.

  4. Forse, caro Daniele, quello che manca è proprio un serio dibattito sul tema specifico. Che, almeno qui da noi, è totalmente in mano alla parte cattolica: hai visto confrontarsi posizioni diverse da quella espressa da SNOQ e dalle gerarchie ecclesiastiche? Con in più l’aggravante che questo tema è stato sollevato ad arte sempre da parte cattolica per affossare il ddl Cirinnà e il ddl Fedeli che di gpa non si occupano affatto. E’ tutto un gioco politico che nulla ha a che vedere col bene delle donne e dei figli ma che, al contrario, vuol tornare a imporre regole ferree in cui a certe donne, a certi uomini, a certi figli e a certe figlie non va riconosciuta alcuna dignità sociale. Altro che sfruttamento degli uteri!!

  5. …infatti noterai che sono stati prontamente diminuiti i fondi per le Pari Opportunità, azzerati tutti i progetti educativi sulla parità di genere e sulla lotta al bullismo, affossata l’estensione all’omofobia della Legge Mancino-Reale e, infine, bloccato il ddl Cirinnà (dopo aver subìto ogni sorta di emendamento). Cosa c’entra tutto ciò con la gpa?

  6. La donna intellettuale (1939)
    Il Fascismo, dottrina etica, si preoccupa di restituire
    la donna alla sua missione procreatrice e domestica,
    l’uomo alla sua dignità maritale, e la famiglia alla
    sua funzione educativa e sociale. Perciò esso si
    propone di neutralizzare i veleni diffusi da quella
    particolare mentalità che, all’insegna del comfort
    ha affievolito l’istinto della maternità e il richiamo
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    morale della specie. E poiché la donna intellettuale
    è il volto femminile della vanità borghese, e quella
    professionista e addottorata è l’ideale borghese
    dell’ambizione democratica, la nostra Rivoluzione
    vuol sostituirvi un modello muliebre più fecondo
    e più sano. Vi sono ancora dei gusti traviati e degli
    atteggiamenti artificiosi da correggere.
    La donna intellettuale, che l’aurea mediocrità ancor
    predilige, è una fra le figure meno necessarie alla
    saldezza dell’istituto femminile e al potenziamento
    della razza. Ci riferiamo a quella che costituisce e
    tramanda la tradizione del salotto; che ha “particolari
    esigenze” perché vanta una personalità superiore; che
    preferisce coccolare il cucciolo che allevare la prole
    e che, grande incompresa, sopravvive per rattristare
    la solitudine di quell’altro ben noto intellettualoide,
    faceto e maltusiano, affetto da criticismo corrosivo e
    da insufficienza affettiva, che, fra i compromessi della
    scarsa ragione e le contraddizioni della fiacca volontà,
    abdica fatalmente alla dignità di pater familias.
    Compagna del guerriero non può essere colei che
    porta a mensa l’arida dialettica della saccenza e
    che, titoli alla mano, misura le distanze coniugali
    per giustificare le deviazioni appellandosi ai diritti
    illimitati del sentimento. […] Noi facciamo della
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    politica moralizzatrice e democratica. Perché non
    parlare di restaurazione della sudditanza della donna
    all’uomo se il fine che perseguiamo è quello di
    restituire più madri alla casa, più uomini al lavoro e
    più figli alla Patria?
    (In “Gerarchia”, maggio 1939).
    http://www.guaraldi.it/editor/files/file/AAVV_W%20le%20donne_2015.pdf

  7. altro che sfruttamento degli uteri?
    Non sono d’accordo: al di là di mille altri ragionamenti, lo sfruttamento degli uteri è una realtà.
    E – potrei sbagliarmi – non mi pare che questo tema sia in mano ai cattolici, cosa che peraltro a me, ribadisco, non turba: mi interessa la sostanza delle questioni che si trattano e le argomentazione che vengono proposte, non la “fazione” che ne parla.

  8. Al di là dei meriti del movimento snoq , questo appello contro l’utero in affitto almeno potrà dare adito a quel dibattito che anche tra i commenti qui sopra, si chiede. La sensazione infatti è che qui, come altrove, l’argomento fosse tabù, una cosa di cui non si deve parlare mai.
    Infatti l’utero in affitto è comodo e democratico, permette a qualsiasi individuo, di venire in possesso di un figlio in qualsiasi momento , in qualche modo diminuisce le disuguaglianze di genere ed è funzionale quindi, a chi ritiene giusto omologare qualsiasi tipo di relazione.
    Al tempo stesso questa pratica solleva enormi criticità, prima fra tutte lo sfruttamento della donna, spesso una ragazza povera ridotta appunto a fattrice, e non poi non solo, gli aspetti psicologici sulla relazione figlio gestante, la mercificazione dell’atto procreativo e della persona, le questioni medico legali della gravidanza.
    Tutti problemi che come dice la Lipperini potrebbero essere “strumentalizzati” e su cui conviene tacere per amore di ”complessità”. Nel frattempo lo sfruttamento va avanti.
    Interessante il parallelo di diamonds tra la donna fascista e la ragazza in affitto. la prima angelo del focolare, l’altra l’angelo della clinica, la prima fattrice al servizio della Nazione, la seconda schiava dei desideri dell’individuo.
    Ciao,k.

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