STATISTICHE

Ore 20 circa, camerini del centro di produzione romano di Mediaset. Prima della puntata di Matrix rileggo le cifre dell’Osservatorio di Pavia sulla presenza femminile nei talk show televisivi. Una su quattro. Conto: con me ci sono Nanni Delbecchi, Gianluca Nicoletti e Fabrizio Rondolino.
I conti tornano.
Dice sempre l’Osservatorio che quasi nel settanta per cento dei casi gli ospiti di sesso maschile vengono chiamati per competenza, mentre le donne sono chiamate per fornire “una testimonianza”.
Mentre ci rifletto, la truccatrice, gentilissima, mi chiede di cosa si parlerà.
“Drive In”, rispondo. Da quanto ho capito, l’idea è quella di mostrare un’ora del programma e interrogarsi su quanto abbia influito sui modelli televisivi a venire. Per quanto riguarda il femminile, soprattutto.
“Ah”, esclama la truccatrice. “Allora lei era una delle ragazze Drive In!”.
Ps. La puntata on line.
Pps. New York Times.

383 pensieri su “STATISTICHE

  1. @ Don Cave:
    capisco e, in parte, sottoscrivo quello che dici. Resta il fatto che trovo importante e interessante “pensare” la televisione: sia quando produce, a livelli altissimi, le più innovative forme di narrazione audio-visiva degli ultimi anni (le serie tv), sia quando fa buon intrattenimento o gioca, è il caso di “Drive In”, in modo postmoderno con la cultura di massa.

  2. @Paolo: il tuo sforzo è assolutamente encomiabile, ma purtroppo nella società che va di corsa si tende a fare 2+2, e quindi, al di là dei suoi desideri e della sua mente libera e indipendente, una donna che fa le mossette perché pensa che le procurino qualche facilitazione fra menti non inquinate passa per scema, e fra menti inquinate passa per disponibile, il che è molto peggio perché debilita lei stessa in primo luogo.
    @WM4: i piccoli wu ming sono in gamba 🙂

  3. Non mi sono mai pentita di non avere studiato Derrida, e ora Regazzoni mi fornisce ottime ragioni per continuare allegramente a fregarmene. Al contrario del grande filosofo, io non capisco a che mi serve la televisione in un albergo, quando mi trovo in un posto nuovo, e posso andare per la strada a vedere che faccia ha davvero la gente, che musica ascolta, che cosa mangia e che cosa beve, che lavori fa, che film guarda, che libri legge. Anche fino alle 5 del mattino, in caso di insonnia.

  4. @Paolo1984: non ho letto Tortuga, ma lo farò. Per quanto riguarda la Allende, ho letto molto poco ma la sensazione che mi ha dato era quella di una scrittrice che tendeva ad aderire allo stereotipo della “letteratura femminile” di cui si è detto sopra. Ho letto così poco soprattutto perchè l’ho trovata scontata e noiosa, ma magari ho sbagliato libro, non so (era L’isola sotto il mare). Un mondo, appunto, guardato – e non agito, smontato, sovvertito – dalle donne.

  5. @ claudia B.:
    sì, meglio lasciar perdere Derrida: era anche un appassionato di Dallas!!! Sono cose che, davvero, un intellettuale non dovrebbe fare, imperdonabili.

  6. Mi permetto una cattiveria gratuita, off-topic e sufficiente a garantirmi l’antipatia di Simone Regazzoni per i prossimi dieci secoli…
    .
    “Sono cose che, davvero, un intellettuale non dovrebbe fare, imperdonabili”.
    Quale intellettuale? 😀

  7. Derrida entra nella sua stanza d’albergo, si mette seduto davanti al televisore pronto a vedere un altro episodio di dallas, ma la tv non funziona: merde! allora la smonta e la rimonta, adesso funziona, solo che non c’è dallas, ma drive-in: cazzo!
    va in bagno, si guarda allo specchio: è Regazzoni.

  8. Se qualcuno trova il punto in cui ho scritto che non bisogna guardare la televisione o che io stessa non guardo la televisione gli regalo il mio libro sui Pokémon, attualmente di difficile reperibilità. Chissà cosa ne pensava Derrida.

  9. Buona quella sul “demonio di turno” (6 febbraio 2011 alle 4:14 pm da claudia b.); si chiama anche “teoria del capro”.

  10. C’è questo bimbo di 5 anni che guarda Derrida che guarda la TV. A un certo punto il bimbo gli canta il jingle di canale 5. Derrida va in confusione e non capisce più se è a casa o in albergo. Poi si sveglia nella clinica di Dallas, di fianco Sue Ellen in rehab.

  11. Nella clinica di Dallas, Derrida si guarda allo specchio, e scopre di essere J.R. Al che Sue Ellen si risveglia e rivela a Derrida-J.R. la sua vera identità: è John Searle. Due anni dopo, questo gioco di travestimenti incrociati si rivela essere una messinscena di Alan Sokal, che sbugiarda il mondo della telenovela dimostrando che gli sceneggiatori non praticano il peer-review.

  12. Regazzoni, pagherò pegno leggendo 1 ( una ) opera di Jacques, cosa consiglia?
    in biblioteca hanno: argini della filosofia, meno di heidegger, ciò che resta del fuco, gusto del secreto e la scrittura e la differanza.

  13. Roba leggerla, vada su qualcosa di più hard, tipo “L’animale che dunque sono” o “Toccarlo, Jean-Luc Nancy”. E ora vado che inizia il serale di Amici.

  14. @Adrianaaa. Sacrosanto. Per incrinare la cornice, però, la consapevolezza non basta. Perchè bisogna camminare su un filo sottile, sopra il baratro del politicamente corretto. Peggio ancora se si lavora nell’ambito del fantastico, come me, dove gli stereotipi sono ancora più potenti. Hai presente, vero, l’eroina tipica?

  15. Nel filmato, il filosofo derridiano El Askri (maglia n. 16), dopo aver decostruito con elegante gesto la tesi avversa, va dapprima a salutare i propri lettori, e poi cerca di convincere il rettore dell’università (riconoscibile dalla maglia rosso-togliattiano) della legittimità della propria narrazione del regolamento calcistico
    (Tra i vari significati della Smorfia, il n. 16 indica gli accoppiamenti osceni e l’accensione della miccia)

  16. A me sembra tanto semplice il discorso: la rappresentazione stereotipata delle donne (e degli uomini) nei media (Drive In incluso tanto per intenderci) cristallizza pregiudizi che mantengono le diseguaglianze fra uomini e donne, ostacolando di fatto la costruzione di una società paritaria. Punto. Cosa c’è di difficile da capire? 🙂

  17. @ Lara
    Eh, ma tu Lara appunto ragioni da narratrice. Servi la Dea non Apollo. Quando si narra si ha una percezione molto netta di come agisce uno stereotipo, di quanto sia potente e “facile”, e di quanto possa essere consolatorio. Non per niente un narratore serio si pone (o dovrebbe porsi) sempre il problema di forzare lo stereotipo, ridefinirlo, romperlo. Limitarsi a giocarci, invece, a specularci sopra con maggiore o minore raffinatezza, senza metterlo mai davvero in discussione, introduce un livello meta-narrativo, la strizzata d’occhio a un ipotetico lettore sgamato, che fa passare in secondo piano la fabula. Stringi stringi questo approccio si rivela una trucco buono per non toccare la profondità delle cose, per non prendere posizione, per non entrare nel merito della storia, che diventa mero racconto del racconto (del racconto…). Qualcuno definisce questo approccio, questa sospensione del giudizio, questo non entrare nel merito, “postmoderno”. Personalmente non penso che le definizioni siano tanto importanti quanto il saper riconoscere la furberia o la fuffa quando ce la si trova davanti.

  18. “non so (era L’isola sotto il mare)” adrianaaa
    Guardacaso il romanzo che sto leggendo io in questi giorni, ma ho letto appena un centinaio di pagine ed è un po’ che non lo riprendo in mano quindi non ti so dire moltissimo…credo comunque che lo sguardo di una schiava haitiana nei Caraibi francesi a cavallo della Rivoluzione sia comunque interessante e “divergente” se non sovversivo come ho trovato divergente la vicenda dei processi per stregoneria a Salem vista con gli occhi della schiava Tituba in Io, Tituba strega nera di Salem di Maryse Condè (altra lettura che consiglio)..vabbè si sarà capito che mi garbano i romanzi storici.

  19. Scusa Loredana, il fatto che l’aspettativa di vita per le donne in Italia sia più alta rispetto agli uomini rappresenta una discriminazione?
    istat
    Se lo è, credo sia in positivo.
    O forse lo intendi come indice di minore occupazione e, nell’occupazione, di minore responsabilità?

  20. Vlad. Mi riferisco non ai dati Istat, ma al fatto che in Italia gli omicidi in famiglia siano più numerosi dei delitti di mafia. E che la quasi totalità delle vittime sia costituito da donne.

  21. secondo me la tv rincoglionisce i ragazzi parecchio. E da un’immagine della donna che e` pessima. Ho un amico che insegna spagnolo alle medie. Ha fatto una lezione sul condizionale e le frasi ipotetiche chiedendo ai ragazzi di fare degli esempi di frase ipotetica. 3 di questi ragazzini di 14 anni hanno scritto “se fossi presidente comprerei tutte le donne”.
    Ecco penso che quando ero ragazzino io non sembrava che la cosa piu` naturale fosse comprarsi le donne. Ne` che bisognasse essere presidente per farlo.

  22. Pedrilla, l’episodio poteva essere un’occasione per magari interrompere la lezione di spagnolo ed aprire un dibattito su questo tema, sul perchè di quella frase, su cosa ci sia di attraente in uomo che “compra” donne che in realtà hanno schifo di lui, sulle relazioni tra uomini e donne in generale. con i ragazzi e le ragazze della classe, spingerli a riflettere su queste cose.
    Ora non voglio insegnare al tuo amico insegnante il suo lavoro perchè non ho titoli, ma la mia paura è che se continuiamo a dire che ragazzi sono rincoglioniti e li trattiamo come tali, quelli poi si rincoglioniscono davvero.

  23. Certo si poteva fare una discussione coi ragazzi delle medie e non so se il mio amico l’abbia fatta. Ma il punto non e` quello. E` che 3 ragazzini di 14 anni invece di pensare a frasi come “se fosse estate me ne andrei al mare” o “se fosse sabato me ne starei in giro” pensano a “se fossi presidente comprerei tutte le donne”. Credo la dica lunga su quanto certi ragionamenti sono stati digeriti

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