Ribadendo il massimo della stima, del sostegno e anche dell’affetto nei confronti di Carmilla, non posso non rispondere alla recensione che Leandro Piantini fa de L’ubicazione del bene di Giorgio Falco. In particolare mi riferisco al paragrafo finale:
“Qualcuno ha tacciato il libro di maschilismo. La verità è che non troviamo in queste pagine né donne né uomini felici. Sono tutti sulla stessa barca – una barca che sembra squassata da venti che non promettono nulla di buono. E dunque non si vede il motivo per cui le donne dovrebbero essere più ottimiste, più generose, più fantasiose e misericordiose degli uomini – per la verità assai grami e sfigati – che compaiono in questi racconti”.
Primo: è buona abitudine fare nomi e cognomi quando si riporta una critica. Il nome e il cognome sono miei, in questo caso. Secondo: ridurre la critica che ho fatto al libro di Falco a un generico “tacciare di maschilismo” significa far rientrare la medesima nella solita macchietta isterica. Per chi non la ricordasse, la mia critica è qui.
Minimizzando e semplificando non si va da nessuna parte, anche se ormai ci ho fatto il callo. Per fortuna, ogni tanto qualcuno si accorge che la questione di genere non è ossessione personale di un gruppo di fissate: dopo il New York Times, parla delle bambine anche Variety. Qui.
guardando la cosa da un altro punto di vista comunque si può dire che gli sarebbe piaciuto conquistarti tout court,quindi ti stima non poco.Bisognerebbe incominciare ad voler bene pure quelli che non ti applaudono sempre e comunque(io mica ti ho detto niente che hai dato una stellina soltanto a Half Asleep in Frog Pajamas su anobii.Mi sono limitato a sorridere).Bon nuit
http://files.fataldelonuestro.com/Musica/Podcasting/Joan/03%20-%20Delirious.mp3
Diamonds, attenzione. Non voglio AFFATTO essere applaudita, e ben vengano le critiche. Critiche serie, però: e possibilmente precedute dall’esposizione corretta di quanto ho sostenuto.
Ps. Cosa ho fatto?
Non mi pare che la recensione di Leandro Piantini sia deliberatamente contro quanto dice Loredana Lipperini nel suo intervento. Le recensioni variano a seconda di chi legge il testo e come si pone mentre si immerge nella lettura; c’è chi ci vede una cosa e chi magari non la vede. Si tratta di punti di vista, di attenzioni diverse rivolte ad una tematica che a qualcuno sta a cuore più che ad un altro. Insomma, io non la butterei sul personale. Sono due differenti interpretazioni dopo la lettura del medesimo testo. Buona giornata
ehm Loredana,mi riferivo a Falco che magari ci è rimasto male perchè contava di stupirti compiutamente senza consideare che una simile ipotesi non è verosimile.Si tarda sempre a riconoscere i propri limiti.
p.s. non è successo niente,tranquilla.Non puoi essere sempre concentrata
e del resto nemmeno io,a pensarci bene.Pardon
Guglielmo, forse non sono stata chiara: non sto auspicando una terrificante unanimità nel recensire un libro, e tantomeno l’adesione a un mio punto di vista.
Ho solo auspicato:
1) chiarezza nella citazione.
2) la non semplificazione dei concetti. Le mie riserve nei confronti del libro non possono essere ridotte a “il libro è maschilista”.
Dopodiche, ben vengano decine, centinaia di interpretazioni diverse. Ma se si intende rispondere ad una critica, la si citi correttamente.
Buona giornata
Diamonds, non ho capito 🙁
Comprendo perfettamente la frustrazione di veder semplificare a tutti i costi il proprio pensiero.
nelle discussioni in rete ho notato un ritorno prepotente, non dico di maschilismo, perche’ sarebbe gia’ una posizione, ma del dare per scontate , superate, noiose certe questioni, dell’inalberarsi e sorprendersi se invece qualcuno la pensa diversamente. Ogni volta che si esprime un proprio pensiero su un’opera letteraria o cinematografica, che riguardi il ruolo della donna, si incorre in queste reazioni.
E non nelle sterminate folle dei papi-ammiratori, ma in chi dovrebbe o potrebbe vedere le cose da un’altra ottica, con differente retaggio culturale.
Ad esempio, nelle discussioni sull’ultimo film Star Trek e sul personaggio Uhura. Nessuno che riuscisse a capire perche’ a molte di noi donne apparisse un drammatico passo indietro.
Nella piccola fantascienza italiana, che e’ sempre stata un po’ maschilista di suo, la figura della donna o e’ assente o e’ drammaticamente stereotipata, o e’ perseguitata, umiliata, quasi a volerla esorcizzare. E questo anche negli autori piu’ volonterosi e “progressisti”.
Be’, direi che tutto questo e’ un buon motivo per insistere, non arrendersi, e dimostrare che certe obiezioni non sono fastidiose pignolerie, “ossessione personale di un gruppo di fissate”.
Ma ricerca di ruolo, spazio e dignita’.
Ciao Bella!
Sembra che non riusciamo a spostarci da “la prospettiva dalla quale osservare il mondo.” Che nel nostro Bel Paese ricade, tragicamente, sul “particulare” che diventa universale.
Il dettaglio che si amplifica e diventa il cardine della narrazione. Se il punto di vista è stretto, le storie lo sono altrettanto.
Così, magari, l’autore è ben lontanto dal maschilismo, ma il piccolo dettaglio, l’apieazione alla maternità, la matrimonio, al salotto nuovo… ricade nel più ampio contenitore di visioni vetuste.
Magari se partissimo da visioni più ampie per arrivare al particolare, magari se abbandonassimo “il piccolo mondo antico” o ” le piccole cose di pessimo gusto”, ridefinendo i canoni, forzandoli, magari…
Come ti dicevo, il problema non è più il genere o l’edificazione del prototipo è la via che abbiamo imboccato. Un sentiero asfittico.
Ale 🙂
Esatto. Esatto. Esatto.
Molto bello il commento di Alessandra. E, mi sembra, molto vero: quanto lei attribuisce alla narrativa, io lo estenderei alla politica e all’analisi sociale.
Vittorio, e cosa ho fatto fino adesso? 🙂
D’accordissimo sulla mancanza della correttezza della citazione. Sul web poi che ci voleva a fare un link?
Sul libro di Falco invece io avevo già espresso una opinione diversa da quell di Loredana, molto simile a quella di Piantini (solo per l’ultimo capoverso, non ho ancora letto tutta la recensione) tanto che io vedo gli uomini e le donne di cortesforza destinati al fallimento proprio perché hanno imboccato un sentiero asfittico, incapaci di forzare i canoni e di ridefinirli, per usare le stesse parole di Alessandra.
Insomma per me i personaggi di Falco, uomini e donne, stanno morendo di stereotipi, chiusi in una specie di esoscheletro che li soffoca.
Probabilmente è proprio su questo punto che non ci capiamo.
@Loredana
Lo so, lo so!
Non sono un tuo lettore casuale, né, credo (spero…), disattento. Si può dire che sono qui apposta.
Non era certo un appunto rivolto a te, né a Alessandra, che immagino lo sappia benissimo; era un’osservazione generica sul suo post, perché affronta la questione determinante: devo ricordarmi che sto vivendo in un Paese ottuso, in cui, nella definizione delle politiche e delle linee di sviluppo culturale non si guarda a nulla, da nessuna parte, se non partendo da punti di vista del tutto omologhi e analogamente angusti.
I punti di vista davvero alternativi sui temi decisivi, quando vengono accolti dal dibattito “mainstream”, sono connotati davvero come espressioni di “macchiette isteriche”, o presentati con la benevola e condiscendente sufficienza (penso a seconda del fatto che siano più o meno “pericolosi”).
Non ho detto che tu non faccia altro tutto il giorno che parlare di queste cose, Loredana: però penso che tu/voi sia/te lontanissima/e dal costituire la massa critica necessaria a influire sulla realtà (lo dimostra, appunto, la recensione per la quale ti sei – a mio avviso giustamente – indignata). Non per colpa tua, certo, ma per colpa di qualcosa che mi sfugge: non so, forse la dannazione della mancanza di coscienza che sembra attanagliare questo Paese, sempre di più.
Le diverse prospettive su qualsiasi questione, avendo, dunque, tutte a disposizione lo stesso “sentiero asfittico”, lo stesso orizzonte limitato dal quale partire, giocano forzatamente su questioni marginali e insignificanti: la minore o maggiore ampiezza della riserva indiana da destinare alla rappresentanza femminile, il minore o maggiore numero di giorni “ammissibili” di detenzione nei Lager di Integrazione e Espulsione… ma mai, mai un ripensamento dei “punti di vista” iniziali; questo perché nulla e nessuno ha mai seriamente costretto (dico “costretto”) nulla e nessuno a ridefinire i propri punti di vista su nulla. Magari una presa di coscienza e una susseguente azione, in questo senso, servirebbe molto (che ne so, un -3% di fatturato per Rocchetta, il raggiungimento del quorum nel referendum sulla legge 40…).
Piantini deve avere qualche problema con l’esplicitazione dei soggetti: quando dice infatti: “Alcuni hanno criticato il fatto che non viene detto chiaramente che L’ubicazione del bene è una raccolta di racconti e non un romanzo” credo (detesto quando qualcuno mi costringe a dire ‘credo’) si riferisca a Paolo Cognetti , che oltretutto è d’accordo sull’accusa di sessismo (e cita tra parentesi ‘Lipperini’).
Accidenti, ma che gli costa a Piantini scrivere nome e cognome, oppure solo il cognome? Mica lo capisco.
Detesto anche essere d’accordo con qualcuno di cui condivido i contenuti che esprime ma non lo stile con cui li esprime.
leggendo il tuo post, Valeria, mi torna in mente una recensione di Pascale sul libro Oggetti smarriti… di Sebaste dove cita Bene che ha detto che la vera urgenza non è nel dire ma nella forma. 🙂
Ancora con ‘sta storia? Che noia.
1. Avevo letto tempo fa il pezzo di Cognetti. Visto che Valeria lo ripropone per l’ennesima volta, mi impressiona che nessuno abbia da dire sul procedimento di analisi di Cognetti, che è una vera infamia. Oh, non sto dicendo che Cognetti sia un infame, sto solo dicendo che ha utilizzato una procedura tipica dell’infamia.
Isolare poche righe di un libro intero per indicare col ditino: ha ragione la Lipperini! Sorprende che la Lipperini non abbia nulla da dire sul procedimento infame di Cognetti. Quando è chiarissimo che le righe citate sono “un a parte”, una sorta di notiziario CONTRO le donne, come ne vengono fatti quotidianamente; è una sorta di voce da ventriloquo, della società: dovevo farlo mettere in corsivo? Non si capisce? Allora Lipperini, cosa diresti alla Jelinek? Per le donne de “Le amanti”?
2.
Purtroppo (per te, Loredana Lipperini) hai ridotto i personaggi femminili de “L’ubicazione del bene” a una sorta di coro di Arisa. E ti lamenti delle banalizzazioni altrui?
Nel libro i personaggi femminili resistenti, che non si piegano alle pressioni di questo nuovo (vecchio) fascismo italiano, ci sono eccome.
Ma tu non li vuoi proprio vedere.
Graziella, la donna cinquantenne che taglia l’erba in costume, non è una donna resistente? Giovanna, che butta il cibo intatto del supermercato nei cestini dei rifiuti, non è una donna resistente? Una donna che citofona ai vicini per racimolare i soldi della benzina, fregandosene di tutto, non è una donna resistente? Silvia, che si scosta davanti al muro infestato di piccole formiche bianche, non è una donna resistente?
Che tristezza, mi fate stare qui con il bilancino da spacciatore, e i poveri personaggi sopra.
Comunque, non voglio continuare questa polemica che non ha fondamento (molto meglio, e più onesto dire: non mi piace come scrive Falco, Falco mi fa schifo) se non per stravolgere la realtà.
Sarebbe meglio parlare di visione, macroscrittura, eccetera.
Lì c’è materiale per discutere. Dire che “L’ubicazione del bene” è un libro sessista è invece un’idiozia. Piuttosto nessuno ha parlato seriamente della questione animale del libro.
Oh, tutto ciò non servirà a niente, rimaniamo con le nostre opinioni utili a proseguire la mattina, anche se la mattina è breve. Per questo adesso ritorno, per dirla con le parole di Alessandra C. nel mio “piccolo mondo antico” (occhio però, Alessandra C. perchè per me il tuo “visioni vetuste” è fantascienza).
Saluti,
Giorgio Falco
Visto che mi tiri in ballo, Falco, preciso che su questo blog è la seconda volta che cito Cognetti, scrittore che a me piace molto ma di cui non condivido quella recensione. E l’ho citato per la seconda volta solo per dare un soggetto ad un’azione che ne era rimasta orfana.
Al di là di questo, sono una che cita anche recensioni che non condivide, perchè mi sembra legittimo sia citarle sia avere opinioni diverse dalle mie e da chicchessia.
Per inciso, a me il tuo libro è piaciuto molto e non l’ho trovato sessista, cosa – anche questa – che ho già detto diverse volte, anche su questo blog. Magari ne dò una lettura diversa dalla tua, ma anche questa è una cosa che considero stralegittima, non ho mai creduto alle interpretazioni ‘autentiche’ di un libro.
Detto questo per me la discussione è chiusa.
Infatti, Falco, il motivo per cui ho scritto questo post è esattamente quello che tu indichi: ridurre le mie argomentazioni all’accusa di libro sessista le ridicolizza. E non è una questione di bilancino, bensì di visione complessiva.
Dopodiche: le mie sono opinioni inutili, concordo con te. Non vale la pena farsene turbare. E tanto meno leggerle.
Scusa Giorgio,
se in qualche modo ti ho offeso, non l’ho fatto intenzionalmente.
“Visioni vetuste” è fantascienza, che complimento inaspettato. A mio avviso la fantascienza è il termometro sociale, da Philip K. Dick a Neal Stephenson.
L’intervento non voleva essere una critica personale e tantomeno alla tua opera, era una riflessione generale, non in “particolare”, o se preferisci sul particolare del maschilismo.
Una riflessione che è diventata dolore, vero, leggendo l’opera di Larsson.
La trilogia Millennium è scritta male, ha incongruenze enormi (nessun hacker userebbe, mai, il Mac), le donne sono improbabili, ma Larsson le ha rese così vere che lo slogan “più umano dell’umano” impallidisce. Ha dato a quei tratti femminili un respiro universale che ogni donna su questo pianeta si può riconoscere, almeno in un dettaglio.
Perché noi non riusciamo a fare un’opera, magari, imperfetta, ma che riesca a ridefinire la figura femminile in modo potente?
Perché?
Non è una questione personale, ma se accendi la televisione, trovi Fiammetta di Muccino che si spalma la crema, se sfogli la nostra alta produzione letteraria le “femmine” sono aberranti quanto la tribù di Fiammetta.
Sarà un mio problema, sarà che alla casalinga preferisco la Molly di William Gibson. Sarà, anche, un problemino condiviso visto il successo di Lisbeth.
Personalmente non ho letto Millennium nè il libro di Falco (sì, lo so che non dovrei dire niente, allora…) ma dalle immagini del film e da quanto mi pare di capire in giro ho l’impressione, assolutamente superficiale, che questa Lisbeth sia una specie di virago arrabbiata, al di la’ poi dell’aspetto fisico scelto nella trasposizione (com’è descritta nel libro?) che la avvicina ad un personaggio di Final Fantasy tanto è fuori dagli schemi. In generale ho paura che il femminismo manchi di tolleranza quando si inalbera per quel certo personaggio femminile troppo debole, troppo sottomesso o troppo acefalo o volgare. Credo che le donne siano, statisticamente, troppe nel mondo (ben il 50%! degli esseri umani!) perchè in un romanzo compaiano solo personaggi femminili da approvare. Lasciateci anche i personaggi femminili detestabili, che magari sono così apposta
PS Per Fiammetta di Muccino intendi quella degli spot dei telefonini? Se sì, allora quel personaggio non è maschilista, è semplicemente spumeggiante, allegramente adolescenziale (nel senso di un poco infantile) e senza pensieri come vorrebbe la pubblicità e come piace a chi cerca svago; in ogni caso i personaggi maschili che la accompagnano non sono diversi da lei e non le sono superiori in nulla, ponendosi esattamente nello stesso suo stile di vita
Forse non ci siamo capiti. Quello che intende Alessandra, e che intendo anche io, è che occorre ragionare sui personaggi, e non portare avanti, di certo inconsapevolmente, degli stereotipi. Questo è benefico non solo socialmente (cosa che può anche non toccare i singoli), ma narrativamente.
Lisbeth, a mio umilissimo parere, non è una virago arrabbiata, ma è qualcosa di lievemente più complesso. Se poi vogliamo ridurre, per l’ennesima volta, ogni tentativo di riflessione sull’immaginario a una banalità tipo ” guarda, ci sono le femministe incazzate che parlano male dei bravi scrittori italiani”, liberissimi.
Accomodatevi nel salottino: non è cambiato così tanto, il salotto delle patrie lettere. Cambiano i visitatori, non la sostanza.
Scusate, ma sono un po’ de coccio. Mi chiedo: se nella realtà esiste un immaginario colonizzato, perché uno scrittore non dovrebbe proporre personaggi dall’immaginario colonizzato? A me pare anche quello un modo di lavorare sul personaggio e di riflettere criticamente sull’immaginario. Non darei per scontato che quello scrittore porta avanti inconsapevolmente degli stereotipi. Potrebbe pure farlo, ma io non lo darei per scontato.
@loredana calma, è tutto in ipotesi. Le generalizzazioni ci sono sempre state in letteratura, anche a scopo sanamente polemico per evidenziare dei punti deboli o, meno comprensibilmente, per rendere digeribili e un po’ omogeneizzate, opere che, prodotte da un essere complesso come un uomo, per di più scrittore, e che dunque non può mai essere liquidato in due parole se non nei trafiletti del cinema dei giornali o nelle definizioni lapidarie di certi programmi perchè subito dopo deve partire la pubblicità. Però gli stereotipi in realtà sono una ricchezza, sono ciò su cui si basa molta fiction, persino quando li stravolge. Rendono possibile imparare qualcosa di troppo unico come un essere umano. Stereotipi stanno nella nostra considerazione delle persone, nelle nostre interazioni e come impalcatura di base dei nostri protagonisti di racconti. Ciò non è sbagliato, è sempre stato così. Purchè lo stereotipo non sia l’unico elemento di costruzione del personaggio, sarebbe come se si facesse lo schizzo senza fare il disegno. Poi va aggiustato, modificato, reso personale, credibile, non banale, ma lo stesso processo di descrizione è una quantizzazione impropria, una semplificazione, come la riduzione di un’immagine in un numero finito di pixel:atroce, avvilente, necessaria. Il punto non è se ci sia o no questa rete, ma se abbia maglie larghe o maglie strette. Certo è che la prima impressione, quella forte, iniziale e condizionante, quella della ricezione da parte dell’ambiente, ad esempio radio, tv, pubblico che non ha letto il libro, del personaggio Lisbeth è proprio “virago arrabbiata”. E’ una tristezza ma spesso è con questi toni mortificanti e senza chiaroscuro che si costruisce l’immaginario comune di base
PS Ovviamente ciò presuppone che lo scrittore sappia, in modo anche meticolosamente calcolato, gli stereotipi o che, in ogni caso, li abbia in sè come luoghi comuni di genere e patrimoni collettivi. Per andare in un campo dove ho un po’ più di conoscenza, leggendo colpevolmente assai poco, nell’animazione giapponese gli stereotipi scorrono a fiumi, il che non ha impedito, soprattutto a chi, con mentalità tipicamente nipponica, li ha catalogati e studiati come Propp ha fatto per le fiabe, di rielaborarli in maniera creativa e di farne anche un elemento di coesione tra lettore e scrittore, che se la intendono segretamente condividendo lo stesso ambiente e gli stessi codici, e si gode dell’opera molto di più di un fruitore occasionale non preparato, cogliendo riferimenti di ogni sorta
PPS Problema di codici linguistici: stando a metà tra femminismo e letteratura, preciso, in modo un po’ superfluo, che “di genere” sta per “relativo ai topoi di un genere letterario”, non per “parte di una cultura basata sull’appartenenza ad un sesso”
Visto che Giorgio Falco parla di infamia, gli chiedo: Caro Falco, non è una infamia editoriale, di quelle infide, evidentemente avallata anche dall’autore, confezionare una raccolta di racconti qual è “L’ubicazione del bene” come se fosse un romanzo, non inserendo MAI nei paratesti la parola “racconti” e, di contro, parlando di “romanzi” nella bandella?
Mii che popoò de manigoldi cattivacci!
@sebastiano E’ vera la voce che sugli scaffali le raccolte di racconti non tirano? Io mi sono sembre chiesto perchè…
Comunque sono impressionato dal modo di ragionare della Lipperini e di Cognetti. Sono sempre più convinto non siamo noi, solo noi, la gente, ad essere influenzati da Berlusconi, i suoi metodi, le sue televisioni, ma proprio è Berlusconi ad assomigliarci sempre di più, diventiamo indifendibili, pure quando pretendiamo pose da intellettuali (va bene mi rendo conto non è il caso di Loredana Lipperini), disonesti, manchiamo proprio nel ragionamento e quando siamo platealmente smascherati, riduciamo tutto ad un basta non leggere. Ma i miei studi di filosofia (troppo lontani) con Carlo Sini non pretendo mi siano serviti ad imparare che cos’è un ragionamento, di sicuro so cosa non lo è.
Un saluto,
Flavio
Anche io sono impressionata da chi riesce soltanto a insultare senza portare UN argomento. E soprattutto senza aver letto una parola di quello che ho scritto. Ribadisco, in questa tristissima vicenda, di non aver mai usato una semplificazione del genere “dalli al maschilista”. Di chi ha voluto trarne altre, non sono responsabile. Complimenti per gli studi filosofici.
@zauberei: ma cattivacci proprio, eh!
@lipperini: complimenti per i complimenti! ^_^ [sul serio, non so come fai a mantenere la calma]
Non ho offeso nessuno, c’era più di un argomento in quello ho voluto dire nei pochi interventi fatti qui. Ho detto che hai usato dei pretesti per attaccare una persona, e siccome gli esseri umani sono spinti anche dall’invidia (lo dice pure Saviano) più di uno ha usato le tue accennate argomentazioni per farne uso.Tu avrai avuto le tue ragioni, ho dei dubbi, serissimi dubbi, sull’utilizzo che ne fai. Non mi pare una tristissima vicenda questa, a meno che tu non ti riferisca al fatto di avere aperto un contraddittorio e di non essere poi abituata (non so per quale motivo) ad essere contraddetta. Sono dell’idea che tu non sia disposta ad ascoltare qualcosa dopo avere prestabilito altro, ma forse facciamo tutti così oramai, e in fondo io apprezzo il tuo spazio, nonostante non sia democratico, ma un blog non lo è mai. Non mi piace i plausi che ti fanno, sembrano quelli che si fanno ad una maestra ed io al tuo posto ne sarei imbarazzato. Nessuno ha offeso te o altri a meno che non si voglia, ribadisco, usare i sistemi linguistici di Berlusconi. E’ impensabile che una persona non possa difendersi, anche nell’ambito letterario, mi pare. A Wu Ming (tutti i numeri) sarebbe permesso no? Comunque hai ragione tu, chiudo e non torno a rompere le scatole sul metodo.
Con molta stima (che tu ci creda o no, è vero) anche se non siamo d’accordo
in questo caso.
Flavio
“Non mi piacciono” i plausi.
Avrai fatto gli studi filosofici, ma la grammatica?
l’avevo visto, dopo averlo pubblicato, non scrivo prima e cambiando la frase è rimasto un errore grammaticale, la questione di Sini, per altro immeritati studi, come si vede, era per rendere omaggio al metodo, ma mi rendo conto che in questa Italia piccolo borghese è tutta una questione sta storia della scuola, insomma non ne facevo un merito per mio conto. Fosse per me darei qualsiasi cosa per essere intelligente e non possedere alcuna istruzione italiana.