Per un po’, scelgo la via del riserbo per quanto riguarda le questioni letterarie di casa nostra. Per le motivazioni, si può scegliere tra quelle classiche (caldo, stanchezza, età) o quelle contingenti (l’autore ha sempre ragione, e zitti). Continuo, comunque, a postare qui le altrui opinioni. Come quella di Wu Ming, in un articolo su Repubblica di oggi.
In un tempo che pare lontanissimo, che pare fantascienza, il governo italiano aveva un nemico dichiarato: la Santa Sede. I giornali clericali venivano sequestrati, controllati, fatti chiudere. Erano considerate pubblicazioni sovversive, alla stregua di quelle anarchiche (che lo sono ancora). Non posso dire se quell´Italia di fine Ottocento fosse tutto sommato migliore dell´attuale, di sicuro è interessante raccontarla, scegliere quell´ambientazione come torre di guardia sul nostro presente. Sentinella, a che punto è la notte? Negli ultimi anni diversi romanzieri italiani si sono confrontati con il Risorgimento e con l´epoca immediatamente successiva. Sono gli anni della nostra birth of a nation, un giacimento di vicende e conflitti sepolto sotto la crosta della retorica. Un punto d´origine da esplorare senza scrupoli, per rintracciare le falde avvelenate e le sorgenti limpide, i cibi avariati e le pietanze genuine che hanno nutrito il Paese quand´era neonato.
Due opere di Luigi Guarnieri rappresentano molto bene questo filone di indagine letteraria, che insieme ad altri si sforza di delineare una nuova epica italiana. Sono L´atlante criminale – “oggetto narrativo” sulla vita scellerata di Cesare Lombroso – e I sentieri del cielo – sulla repressione del brigantaggio calabrese. Ma a queste si possono aggiungere senz´altro Una storia romantica di Antonio Scurati, Il signor figlio di Alessandro Zaccuri, Controinsurrezioni di Evangelisti & Moresco e, da pochi giorni in libreria, La Foglia Grigia di Alessandro Cannevale, ambientato a Perugia e dintorni, nell´estate del 1877. Quest´ultimo romanzo (Einaudi, pagg. 448, euro 19) mi pare un ottimo esempio di come si possa costruire una trama di genere piuttosto classica (un thriller), innervarla di elementi peculiari (il contesto, la lingua, la struttura, un personaggio come Giosuè Carducci) e farne così un´opera straniante, capace di suscitare riflessioni e domande inattese.
Già lo scenario, come detto, fa pensare a un´Italia di fantasia e innesca una scarica di ipotesi controfattuali, vere e proprie narrazioni parallele che esplodono nella testa del lettore («Cosa sarebbe l´Italia se il clericalismo fosse ancora una specie di reato?»). Il 1877 è l´anno della Legge Coppino (istruzione elementare gratuita e obbligatoria fino a 9 anni) e si colloca a metà del primo governo di Agostino Depretis, “inventore” del trasformismo politico. Due problemi – istruzione pubblica e trasformismo – che non hanno più smesso di tormentare l´Italia. Nelle note finali, l´autore sostiene che il suo libro “nuoce gravemente all´apprendimento della storia”, ma questo è vero solo se lo si consuma nel modo sbagliato, pensando di attingerne la verità, come se si usasse l´aspirina per farsi passare l´acidità di stomaco. Ogni capitolo suscita invece una sana voglia di consultare Internet, di verificare i confini tra realtà e finzione, di approfondire alcuni episodi (la spedizione messicana di Luigi Masi, le imprese dei Cacciatori del Tevere, la carriera di Carducci). La ricostruzione minuziosa del periodo storico, tuttavia, non sarebbe davvero efficace senza una lingua precisa, credibile, che rivela senza ostentarlo un profondo lavoro nella scelta dei termini e delle sintassi. La Foglia Grigia è scritto in un italiano che suona ottocentesco ma lo fa con un ritmo contemporaneo, e che in molti dialoghi ricrea il dialetto, ma non è dialetto. Non c´è qui la semplice imitazione di un modello, e nemmeno gli ammicchi sporadici di chi vuol dimostrare di aver studiato la materia. Cannevale costruisce una lingua letteraria, concepita per immergere il lettore nell´ambientazione storica, e non per farne parte come oggetto d´antiquariato. La struttura dell´intreccio non è meno azzardata e sperimentale, e sorprenderà quanti ritengono che un thriller debba obbedire in maniera inflessibile alle regole della suspence, con il solo obiettivo di far correre il lettore da una pagina all´altra.
La vicenda del romanzo si svolge per lo più durante nove giornate, con svariati ritorni al passato, e alcune puntate nel futuro (per l´ouverture, l´epilogo e le ghost tracks). All´interno delle varie giornate ci si sposta avanti e indietro nel tempo, per consentire ai diversi personaggi di dispiegare sulla pagina il loro punto di vista. Inoltre, giunti alla quinta giornata, e dopo un flashback di due anni, a pagina 159 si riparte dal secondo giorno e si guarda con altri occhi ancora quel che s´era già visto. Tutto questo senza che un lettore appena attento abbia mai la sensazione di perdersi, ma piuttosto quella di moltiplicarsi, di avere più prospettive, perché la complessità non si può comprendere con uno sguardo univoco e troppo diretto. Per capire il mondo bisogna correre il rischio di decentrarsi, di lasciarsi possedere da uno sciame di storie.
Un´ultima parola vorrei spenderla su Giosuè Carducci, che fu davvero a Perugia nel luglio 1877. L´autore di versi soporiferi come t´amo pio bove potrebbe sembrare fuori posto nel cast di un romanzo che mette in scena molti stilemi del thriller: cadaveri inspiegabili, macabri rituali, sicari, agenti segreti, una setta misteriosa e una sostanza preziosissima dalle magiche proprietà. Al contrario, il Vate della Terza Italia non sfigura affatto e invece di accontentarsi di una comparsata in chiave postmoderna, diventa il simbolo stesso di un´operazione spregiudicata sulla storia patria, che racconta il passato come strategia per farlo passare davvero, per dare risposte al presente e cominciare, una buona volta, a interrogare il futuro.
Sul giornale non è indicato perché su Repubblica mettiamo sempre la firma collettiva, ma l’autore dell’articolo è Wu Ming 2.
E oggi, Lippa, dopo quasi un anno e mezzo abbiamo consegnato Altai.
Buona estate a tutt*.
In alto i calici, Wu! 🙂
E’ astemio…