Succede questo: un paio di settimane fa, sul suo blog, Mario Fortunato parla di Daniele Del Giudice come del vincitore annunciato del Premio Strega. Ci torna giovedì scorso, rievocando anche la propria passata partecipazione e la sua, allora assai criticata, presa di distanza dal vincitore di quell’anno, Come Dio comanda di Ammaniti.
Ieri, Del Giudice scrive una lettera a Repubblica e saluta: non parteciperà al premio, sta scrivendo un altro libro. Inoltre aggiunge:
“Il libro stampato non ci appartiene più, e il nostro accompagnarlo è un po’ ridicolo, come se uno pretendesse di spingere avanti ciò che è stato prima. Un premio non riconosce l’autore, serve piuttosto a far conoscere un libro che va comunque per il mondo per suo conto. E nessuno scrittore dotato di un minimo di consapevolezza affiderebbe le proprie certezze, per poco importanti che siano, al risultato di un concorso letterario; il vero riconoscimento (e il riconoscersi) si vive da sé giorno dopo giorno mentre si scrive il libro: è lì che incontriamo gli altri attraverso le parole, lì stanno le nostre vittorie e le sconfitte, ed è abbastanza facile coglierle all’istante”.
Applauso alla classe.
D’accordo, i premi servono a vendere. Ma ha davvero senso mantenerli in vita, alimentando l’insopportabile sottobosco di veleni e controveleni dove molti autori mettono molto più talento e impegno rispetto ai testi che scrivono?
La domanda è retorica, ovviamente.
“la classe è mentire con eleganza”
😉
Quando ho letto che la regione Piemonte solo l’anno scorso ha finanziato con ben due milioni di euro di danaro PUBBLICO il Grinzane Cavour di Soria mi sono sentito OFFESO! La gente fatica a sbarcare il lunario, e ‘sti farabutti usano il danaro della gente comune – strizzata di tasse fino all’osso – per farsi le carinerie letterarie a vicenda… ma vaff…, va!
Bg: anche. Preferisco una buona menzogna, come questa, a verità meschine.
in effetti lui è probabilmente l’unico incolpevole e così facendo dimostra saggezza (per quanto “orizzonte mobile”, insomma… ecco).
Chapeau!
🙂
probabilmente ci vorrebbe un sito di critica letteraria che senza scordarsi mai della viscerale passione per la letteratura riuscisse a mettere alla berlina ,con esprit de finesse o menando a seconda delle circostanze, la non proprio sublime vaquità di certe oscene kermesse.Replicando magari lo spirito di “The Motley Fool” (http://www.fool.com/)che opera in questa modalità sulla scena dell’alta finanza,cominciando a sbeffeggiare con cognizione di causa e conquistando,colpo su colpo, l’autorevolezza perduta dalle giurie vinte dall’inerzia.The Words are not enough
youtube.com/watch?v=tYbLR67_F9E
Oggi sono terribilmente di buon umore e ridancianilla e quindi nte arabbià 🙂
1. E’ una vita che spero di imbucamme allo strega per via del fatto che mi divertirei come un’ossessa a principiare dalla possibilità di mettere un vestito caruccio, continuando con la possibilità del pettegolezzo libreccio.
2. La velenositudo è quesitone propria dell’umano, e temo che se cambi i complementi oggetti essa si ricreerà altrove. Ho anche la sensazione che gli intellettuali tutti vi siano particolarmente predisposti. Chiudono lo strega e se sputeranno tutti l’un con l’altro sur blog tuo! Qualche volta lo fanno anche senza chiudere lo strega.
3. E’ strato furbillissimo e chiccherrimo Del Giudice. Ma forse in questo modo ha difeso lo strega medesimo.
4. (Sono seria qui, mi sa che è l’unica cosa seria oggi) La cultura ha bisogno di riti mediatici e collettivi ivi comprese le gare, i saltimbanchi etc. Non è solo una questione di vendere è una questione di anelli nevralgici dove le idee circolano, di visibilità e di scambio di pensiero. Lo Strega fa bene anche a chi penalizza per dire, a chi non premia. Certo sarebbe auspicabile fosse organizzato diversamente… però prima ci vo’ e poi lo chiudete eh?
PPPP
Ovviamente, il povero Del Giudice era in un perfetto cul de sac: partecipare e vincerlo, così come perderlo, sarebbe stato “scandaloso”. Ha fatto bene a lasciar perdere.
Ma quello che più conta: Lippa, ho visto la foto su flickr: ma quanto stai bene permanentata???
Perfettamente d’accordo, Zauberei, sul fatto che determinati atteggiamenti non si estirpano facendo a meno dello Strega. Meno d’accordo sui riti mediatici: o meglio, probabilmente i riti evolvono con i media, credo. Spero.
Gianni, sono offesissima: quella non è permanente, sono i miei capelli al naturale! 🙂
vabbe’, dai ci siamo capiti. Io t’ho vista sempre col capello più corto e frangettata e aveva il suo perché, ma così sauvage me gusta mas.
(scusatemi, oggi mi sento molto parrucchiera)
Del Giudice: sento come un’eco di posizioni Foucaultiane… che piacere!
Quanto alla domanda retorica, ne rilancio un’altra: ma perché in Italia non si possono fare dei premi letterari VERI, come nei paesi civili?
Diamo per assodato che l’Italia non è un paese civile. Anche all’estero comunque i premi non sono certo tutti lindi e trasparenti.
A cosa servono?
Senz’altro non a premiare il miglior libro.
Ma questo non dovrebbe essere il loro scopo?
In teoria. Nella pratica succede raramente, ed è anche difficile capire il “miglior libro”.
Per me vale la lezione di Hollywood. Tanto glam tanta attenzione dei media. Kubrick e Hitchcock non hanno mai vinto, ma al Cinema fa un sacco di bene.
“probabilmente ci vorrebbe un sito di critica letteraria che senza scordarsi mai della viscerale passione per la letteratura riuscisse a mettere alla berlina ,con esprit de finesse o menando a seconda delle circostanze…”
C’ERA!!! C’ERA!!! Non c’è più 🙁
http://vmo.splinder.com/post/5907454
finalmente!!!!!!!! tra l’altro non lo conoscevo. slavine laviche di verità sotterranee sulle stars, massima invisibilità dello scrittore massima visibilità dell’oggetto narrativo.
Del Giudice scrive, lo scrittore Scrive, non partecipa alle presentazioni e ai premi, magari ci manda qualcun altro: Pynchon quality.
Io credo che i premi siano come ogni prodotto umano – un misto di varie motivazioni, varie esigenze, varie varietà. E d’accordo sui riti mediatici, d’accordissimo. Nessuno pretende che vengano premiati i libri ‘migliori’, ammesso che esistano. Ci sono alchimie editoriali, gusti personali, puri e semplici momenti storici.
Però tutto è questione di gradi.E io, sia da scrittore che da lettore, non sono disposto a riconoscere nessun grado di accettabilità a un premio che va, per dire, a Giordano e Mazzantini. Ci sono punti dai quali ritornare non è possibile, fine.
Quando si sprofonda nell’abisso, meglio buttare un candelotto di dinamite, murare la caverna e muovere altrove.
(ri-posto con link, giusto perchè di Franceschi ce ne sono molti. dannazioni di un nome comune)